“Allora non ce la facciamo a capire se pi greco è trascendente o no? Con tutta la teoria che abbiamo visto…”.
“Eh, non basta”.
“Ma, scusa, avevi detto che se un numero è approssimabile da numeri razionali con errore più piccolo di qualunque potenza del denominatore, allora è trascendente”.
“Esatto”.
“Ma quindi?”.
“Non ho detto il viceversa. Non è mica vero che ogni trascendente è approssimabile come si vuole, purtroppo”.
“Ah”.
“Il numero di Liouville è stato costruito apposta per soddisfare quel teorema, ma pi greco è un'altra cosa. Diciamo che è più naturale del numero di Liouville, ammesso che questa affermazione abbia senso”.
“Ci sarebbe da discutere, infatti”.
“Fatto sta che non si può procedere con pi greco come abbiamo fatto con quel numero. Le cose diventano molto, molto più difficili”.
“Ahi, hai detto molto due volte”.
“Già. Invece di usare frazioni che approssimano, si usano polinomi che approssimano. E per fare vedere che pi greco è trascendente, serve l'analisi”.
“Derivate?”.
“Derivate e integrali, condite con il teorema di infinità dei numeri primi e compagnia bella, tra cui anche la formula più bella della matematica”.
“Uh”.
“Provo a darti un'idea di queste frazioni polinomiali che approssimano le funzioni”.
“Proviamo”.
“Hai presente l'idea che sta sotto alla formula di Taylor?”.
“Ehm”.
“Capirai. L'idea è questa: ogni funzione (che soddisfa determinate ipotesi ragionevoli, naturalmente), può essere approssimata bene quanto si vuole da un polinomio. Se vogliamo che l'approssimazione sia buona, il polinomio deve avere grado alto. Più alto è il grado, migliore è l'approssimazione”.
“Va bene, l'idea me la ricordavo”.
“Prendiamo per esempio la funzione y = ex, che ci servirà”.
“Ok”.
“Ecco un po' di polinomi approssimanti:”.
y = 1
y = 1 + x
y = 1 + x + x2/2
y = 1 + x + x2/2 + x3/6
y = 1 + x + x2/2 + x3/6 + x4/24
“Simpatici”.
“Te li metto anche in un disegno, eccoli qua. In rosso c'è la funzione y = ex, in verde le varie approssimazioni”.
“Non mi dirai che sono belle approssimazioni”.
“Capisco la tua obiezione: devi guardare vicino al punto (0,1). La retta orizzontale è la funzione costante uguale a 1, che approssima come può”.
“Una schifezza”.
“Sì. Poi però abbiamo una retta che approssima meglio, la tangente, e poi delle curve. Se osservi bene, vedi che andando verso destra approssimano sempre meglio la curva rossa”.
“Sì, capisco, ma a sinistra fanno pena”.
“E questo è il problema dei polinomi. La funzione esponenziale ha un asintoto orizzontale, ma i polinomi non ce l'hanno. O salgono sempre, o scendono sempre”.
“E quindi come si fa?”.
“Con queste approssimazioni, non facciamo molto. Ma Padé, che era un matematico francese, ha studiato approssimazioni con frazioni algebriche, cioè frazioni in cui sia il numeratore che il denominatore sono polinomi”.
“E queste approssimano meglio?”.
“Beh, con le frazioni puoi anche fare gli asintoti”.
“Ah”.
“Per esempio, la frazione che ha al numeratore 60 + 24x + 3x2 e al denominatore 60 − 36x + 9x2 − x3 ha questo grafico”.
“Ah, sembra identica, si vede sbordare un po' di rosso solo agli estremi”.
“Visto? Approssima molto meglio del singolo polinomio, anche se anche qua c'è un difetto”.
“Quale?”.
“Ti faccio vedere il grafico da un po' più lontano”.
“Ah, c'è una parte anche sotto!”.
“Già, non si può avere la perfezione, però questo tipo di approssimazione ci basta”.
“Ma cosa c'entra l'esponenziale con pi greco?”.
“C'entra, c'entra, colpa della formula più bella della matematica”.
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lunedì 12 febbraio 2018
martedì 9 gennaio 2018
Il numero di Liouville
“Insomma, come si fa a riconoscere se un numero è algebrico o trascendente?”.
“Prima di provare a rispondere, ecco un riassunto di quanto abbiamo detto finora:”.
“Ok, mi ricordo, e ricordo anche che se si prova a aumentare la costante √(5) non è più vero che esistono infinite frazioni con quella proprietà”.
“Bene. Se proviamo ad aumentare ulteriormente l'esponente al denominatore, succede che il teorema non è più vero in generale. Cioè: non è vero che per qualsiasi numero algebrico esistono infinite frazioni del tipo m/n che approssimano quel numero con un errore minore di 1/n3. Questa è una proprietà dei numeri algebrici: se consideriamo i numeri trascendenti, non possiamo più affermarla. Esistono numeri trascendenti che la rispettano, e invece altri numeri trascendenti che possono essere approssimati con infinite frazioni con un errore minore di 1/n3, o anche 1/n4, 1/n1000, eccetera”.
“Addirittura”.
“Sì, esiste una categoria di numeri che possono essere approssimati con un errore minore di 1/nk, per qualunque k ti possa venire in mente”.
“Ah”.
“Ti faccio un esempio, ma prima dobbiamo ricordarci cosa sia il fattoriale”.
“Me lo ricordo, il fattoriale di un numero n è il prodotto di tutti i numeri da 1 fino a n”.
“Sì. Puoi scrivere i fattoriali dei primi numeri?”.
“Ah, certo, eccoli: 1! = 1, 2! = 2, 3! = 6, 4! = 24, …”.
“Ok, fermati pure. Allora, costruiamo un numero decimale in cui le cifre siano 0 oppure 1”.
“Bene, come decidiamo quando mettere 0 e quando mettere 1?”.
“Mettiamo quasi sempre 0, mettiamo 1 solo nelle posizioni 1, 2, 6, 24, eccetera”.
“Nelle posizioni identificate dai fattoriali?”.
“Esattamente. Le prime cifre del numero sono queste:”.
0.1100010000000000000000010000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000010…
“Capito. Cos'ha di speciale questo numero?”.
“Questo può essere approssimato bene quanto vuoi con frazioni del tipo m/n in cui l'errore è minore di 1/n elevato a qualunque esponente ti possa venire in mente”.
“Oh, quindi è impossibile che sia algebrico, no?”.
“Proprio così, nessun numero algebrico gode di quella proprietà”.
“E come faccio a approssimarlo così bene?”.
“Te lo spiego con un esempio. Scegli un esponente a cui elevare 1/n, non troppo grande altrimenti dobbiamo scrivere un'infinità di zeri”.
“Facciamo 4, allora. Tanto il teorema che mi hai raccontato dice che non posso superare 2, no?”.
“Esatto. Ok, prendiamo 4 allora. Consideriamo quindi le cifre dopo la virgola del nostro numero fino alla quarta cifra 1. Insomma, prendiamo questo numero razionale:”.
0.110001000000000000000001
“Bene”.
“A che frazione è uguale?”.
“Allora, il quarto 1 si trova in posizione 4!, cioè 24, quindi dovrebbe essere questa frazione: 110001000000000000000001/104!”.
“Giusto. Facciamo così: indichiamo con L l'intero numero, e con A questa approssimazione”.
“Va bene”.
“Calcoliamo quindi L−A”.
“Ci sono un sacco di zeri, uhm. Abbiamo in pratica cancellato i primi quattro 1, tutto il resto è rimasto uguale”.
“Giusto. Ora ti scrivo una serie di stime per cercare di capire come sia fatto questa differenza L−A, tu seguimi, ok?”.
“Proviamo”.
“Prima di tutto, L−A è uguale a 1/105!+1/106!+1/107!+…”.
“Stai scrivendo tutti gli 1 che rimangono, insomma”.
“Esatto. Questo numero è certamente minore di 2/105!”.
“Uhm, d'accordo, hai sostituito la somma di tutte la frazioni da 1/106! in avanti con un altro termine 1/105!”.
“Sì. Ora, la frazione 2/105! è uguale a 2/105×4!”.
“Questo perché 5! è uguale a 5 moltiplicato 4!”.
“Certo. Possiamo anche scrivere che 2/105×4! è uguale a 2/10(4+1)×4!, cioè 2/[104×4!×104!]”.
“Mi pare che tu abbia usato una proprietà delle potenze”.
“Proprio così. Dato che 2/104! è certamente minore di 1, possiamo affermare che tutta la frazione è minore di 1/104×4!”.
“Sì, è chiaro”.
“Riassunto: L−A < 1/104×4!”.
“E quindi?”.
“Ricordi chi è A?”.
“L'approssimazione di L che stiamo studiando, cioè 110001000000000000000001/104!”.
“E ricordi quello che vogliamo fare?”.
“Vogliamo mostrare che possiamo approssimare L con frazioni del tipo m/n con un errore minore di 1/n elevato all'esponente che voglio”.
“E tu hai scelto 4 come esponente”.
“Giusto”.
“Ebbene, abbiamo appena trovato una frazione del tipo m/n, dove m = 110001000000000000000001 e n = 104! che approssima A con un errore minore di 1/104×4!, cioè 1/n4”.
“Ah!”.
“E hai visto che l'esponente 4 l'hai scelto tu, potevi scegliere un qualunque numero naturale”.
“Esatto”.
“E quindi hai in realtà infinite frazioni che approssimano L con un errore minore di 1/n4, o minore di 1/n5, eccetera”.
“Bene! E quindi L non è un numero algebrico, ecco fatto”.
“E così abbiamo fatto vedere che esiste almeno un numero trascendente. Bello, eh?”.
“Bello, sì. E anche per pi greco si può fare lo stesso ragionamento?”.
“Eh, magari”.
“Prima di provare a rispondere, ecco un riassunto di quanto abbiamo detto finora:”.
Se x è un numero irrazionale, esistono infinite frazioni del tipo m/n, ridotte ai minimi termini, che approssimano x con un errore minore di 1/(√(5)×n2), e la radice di 5 è la più grande costante utilizzabile in questo denominatore.
“Ok, mi ricordo, e ricordo anche che se si prova a aumentare la costante √(5) non è più vero che esistono infinite frazioni con quella proprietà”.
“Bene. Se proviamo ad aumentare ulteriormente l'esponente al denominatore, succede che il teorema non è più vero in generale. Cioè: non è vero che per qualsiasi numero algebrico esistono infinite frazioni del tipo m/n che approssimano quel numero con un errore minore di 1/n3. Questa è una proprietà dei numeri algebrici: se consideriamo i numeri trascendenti, non possiamo più affermarla. Esistono numeri trascendenti che la rispettano, e invece altri numeri trascendenti che possono essere approssimati con infinite frazioni con un errore minore di 1/n3, o anche 1/n4, 1/n1000, eccetera”.
“Addirittura”.
“Sì, esiste una categoria di numeri che possono essere approssimati con un errore minore di 1/nk, per qualunque k ti possa venire in mente”.
“Ah”.
“Ti faccio un esempio, ma prima dobbiamo ricordarci cosa sia il fattoriale”.
“Me lo ricordo, il fattoriale di un numero n è il prodotto di tutti i numeri da 1 fino a n”.
“Sì. Puoi scrivere i fattoriali dei primi numeri?”.
“Ah, certo, eccoli: 1! = 1, 2! = 2, 3! = 6, 4! = 24, …”.
“Ok, fermati pure. Allora, costruiamo un numero decimale in cui le cifre siano 0 oppure 1”.
“Bene, come decidiamo quando mettere 0 e quando mettere 1?”.
“Mettiamo quasi sempre 0, mettiamo 1 solo nelle posizioni 1, 2, 6, 24, eccetera”.
“Nelle posizioni identificate dai fattoriali?”.
“Esattamente. Le prime cifre del numero sono queste:”.
0.1100010000000000000000010000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000010…
“Capito. Cos'ha di speciale questo numero?”.
“Questo può essere approssimato bene quanto vuoi con frazioni del tipo m/n in cui l'errore è minore di 1/n elevato a qualunque esponente ti possa venire in mente”.
“Oh, quindi è impossibile che sia algebrico, no?”.
“Proprio così, nessun numero algebrico gode di quella proprietà”.
“E come faccio a approssimarlo così bene?”.
“Te lo spiego con un esempio. Scegli un esponente a cui elevare 1/n, non troppo grande altrimenti dobbiamo scrivere un'infinità di zeri”.
“Facciamo 4, allora. Tanto il teorema che mi hai raccontato dice che non posso superare 2, no?”.
“Esatto. Ok, prendiamo 4 allora. Consideriamo quindi le cifre dopo la virgola del nostro numero fino alla quarta cifra 1. Insomma, prendiamo questo numero razionale:”.
0.110001000000000000000001
“Bene”.
“A che frazione è uguale?”.
“Allora, il quarto 1 si trova in posizione 4!, cioè 24, quindi dovrebbe essere questa frazione: 110001000000000000000001/104!”.
“Giusto. Facciamo così: indichiamo con L l'intero numero, e con A questa approssimazione”.
“Va bene”.
“Calcoliamo quindi L−A”.
“Ci sono un sacco di zeri, uhm. Abbiamo in pratica cancellato i primi quattro 1, tutto il resto è rimasto uguale”.
“Giusto. Ora ti scrivo una serie di stime per cercare di capire come sia fatto questa differenza L−A, tu seguimi, ok?”.
“Proviamo”.
“Prima di tutto, L−A è uguale a 1/105!+1/106!+1/107!+…”.
“Stai scrivendo tutti gli 1 che rimangono, insomma”.
“Esatto. Questo numero è certamente minore di 2/105!”.
“Uhm, d'accordo, hai sostituito la somma di tutte la frazioni da 1/106! in avanti con un altro termine 1/105!”.
“Sì. Ora, la frazione 2/105! è uguale a 2/105×4!”.
“Questo perché 5! è uguale a 5 moltiplicato 4!”.
“Certo. Possiamo anche scrivere che 2/105×4! è uguale a 2/10(4+1)×4!, cioè 2/[104×4!×104!]”.
“Mi pare che tu abbia usato una proprietà delle potenze”.
“Proprio così. Dato che 2/104! è certamente minore di 1, possiamo affermare che tutta la frazione è minore di 1/104×4!”.
“Sì, è chiaro”.
“Riassunto: L−A < 1/104×4!”.
“E quindi?”.
“Ricordi chi è A?”.
“L'approssimazione di L che stiamo studiando, cioè 110001000000000000000001/104!”.
“E ricordi quello che vogliamo fare?”.
“Vogliamo mostrare che possiamo approssimare L con frazioni del tipo m/n con un errore minore di 1/n elevato all'esponente che voglio”.
“E tu hai scelto 4 come esponente”.
“Giusto”.
“Ebbene, abbiamo appena trovato una frazione del tipo m/n, dove m = 110001000000000000000001 e n = 104! che approssima A con un errore minore di 1/104×4!, cioè 1/n4”.
“Ah!”.
“E hai visto che l'esponente 4 l'hai scelto tu, potevi scegliere un qualunque numero naturale”.
“Esatto”.
“E quindi hai in realtà infinite frazioni che approssimano L con un errore minore di 1/n4, o minore di 1/n5, eccetera”.
“Bene! E quindi L non è un numero algebrico, ecco fatto”.
“E così abbiamo fatto vedere che esiste almeno un numero trascendente. Bello, eh?”.
“Bello, sì. E anche per pi greco si può fare lo stesso ragionamento?”.
“Eh, magari”.
domenica 10 dicembre 2017
Ma tu guarda questa radice di 5
“Ma quindi, questi numeri trascendenti possono essere approssimati con frazioni meglio di quanto si possa fare con i numeri algebrici?”.
“Eh, sì, se definiamo in maniera un po' rigorosa quel meglio”.
“Già, mi pareva che tutti i numeri irrazionali, sia quelli algebrici che quelli trascendenti, potessero essere approssimati bene quanto si vuole con le frazioni, no?”.
“Ed è così, infatti. Bisogna solo chiarire come sono fatte le frazioni. Se ricordi, ti ho mostrato un paio di tabelle in cui si riusciva a intuire che la radice quadrata di due poteva essere approssimata bene con frazioni sempre più precise, a patto di aumentare con regolarità il numero di cifre del numeratore e del denominatore”.
“Ricordo, e ricordo anche che, invece, per le frazioni che approssimano pi greco non c'è la stessa regolarità”.
“Proprio così. Ora cerchiamo di capire in cosa consiste questo diverso modo di comportarsi delle frazioni”.
“Ok, cominciamo”.
“Partiamo dal semplice: ogni numero irrazionale può essere approssimato da un numero intero con un errore di 1/2”.
“Ehh?”.
“Prendi pi greco: se lo approssimi con il numero 3 che errore commetti?”.
“Un errore pari a 0.141592654eccetera”.
“Minore di 1/2, cioè 0.5”.
“Ah, certo”.
“Stessa cosa per la radice di 2, no?”.
“Se la approssimo con 1 commetto un errore pari a 0.414213”.
“Quindi minore di 1/2”.
“Va bene, ho capito, prendo l'intero più vicino ed è fatta”.
“Esattamente, l'errore può essere per eccesso o per difetto, ma è comunque minore di 1/2”.
“Bene, ma un numero intero non è che sia questa gran approssimazione, eh”.
“Infatti, facciamo di meglio. Se vogliamo approssimare un numero irrazionale con una frazione del tipo m/n, allora possiamo farlo sempre con un errore minore di 1/(2n)”.
“Continua a essere nebuloso: credo di aver capito cosa vuoi dire, ma non saprei come dimostrarlo”.
“Riprendiamo l'esempio di prima, con la radice di 2. L'abbiamo approssimata con 1 che, volendo, è la frazione 1/1”.
“Vabbè. Mi pare di capire però che come denominatore si possa scegliere il numero che si vuole”.
“Esatto, scegline uno”.
“Boh, facciamo 42”.
“Bene, allora calcola il valore di 42 moltiplicato per la radice di 2”.
“Uhm, la calcolatrice dice 59.39697”.
“Quindi 59 è una approssimazione di quel numero a meno di un errore di 0.5, cioè 1/2”.
“Certo, l'abbiamo detto prima”.
“Perfetto: ora dividi tutto per 42 e ottieni l'approssimazione che volevi”.
“Come come?”.
“Se 59 approssima 42 moltiplicato per radice di 2 con un errore di 1/2, allora 59/42 approssima radice di 2 con un errore pari a 1/(2×42)”.
“Ah, ma era così semplice?”.
“Già. Giusto per la cronaca, 59/42 è uguale a 1.40476”.
“Funziona! E mi pare anche di aver capito la dimostrazione del teorema: se voglio avere una frazione che approssima con un errore minore di 1/(2n), allora mi basta moltiplicare il numero da approssimare per n e fare come abbiamo fatto adesso”.
“Esatto. Ora proviamo a fare di meglio”.
“Come?”.
“Possiamo approssimare con un errore minore di 1/(3n)? O 1/(4n)? 1/(5n)? Quanto possiamo diminuire l'errore?”.
“Ah, boh”.
“Qui le cose cominciano a complicarsi un po'”.
“Capirai”.
“Possiamo scegliere il coefficiente di n al denominatore grande quanto vogliamo, e cioè possiamo approssimare con un errore minore di 1/(3n), 1/(4n), 1/(1000n), ma non per tutti gli n che vogliamo. Si dimostra che almeno un n si trova, ma non tutti vanno bene, purché k sia maggiore o uguale di n”.
“Ah”.
“Ti faccio capire la dimostrazione come ho fatto prima, con un esempio. Prendiamo la radice di 3, e scegliamo k = 8. Vogliamo far vedere che riusciamo a trovare un n tale che la frazione m/n è un'approssimazione di radice di 3 con un errore minore di 1/(8n)”.
“Ok”.
“Ti scrivo i numeri del tipo i per radice di 3, con i che va da 1 a 8:”.
“Ok, e adesso?”.
“Adesso possiamo calcolare la parte decimale dei numeri elencati sopra in questo modo”.
“Ok, e, a costo di ripetermi, adesso?”.
“Ora immagina di prendere l'intervallo che va da 0 a 1 e di dividerlo in 8 parti. Una prima parte che va da 0 a 1/8, una seconda parte che va da 1/8 a 2/8, e così via, fino all'ultima parte che va da 7/8 a 8/8, cioè 1”.
“Va bene”.
“Ora inseriamo le otto parti decimali che abbiamo calcolato poco fa negli otto intervalli”.
“Ok, questo penso di saperlo fare: indico con Ik l'intervallo, con k che va da 1 a 8:”.
“Perfetto. Ora cerca quale di questi numeri si trova nel primo intervallo”.
“È 0.124355652982”.
“Che corrisponde a 7×√(3) − 12”.
“Già”.
“Quindi potremmo dire che 7×√(3) − 12 è approssimabile a 0 con un errore minore di 1/8”.
“Giusto, come abbiamo fatto prima”.
“E quindi, dividendo tutto per 7, √(3) − 12/7 è approssimabile a 0 con un errore minore di 1/(7×8)”.
“Ah, e quindi abbiamo trovato l'approssimazione che volevamo: √(3) è approssimabile dalla frazione 12/7 con un errore minore di 1/(7×8). Ma questo ha funzionato solo perché abbiamo trovato un numero nell'intervallo I1. E se non ci fosse nemmeno un numero in quell'intervallo?”.
“Ottima domanda. Se non cadesse nemmeno un numero nel primo intervallo, allora bisognerà che in uno dei restanti intervalli cadano almeno due numeri”.
“È un ragionamento che ho già sentito fare. Si chiama principio dei cassetti, vero?”.
“Ottimo! È proprio così: se hai 8 magliette da mettere in 7 cassetti, allora certamente almeno un cassetto dovrà contenere più di una maglietta”.
“Eh, sì, giusto. E adesso?”.
“Adesso per poter andare avanti non abbiamo nemmeno bisogno di fare un altro esempio: hai notato che anche nel nostro caso ci sono alcuni cassetti occupati due volte, vero?”.
“Sì: il quarto e il sesto”.
“Bene: considera i due occupanti nel cassetto 6, per esempio”.
“Ok. Che ci faccio?”.
“A che distanza sono?”.
“Devo fare il calcolo?”.
“No, non è necessario: stanno entrambi nello stesso intervallo, quindi quale sarà la loro distanza massima?”.
“Bé, al massimo saranno a distanza 1/8 uno dall'altro”.
“Esattamente. Uno dei due numeri è 5×√(3) − 8, e l'altro è invece √(3) − 1. Se calcoli la loro differenza…”.
“Ottengo 4×√(3) − 7”.
“Questo numero è approssimabile a 0 con un errore di 1/8, quindi dividendo tutto per 4…”.
“…ottengo un'approssimazione di √(3), cioè 7/4, con un errore di 1/(4×8)”.
“Ecco fatto, il teorema è dimostrato. Il caso generale è analogo a quello che abbiamo fatto adesso: se trovi una parte decimale che sta nel primo intervallo, sei a posto. Altrimenti vuol dire che uno degli altri intervalli conterrà almeno due parti decimali diverse”.
“E facendo la differenza, come abbiamo fatto adesso, arriviamo subito alla tesi del teorema”.
“Perfetto”.
“Quindi abbiamo finito?”.
“Certo che no. Possiamo migliorare ulteriormente la precisione delle nostre approssimazioni?”.
“E come sarebbe possibile? Abbiamo già preso in considerazione tutti i possibili multipli di n in quel denominatore!”.
“Chiediamoci allora se possiamo avere errori minori di 1/n2, o 1/n3, e così via”.
“Ah”.
“Ma non entro troppo nel tecnico: la risposta è che l'approssimazione con errore minore di 1/n2 si può sempre fare, ma non si può fare tanto di meglio”.
“Mi pare difficile da dimostrare, soprattutto per la parte di impossibilità”.
“Non è difficile, ma è un po' noioso. Bisogna annegare in un mare di disuguaglianze e stime, con poca soddisfazione”.
“Ah”.
“Quindi direi di fermarci qua, anche perché dobbiamo ancora vedere cosa rende i numeri algebrici diversi dai trascendenti”.
“Va bene”.
“Ti riassumo, quindi, quanto abbiamo detto finora, aggiungendo anche i teoremi che non abbiamo dimostrato:”.
“Benissimo”.
“Con qualche trucchetto le approssimazioni dei teoremi 3 e 4 possono essere migliorate un pochino, ma non entriamo troppo nel dettaglio. Una cosa interessante è invece questa:”.
“In che senso la più grande costante utilizzabile?”.
“Nel senso che se l'aumenti un po' il teorema diventa falso: non trovi più infinite frazioni con quella proprietà”.
“Ah. Ma questa radice di cinque compare nei posti più impensati”.
“Già”.
“Eh, sì, se definiamo in maniera un po' rigorosa quel meglio”.
“Già, mi pareva che tutti i numeri irrazionali, sia quelli algebrici che quelli trascendenti, potessero essere approssimati bene quanto si vuole con le frazioni, no?”.
“Ed è così, infatti. Bisogna solo chiarire come sono fatte le frazioni. Se ricordi, ti ho mostrato un paio di tabelle in cui si riusciva a intuire che la radice quadrata di due poteva essere approssimata bene con frazioni sempre più precise, a patto di aumentare con regolarità il numero di cifre del numeratore e del denominatore”.
“Ricordo, e ricordo anche che, invece, per le frazioni che approssimano pi greco non c'è la stessa regolarità”.
“Proprio così. Ora cerchiamo di capire in cosa consiste questo diverso modo di comportarsi delle frazioni”.
“Ok, cominciamo”.
“Partiamo dal semplice: ogni numero irrazionale può essere approssimato da un numero intero con un errore di 1/2”.
“Ehh?”.
“Prendi pi greco: se lo approssimi con il numero 3 che errore commetti?”.
“Un errore pari a 0.141592654eccetera”.
“Minore di 1/2, cioè 0.5”.
“Ah, certo”.
“Stessa cosa per la radice di 2, no?”.
“Se la approssimo con 1 commetto un errore pari a 0.414213”.
“Quindi minore di 1/2”.
“Va bene, ho capito, prendo l'intero più vicino ed è fatta”.
“Esattamente, l'errore può essere per eccesso o per difetto, ma è comunque minore di 1/2”.
“Bene, ma un numero intero non è che sia questa gran approssimazione, eh”.
“Infatti, facciamo di meglio. Se vogliamo approssimare un numero irrazionale con una frazione del tipo m/n, allora possiamo farlo sempre con un errore minore di 1/(2n)”.
“Continua a essere nebuloso: credo di aver capito cosa vuoi dire, ma non saprei come dimostrarlo”.
“Riprendiamo l'esempio di prima, con la radice di 2. L'abbiamo approssimata con 1 che, volendo, è la frazione 1/1”.
“Vabbè. Mi pare di capire però che come denominatore si possa scegliere il numero che si vuole”.
“Esatto, scegline uno”.
“Boh, facciamo 42”.
“Bene, allora calcola il valore di 42 moltiplicato per la radice di 2”.
“Uhm, la calcolatrice dice 59.39697”.
“Quindi 59 è una approssimazione di quel numero a meno di un errore di 0.5, cioè 1/2”.
“Certo, l'abbiamo detto prima”.
“Perfetto: ora dividi tutto per 42 e ottieni l'approssimazione che volevi”.
“Come come?”.
“Se 59 approssima 42 moltiplicato per radice di 2 con un errore di 1/2, allora 59/42 approssima radice di 2 con un errore pari a 1/(2×42)”.
“Ah, ma era così semplice?”.
“Già. Giusto per la cronaca, 59/42 è uguale a 1.40476”.
“Funziona! E mi pare anche di aver capito la dimostrazione del teorema: se voglio avere una frazione che approssima con un errore minore di 1/(2n), allora mi basta moltiplicare il numero da approssimare per n e fare come abbiamo fatto adesso”.
“Esatto. Ora proviamo a fare di meglio”.
“Come?”.
“Possiamo approssimare con un errore minore di 1/(3n)? O 1/(4n)? 1/(5n)? Quanto possiamo diminuire l'errore?”.
“Ah, boh”.
“Qui le cose cominciano a complicarsi un po'”.
“Capirai”.
“Possiamo scegliere il coefficiente di n al denominatore grande quanto vogliamo, e cioè possiamo approssimare con un errore minore di 1/(3n), 1/(4n), 1/(1000n), ma non per tutti gli n che vogliamo. Si dimostra che almeno un n si trova, ma non tutti vanno bene, purché k sia maggiore o uguale di n”.
“Ah”.
“Ti faccio capire la dimostrazione come ho fatto prima, con un esempio. Prendiamo la radice di 3, e scegliamo k = 8. Vogliamo far vedere che riusciamo a trovare un n tale che la frazione m/n è un'approssimazione di radice di 3 con un errore minore di 1/(8n)”.
“Ok”.
“Ti scrivo i numeri del tipo i per radice di 3, con i che va da 1 a 8:”.
1×√(3) = 1 + 0.732050807569
2×√(3) = 3 + 0.464101615138 3×√(3) = 5 + 0.196152422707 4×√(3) = 6 + 0.928203230276 5×√(3) = 8 + 0.660254037844 6×√(3) = 10 + 0.392304845413 7×√(3) = 12 + 0.124355652982 8×√(3) = 13 + 0.856406460551
“Ok, e adesso?”.
“Adesso possiamo calcolare la parte decimale dei numeri elencati sopra in questo modo”.
1×√(3) − 1 = 0.732050807569 2×√(3) − 3 = 0.464101615138 3×√(3) − 5 = 0.196152422707 4×√(3) − 6 = 0.928203230276 5×√(3) − 8 = 0.660254037844 6×√(3) − 10 = 0.392304845413 7×√(3) − 12 = 0.124355652982 8×√(3) − 13 = 0.856406460551
“Ok, e, a costo di ripetermi, adesso?”.
“Ora immagina di prendere l'intervallo che va da 0 a 1 e di dividerlo in 8 parti. Una prima parte che va da 0 a 1/8, una seconda parte che va da 1/8 a 2/8, e così via, fino all'ultima parte che va da 7/8 a 8/8, cioè 1”.
“Va bene”.
“Ora inseriamo le otto parti decimali che abbiamo calcolato poco fa negli otto intervalli”.
“Ok, questo penso di saperlo fare: indico con Ik l'intervallo, con k che va da 1 a 8:”.
0.732050807569 I6 0.464101615138 I4 0.196152422707 I2 0.928203230276 I8 0.660254037844 I6 0.392304845413 I4 0.124355652982 I1 0.856406460551 I7
“Perfetto. Ora cerca quale di questi numeri si trova nel primo intervallo”.
“È 0.124355652982”.
“Che corrisponde a 7×√(3) − 12”.
“Già”.
“Quindi potremmo dire che 7×√(3) − 12 è approssimabile a 0 con un errore minore di 1/8”.
“Giusto, come abbiamo fatto prima”.
“E quindi, dividendo tutto per 7, √(3) − 12/7 è approssimabile a 0 con un errore minore di 1/(7×8)”.
“Ah, e quindi abbiamo trovato l'approssimazione che volevamo: √(3) è approssimabile dalla frazione 12/7 con un errore minore di 1/(7×8). Ma questo ha funzionato solo perché abbiamo trovato un numero nell'intervallo I1. E se non ci fosse nemmeno un numero in quell'intervallo?”.
“Ottima domanda. Se non cadesse nemmeno un numero nel primo intervallo, allora bisognerà che in uno dei restanti intervalli cadano almeno due numeri”.
“È un ragionamento che ho già sentito fare. Si chiama principio dei cassetti, vero?”.
“Ottimo! È proprio così: se hai 8 magliette da mettere in 7 cassetti, allora certamente almeno un cassetto dovrà contenere più di una maglietta”.
“Eh, sì, giusto. E adesso?”.
“Adesso per poter andare avanti non abbiamo nemmeno bisogno di fare un altro esempio: hai notato che anche nel nostro caso ci sono alcuni cassetti occupati due volte, vero?”.
“Sì: il quarto e il sesto”.
“Bene: considera i due occupanti nel cassetto 6, per esempio”.
“Ok. Che ci faccio?”.
“A che distanza sono?”.
“Devo fare il calcolo?”.
“No, non è necessario: stanno entrambi nello stesso intervallo, quindi quale sarà la loro distanza massima?”.
“Bé, al massimo saranno a distanza 1/8 uno dall'altro”.
“Esattamente. Uno dei due numeri è 5×√(3) − 8, e l'altro è invece √(3) − 1. Se calcoli la loro differenza…”.
“Ottengo 4×√(3) − 7”.
“Questo numero è approssimabile a 0 con un errore di 1/8, quindi dividendo tutto per 4…”.
“…ottengo un'approssimazione di √(3), cioè 7/4, con un errore di 1/(4×8)”.
“Ecco fatto, il teorema è dimostrato. Il caso generale è analogo a quello che abbiamo fatto adesso: se trovi una parte decimale che sta nel primo intervallo, sei a posto. Altrimenti vuol dire che uno degli altri intervalli conterrà almeno due parti decimali diverse”.
“E facendo la differenza, come abbiamo fatto adesso, arriviamo subito alla tesi del teorema”.
“Perfetto”.
“Quindi abbiamo finito?”.
“Certo che no. Possiamo migliorare ulteriormente la precisione delle nostre approssimazioni?”.
“E come sarebbe possibile? Abbiamo già preso in considerazione tutti i possibili multipli di n in quel denominatore!”.
“Chiediamoci allora se possiamo avere errori minori di 1/n2, o 1/n3, e così via”.
“Ah”.
“Ma non entro troppo nel tecnico: la risposta è che l'approssimazione con errore minore di 1/n2 si può sempre fare, ma non si può fare tanto di meglio”.
“Mi pare difficile da dimostrare, soprattutto per la parte di impossibilità”.
“Non è difficile, ma è un po' noioso. Bisogna annegare in un mare di disuguaglianze e stime, con poca soddisfazione”.
“Ah”.
“Quindi direi di fermarci qua, anche perché dobbiamo ancora vedere cosa rende i numeri algebrici diversi dai trascendenti”.
“Va bene”.
“Ti riassumo, quindi, quanto abbiamo detto finora, aggiungendo anche i teoremi che non abbiamo dimostrato:”.
- Teorema 1: un qualsiasi numero irrazionale è approssimabile, con un errore minore di 1/2, da un unico numero intero.
- Teorema 2: se x è un numero irrazionale e n un intero positivo, allora esiste una frazione m/n che approssima x con un errore minore di 1/(2n).
- Teorema 3: se x è un numero irrazionale e k un intero positivo, allora esiste una frazione m/n il cui denominatore non supera k che approssima x con un errore minore di 1/(nk)
- Teorema 4: se x è un numero irrazionale, esistono infinite frazioni del tipo m/n, ridotte ai minimi termini, che approssimano x con un errore minore di 1/n2.
“Benissimo”.
“Con qualche trucchetto le approssimazioni dei teoremi 3 e 4 possono essere migliorate un pochino, ma non entriamo troppo nel dettaglio. Una cosa interessante è invece questa:”.
- Teorema 5: se x è un numero irrazionale, esistono infinite frazioni del tipo m/n, ridotte ai minimi termini, che approssimano x con un errore minore di 1/(√(5)×n2), e la radice di 5 è la più grande costante utilizzabile in questo denominatore.
“In che senso la più grande costante utilizzabile?”.
“Nel senso che se l'aumenti un po' il teorema diventa falso: non trovi più infinite frazioni con quella proprietà”.
“Ah. Ma questa radice di cinque compare nei posti più impensati”.
“Già”.
sabato 4 novembre 2017
Trascendenza
Qual è 'l geomètra che tutto s'affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond'elli indige,
tal era io a quella vista nova:
veder voleva come si convenne
l'imago al cerchio e come vi s'indova;
ma non eran da ciò le proprie penne:
se non che la mia mente fu percossa
da un fulgore in che sua voglia venne.
“Uh, la Divina Commedia”.
“Già. La parte finale dell'ultimo canto del Paradiso, la fine del viaggio”.
“La visione di Dio, vero?”.
“Esatto. Dante arriva davanti a Dio, e cerca di comprendere il mistero della Trinità: gli appaiono tre cerchi, di uguale dimensione ma di colore diverso. Cerca di spiegare quello che ha visto, ma ammette il fatto che le sue parole non sono sufficienti per descrivere tutto. All'interno del secondo cerchio, poi, Dante scorge un'immagine umana”.
“Gesù”.
“Sì. Ed ecco che si affaccia alla sua mente un altro mistero: la coesistenza in un'unica persona della natura umana e di quella divina”.
“Questo è ancora meno comprensibile del precedente”.
“E infatti Dante fa un paragone molto particolare per descrivere l'incapacità della sua mente di comprendere questo mistero”.
“Mi pare che tu ne avessi già parlato”.
“Ah, bene, vedo che hai buona memoria! Sì, il paragone è quello dello studioso di geometria, che cerca di risolvere un problema molto difficile, quello della quadratura del cerchio”.
“A me questa cosa della quadratura del cerchio ha sempre fatto ridere. Mi immagino uno che a suon di martellate cerca di dare forma quadrata a una ruota”.
“Santo cielo. No, non si riferisce esattamente a questo il problema”.
“Lo sospettavo”.
“Ricorderai che i greci avevano delle regole molto precise per lo sviluppo della loro geometria”.
“Ricordo che volevano usare soltanto riga e compasso”.
“Esatto. Riga senza segni, compasso che si richiude dopo aver tracciato un cerchio. Insomma, una geometria senza numeri e poche regole di base”.
“I greci non erano normali”.
“Ti ripeti, sai?”.
“Eh, pazienza. Ma quindi, possiamo usare un compasso ma non riusciamo a quadrare il cerchio. Cosa vuol puoi dire, quadrare il cerchio?”.
“Vuol dire costruire, utilizzando soltanto riga e compasso, un quadrato avente la stessa superficie di un cerchio dato”.
“Fammi capire, bisogna che provi con dei numeri”.
“L'area di un cerchio di raggio r è uguale a πr2”.
“Ok”.
“Quindi devi costruire un quadrato di lato r√π”.
“Bene”.
“Ora, r è solo un fattore di scala, prendila come unità di misura. Il problema è costruire, con riga e compasso, un segmento lungo √π”.
“Sì, giusto”.
“Se riesci a disegnare un segmento, riesci a disegnare anche la sua radice quadrata, e viceversa”.
“Ah sì?”.
“Sì, grazie ad esempio al secondo teorema di Euclide. Dato un triangolo rettangolo, il quadrato costruito sull'altezza relativa all'ipotenusa è equivalente al rettangolo che ha per dimensioni le due proiezioni dei cateti sull'ipotenusa”.
“Eh?”.
“Guarda questa figura:”.
“Ok”.
“Il quadrato di lato CD ha la stessa area del rettangolo di lati AC e CB”.
“Cioè x”.
“Esatto. E quindi se un quadrato ha area x, il suo lato sarà…”.
“Radice di x! Bene, ho capito”.
“Quindi costruire √π o costruire π è la stessa cosa: se sai costruire uno dei due sai costruire anche l'altro”.
“Va bene, quindi il problema della quadratura del cerchio si traduce nella costruzione di un segmento lungo pi greco”.
“Proprio così. Ora, con riga e compasso non si riesce a costruire proprio tutto quello che si vuole”.
“Ricordo”.
“Esiste una categoria di numeri costruibili”.
“Certo, esistono categorie per tutto”.
“Quella dei numeri costruibili contiene solo numeri che si possono ottenere a partire dai numeri razionali facendo un numero finito di somme, sottrazioni, moltiplicazioni, divisioni e radici quadrate”.
“Non si può fare di meglio, vero?”.
“No, il compasso ti permette di estrarre soltanto radici quadrate. Naturalmente puoi fare radici di radici, ottenere radici quarte, radici ottave, e così via. Non potrai mai ottenere radici cubiche, ad esempio”.
“E pi greco?”.
“Pi greco è stato un grossissimo problema”.
“Addirittura”.
“Eh sì. Abbiamo già raccontato un po' della sua storia: all'inizio non si sapeva nemmeno se fosse un numero razionale oppure no”.
“Ci aveva lavorato anche Archimede, vero?”.
“Giusto, lui ha studiato poligoni fino a 96 lati”.
“Roba da matti”.
“C'è di peggio, Ludolph van Ceulen è arrivato a poligoni con 230 lati”.
“Santo cielo”.
“Ma nessuno, fino al 1761, è riuscito a scoprire se pi greco fosse razionale o irrazionale”.
“E che è successo nel 1761?”.
“Lambert, utilizzando concetti di analisi, arriva a dimostrare l'irrazionalità”.
“L'analisi?”.
“Sì, un teorema di teoria dei numeri dimostrato con l'analisi. Abbastanza inaudito: in teoria dei numeri si dimostrano cose molto complicate, eppure senza l'analisi non si riesce a studiare pi greco”.
“Che roba”.
“Eppure nemmeno questa dimostrazione era sufficiente per dimostrare l'impossibilità di quadrare il cerchio”.
“Ah, già, con riga e compasso si possono costruire numeri irrazionali, dato che si possono fare tutte le radici quadrate che si vuole”.
“Esatto. Bisogna dimostrare qualcosa di più”.
“E qualcuno c'è riuscito”.
“Sì, nel 1882 c'è riuscito Lindemann, dimostrando che pi greco è addirittura trascendente”.
“Trascendente?”.
“Sì. Significa che non può essere soluzione di nessuna equazione polinomiale a coefficienti interi”.
“Non capisco”.
“Allora, partiamo dall'inizio. I numeri naturali sono soluzioni di equazioni polinomiali di primo grado”.
“Continuo a non capire”.
“Per esempio, il numero 42”.
“E di quale equazione è soluzione?”.
“x − 42 = 0”.
“Ah, ma certo”.
“Ma anche tutte le frazioni sono soluzioni di equazioni polinomiali di primo grado”.
“Mh, per esempio?”.
“Per esempio, 2/3 è soluzione dell'equazione 3x − 2 = 0”.
“Già, era ovvio anche questo”.
“Le radici quadrate sono invece soluzioni di equazioni di secondo grado. Per esempio, la radice di 2 è una delle soluzioni di x2 − 2 = 0”.
“Ok, sto capendo. Più aumenti il grado, più complicate sono le soluzioni”.
“Esatto. Esistono però alcuni numeri irrazionali che non possono essere soluzioni di nessuna equazione polinomiale, qualunque grado essa abbia”.
“Ma pensa. E pi greco è uno di questi numeri? Ce ne saranno pochi, suppongo”.
“Supponi male, in realtà i numeri irrazionali sono quasi tutti trascendenti”.
“Eh, ma com'è possibile?”.
“Beh, forse ricordi la differenza tra insieme infinito numerabile e insieme infinito non numerabile”.
“Qualcosa ricordo”.
“In sostanza, l'infinito numerabile è quello dei numeri naturali. Puoi contare, metti un numero dopo l'altro, e via così. Anche i numeri interi e i numeri razionali sono un'infinità numerabile: si possono mettere in fila e li si possono contare, mettendoli in corrispondenza biunivoca con i numeri naturali”.
“I numeri reali invece no”.
“No, loro no, sono molti di più. Abbiamo dimostrato che è impossibile metterli in corrispondenza biunivoca con i numeri naturali”.
“E i numeri trascendenti?”.
“Allora, facciamo ordine. Tutti i numeri reali che non sono razionali si dicono irrazionali, ma questa divisione è ancora grossolana. I numeri costruibili con riga e compasso sono solo una parte degli irrazionali. Una piccola parte”.
“Piccola?”.
“Sì, sono ancora un'infinità numerabile. Ma addirittura tutti i numeri che sono soluzioni di equazioni polinomiali sono una piccola parte degli irrazionali”.
“Ma dai”.
“Sì, questi numeri si chiamano numeri algebrici”.
“Santo cielo, ma quante categorie ci sono?”.
“Eh, un po'. Ma lasciami spiegare perché i numeri algebrici sono pochi. Sai che un'equazione polinomiale ha, al massimo, tante soluzioni quanto è il suo grado”.
“Sì”.
“Quante equazioni polinomiali esistono?”.
“Infinite, naturalmente”.
“Certo, ma formano un'infinità numerabile o non numerabile?”.
“Non ne ho idea”.
“Beh, un'equazione polinomiale è identificata dai suoi coefficienti”.
“Sì, ci sarà un termine noto, un coefficiente del termine di primo grado, un coefficiente del termine di secondo grado, e così via”.
“Ottimo. Come vedi, stai contando i coefficienti”.
“Ah”.
“Li stai mettendo in corrispondenza biunivoca con i numeri naturali”.
“Già”.
“E quindi questi coefficienti costituiscono un'infinità numerabile. E allora anche tutte le equazioni polinomiali sono un'infinità numerabile, e così le loro soluzioni, che chiamiamo numeri algebrici”.
“Gulp”.
“Quindi i numeri irrazionali non algebrici, che vengono chiamati trascendenti, sono molti di più. Infinitamente di più”.
“Mamma mia. Comincio a pensare che la dimostrazione del fatto che pi greco è trascendente non sia proprio semplice semplice”.
“Pensi bene: se la dimostrazione è del 1882 significa che è difficile”.
“E non è che ora me la vuoi spiegare nel dettaglio, vero?”.
“No, è troppo difficile, bisogna mettersi d'impegno e studiarla in dettaglio. Col rischio di non capirne il senso, se non si cerca prima di avere un'idea di quello che si sta facendo. Bisogna capire, prima, qualche proprietà di questi numeri trascendenti, che non sappiamo nemmeno nominare”.
“In che senso?”.
“Beh, noi possiamo dare nomi solo a un'infinità numerabile di numeri”.
“Cosa?”.
“Esiste un numero finito di lettere dell'alfabeto. Con quelle puoi fare infinite parole, ma sono certamente un'infinità numerabile: puoi fare un gigantesco dizionario e mettere tutto in fila”.
“Come la biblioteca di Babele!”.
“Quasi. La biblioteca di Babele, pur enorme, contiene un numero finito di libri. Ogni libro ha 410 pagine, e pur considerando tutte le permutazioni di caratteri che esse possono contenere, si arriverà a un certo punto alla fine. Le parole che invece potremmo usare per definire i nostri numeri non hanno nessuna limitazione, e quindi potremmo costruirne un'infinità. Solo numerabile, però”.
“Quindi esistono numeri che non solo non potremo mai conoscere, ma che non potremo nemmeno chiamare per nome, come invece facciamo con pi greco?”.
“Ne esistono tantissimi, sì. Più delle parole che potremo mai inventare”.
“Mi gira la testa”.
“Capisco. Ma un po' ci vengono in aiuto le care frazioni: ogni numero irrazionale può essere approssimato, bene quanto si vuole, con delle frazioni”.
“Che è quello che facciamo in realtà quando facciamo calcoli con i numeri irrazionali, vero?”.
“Esatto: nessuna calcolatrice e nessun computer ha infinita memoria per poter contenere le infinite cifre di un numero irrazionale. Però i numeri algebrici e i numeri trascendenti si comportano in modi un po' diversi quando cerchiamo di approssimarli con le frazioni”.
“In che senso?”.
“Nel senso che i numeri algebrici possiamo approssimarli bene quanto vogliamo, ma non troppo”.
“Eh?”.
“Immagina di approssimare pi greco con delle frazioni: come puoi fare?”.
“Potrei scrivere 3/1, 31/10, 314/100, 3141/1000, e così via”.
“Giusto. Non è detto che questo sia il miglior modo di procedere, ma rende l'idea: se vuoi migliorare l'approssimazione, devi usare numeratori e denominatori sempre più grandi”.
“Certo, se voglio produrre più cifre decimali, mi sembra ovvio che devo aggiungere zeri al denominatore: è la notazione scientifica”.
“Ti sembra ovvio, ed è un bene, tieni presente però che la scelta di mettere al denominatore una potenza di 10 potrebbe non essere la scelta migliore. Si potrebbe fare meglio, insomma”.
“Ma cosa significa fare meglio di una approssimazione con un grado di precisione alto quanto vogliamo?”.
“Significa che, a parità di numero di cifre di numeratore e denominatore, esistono frazioni che approssimano pi greco meglio delle tue. Per esempio, Archimede, con i suoi poligoni di 96 lati, è arrivato a approssimare pi greco con le due frazioni 223/71 e 22/7, la prima per difetto e la seconda per eccesso”.
“Fammi fare i conti: 223/71 fa 3.1408 e 22/7 fa 3.1429. Le prime due cifre dopo la virgola sono esatte”.
“Mentre la tua frazione con due cifre al denominatore è 31/10 che approssima bene solo la prima cifra dopo la virgola”.
“Ah, ecco cosa intendevi. Io per approssimare bene anche la seconda cifra devo scrivere 314/100”.
“Pensa che con denominatori di tre cifre si possono approssimare bene le prime sei cifre dopo la virgola”.
“Cosa?”.
“Eh, sì. La frazione 355/113 è uguale a 3.14159204, le prime sei cifre dopo la virgola sono corrette”.
“Ma tu guarda. Bellina questa frazione”.
“Pensa che ha anche un nome: si chiama Milü, una parola cinese che significa più o meno frazione che approssima bene”.
“Eh eh, mi piace. Ma come mai cinese?”.
“Perché fu coniata dal matematico e astronomo cinese Zu Chongzhi nella seconda metà del quattrocento”.
“Ah, immagino quindi che abbia scoperto questa approssimazione più o meno quando l'hanno scoperta i matematici europei”.
“No, no, hai capito male. Parlo proprio del quattrocento, non del millequattrocento. Questo signore ha dato ai cinesi un'approssimazione straordinaria di pi greco mille anni prima che fosse conosciuta in Europa”.
“Gulp”.
“Quindi, per tornare alle buone approssimazioni dei numeri irrazionali: fissato un denominatore, come sono fatte le frazioni che meglio approssimano un numero irrazionale? Quanto bene si può approssimare un certo numero con una frazione che al denominatore ha due cifre? Tre cifre? n cifre?”.
“Ah, ecco cosa intendevi”.
“Già. Ecco una tabella delle migliori frazioni che approssimano pi greco, con, a fianco, l'errore”.
22/7 3.142857142857 0.00126448926735 355/113 3.141592920353 2.66764189405e-07 312689/99532 3.141592653618 2.91433543964e-11 146408/364913 3.141592653591 1.61071156413e-12 5419351/1725033 3.141592653589 2.22044604925e-14
“Ah, ecco 22/7 e 355/113. Come mai non hai elencato frazioni con quattro cifre al denominatore?”.
“Perché nessuna di loro approssima meglio pi greco di quanto non faccia 355/113.”.
“Ma tu guarda, non sapevo queste cose”.
“Ora ti mostro le migliori approssimazioni per radice di 2:”.
7/5 1.400000000000 0.0142135623731 99/70 1.414285714285 7.21519126192e-05 1393/985 1.414213197969 3.64403552e-07 8119/5741 1.414213551646 1.07270403671e-08 114243/80782 1.414213562427 5.41782174679e-11 665857/470832 1.414213562374 1.59472435257e-12 9369319/6625109 1.414213562373 8.21565038223e-15
“Compaiono denominatori di tutte le lunghezze, da 1 a 7”.
“Sì, anche se da un paio di esempi non si possono estrarre regole”.
“Ah, certo”.
“Però c'è qualcosa che si può dire, su queste approssimazioni”.
“Che cosa?”.
“Che i numeri algebrici rispettano certe regole, i trascendenti no”.
“Già, loro trascendono”.
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