giovedì 31 dicembre 2009

Buon inizio decennio



Per fare gli auguri di buon anno volevo scrivere una cosa che tirava in ballo creazionismo, evoluzionismo, Dio (che vide che era cosa molto buona) e la materia oscura.

Poi ho pensato che questa foto fosse più indicata.

sabato 26 dicembre 2009

Differenze

Questa volta ha cambiato un po' le carte in tavola: Lei è sempre Lei, la gnocca intelligente. Lui è sempre Lui, l'umanista bello e atletico. Il Cattivo, questa volta, coincide col Sicario, mentre tu, lettore che hai già letto quattro libri identici, ti aspetti che sia uno dei Buoni. Invece no, anche se in effetti un Buono che interagisce per un po' col Cattivo c'è, ma solo perché è stato ingannato.

Basta, tutto il resto è una grossa caccia al tesoro condita con improbabili colpi di scena (da ricordare la ricerca su internet di tre o quattro parole chiave, che dura la bellezza di tre capitoli). Del resto, quasi ogni capitolo si chiude con un personaggio che rimane senza parole di fronte a una incredibile scoperta.

Il libro potrebbe finire con la morte del Cattivo, e invece no: prosegue con un elogio della massoneria e del sincretismo religioso tanto lungo e martellante che ci si domanda come mai la chiesa non sia intervenuta nei confronti di questo romanzo così come aveva fatto in occasione del primo. Forse perché chi lo doveva leggere si è addormentato prima della fine.

venerdì 25 dicembre 2009

Ultima lezione a Gottinga

More about Ultima lezione a Gottinga

Ne aveva parlato Andrea Plazzi sul suo blog, poi i Rudi Matematici durante la celebrazione del quinto Carnevale della Matematica, poi di nuovo Andrea Plazzi, seguito dai Rudi Mathematici nell'ultimo numero della loro rivista e da .mau. sul suo blog.

Si tratta del libro Ultima lezione a Gottinga, un racconto matematico a fumetti o, se volete, una graphic novel, che parla degli infiniti di Cantor. Siamo nella Germania governata dal nazismo, e il professore ebreo sta dando l'ultimo saluto all'aula, ora deserta, nella quale ha fatto lezione per tanto tempo.

L'aula, però, non è del tutto vuota: uno studente è entrato per recuperare un libro che aveva dimenticato, ed assiste alla lezione solitaria del suo professore.

La matematica è tanta, riassunta in poche tavole; i disegni sono molto belli. Se, poi, la lettura di questo racconto a fumetti vi ha incuriositi, magari date un'occhiata anche a Verso l'infinito (ma con calma), il mio contributo alla diffusione delle teorie di Cantor (dove non troverete fumetti, ma dialoghi — svolti, probabilmente, in un periodo meno cupo rispetto a quelli dell'Ultima lezione).

lunedì 14 dicembre 2009

Proooof, ma a cosa ci serve questa roba nella vita?

Per la matematica, cerca non solo di ricordare semplicemente cosa e come fare, ma anche di capirlo e di apprenderlo come si apprende un pezzo musicale. La matematica non deve essere nella mente come un peso portato dall’esterno, ma come un’abitudine del pensiero: bisogna imparare a vedere i rapporti geometrici in tutta la realtà e a individuare le formule in tutti i fenomeni. Chi è capace di rispondere all’esame e di risolvere i compiti, ma dimentica il pensiero matematico quando non si parla direttamente di matematica, non ha appreso la matematica”.

La matematica è la più importante delle scienze che formano il pensiero: essa approfondisce, precisa, generalizza e lega in un unico modo la visione del mondo, educa e sviluppa, dà un approccio filosofico alla natura”.

Parole di Pavel Aleksandrovič Florenskij, lette su MatePristem grazie a una segnalazione del ventesimo Carnevale della Matematica.

domenica 6 dicembre 2009

I Will Derive



Devo assolutamente farlo cantare ai miei studenti di quarta.

At first I was afraid, what could the answer be?
It said given this position find velocity.
So I tried to work it out, but I knew that I was wrong.
I struggled; I cried, "A problem shouldn't take this long!"
I tried to think, control my nerve.
It's evident that speed's tangential to that time-position curve.
This problem would be mine if I just knew that tangent line.
But what to do? Show me a sign!

So I thought back to Calculus.
Way back to Newton and to Leibniz,
And to problems just like this.
And just like that when I had given up all hope,
I said nope, there's just one way to find that slope.
And so now I, I will derive.
Find the derivative of x position with respect to time.
It's as easy as can be, just have to take dx/dt.
I will derive, I will derive. Hey, hey!

And then I went ahead to the second part.
But as I looked at it I wasn't sure quite how to start.
It was asking for the time at which velocity
Was at a maximum, and I was thinking "Woe is me."
But then I thought, this much I know.
I've gotta find acceleration, set it equal to zero.
Now if I only knew what the function was for a.
I guess I'm gonna have to solve for it someway.

So I thought back to Calculus.
Way back to Newton and to Leibniz,
And to problems just like this.
And just like that when I had given up all hope,
I said nope, there's just one way to find that slope.
And so now I, I will derive.
Find the derivative of velocity with respect to time.
It's as easy as can be, just have to take dv/dt.
I will derive, I will derive.

So I thought back to Calculus.
Way back to Newton and to Leibniz,
And to problems just like this.
And just like that when I had given up all hope,
I said nope, there's just one way to find that slope.
And so now I, I will derive.
Find the derivative of x position with respect to time.
It's as easy as can be, just have to take dx/dt.
I will derive, I will derive, I will derive!

mercoledì 2 dicembre 2009

Puntini sulle i

“Allora, ragazzi, come mai non eravate a scuola ieri?”.

“Siamo stati all'università, alla presentazione delle varie facoltà”.

“Ah, bello. Quali presentazioni avete ascoltato?”.

“Quasi tutti ingegneria, qualcuno economia… Però, prof, lei sa qualcosa di ingegneria matematica?”.

“Veramente, no. Cosa vi hanno detto?”.

“Eh, ci hanno detto che un ingegnere matematico non è solo un matematico, ma anche…”.

“No, fermo”.

“Cosa?”.

“Volevi dire che un matematico non è solo un ingegnere, vero?”.

“Ma, veramente…”.

“No. No. No. Tu volevi dire così”.

“Ah, va bene”.

“Sia chiaro”.

“Ehm, no, perché loro ci avevano detto che un ingegnere matematico sa le cose che sa un matematico e però può anche fare cose che di solito fanno gli ingegneri”.

“Vabbé, ma quelli che ti hanno detto così sono ingegneri”.

“Sì”.

“Quindi cosa vuoi che ne sappiano loro?”.

“Prof, facciamo lezione adesso?”.

sabato 28 novembre 2009

Chi sono?

1a. Ho due cifre
1b. Sono pari

2a. Contengo un 7
2b. Sono primo

3a. Sono il prodotto di due interi dispari consecutivi
3b. Sono 1 più un quadrato perfetto

4a. Sono divisibile per 11
4b. Sono 1 più un cubo perfetto

5a. Sono un quadrato perfetto
5b. Ho tre cifre

Una sola affermazione per ogni gruppo è vera. Trovare il numero.

(via jd2718)

martedì 24 novembre 2009

Il Topolino di una volta

Mia nonna, classe 1921, conserva ancora alcuni Topolini (plurale della rivista a fumetti Topolino) di mio papà: si parla dei primi numeri del giornalino che ancora oggi viene venduto in edicola.

Le storie pubblicate a quei tempi erano molto diverse da quelle di oggi. Proprio poco fa mi è arrivata un'email pubblicitaria che mi segnalava una nuova iniziativa: si può andare su un sito, sfogliare un catalogo di 60 storie e farsi stampare un Topolino personalizzato con le storie preferite.

Ho ritrovato alcune chicche meravigliose: Zio Paperone e il ventino fatale, ad esempio, di Barks, in cui Zio Paperone se la vede molto brutta. Oppure Eta Beta e il tesoro di Mook, una lunghissima storia a puntate di Walsh e Gottfredson che oggi sarebbe impossibile pubblicare in un giornale per bambini: pistole, pugni, minacce, morti. E poi c'è L'Inferno di Topolino, nella versione non censurata: imperdibile.

Si possono leggere online, è un peccato non conoscerle.

sabato 21 novembre 2009

Interpolazione polinomiale

Per due punti passa una e una sola retta. Nel linguaggio della geometria analitica significa che esiste un'unica equazione di primo grado (una retta) in x e y avente per soluzioni le coordinate dei due punti. Se i due punti non sono disposti in verticale (non hanno la stessa x) allora si può dire che esiste un'unica funzione di primo grado y = f(x) che è soddisfatta dalle coordinate dei due punti.

Generalizziamo.

Esiste un'unica funzione di secondo grado (parabola) il cui grafico passa per tre punti (non aventi la stessa ascissa), esiste un'unica funzione di terzo grado il cui grafico passa per quattro punti, esiste un'unica funzione di grado n il cui grafico passa per n+1 punti.

Come si calcola?

Si sostituiscono le coordinate dei punti all'interno dell'equazione, si prendono come incognite i coefficienti delle x, e si risolve il sistema risultante. Sistema che risulterà essere di primo grado in n+1 equazioni e n+1 incognite.

Sì, va bene, ma quando si tratta di dieci punti, come fai?

Mi faccio aiutare da un qualche programma apposito: per esempio maxima. Inserisco una generica funzione polinomiale di nono grado in questo modo:

f(x):=a0*x^9+a1*x^8+a2*x^7+a3*x^6+a4*x^5
+a5*x^4+a6*x^3+a7*x^2+a8*x+a9;

e poi dico al programma di risolvere il sistema che si ottiene sostituendo le dieci coordinate dei punti al posto di x e y, così:

solve([f(0)=5,f(1)=2,f(2)=9,f(3)=8,f(4)=4,f(5)=6,
f(6)=7,f(7)=3,f(8)=1,f(9)=0],[a0,a1,a2,a3,a4,a5,a6,a7,a8,a9]);

ed ecco il risultato:

        31            293        1943         3509       11489
[[a0 = -----, a1 = - -----, a2 = ----, a3 = - ----, a4 = -----,
90720 20160 7560 1440 864

119551 1555541 244631 2318
a5 = - ------, a6 = -------, a7 = - ------, a8 = ----, a9 = 5]]
2880 22680 5040 315


Questa è l'unica funzione di nono grado che passa per i punti che abbiamo scelto. Questa risposta sarà più o meno laterale di quella che utilizza l'ordine alfabetico?

Ecco, comunque, il grafico:

venerdì 20 novembre 2009

Pensiero laterale

Il discepolo chiese al maestro:

“Maestro, insegnami il pensiero laterale”.

“Va bene”, rispose il maestro, “osserva questa sequenza numerica”.

5, 2, 9, 8, 4, 6, 7, 3, 1, 0.

“Sai dirmi”, continuò il maestro, “quale legge ordina i numeri che vedi?”. Il discepolo se ne andò, meditando. Il giorno dopo tornò dal maestro con la soluzione:

“Maestro! Ho capito! Quei numeri sono in ordine alfabetico!”.

“Mh”.

“Ma come?”, domandò il discepolo, perplesso. “Non è vero?”.

“Forse è vero, mio giovane discepolo, ma non hai pensato abbastanza lateralmente. Eccoti la mia risposta:”.




“Maestro, non capisco”.

“Ti basta sostituire i numeri da zero a nove al posto della x, e avrai l'illuminazione”.

sabato 14 novembre 2009

Carnevale della Matematica #19

Benvenuti al diciannovesimo Carnevale della Matematica. Per iniziare, ecco qua un bel quadrato magico formato dai periodi delle espansioni decimali delle frazioni 1/19, 2/19, …, 18/19.

052631578947368421
105263157894736842
157894736842105263
210526315789473684
263157894736842105
315789473684210526
368421052631578947
421052631578947368
473684210526315789
526315789473684210
578947368421052631
631578947368421052
684210526315789473
736842105263157894
789473684210526315
842105263157894736
894736842105263157
947368421052631578

E ora alcune spigolature sul numero 19.

Il ciclo di Metone è un calendario che si basa sul fatto che 19 anni solari corrispondono a circa 235 mesi lunari: è un calendario lunisolare, cioè sincronizzato sia col sole che con la luna — non è precisissimo, ma non preoccupatevi: se non studiate il calendario ebraico, se non dovete calcolare la data della prossima Pasqua e se non programmate viaggi sulla Luna non vi servirà.

La diciannovesima buca di un campo da golf è il bar alla fine del percorso — a meno che non giochiate al Legend Golf & Safari Resort, dove esiste anche la diciannovesima buca: si sale con un elicottero su una cima alta 400 metri e si deve far buca in tre colpi in un'area a forma di Africa 400 metri sotto. Ma non approfondiamo troppo perché se proprio uno vuole divertirsi a lanciare una pallina giù da una montagna, può anche fare lo sforzo di non usare un elicottero.

Si racconta che il famoso matematico indiano Ramanujan, celebre per la sua impressionante familiarità con i numeri e capacità di calcolo, ricevette la visita del collega Hardy mentre era ricoverato in ospedale a Putney. L'amico era arrivato in taxi e, tanto per far conversazione, disse a Ramanujan che il suo taxi aveva il numero 1729, che gli sembrava abbastanza poco interessante, come numero. "Assolutamente no!", rispose il macinanumeri, senza pensarci un istante, "è interessantissimo, invece! È il numero più piccolo che si possa esprimere come somma di due cubi in due modi diversi!". In effetti 1729 è uguale a 13+123 e a 93+103 — ma a noi oggi interessa il fatto che 1729 è uguale al prodotto di 19 per 91.

Ogni numero intero positivo può essere espresso come somma di al più 19 quarte potenze — e questo è un risultato del 1986 riguardante un problema posto nel 1770 (e questo, a sua volta, la dice lunga sulla pazienza e la tenacia dei matematici).

Nel 1809, Napoleone si recò al palazzo di Schönbrunn per giocare contro il Turco, un automa in grado di simulare un giocatore di scacchi. La storia ci ha lasciato diversi resoconti della partita, alcuni anche contraddittori. A noi piace il seguente: di solito, nelle precedenti esibizioni, il Turco aveva sempre avuto la possibilità di fare la prima mossa, ma quella volta Napoleone non volle essere secondo, e cominciò lui la partita. Poco dopo, l'Empereur tentò una mossa illegale: il Turco rimise il pezzo al suo posto e continuò la partita. Napoleone, allora, tentò una mossa illegale una seconda volta, e il Turco rispose rimuovendo definitivamente il pezzo dalla scacchiera. Napoleone tentò la mossa una terza volta, e il Turco rispose muovendo il suo braccio meccanico in modo da spazzare via tutti i pezzi dalla scacchiera. Napoleone ne fu soddisfatto e, divertito, giocò una partita vera contro la macchina. Alla diciannovesima mossa si arrese, dichiarando la sconfitta — nel 1820 venne rivelato che la macchina era un trucco, in realtà al suo interno si nascondeva un maestro di scacchi che la comandava manualmente. Ma, a quel tempo, Napoleone aveva altro per la testa.

L'unico numero primo p, minore di 19000000019, per il quale si ha che le prime cifre di pp sono uguali a p, è 19 — infatti, 1919 è uguale a 1978419655660313589123979.

La successione di Fibonacci F(n) è nota a tutti: i primi due termini sono uguali a 1 e ogni termine, dal terzo in poi, è ottenuto sommando i due che lo precedono. Il primo numero primo p per il quale F(p) non è a sua volta primo è 19 — abbiamo infatti che F(3)=2, F(5)=5, F(7)=13, F(11)=89, F(13)=233, F(17)=1597, mentre F(19)=4181=37×113.

Esiste un criterio di divisibilità per 19: dato un numero, si toglie l'ultima cifra, si moltiplica per 9 ciò che rimane, e poi si sottrae l'ultima cifra. Se risulta 0, 19 o un multiplo di 19, allora il numero dato è divisibile per 19 — per esempio, dato 114, 11×9-4=95, che è divisibile per 19 (se uno non se ne accorge, può ripetere il test: 9×9-5=76; 7×9=57; 5×9-7=38; 3×9-8=19; a questo punto ci si può fermare).

Il FRACTRAN è un linguaggio di programmazione molto criptico ideato da Conway. Un programma scritto in FRACTRAN è composto da una lista ordinata di frazioni positive e da un valore iniziale di input n, intero positivo. Il programma modifica il valore di n secondo le seguenti due regole:

1) si cerca la prima frazione f nella lista per la quale nf è un intero, e si sostituisce n con nf

2) si ripete la regola precedente fino a che non esiste più nessuna frazione della lista che produce un intero quando viene moltiplicata per n; a quel punto il programma termina.

Bene, il linguaggio è Turing completo (ed incomprensibile). Ecco un generatore di numeri primi:

17/91, 78/85, 19/51, 23/38, 29/33, 77/29, 95/23, 77/19, 1/17, 11/13, 13/11, 15/14, 15/2, 55/1.

Quando viene lanciato con il valore iniziale di n=2, si ottiene la seguente sequenza: 15, 825, 725, 1925, 2275, 425, e così via. Ogni volta che compare una potenza di 2, bisogna guardarne l'esponente: la prima volta troveremo che l'esponente è uguale a 2, poi 3, poi 5, 7, e così via: vengono generati tutti i numeri primi. Il programma non è però molto efficiente: servono 19 iterazioni per ricavare il primo numero primo.

E concludiamo con l'articolo 19 della dichiarazione universale dei diritti umani: Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

Ora veniamo ai contributi, in rigoroso ordine di ricevimento:

dioniso continua, dal suo blogghetto, a raccontarci un percorso storico tra numeri e geometria: siamo alla dodicesima parte, in cui si parla di Al-Khwārizmī.

knulp, da Scacciamennule, propone un problema che parla di bistecche e barbecue.

Giampaolo Mele ha appena aperto un blog, La vita è un gioco. Nel suo primo post ci parla di matematica, giochi, dilemmi. Nessuno si è mai chiesto come funzioni tutto?

marcellosblog ci propone un'analisi del gioco Win for Life, dalla quale si evince come sia facile appartenere all'insieme dei perdenti, e ci segnala un video di Sir Ken Robinson a favore della creazione di un sistema educativo che nutra la creatività.

I Rudi Mat(h)ematici segnalano Appeso al muro: vi siete mai chiesti perché in molti orologi, soprattutto in quelli sui campanili, il numero romano 4 è scritto come IIII e non come si dovrebbe, cioè IV? Il post contiene anche un foto quiz, dove bisogna trovare un orologio speciale tra nove. Abbiamo poi il compleanno del mese, questa volta dedicato a Weierstraß e alla poesia — già, perché i compleanni di RM non parlano mai di un argomento solo, e se non li conoscete vale la pena dedicare dieci minuti a una lettura attenta e non superficiale. Per la serie Paraphernalia Mathematica hanno scritto un post sulla matematica degli origami, che permette di fare calcoli più complicati rispetto a quelli possibili con l'uso di soli riga e compasso: si possono trisecare gli angoli, ad esempio. Infine, la soluzione ai quesiti pubblicati a ottobre sulla rivista Le Scienze: Chi si fila il filetto? Non dimenticate il numero di novembre della rivista Rudi Mathematici, di cui segue il sommario: il compleanno di Ipazia, i due problemi del mese, il Bungee Jumpers, la recensione di Flatlandia, le soluzioni dei lettori e le note della redazione, il Quick and Dirty, e la seconda parte dei Paraphernalia Mathematica sulla crittografia.

.mau., preso da vari impegni e monelli, dice che ha scritto poco. Ecco qua: un post celebrativo per i 95 anni di Martin Gardner, una analisi probabilistica per cercare di capire se l'acrostico presente nel veto firmato dal governatore della California sia casuale o no. Seguono alcune considerazioni, più o meno filosofiche, sulle dimostrazioni matematiche al calcolatore: una dimostrazione che può essere fatta a mano in qualche secolo, o al computer in tempi più brevi, è una dimostrazione valida?. Per la categoria giochi, abbiamo il Windoku, ovvero un sudoku con le finestre, e Flood Fill, un gioco che richiama il teorema dei quattro colori. Per quanto riguarda invece la categoria Povera Matematica, Berlusconi dà i numeri ci parla del fatto che non si possono sommare le mele con le pere. La serie di interventi di .mau. si conclude con la recensione del libro Numerologia.

Da Gravità Zero arrivano invece i seguenti contributi: Walter Caputo ci parla del dualismo onda-particella in un vecchio esperimento mentale della meccanica quantistica, e dell'equazione di Drake in Non probabilità di vita extraterrestre, ma semplici frequenze basate su stime incerte. Claudio Pasqua invece racconta dell'intervista a Daniele Gouthier e conclude con una bufala matematica: non sarebbe meglio fare qualche conto prima di sparare delle cifre

annarita comincia con la matofobia: chi ha paura della matematica? Poi continua con un crittogramma e la sua soluzione, con la segnalazione di un software per creare triangoli, cerchi e stelle magici, un filmato dal TED in cui si parla di matematica e guerra, e gli aquiloni di Pitagora (e computer art). Per quanto riguarda la didattica con GeoGebra, annarita ci parla di circonferenze, delle proprietà delle figure equivalenti, dell'area del rettangolo e di quella del quadrato, di quella del rombo, e della lunghezza della circonferenza. Per quanto riguarda invece scienze e matematica, ecco un primo post (proveniente da un altro suo blog, Scientificando) che lega la successione di Fibonacci e la disposizione delle foglie sul fusto di una pianta, e un secondo post che lega il teorema di Pitagora con la teoria della relatività.

I Rudi Mathematici arrivano in tempo per la chiusura del Carnevale con un gustoso post dal titolo Piccoli Problemi Probabilmente Poco Pregnanti (Però Poetici): non fate caso al fatto che il link abbrevia il titolo con problemi noiosi e andatelo a leggere, anche solo il primo paragrafo la dice lunga su molte cose…

Giovanna ci propone poi alcune curve di frutti: il limone e la mela di Keplero, l'arachide e la pera. Poi prosegue con tanti post sulla didattica e la storia della matematica: da decimale a binario con excel, un compito in classe (o verifica?) sui sistemi di numerazione, la costante nei poligoni regolari, le tassellature del piano con poligoni non regolari, un classico problema su cerchi e dintorni e la sua soluzione, un legame tra le pigne e i numeri di Fibonacci, la matematica in Dante: triangoli rettangoli e semicirconferenze nel Paradiso, ancora Fibonacci, questa volta con i conigli e un limerick di Popinga, il teorema di Pitagora in due dei più antichi trattati di matematica cinesi e una intervista impossibile fatta proprio a Pitagora. Giovanna conclude con un problema-teorema riguardante tre cerchi.

Da Chimicare abbiamo un articolo di argomento chimico-matematico o, se vogliamo, di chimica divulgativa dai risvolti matematici: come possiamo trasformare un profumo in una matrice numerica?

E arriviamo alla fine del Carnevale con due interventi di Popinga: tre acrostici matematici, o tre acrostici dedicati a tre grandi matematici, e Gli immaginari di Törless, ovvero come fanno i matematici a pensare e utilizzare cose che non esistono?

(Credevate che fosse la fine? Invece no, .mau., in ritardo sul ritardo, segnala un ultimo quesito, un rebus crittografico. Per rilassarsi un po' tra una notiziola e l'altra)

Bene, il Carnevale finisce qua: arrivederci al prossimo, che sarà ospitato da Matem@ticamente il 14 dicembre. O magari arrivederci al Carnevale della Fisica, che partirà il 30 di questo mese, in occasione dei 400 anni di Galileo.

mercoledì 4 novembre 2009

domenica 1 novembre 2009

Carnevale della Matematica — call for papers

Il 14 novembre ci sarà il Carnevale della Matematica: chi vuole partecipare si iscriva qui. Non siate timidi...

martedì 27 ottobre 2009

19 minuti e 21 secondi

marcellosblog pubblica un filmato in cui Sir Ken Robinson parla dei sistemi educativi, sottolineando il fatto che quelli attuali tendono a smorzare la creatività, invece di coltivarla. Dategli un'occhiata, è molto bello. Dura 19 minuti e 21 secondi, ma se cominciate a guardarlo non smettete più (è in inglese, con sottotitoli per molte lingue). Non so cosa darei in cambio della sua capacità oratoria.

Frase memorabile: se un uomo dice una cosa in una foresta e nessuna donna lo sente, ha ancora torto?

mercoledì 21 ottobre 2009

martedì 20 ottobre 2009

Su un particolare insieme numerico - binari

“Prendi per esempio la frazione 5/8. Come diventa, in forma decimale?”.

“Aspetta che cerco la calcolatrice”.

“LA CALCOLATRICE?”.

“Ehm, sì, perché fai quella voce?”.

“LA CALCOLATRICE È IL MALE, LA ROVINA DI TUTTI GLI STUDENTI!”.

“Esagerato… Sai che con quella voce mi metti a disagio?”.

“LA CALCOLATRICE È COME L'ALIENO PER LA NOSTROMO, COME TERMINATOR PER SARAH CONNOR, COME IL SEMAFORO FANTASMA PER CRICCHETTO”.

“Ma che male può fare?”.

“PRENDILA”.

“Ehm, posso?”.

“PRENDILA”.

“Eccola. Gulp”.

“SCRIVI 2”.

“Ecco”.

“FAI LA RADICE QUADRATA”.

“Fatto”.

“ELEVA AL QUADRATO”.

“Ecco qua”.

“QUANTO VIENE?”.

“Due, no?”.

“NO! VEDI? VEDI IL GRANDE INGANNO? È POSSIBILE CHE IL NUMERO CHE HAI ELEVATO AL QUADRATO DIA ESATTAMENTE DUE COME RISULTATO? TI PARE CHE LA CALCOLATRICE SIA COSÌ POTENTE DA RIUSCIRE A CONTENERE TUTTE LE CIFRE DI CUI È COMPOSTA LA RADICE DI DUE?”.

“Ah, bè, certo, no. La calcolatrice approssima”.

“E ALLORA PERCHÉ QUANDO ELEVI AL QUADRATO NON HAI UN RISULTATO APPROSSIMATO, MA OTTIENI PROPRIO DUE?”.

“Eh, ehm, direi che sia perché la calcolatrice approssima un'altra volta”.

“E SECONDO TE LO STUDENTE MEDIO SE NE ACCORGE? È CONSAPEVOLE DI QUESTA DOPPIA APPROSSIMAZIONE?”.

“Forse no, eh?”.

“CERTO CHE NO. LUI CREDE CHE LA RADICE DI DUE SIA COMPOSTA DA QUELLA MANCIATA DI CIFRE E BASTA. NON SA, O NON RICORDA, CHE LA RADICE DI DUE È COMPOSTA DA INFINITE CIFRE, NON CAPISCE CHE I RISULTATI DELLA CALCOLATRICE SONO APPROSSIMATI. LUI CREDE CHE CON LA CALCOLATRICE SI POSSA FARE TUTTO. LUI PENSA CHE, AVENDO A DISPOSIZIONE UNA CALCOLATRICE, SI POSSA ANCHE (SANTO CIELO, COSA STO PER DIRE) NON STUDIARE”.

“In effetti, capisco il tuo disappunto”.

“Oh, bene”.

“Ora hai una voce normale, per un po' mi sono preoccupato”.

“Eh, quando mi parlano di calcolatrici mi altero un pochino”.

“Allora mi impegno a calcolare 5/8 senza usarla, va bene?”.

“Prova a usare questo metodo: per ogni fattore 2 al denominatore moltiplica numeratore e denominatore per 5: in questo modo ottieni un fattore 10 e le divisioni per 10 sono sempre molto simpatiche, anche agli studenti”.

“Quindi invece di 5/8 potrei scrivere 25/40”.

“Prosegui, ci sono altri due fattori 2 al denominatore”.

“Uhm, se moltiplico ancora per 5 ottengo 125/200, e se lo faccio un'ultima volta risulta 625/1000”.

“E quindi 5/8 è uguale a 0.625”.

“Giusto”.

“Adesso facciamolo in binario”.

“Eh? Si possono scrivere i numeri binari con la virgola?”.

“Certo: le posizioni dopo la virgola non rappresenteranno più potenze di dieci come un decimo, un centesimo, un millesimo, e così via, ma rappresenteranno potenze di due: un mezzo, un quarto, un ottavo, eccetera”.

“Non ho mica ben capito. Come diventerebbe 5/8?”.

“Allora, la prima potenza di due che possiamo usare dopo la virgola è 2-1, cioè 1/2. Il nostro 5/8 è maggiore o minore di 1/2?”.

“Maggiore: 1/2 è uguale a 4/8”.

“Perfetto, quindi 5/8 = 4/8 + 1/8 = 1/2 + 1/8”.

“Giusto”.

“Quindi 5/8 = 2-1 + 2-3”.

“Ah, comincio a capire”.

“Dunque 5/8 in forma binaria diventa 0.101”.

“Molto bello”.

“Adesso prova con 1/3”.

“Vediamo: 1/3 è maggiore di 1/4”.

“Giusto”.

“Quindi posso scrivere 1/3 come 1/4 + 1/12”.

“Bene, ora prosegui con 1/12”.

“1/12 è maggiore di 1/16, quindi posso scrivere 1/12 = 1/16 + 1/48”.

“Bene. E cosa puoi dire su 1/48?”.

“Dico che è maggiore di 1/64, e quindi posso scriverlo come 1/64 + 1/192”.

“E così via”.

“Non ci si ferma mai, eh?”.

“No, infatti. Ogni volta trovi una frazione il cui denominatore è tre volte il precedente, e non finisci mai. Anche in forma binaria la frazione 1/3 è periodica, risulta uguale a 0.(01)”.

“E quali sono i numeri che hanno espansione binaria finita?”.

“Sono proprio le frazioni diadiche”.

“Ah, ora comincio ad avere una visione d'insieme. Quindi nei primi n giorni non vengono creati tutti i numeri, per quanto n possa essere grande, ma solo le frazioni diadiche”.

“E anche i numeri interi: non dimenticare che man mano che passano i giorni vengono creati anche nuovi numeri interi”.

“Giusto, sì. E allora per creare 1/3, ad esempio, come si fa?”.

“Semplice: servono infiniti giorni”.

venerdì 25 settembre 2009

Su un particolare insieme numerico - frazioni diadiche

“Insomma, i nuovi numeri che vengono generati ogni giorno sono meno di quello che mi aspettavo”.

“Sì, è vero, esistono molti modi diversi per descrivere lo stesso numero: il teorema di semplificazione ci aiuta molto”.

“E quindi, alla fine, quanti nuovi numeri ci saranno ogni giorno? Si riesce a capire?”.

“Sì, certo. Le cose stanno così; supponi che dopo un certo numero di giorni siano stati creati m numeri:”.

x1 < x2 < … < xm

“Ok. Il giorno dopo che succede?”.

“Il giorno dopo saranno creati questi numeri:”.

{|x1}, {x1|x2}, {xm-1|xm}, {xm|}.

“Ah. Ogni altra possibile combinazione è quindi uguale a una di queste?”.

“Sì, è il teorema di semplificazione che ce lo dice. Per esempio, {x1|x3} è uguale al numero più anziano compreso tra x1 e x3”.

“Che in questo caso è x2”.

“Sì, perché c'è solo lui. In altri casi più complicati bisogna proprio controllare l'anzianità dei numeri compresi, e scegliere il più vecchio”.

“Quindi il giorno 1 abbiamo un solo numero, lo zero. Il giorno 2 abbiamo lo 0, +1 e -1, il giorno 3 abbiamo 0, +1/2, +1, +2, -1/2, -1, -2”.

“E, in generale, il giorno n abbiamo 2n-1 numeri”.

“Ho capito. Ma i nuovi numeri che vengono generati ogni giorno che forma hanno? C'è una legge che ci dice quali sono questi nuovi numeri?”.

“Sì. Ogni giorno vengono creati due nuovi numeri interi, che sono quelli che nella lista abbiamo indicato con {|x1} e {xm|}”.

“Bene, questi li avevo capiti. Per esempio, 1 = {0|}, 2 = {1|}, 3 = {2|}, e così via”.

“Esatto. Gli altri, quelli che genericamente abbiamo indicato con {xi-1|xi}, sono uguali alla media tra xi-1 e xi”.

“Ah, ecco come funziona! Quindi, per fare un esempio, {1/2|3/4} dovrebbe essere uguale a 5/8”.

“Proprio così. Riassumendo, ogni giorno vengono creati nuovi numeri interi e nuove frazioni il cui denominatore è una potenza di 2. Sono quelle che vengono chiamate frazioni diadiche”.

“Ma allora non vengono creati tutti i numeri reali. Anzi, non vengono creati nemmeno tutti i numeri razionali! Per esempio, il semplice 1/3 non fa parte di questa lista”.

“Esatto: i numeri reali non vengono creati dopo un tempo finito”.

sabato 19 settembre 2009

Un sistema infallibile per vincere al lotto

Signore e signori, sono qui a proporvi un metodo infallibile per vincere al lotto. Prendiamo la giocata meno rischiosa, quella che si chiama ambata: si tratta di indovinare un numero secco su una ruota. Dato che vengono estratti cinque numeri su novanta, la probabilità di vincere è 1/18.

Se noi giochiamo un euro, e indoviniamo, i signori del lotto ci pagano 11,23 euro lordi, dai quali vanno sottratte le trattenute del 6%: la vincita netta sarà di 10.56 euro. Il nostro guadagno sarà quindi pari a 9.56 euro.

Supponiamo di scegliere un numero, per esempio il 22, e una ruota, per esempio quella di Cagliari. Supponiamo anche di non vincere al primo colpo.

Allora usiamo questo trucchetto: alla successiva estrazione non giochiamo un euro soltanto, ma giochiamo 1 euro e 10 centesimi. Perché? Perché così la vincita sarà di circa 11.66 euro: in questo modo recuperiamo il primo euro giocato e perso, e guadagniamo ancora 9.56 euro. Si tratta solo di aspettare qualche giorno in più.

Cosa succede se non indoviniamo nemmeno la seconda estrazione? Bé, è facile, alla terza giochiamo 1.22 euro: la vincita sarà di circa 12,88 euro che ci ripaga delle prime due giocate e ci permette di guadagnare ancora i nostri 9.56 euro.

Ormai avete capito il metodo infallibile, no? Ogni volta aumentiamo un po' la giocata, in modo da recuperare i soldi persi nelle giocate precedenti. Dopo 18 volte la giocata sarà di soli 5.43 euro, che ci permetterà di vincere 57.3 euro (cioè tutte le 17 giocate precedenti che abbiamo perso, più i famosi 9,56 euro che volevamo vincere fin dall'inizio).

Come? Non è detto che il 22 esca sulla ruota di Cagliari ogni 18 estrazioni? Sì, è vero, in effetti è così: a volte i numeri ritardano un po'. Oh, mi accorgo solo adesso che il 22 è da un po' di tempo che non esce, e, guarda un po', proprio sulla ruota di Cagliari: non esce da 122 estrazioni. Sì, c'è da aspettare un po' di più, ma in fondo alla fine si vince sempre, no?

Volete sapere quanto si deve giocare la centoventiduesima settimana per vincere, recuperando tutte le giocate precedenti? Ecco, sono 169016.51 euro. Lo scrivo per esteso: centosessantavonemilasedici euro, e 51 centesimi. Quanti soldi sono stati giocati, in tutto? 1784804.81

Un milione e settecentoottantaquattromilaottocentoquattro euro, e 81 centesimi.

Però alla fine guadagniamo 9.56 euro, eh.

(P.S. Ho avuto molti dubbi riguardo la scrittura corretta di guadagniamo, ma pare che sia giusto così)

domenica 13 settembre 2009

Sono già passati dieci anni

Esattamente dieci anni fa mandai questo messaggio a una lista di amici: riuscii a vedere il loro sguardo di compatimento attraverso il monitor.

Un minuto di silenzio per commemorare la più grande catastrofe che ha colpito la Terra da quando l'impatto con un meteorite ha causato l'estinzione dei dinosauri. Centinaia di persone disperse nello spazio, migliaia di morti sulla Terra, un intero continente radioattivo, non ci saranno più maree.

Addio, Luna.

sabato 12 settembre 2009

Monodialogo, ovvero: sottile è la linea che ci separa dalla follia

“Cosa fai?”.

“Preparo lo zaino”.

“Lo sai che nostra moglie ci ha detto che è meglio se non andiamo in montagna da soli”.

“Oh, senti, dobbiamo andare in montagna perché lei ha lasciato dell'insalata nel frigo?”.

“Sì”.

“E allora questo non ci consente di godere di punti-moglie illimitati, almeno per oggi?”.

“Mh, sarà. E allora perché non ci vestiamo con gli abiti che stai infilando dentro allo zaino, come se tu volessi tenerli nascosti?”.

“Perché non so bene cosa faremo: andiamo su, vuotiamo il frigo, poi vediamo che tempo fa”.

...

“Bene, ora che abbiamo disinnescato la bomba all'insalata, possiamo tornare a casa?”.

“A casa? Mi piacerebbe andare a vedere com'è il tempo al Lago Santo”.

“Come vuoi che sia? Il cielo è tutto nuvoloso, non potrà essere molto diverso da quello che c'è qui”.

“Vabbè, io vado a vedere lo stesso”.

“Non è che poi vuoi salire da qualche parte, vero? Vogliamo solo andare a vedere, no?”.

“Certamente”.

...

“Ecco, visto che nuvole? Non è proprio il caso di salire”.

“Forse è vero. Mettiamoci i vestiti da montagna”.

“E cosa ce ne facciamo?”.

“Qua ci sono molti alberi, non si vede bene il cielo; metti che dal lago vediamo che c'è bel tempo: possiamo fare un giretto”.

“Figurati”.

...

“Visto? Nuvole”.

“Vedo. Andiamo dentro al rifugio”.

“A far cosa?”.

“Non abbiamo da mangiare, io prenderei qualcosa. Un gelatino”.

“Va bene”.

...

“Andiamo?”.

“Aspetta che guardo la cartina”.

“Perché?”.

“Voglio chiedere un'informazione al rifugiaio: — Scusi? Per andare al passo Boccaia si prende il sentiero 529? Bene, grazie”.

“Non andiamo a casa, suppongo”.

“Dai, il passo Boccaia è vicino. Aspetta — Senta, cosa dicono le previsioni? Pioverà oggi? Solo se smette il vento? Bene, grazie”.

“Quindi?”.

“Senti che vento? Possiamo andare”.

...

“Ecco il passo Boccaia, bello, freddo, andiamo”.

“Andiamo”.

“No, ma, non di là”.

“Il Giovo è di là”.

“Andiamo sul Giovo?”.

“Mi piacerebbe”.

“Era la tua intenzione fin da quando siamo partiti, eh?”.

“Ehm”.

...

“Senti, quelle persone che abbiamo incrociato poco fa hanno detto che su c'è un vento fortissimo e gelido. Siamo sicuri di aver preso vestiti abbastanza pesanti?”.

“Direi di sì, mal che vada si torna giù”.

“Sì, figuriamoci. Saresti capace di salire anche con un costume da bagno. Ma non ti inquieta un po' salire da solo?”.

“Un po', sì. Ho sempre il terrore di incrociare un cinghiale”.

“Ma qui è alto, e c'è freddo, figuriamoci se ci sono cinghiali”.

“E se ce n'è uno? Che faccio? Mi ci vorrebbe la valigetta dei coltelli di Locke. Ma poi, non mi ci vedo mica tanto a usare un coltello contro a un cinghiale”.

“No, decisamente no. Soprattutto perché ci fanno paura persino le cavallette”.

“Bleah, le cavallette. Piuttosto un cinghiale”.

...

“Uno dei vantaggi a salire da soli è il silenzio. Che bello”.

“Appunto”.

“Ehm”.

...

“Il fatto che stiamo camminando inclinati non ci preoccupa?”.

“Ma no, il vento tiene lontana la pioggia, siamo tranquilli”.

“Freddino però”.

“Già. Eccoci al crinale finale”.

“E adesso? Da che parte andiamo? Dov'è la vetta?”.

“Ehm, non si vede bene”.

“Non si vede niente, siamo in mezzo alle nuvole”.

“Proviamo di qua”.

...

“Legge di Murphy?”.

“Esatto. Torniamo indietro, la vetta è dall'altra parte”.

...

“Secondo me il fatto che non ci sia nessuno quassù ha un qualche significato. Perché ce ne stiamo seduti qui, sotto la croce, con il vento che ci gela la schiena, invece di scendere?”.

“Perché è bello. Quando ci ricapiterà di essere completamente soli con i nostri pensieri?”.

“Ma cosa stai facendo?”.

“Attivo fring, tramite l'interfaccia per gtalk aggiorno il mio stato su pingdotfm che automaticamente aggiorna twitter e facebook”.

“Non parlavi di solitudine?”.

“Sì, bé, questo è per tranquillizzare nostra moglie, così sa dove siamo”.

“Tranquillizzare o fare inferocire?”.

“Bello questo silenzio, vero?”.

...

“Oh, adesso che siamo scesi un po' c'è meno freddo, si sta meglio”.

“Sì, il vento si è calmato un po'”.

“Oh-oh...”.

“Sta piovendo”.

“Per fortuna manca poco”.

“E abbiamo questo giacchino impermeabile”.

“Questa pioggia mi fa venire in mente quella volta alle elementari in cui ho scritto l'unico tema decente di tutta la mia carriera scolastica”.

“Eh, ricordo. Che tristezza la nostra capacità di scrivere”.

“Mai stati capaci”.

“Eppure, quel tema... Parlava della bellezza della pioggia”.

“Più precisamente, della bellezza di uscire di casa con l'ombrello quando piove”.

“Sì, l'ombrello è come uno scudo, che ti difende dal bagnato e ti consente di camminare tra la pioggia”.

“Che bello. E pensare che fino a che non abbiamo conosciuto nostra moglie pensavamo che fosse Male uscire senza ombrello”.

“E bagnarsi? Figuriamoci. Contro natura”.

“È stata lei a farci capire la bellezza di... faccio ancora fatica a dirlo... andare sotto la pioggia senza ombrello”.

“Ma tu guarda come corre la mente quando si è completamente soli”.

“Ormai siamo arrivati: là c'è il rifugio, c'è della gente, fine del giro”.

“Peccato”.

“Già”.


Bé, insomma, sono stato a fare un giretto in montagna, in una giornata non proprio consigliabile dal punto di vista meteorologico. Qui c'è qualche foto.

sabato 5 settembre 2009

Su un particolare insieme numerico - simplicity theorem

“Tornato dalle vacanze?”.

“Eh, sì, perché?”.

“È da un po' che non parli di numeri surreali”.

“Sì, è vero. Ora possiamo ripartire, anche se...”.

“Anche se?”.

“Non so bene come proseguire: se perseguire la rigorosità addormentando i miei due lettori, oppure se semplificare un po' le dimostrazioni”.

“In effetti le dimostrazioni sono noiosine, più o meno seguono sempre la stessa strada, e con la faccenda delle definizioni induttive ci si perde un po'”.

“Ecco, vedi? Quindi pensavo di riassumere un po' le cose per arrivare alla parte interessante”.

“Che sarebbe?”.

“Quella con gli infiniti e infinitesimi”.

“Uh, quella mi piace”.

“Eh, immagino. Quindi, vediamo di parlare del teorema che semplifica un po' la costruzione dei numeri, in modo da arrivare poi agli infiniti in tempi decenti”.

“Va bene, cosa semplifichiamo?”.

“Te lo spiego subito; partiamo da questa domanda: cosa rappresenta il numero {0|3}?”.

“Abbiamo detto che è un numero compreso tra 0 e 3”.

“Giusto, ma non basta”.

“Sarà 1+1/2?”.

“Questa sarebbe una risposta logica, ma è sbagliata”.

“Ahia”.

“Saltiamo la dimostrazione, ma con le nostre conoscenze è facile dimostrare che {0|3} è uguale a 1”.

“Ok, mi fido, ma non mi piace molto come risposta”.

“Perché?”.

“Perché non la capisco: come mai proprio 1?”.

“Qui entra in gioco il simplicity theorem”.

“Perché usi l'inglese?”.

“Perché non so bene come tradurre il termine: teorema di semplicità non mi piace per niente”.

“Va bene, sentiamo cosa dice questo teorema”.

“Dice questo: se tu hai un numero x = {xL|xR} tale che esiste un altro numero z strettamente compreso tra xL e xR, ma nessun elemento di z soddisfa alla stessa proprietà, allora x = z”.

“Chiamala semplicità...”.

“Eh, lo so, ma se provi a capire quello che dice, poi ti rendi conto che, effettivamente, semplifica”.

“Dai, proviamo a capire allora”.

“Come x prendiamo proprio il nostro numero {0|3}”.

“Va bene. Come z dovremmo prendere un numero compreso tra 0 e 3. Possiamo prendere 1 oppure 2?”.

“O anche la tua proposta 1+1/2”.

“Ah, giusto. Allora, per tutti e tre è vero che essi sono compresi tra 0 e 3”.

“Ok. Ora, però, bisogna verificare che questo non vale anche per gli elementi che li compongono”.

“Allora, provo con la mia proposta, 1+1/2. Abbiamo detto che è uguale a {1|2}... ah, non va bene, sia 1 che 2 sono compresi tra 0 e 3, quindi le ipotesi del tuo teorema di semplicità non si applicano”.

“Giusto. Se provi con 2={1|} ti rendi conto che quelle ipotesi non si applicano nemmeno ad esso”.

“Ah, certo, 1 è compreso tra 0 e 3. Rimane, come candidato, 1, che è uguale a {0|}. Ah! In questo caso è vero che nessun elemento di 1 è compreso strettamente tra 0 e 3”.

“Esatto, e quindi in questo caso il teorema è vero, e {0|3} è uguale a 1”.

“Ho capito. Cioè, ho capito quello che abbiamo fatto, ma non ho ben capito come possiamo applicare questo teorema ai nostri conti”.

“Pensaci bene: secondo il teorema z gode di una certa proprietà, ma i suoi componenti no; quindi z è il numero più vecchio che gode di quella proprietà”.

“Uhh, comincio a capire...”.

“Se vogliamo capire quale numero è uguale a un certo numero {a,b}, dobbiamo prendere il più vecchio numero strettamente compreso tra a e b”.

“E se quel numero non esiste?”.

“Allora siamo di fronte a un nuovo numero”.

“Ma allora, quell'elenco di numeri creati il secondo giorno può essere semplificato ancora, grazie a queste considerazioni”.

“Esatto. Prova a farlo”.

“Ecco qua:”.

{|} = {-1|1} = {-1|} = {|1} = 0
{-1,0|} = {0|} = 1
{-1,1|} = {0,1|}= {-1,0,1|} = {1|} = 2
{|-1,1} = {|-1,0} = {|-1,0,1}= {|-1} = -2
{|0,1} = {|0} = -1
{-1|0,1} = {-1|0} = -1/2
{-1,0|1} = {0|1} = 1/2

“Perfetto: 7 numeri”.

“Senti, ma questo simplicity theorem è difficile da dimostrare?”.

“Non riesci a stare senza dimostrazioni, eh?”.

“Mah, no, ci starei anche, ma mi dispiace un po'... Mi rendo conto che è un teorema importante”.

“Te lo dimostro in una versione semplice, quella che usa solo numeri. Ne esiste anche una versione in cui x è un generico gioco, più complicata da esporre perché per i giochi l'ordinamento non è totale”.

“Va bene, accetto la semplificazione del teorema di semplicità”.

“Allora, vogliamo dimostrare che x = z, dove z è un numero con le proprietà descritte sopra. Vediamo per prima cosa che zx. Questo è vero a meno che xR non sia minore o uguale di z (no, z è minore di xR per ipotesi) oppure zL non sia maggiore o uguale di x. Questo non possiamo saperlo, ma se xzL potremmo scrivere questa catena di disuguaglianze:”.

xL < xzL < z < xR.

“Eh, ehm, allora?”.

“E allora zL sarebbe compreso tra xL e xR, contraddicendo le ipotesi che affermano che nessun componente di z gode delle stesse proprietà di cui gode z”.

“Bello”.

“Con questo possiamo capire bene come funziona la generazione dei numeri, ed arrivare all'infinito abbastanza in fretta”.

lunedì 31 agosto 2009

Tuoni e fulmini!

Ho provato a fare un paio di foto a qualche fulmine. Erano fulmini tra nuvole, e quindi un po' nascosti, e il bagliore riflesso dalle nuvole non ha certo aiutato. Comunque, eccoli qua.

venerdì 28 agosto 2009

Sono una persona orribile

Quando sento qualcuno che si lamenta perché è appena stato punto da una zanzara io faccio sempre presente che le zanzare non mi pungono. Ci sono, pungono quelli che sono vicini a me, ma non me.

venerdì 14 agosto 2009

Il manifesto dei nerd

Di fatto, uno dei motivi per cui sono così attratta dai nerd è che sono tra le persone più intelligenti, stimolanti e piene di immaginazione che possa capitarvi di incontrare. Solo che in genere usano tutte queste qualità esclusivamente all'interno del loro habitat, e sono relativamente inadatti alla vita sociale.

Un anticipo di un libro che spiega perché quando ti innamori di un nerd non smetti più.


(via Kondor)

Il Male Assoluto

Forse non tutti sanno come funziona uno scrutinio di un triennio di scuola superiore.

Ci si ritrova intorno a un tavolone (o a tanti banchi messi uno accanto all'altro, in una simulazione povera di tavolone), si aspetta l'ultimo collega ritardatario, o l'ultima collega che è andata a fumarsi una sigaretta ma arriva subito, e si comincia a dare un'occhiata al tabellone dei voti. In molte scuole il tabellone è videoproiettato su uno schermo o su una parete, così tutti gli insegnanti possono vedere i voti e fare i loro commenti.

La prima occhiata è sfuocata: se ci sono molte righe rosse, allora la classe è scarsa; se le righe rosse sono poche, allora la classe è una buona classe. Qualche insegnante deve fare questa analisi ad alta voce, in modo da rompere il ghiaccio e dare l'avvio ufficiale allo scrutinio. Poi si comincia.

I vari consigli di classe possono adottare strategie diverse: fare prima gli studenti senza debiti, fare prima gli studenti sicuramente bocciati (riga molto rossa), procedere in ordine alfabetico: alla fine non cambia molto.

Prendiamo un caso facile: una riga senza insufficienze. Uno degli insegnanti legge ad alta voce i voti, gli altri controllano che non ci siano errori, si sistemano eventuali mezzi voti rimasti indecisi, si parla del voto di condotta, e poi si arriva alla discussione riguardante il credito scolastico.

Da qualche anno, infatti, sono cambiate un po' di cose. Prima di tutto, l'esame di maturità non si chiama più così: anche se i telegiornali continuano a parlare di esame di maturità, la definizione corretta è esame di stato (conclusivo del secondo ciclo scolastico). Poi, il voto massimo non è più sessanta; anzi, sessanta diventa il voto minimo, mentre il massimo è cento. Infine, quel voto comincia a prendere forma a partire dal terzo anno delle superiori. Si accumula, insomma, un punteggio che, alla fine della quinta, sarà aggiunto a un altro punteggio calcolato in sede di esame: la somma costituirà il voto finale. Il punteggio che si accumula durante il triennio si chiama credito scolastico.

Torniamo alla riga senza insufficienze: lo studente è stato bravo (che poi si dovrebbe dire che ha fatto il suo dovere, cioè essere promosso senza debiti, ma andiamo avanti), non deve recuperare niente, possiamo promuoverlo. Che media ha?

La media è il numero magico che determina il destino dello studente: a seconda della media, infatti, egli si posiziona all'interno di una banda di oscillazione (è qua: guardate la tabella A). Per esempio, uno studente che ha fatto la terza classe ed è stato promosso con una media del 6.5 si trova all'interno della banda 4-5: questo significa che il consiglio di classe può decidere se assegnarli 4 oppure 5 punti di credito scolastico. Su quali basi decide il consiglio?

Naturalmente il consiglio deve stabilire dei criteri, non basta il buon senso. All'ultimo collegio docenti a cui ho partecipato era stata proposta una griglia con quattro o cinque voci (non ricordo bene), ognuna delle quali aveva qualcosa come sei indicatori (molto bene, bene, insomma, così così, malino, tremendo): secondo quella griglia, quindi, esisterebbero ben 64 oppure 65 diverse sfumature di giudizio. Tutto ciò per assegnare un solo punto, eh (va bene, l'idea è che il consiglio di classe deve essere tutelato nel caso in cui un insegnante pazzo arrivi e decida di stravolgere tutto: se abbiamo invece i criteri scritti nero su bianco anche un primate bene addestrato non può sbagliarsi — ma non è questo il punto, quindi andiamo avanti).

Bene, siamo arrivati al nostro ragazzo promosso con una certa media: se essa è vicina all'estremo superiore della fascia (cioè, se è un 6.9, per esempio), allora si assegna il punteggio più alto e non ci si pensa più. Ma se invece la media è un 6.1? Eh, allora vediamo se il ragazzo ha presentato dei crediti formativi, così ci risolviamo il problema.

I crediti formativi sono il Male Assoluto.

I crediti formativi sono punteggi derivati da attività extrascolastiche svolte dallo studente. Quali attività? Potrebbero essere di volontariato, per esempio, oppure di lavoro estivo, oppure, attenzione, attività sportive.

Lo studente ha lavorato per due mesi d'estate, naturalmente in regola, con tutti i documenti a posto? Bene, accettiamo il credito. Lui si posizionerebbe nella parte bassa della fascia, si meriterebbe solo 4 punti per la media, e noi gli diamo un punto in più e lo portiamo a 5 perché ha questo credito formativo. Non si può uscire dalla fascia, anche se ha quarantadue crediti noi non possiamo dargli quarantadue punti: solo uno.

Lo studente ha fatto volontariato? Ha assistito gli anziani una volta alla settimana per tutto l'anno? Benissimo. Ha fatto catechismo in parrocchia durante tutto l'anno? Bravo. Ha cominciato a donare il sangue (se è maggiorenne)? Ottimo. Un punto.

Lo studente ha fatto sport? Per un anno ha frequentato gli allenamenti della squadra di calcio tutti i pomeriggi dalle 15 alle 20? Tornando a casa stanco e senza voglia di studiare? È stato assente tutti i sabati da ottobre a maggio perché aveva la partita? Bene, bravo, un punto. Come? No? Invece sì, credito formativo per attività sportive. Capite la faccenda del Male Assoluto?

Veniamo invece allo studente che ha una media del 6.1 ma che, pollo, non ha presentato nessun credito. È un salame, e solo per questo fatto si meriterebbe il minimo della fascia. Però, dai, è uno dei pochi che non ha debiti, è sempre stato buono in classe, gli abbiamo dato anche dieci in condotta, potremmo premiarlo. Va bene, ma come si fa? Non basta dargli il punto in più e farla finita? Eh, in un mondo dove vige il buon senso, certamente sì. Ma nel mondo della scuola, in cui tutto deve essere verbalizzato, motivato, incasellato, qua siamo fuori dalla regola. E se qualcuno fa ricorso?

Ma come, qualcuno fa ricorso perché gli è stato dato un punto in più? Impossibile, no? Eppure qualcuno che sostiene che sarebbe comunque meglio inserire una motivazione salta sempre fuori. Va bene, che motivazione, però? Non ne troviamo una a prova di ricorso, come facciamo? Diciamo solo che è stato buono? Possiamo rafforzare questa affermazione con qualcos'altro?

Alza la mano l'insegnante di religione: se volete, potete anche mettere che durante l'ora di religione ha partecipato attivamente. Ah, va bene, vai, adesso abbiamo una motivazione a prova di ricorso.

Ecco, in questi giorni si sta discutendo su questo: se la motivazione dell'insegnante di religione può essere messa a verbale oppure no. Perché, per il resto, quel maledetto punticino in più non viene assegnato da un solo insegnante, ma da tutto il consiglio di classe.

I giornali che titolano “Insegnanti di religione esclusi dagli scrutini” non hanno mica ben capito come funziona. Il problema non è se gli insegnanti di religione (e quelli della materia alternativa alla religione) possano o meno partecipare a una eventuale votazione riguardante l'attribuzione del credito formativo: il problema è che l'idea stessa di credito formativo deve essere cancellata dall'esistenza.

sabato 8 agosto 2009

Su un particolare insieme numerico - la somma

x + y = {xL + y, x + yL | xR + y, x + yR}

“Questa sarebbe la definizione di somma di due numeri surreali?”.

“Esattamente”.

“Vedo che si basa su sé stessa”.

“Esatto, per fare una somma devi fare una somma”.

“Lapalissiano”.

“Naturalmente, funziona grazie all'induzione, a destra dell'uguale si fanno somme tra elementi più semplici, cioè nati prima. A un certo punto ci si ferma, quando si arriva all'insieme vuoto”.

“Facciamo una prova?”.

“Certo. Cominciamo da una facile: 1 0”.

“Ah, forse è la più facile. Bé, no, ci sarebbe 0+0, ma visto che in quel caso gli insiemi sono tutti vuoti, si capisce subito che il risultato è ancora 0”.

“Già. Prova invece a calcolare 1+0, cioè {0|} + {|}”.

“Vediamo... Mh, non capisco bene come devo fare quando devo sommare un numero all'insieme vuoto”.

“In quel caso, non risulta nulla: se devi sommare un numero a un elemento dell'insieme vuoto, non puoi farlo, dato che l'insieme vuoto non ha elementi”.

“Allora, scrivo tutto poi vedo come semplificare: secondo la definizione, viene {0+0|}. Ah, il calcolo di 0+0 è facile, l'abbiamo detto prima, fa 0. Quindi 1+0 = {0|} = 1. Bene, risulta quello che mi aspettavo”.

“A questo punto puoi dimostrare che 0 è l'elemento neutro della somma”.

“Cioè che x+0 = x?”.

“Sì. Prova a calcolare x+0 = {xL|xR} + {|}”.

“Viene {xL+0|xR+0}. Uh, e quanto fa? Dovrei calcolare xR+0 e xL+0, prima”.

“Certo, ma questa è l'induzione, ricordi? xL e xR sono stati creati prima di x, e puoi andare indietro fino al punto di partenza. A un certo punto quella somma diventerà 0+0, che fa 0. Quindi, per induzione, puoi supporre che xL+0 = xR, e xR+0 = xR”.

“E quindi x+0 = x”.

“Sì. Ora prova a calcolare 1+1”.

“Ah, vediamo se fa 2! Il calcolo è questo: {0|} + {0|}. Il risultato è {0+1, 1+0|} = {1,1|} = {1|}”.

“E {1|} è proprio il numero che avevamo indicato con 2”.

“Sì, mi ricordo. Mh, ora mi viene in mente una cosa: avevo pensato che il numero {0|1} potesse essere uguale a 1/2, dato che si trova a metà tra 0 e 1”.

“Sì, in effetti è così, anche se non è sempre vero che {a|b} si trova a metà tra a e b. Ma di questo ne parleremo”.

“Però in questo caso è vero? Avevo pensato di dimostrarlo calcolando 1/2 + 1/2”.

“Bene, se risulta 1 sei a posto, prova”.

“Allora, voglio calcolare 1/2 + 1/2 = {0|1} + {0|1}. Se applico la definizione, ottengo {0+1/2, 1/2+0 | 1+1/2, 1/2+1} = {1/2 | 1+1/2}. Mh, non è facile come mi aspettavo”.

“Sì, è vero. Come puoi fare per dire che {1/2 | 1+1/2} è uguale a 1, come ti aspetteresti?”.

“Eh, l'unico modo che mi viene in mente è la definizione: due numeri sono uguali se il primo è minore o uguale del secondo, e viceversa”.

“Perfetto. Prova a vedere se {1/2 | 1+1/2} ≤ 1”.

“Allora, è vero a meno che 1/2 non sia maggiore o uguale di 1 (no) oppure... (no, mi fermo perché l'insieme di destra di 1 è vuoto). Bè, questa è stata facile”.

“Ora prova a dimostrare che 1 ≤ {1/2 | 1+1/2}”.

“La disuguaglianza è vera a meno che 0 non sia maggiore o uguale di {1/2 | 1+1/2} oppure che 1+1/2 non sia minore o uguale di 1. Queste due disuguaglianze non sono ovvie, però”.

“Comincia dalla prima: è possibile che 0 sia maggiore o uguale di {1/2 | 1+1/2}? Sai che {1/2 | 1+1/2} è un numero maggiore del suo elemento di sinistra”.

“Ah, è vero! Allora certamente 0 non è maggiore di {1/2 | 1+1/2}, questa è fatta”.

“Ora l'altra: è possibile che 1+1/2 sia minore o uguale di 1?”.

“Dovrei sapere come è fatto 1+1/2. Allora, il calcolo sarebbe questo: 1+1/2 = {0|} + {0|1}. Applicando la definizione di somma ho {0+1/2, 1+0 | 1+1} = {1|2}. Adesso? Mi sono perso...”.

“Ti stavi chiedendo se 1+1/2, che hai scoperto essere uguale a {1|2}, può essere minore o uguale di 1”.

“Ah, certo che no, deve essere maggiore di 1”.

“Bene, quindi sei a posto, hai dimostrato che 1 ≤ {1/2 | 1+1/2}”.

“Prima avevo dimostrato la disuguaglianza contraria, quindi posso dire che 1 = {1/2 | 1+1/2}”.

“E quindi 1/2+1/2 fa proprio 1”.

martedì 4 agosto 2009

Su un particolare insieme numerico - semplifichiamo

“Grazie all'induzione, di cui abbiamo parlato la volta scorsa, possiamo dimostrare qualche semplice proprietà:”.

Per ogni gioco, si ha che:
  • x non è maggiore o uguale di xR
  • x non è minore o uguale di xL
  • xx
  • x = x
  • se xy e yz, allora xz (proprietà transitiva)

Per ogni numero, si ha che:
  • xL < x < xR
  • xy oppure yx (l'ordinamento è totale)

“Perché dici gioco?”.

“Perché sono proprietà che valgono in generale per tutti i giochi, cioè non fanno uso del fatto che xL non è maggiore o uguale di xR”.

“Ah. E le dimostriamo?”.

“Pensavo di lasciarle come esercizio al lettore volonteroso: si basano sul concetto di induzione”.

“Ok”.

“Ora invece vediamo di rispondere a un'altra domanda: quand'è che un numero x = {xL|xR} è uguale a un numero X = {y, xL|xR}?”.

“Eh?”.

“Traducendo: quand'è che possiamo aggiungere un numero a sinistra senza cambiare il valore di x?”.

“Ah, ora ho capito. Avevamo dimostrato che {0,1|} e {1|} sono uguali, per esempio. Quindi quello 0 a sinistra era inutile”.

“Esatto: ora troviamo una regola generale. Consideriamo i due numeri x e X che abbiamo appena definito e chiediamoci quando xX”.

“Uhm, dovrei saperlo dire, ormai. Vediamo: x è minore o uguale di X a meno che qualche elemento dell'insieme di sinistra di x, cioè xL, non sia maggiore o uguale di X (no, è impossibile, perché ogni xL è anche un XL, che non può essere maggiore o uguale di X), oppure a meno che qualche elemento dell'insieme di destra del secondo numero, cioè XR, non sia minore o uguale di x (no, impossibile, perché ogni XR è anche un xR)”.

“Perfetto, ottima analisi. Dunque xX. Puoi fare la stessa analisi anche per Xx?”.

“Ormai non mi ferma più nessuno. Allora, X è minore o uguale di x, a meno che qualche elemento dell'insieme di sinistra del primo numero, cioè {y, xL}, sia maggiore o uguale di x — uhm, tutti gli xL non sono maggiori o uguali di x, ma di y non so niente. Quindi devo imporre che anche y non sia maggiore o uguale di x”.

“Perfetto, vai avanti, manca la seconda condizione”.

“Ah, già. La seconda condizione dice che X è minore o uguale di x, a meno che qualche elemento dell'insieme di destra del secondo numero non sia minore o uguale di X — questo non può succedere perché ogni xR è anche un XR. Quindi siamo a posto, l'unica condizione che devo imporre è quella su y”.

“Ottimo. Riassumendo, {y, xL|xR} = {xL|xR} purché y non sia maggiore o uguale di x”.

“Ah, finalmente un bel risultato. A questo punto possiamo accorciare quella lista di venti numeri che avevamo fatto tempo fa?”.

“Sì, prova a semplificarla, ricordandoti che puoi eliminare un numero dalla parte sinistra dell'insieme se, sempre nella parte sinistra, ne esiste un altro maggiore di quello”.

“Eh, però mi piacerebbe sapere come fare a semplificare quei numeri che hanno più elementi nella parte destra”.

“Hai ragione: puoi usare evidenti ragioni di simmetria per dedurre che, nella parte destra, puoi eliminare un numero se ne esiste un altro minore di quello”.

“Uhm, non faccio commenti sulle ragioni di simmetria... Quindi posso dire che ogni numero x è uguale a quel numero che si ottiene prendendo il più grande elemento di xL e il più piccolo elemento di xR?”.

“Esatto, ammesso che, naturalmente, esista il più grande elemento dell'insieme di sinistra o il più piccolo di quello di destra”.

“Naturalmente”.

“Questa proprietà è valida per i nostri venti numeri, quindi possiamo andare avanti tranquilli”.

“Ok, allora, vediamo. L'elenco dei nuovi numeri dovrebbe ridursi così:”.

{|} = 0
{-1|}
{-1,0|} = {0|} = 1
{-1,1|} = {0,1|}= {-1,0,1|} = {1|}
{|-1,1} = {|-1,0} = {|-1,0,1}= {|-1}
{|0,1} = {|0} = -1
{|1}
{-1|0,1} = {-1|0}
{-1|1}
{-1,0|1} = {0|1}

“Giusto. Per ora ci fermiamo qua, poi vedremo come ridurlo ancora”.

sabato 1 agosto 2009

Naturale

Non ho assolutamente idea di cosa sia la scala pentatonica, ma questo video mi ha affascinato.



(via)

giovedì 30 luglio 2009

Su un particolare insieme numerico - induzione

“Allora, hai visto come funzionano le dimostrazioni riguardanti l'ordinamento tra due numeri?”.

“Sì, ho visto: una cosa complicatissima, abbiamo impiegato un sacco di tempo solo per verificare che 1 è minore di 2”.

“Sì, è vero, ma ora vorrei farti notare questo: ti sei accorto che la definizione di ordinamento è ricorsiva?”.

“Cioè?”.

“Cioè richiama sé stessa: per dimostrare che x è minore di y devi dimostrare che xL non è maggiore o uguale di y, e poi che yR non è minore o uguale di x”.

“Ah, hai ragione. Ora che ci penso, è poi il metodo che abbiamo usato per dimostrare che 1 è minore di 2: abbiamo sospeso la dimostrazione per verificare altre disuguaglianze”.

“Infatti, è così. Ogni dimostrazione fa riferimento su una dimostrazione precedente, è su questo che si basa il principio di induzione”.

“Siamo sicuri che sia sempre precedente?”.

“In che senso?”.

“Voglio dire: per dimostrare che a è minore di b devo prima aver dimostrato altre due disuguaglianze. Siamo sicuri che queste facciano riferimento a disuguaglianze che ho già dimostrato prima? Non può succedere che, per dimostrare che a è minore di b, devo prima dimostrare che c è minore di d, e quando vado a dimostrare che c è minore di d devo dimostrare che a è minore di b? Non ci possono essere riferimenti circolari?”.

“Ah, bene, ottima domanda. No, non possono esserci riferimenti circolari, ed è facile vederlo se pensi alla genesi dei numeri”.

“Uhm, quella storia per cui ogni giorno vengono creati nuovi numeri?”.

“Esatto. Ogni numero ha il suo compleanno, anche se la parola inglese rende meglio”.

Birthday?”.

“Sì: letteralmente significa giorno di nascita. Ad ogni numero possiamo associare il giorno in cui è stato creato”.

“Va bene, ma questo come ci aiuta?”.

“Immagina di dover dimostrare che xy. Sia x che y hanno i loro giorni di nascita”.

“Ok. Non è che potremmo continuare a chiamarli compleanni? Mi pare che suoni meglio”.

“Va bene. Allora, per dimostrare che xy devi dimostrare che xL non è maggiore o uguale di y, e poi che yR non è minore o uguale di x. Cosa puoi dire sul compleanno di xL?”.

“Ah, non so”.

“Ricorda che xL ti è servito per costruire il numero x”.

“Ah, vuoi dire che i numeri contenuti in xL devono essere stati creati prima di x?”.

“Esatto”.

“Forse comincio a capire: le due disuguaglianze xLy e yRx prendono in considerazione numeri creati precedentemente”.

“È così: ogni disuguaglianza è più semplice della precedente, perché ogni volta consideri dei numeri creati precedentemente. Ora, questo procedimento di andare indietro a un certo punto termina”.

“Quando arrivo al primo giorno?”.

“Sì. Anzi, no, quando arrivi al zeresimo giorno. E qual è l'unico numero nato in quel giorno?”.

“Zero! Che è composto, nelle sue due parti, dall'insieme vuoto”.

“E quali sono le proprietà che non sono valide per l'insieme vuoto?”.

“Nessuna, mi hai detto che gli elementi dell'insieme vuoto godono di qualunque proprietà, dato che non esistono”.

“Infatti. Quindi questo procedimento di induzione non ha bisogno di un punto di partenza. O meglio, il punto di partenza è sottinteso, perché riguarda sempre l'insieme vuoto”.

“Bè, questo sì che è elegante”.

“E funziona anche se abbiamo a che fare con insiemi infiniti, modificandolo un po'”.

“Oh, è vero che ci saranno prima o poi anche gli insiemi infiniti...”.

“L'induzione funziona così: P(x) è vera se lo sono P(xL) e P(xR)”.

“Tutto qua?”.

“Tutto qua”.

mercoledì 29 luglio 2009

Avada Kedavra

Giudizio critico: l'ultimo film di Harry Potter è moscio.

Su un particolare insieme numerico - come funziona l'ordinamento


“Cosa rappresenta questa immagine?”.

“Un trucchetto per capire come funziona l'ordinamento tra i numeri surreali”.

“Mi piacciono i trucchetti, forse riuscirò a capire qualcosa”.

“Ricorderai la definizione di numero surreale, suppongo”.

“Sì, ogni numero corrisponde a due insiemi di numeri creati precedentemente, in modo tale che nessun elemento dell'insieme di sinistra sia maggiore o uguale di qualche elemento dell'insieme di destra”.

“Bene. Questa definizione ricorda vagamente quella di sezione di Dedekind”.

“Ah”.

“Anche il modo di scrivere un numero surreale ricorda le sezioni di Dedekind: abbiamo un insieme di numeri, un elemento di separazione (quello che abbiamo indicato con la barra verticale), e un altro insieme di numeri: {A|B}”.

“Capisco. Dunque il numero surreale {A|B} dovrebbe essere compreso tra A e B?”.

“Sì”.

“Ma se A e B sono insiemi di più numeri?”.

“Vedremo che succede in quel caso”.

“E poi A e B possono anche essere insiemi vuoti, però”.

“Sì, in quel caso il numero rappresentato da {A|} è il successivo di A, mentre quello rappresentato da {|B} è quello che precede B. In un certo senso che vedremo poi”.

“Uhm, ci sono ancora molti misteri”.

“Sì, cominciamo a capirne uno: la definizione di ordinamento. La figura qua sopra ci può aiutare: essa rappresenta due numeri x e y, con x che precede y. Le due semirette che vedi rappresentano i due insiemi, di sinistra e di destra, relativi ai due numeri”.

“Vuoi dire, in pratica, che x = {xL|xR} e che y = {yL|yR}?”.

“Esattamente. Ho usato la notazione inglese perché tutti i libri fanno così”.

“Bene, fin qua è chiaro”.

“Ora analizziamo la definizione: cosa significa che xy?”.

“Significa che nessun elemento dell'insieme di sinistra del primo numero è maggiore o uguale del secondo, e che nessun elemento dell'insieme di destra del secondo numero è minore o uguale del primo”.

“Bene. Ora osserva la figura: noterai che l'insieme di sinistra del primo numero, cioè xL, si trova tutto a sinistra di y”.

“Vero”.

“E quindi nessun suo elemento è maggiore o uguale di y”.

“Ah, ho capito! Questa è la prima parte della definizione! Ora ho capito anche la seconda parte: l'insieme di destra del secondo numero, cioè yR, si trova tutto a destra rispetto a x, e perciò nessun suo elemento è minore o uguale di x”.

“Perfetto, questo è il trucco. L'ordinamento fra i numeri surreali funziona così”.

“Ma perché usare tutti quei non? Invece di dire che nessun elemento dell'insieme di sinistra del primo numero è maggiore o uguale del secondo numero, non si poteva dire che tutti gli elementi dell'insieme di sinistra del primo numero sono minori del secondo?”.

“Bé, ci sono due motivi per cui si usano i non. Il primo è per una questione di eleganza (sulla quale tu avrai sicuramente da obiettare): in questo modo si usa solo il concetto di minore o uguale (assieme al suo reciproco di maggiore o uguale) e non si tira in ballo il concetto di essere diversi”.

“In che senso?”.

“Nel senso che minore in senso stretto significa minore e non uguale. Quindi per verificare che un numero è minore di un altro dovresti verificare che prima è minore o uguale, e poi che non è uguale”.

“Ah, ho capito. L'abbiamo fatto quando abbiamo dimostrato che 1 è minore di 2, per esempio”.

“Esatto. Il secondo motivo per cui si usano i non è per avere una induzione che non ha bisogno di base”.

“Cosa?”.

“Ne parliamo la prossima volta”.

lunedì 27 luglio 2009

Su un particolare insieme numerico - disuguaglianze

“Abbiamo chiamato 0 il numero {|}, poi abbiamo chiamato 1 il numero {0|}, viene naturale chiamare 2 il numero {1|}”.

“Ti ho già detto che quello che tu consideri naturale potrebbe risultare oscuro al resto del mondo?”.

“Sì, infatti vedremo poi che 1+1 dà proprio 2 come risultato, ma non vorrei ancora parlare di somme”.

“Va bene, per ora mi fido, poi vedremo come si sommano questi numeri”.

“Sì, lasciamo le somme a dopo: ora prova però a dimostrare che 1 è minore di 2”.

“Come si fa? Noi sappiamo solo verificare se un numero è minore o uguale di un altro”.

“Ma sappiamo anche che due numeri sono uguali se il primo è minore o uguale del secondo, e viceversa”.

“E quindi?”.

“E quindi se noi dimostriamo che 1 è minore o uguale di 2, ma che 2 non è minore o uguale di 1, siamo a posto”.

“Ah, ho capito. Va bene, allora provo a dimostrare che 1 ≤ 2”.

“E cioè che {0|} ≤ {1|}”.

“Allora, questo vorrebbe dire che nessun elemento dell'insieme di sinistra del primo numero (cioè 0) è maggiore o uguale di 2, e che nessun elemento dell'insieme di destra del secondo numero è minore o uguale del primo (vero, non ci sono elementi nell'insieme di destra del secondo numero)”.

“Bene”.

“Ma come faccio a dimostrare che 0 non è maggiore o uguale di 2?”.

“Conosci la definizione di 0, conosci quella di 2, fai la prova”.

“Ah, devo lasciare in sospeso la prima dimostrazione per verificare questa seconda affermazione?.

“Esatto”.

“Allora, 2 ≤ 0 significherebbe che {1|} ≤ {|}. Questo è vero se nessun elemento dell'insieme di sinistra del primo numero (cioè 1) è maggiore o uguale di 0... no, non va bene, 1 è maggiore o uguale di 0”.

“Benissimo, quindi 0 non è maggiore o uguale di 2”.

“Ho capito”.

“Bene. Ora prendiamo in considerazione il numero {0,1|}”.

“Uhm, il primo esempio di numero in cui sono presenti due elementi in una delle sue parti”.

“Sì, infatti. Vogliamo dimostrare che questo numero, che per ora indichiamo con x, è maggiore di 1”.

“Va bene, allora, cominciamo a dimostrare che 1 ≤ x. Provo io?”.

“Vai”.

“Dovrei dimostrare quindi che 1 ≤ {0,1|}”.

“E cioè, tenendo presente la definizione di 1, che {0|} ≤ {0,1|}”.

“Questo è vero se nessun elemento dell'insieme di sinistra del primo numero (cioè 0, c'è solo lui) è maggiore o uguale di x, e nessun membro dell'insieme di destra del secondo numero è..., bé, qua mi fermo perché l'insieme di destra del secondo numero è vuoto. Ora però devo dimostrare che 0 non è maggiore o uguale di x”.

“Sì: come prima, conosci la definizione di 0, conosci quella di x, quindi provi”.

“Quindi devo dimostrare che non è vero che {0,1|} ≤ {|}”.

“Sì”.

“Quella disuguaglianza vorrebbe dire che nessun elemento dell'insieme di sinistra del primo numero (cioè 0 e 1) è maggiore o uguale di 0 e che... un momento, già questa prima parte è falsa: 0 è maggiore o uguale di 0, e anche 1”.

“Giusto. Quindi questa seconda dimostrazione è vera, puoi tornare a quella che avevi lasciato in sospeso”.

“Che quindi risulta vera pure lei”.

“Esatto. Hai dimostrato che 1 ≤ x”.

“Ora dovrei dimostrare che x non è minore o uguale di 1”.

“Sì. Devi quindi far vedere che è falsa la disuguaglianza {0,1|} ≤ {0|}”.

“Questa volta la disuguaglianza vorrebbe dire che nessun elemento dell'insieme di sinistra del primo numero (cioè 0 e 1) è maggiore o uguale di 1... questo è già falso: 1 è maggiore o uguale di 1”.

“Perfetto, quindi hai dimostrato che 1 è minore o uguale di x e che x non è minore o uguale di 1”.

“Quindi 1 è minore di x”.

“Anche se non sappiamo ancora quanto vale x”.

“Ora possiamo saperlo: prova a dimostrare che x è uguale a 2”.

“Allora, per prima cosa dovrei far vedere che 2 ≤ x, e poi che x ≤ 2”.

“Giusto. Comincia dalla prima disuguaglianza”.

“Voglio dimostrare che {1|} ≤ {0,1|}. Questo è vero, a meno che qualche elemento dell'insieme di sinistra del primo numero (cioè 1) sia maggiore o uguale di x (no, l'abbiamo appena dimostrato, 1 è minore di x), o che qualche elemento dell'insieme di destra del secondo numero... no, mi fermo, l'insieme di destra è vuoto. Bene, è vero”.

“Ora la seconda disuguaglianza”.

“Questa volta voglio dimostrare che {0,1|} ≤ {1|}. Allora, è vero a meno che qualche elemento dell'insieme di sinistra del primo numero (cioè 0 oppure 1) sia maggiore o uguale di 2 (no, abbiamo dimostrato che 1 è minore di 2, e quindi anche 0 lo è) oppure che qualche elemento dell'insieme di destra del secondo numero... (no, è vuoto). È vero anche questo”.

“Ecco fatto: dato che 2 ≤ x e che x ≤ 2, hai dimostrato che x è uguale a 2”.

“E quindi questi due insiemi, {0,1|} e {1|}, pur essendo diversi, rappresentano lo stesso numero”.

“Proprio così”.

“Ora però cerchiamo una regola generale, vero?”.

“Già”.

venerdì 24 luglio 2009

C'è un mondo intorno a te

Ci son certe persone che, quando parlano di vacanze, dicono per esempio che quest'anno hanno fatto la Sardegna, l'anno scorso hanno fatto Parigi, il prossimo anno faranno il Mar Rosso; ecco, secondo me queste persone qui non usano mica tanto bene il verbo fare, forse un verbo più appropriato sarebbe visitare. Visitare è un verbo più rispettoso, delicato, che tiene conto del fatto che nei posti che si fanno c'era già altra gente prima, e ci sarà altra gente anche dopo; quei luoghi, insomma, non li hanno creati solo per quelle persone là e non diventeranno inutili quando per loro saranno solo luoghi fatti.

Giusto per capirci, se una di quelle persone là dice che si è fatta quella tale gentile fanciulla, e la fanciulla in questione sente, forse dopo non è più tanto gentile.

giovedì 23 luglio 2009

Sette giorni a Barcellona


La curva rappresentata qua sopra è una catenaria: ha l'andamento di una catena, appunto, o di una fune omogenea, sospesa a due punti. È quindi una curva naturale, e guarda caso (leggi: proprio per questo) la sua equazione contiene la funzione esponenziale con base e (qualche Vero Matematico la chiama anche coseno iperbolico).

Se la ribaltiamo rispetto a un asse orizzontale otteniamo un arco catenario: un arco perfetto, che non ha bisogno di contrafforti per stare in equilibrio. L'arco prediletto da Gaudì nelle sue architetture. Guarda un po', ne hanno parlato poco tempo fa i Rudi Matematici (quelli senz'acca: quelli con l'acca ne avevano parlato prima).

Ora, Barcellona è una città che non mi ha detto molto, ma vale la pena andarci anche solo per vedere le opere di Gaudì.









I Rudi Mathematici hanno trovato il pretesto, parlando di catenarie, di inserire una foto di Monica Bellucci. Qui non siamo da meno, e concludiamo con le labbra di Mae West, opera di Dalì, ammirate a Figueres.



(Tutte le foto, per chi ha voglia di guardarle, sono qui)