lunedì 3 febbraio 2020

Capacità — 1. Come conigli

“Allora, vediamo: un coniglio giovane alla prima generazione, un coniglio maturo alla seconda, e così alla terza avrò un coniglio maturo e suo figlio giovane, e alla quarta uno maturo che lo era già, uno che lo è diventato, e il figlio di quello che lo era già, quindi…”.

“Cosa fai?”.

“Sto cercando di capire il legame tra i numeri di Fibonacci e i conigli”.

“Molto bene”.

“Non è mica una cosa ovvia”.

“Non lo sono mai, fino a che non le capisci”.

“Ottimo”.

“Quindi, hai capito?”.

“Credo di sì. Mi sono fatto questo schemino, dove la c minuscola rappresenta un coniglio giovane, e la C maiuscola un coniglio maturo, che produrrà un figlio alla generazione successiva:”.

c
C
Cc
CcC
CcCCc
CcCCcCcC

“Non è chiarissimo, ma è giusto”.

“Eh, lo so che non è chiaro, ma anche i disegni a albero non sono chiarissimi”.

“Guarda, qua ce n'è uno bello”.

“Ohh, sì, bello, e bello anche l'articolo. Almeno fino a che non comincia a parlare di autovalori e autovettori”.

“Non c'è bisogno di arrivare fino a lì, anche se quella con le matrici è una trattazione molto elegante”.

“Già mi basterebbe aver capito bene la relazione di ricorrenza”.

“E quella è chiara?”.

“Mi pare di sì: data una certa generazione, i conigli adulti sono quelli che erano vivi due generazioni prima”.

“Esatto”.

“E i conigli adulti sono quelli che fanno figli, quindi i figli che nascono in ogni generazione sono tanti quanti erano tutti i conigli di due generazioni prima”.

“Giusto. A questi figli bisogna aggiungere tutti quelli che c'erano già, cioè quelli di una generazione prima”.

“Ed ecco la formula Fn = Fn−1 + Fn−2”.

“Perfetto”.

“Invece quella faccenda degli autovettori e della sezione aurea mi pare incomprensibile. Sarebbe bello capire come trovare una formula chiusa per la successione di Fibonacci senza tutta quella teoria”.

“Si può, si può”.

“E come si fa?”.

“Si comincia da questa tabella”.

1  4  9 16 25 36
3  5  7  9 11 --

“Cosa sto guardando?”.

“Dimmelo tu: cosa c'è nella prima riga?”.

“Vedo i quadrati dei numeri naturali”.

“Ottimo. E nella seconda?”.

“I numeri dispari a partire da 3”.

“Oppure?”.

“Come oppure?”.

“Eh, io non ho scritto i numeri dispari a partire da 3, ho fatto un altro calcolo. Se avessi voluto scrivere i numeri dispari a partire da 3 non avrei lasciato vuota l'ultima casella, avrei scritto 13”.

“Giusto. Allora, uhm. Ah! Ogni numero scritto nella seconda riga è la differenza tra i due numeri che gli stanno sopra nella prima riga”.

“Esatto. E così si spiega perché manca l'ultimo numero: servirebbe un altro numero a destra di 36”.

“Vero. Quindi potrei scrivere la tabella in questo modo:”.

  1    4     9      6     25    36
4-1  9-4  16-9  25-16  36-25  ----


“Sì, esatto”.

“Non capisco bene cosa c'entra tutto questo con i numeri di Fibonacci”.

“Porta pazienza. Per ora prova a analizzare questo problema: è vero che nella seconda riga della tabella compaiono tutti i numeri dispari? Come lo si potrebbe dimostrare?”.

“Oh, dovrei usare un po' di algebra, vediamo. Se nella prima riga ci sono i quadrati, potrei indicare un generico termine con n2”.

“Bene. E il successivo, quindi?”.

“Il successivo sarà (+ 1)2”.

“Ora puoi calcolare la differenza”.

“(n + 1)2n2 = n2 + 2n + 1 − n2. Risulta 2n + 1”.

“Bene. Cosa puoi dire di questo numero?”.

“Che è certamente dispari. E, dato che n parte da 1, il primo numero che ottengo è proprio 3”.

“Perfetto. Ora indichiamo con un simbolo il calcolo che hai fatto: se il generico termine di una successione è an, il calcolo che si fa per riempire la seconda riga della tabella è an+1an, che indichiamo con Δan”.

“Oh, delta”.

“Sì, delta, che si chiama, semplicemente, differenza”.

“Quindi io avrei calcolato Δn2?”.

“Sì, hai trovato che Δn2 = 2+ 1”.

“Ok. A cosa mi serve questo delta?”.

“Tra un po' ci arriviamo. Per ora, scriviamo ancora una volta la relazione di Fibonacci, calcolata però in Fn+1”.

“Così?”.

Fn+1 = Fn + Fn−1

“Sì. Ora porta a sinistra il primo termine che si trova a destra dell'uguale”.

“Ecco:”.

Fn+1Fn = Fn−1

“Benissimo. Ora, riscrivila usando il delta che abbiamo definito prima”.

“Ah, ecco perché la differenza. Ecco qua:”.

ΔFn = Fn−1

“Ok. Ora, ragioniamo: è possibile che un polinomio soddisfi quella relazione?”.

“Boh, e come faccio a saperlo?”.

“Prima hai visto un esempio con un polinomio molto semplice, cioè n3”.

“Sì, in quel caso il delta risultava 2n2 + 1”.

“E, dunque, si passa da grado 3 a grado 2”.

“Sì, vero, ma non capisco bene cosa implichi questo fatto”.

“La proprietà che hai osservato, e cioè che l'operatore Δ prende un polinomio di grado n e ne restituisce uno di grado n − 1, è universale, non vale solo per la potenza 3”.

“Questo lo capisco: nel calcolo il termine di grado massimo si semplifica”.

“Ok. Ora, se un polinomio di grado n fosse soluzione dell'equazione ΔFn = Fn−1, vorrebbe dire che l'espressione a sinistra dell'uguale dovrebbe essere di grado n − 1, e quella a destra dell'uguale di grado n”.

“Ma questo è impossibile, no?”.

“Esatto: se due polinomi sono uguali, devono certamente avere lo stesso grado”.

“Bene, ho capito che un polinomio non può essere soluzione di quella equazione, e che, quindi, la successione di Fibonacci non è un polinomio. Questo non mi aiuta molto a capire come esprimerla in forma chiusa, però”.

“Un pochino sì, dai. Abbiamo capito che serve una espressione che rimane sufficientemente simile a sé stessa anche quando l'operatore delta agisce su di essa”.

“Ancora non vedo la soluzione. L'unica cosa che mi viene in mente è che questa roba sembra simile a un argomento che ho studiato a scuola”.

“Quale”.

“Le derivate. Ma forse mi sbaglio”.

“E invece no”.