tag:blogger.com,1999:blog-314269162024-03-16T02:10:13.365+01:00Gli studenti di oggiLa scuola dal punto di vista di un prof di matematicazarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.comBlogger1103125tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-35897971113254131192024-03-11T23:33:00.001+01:002024-03-11T23:33:35.127+01:00Newton<p>
Il progetto iniziale del <a href="https://proooof.blogspot.com/2024/02/funzioni-e-equazioni.html" target="_blank">librino sulle funzioni</a> prevedeva anche che io scrivessi qualcosa su un matematico famoso. Poi il progetto è cambiato, è cambiata la lista dei personaggi, assegnati tutti a un'autrice unica. Dunque il pezzo è rimasto in mano mia, e visto che non si butta via niente lo metto qua sotto.
</p>
<p>
Il 4 ottobre 1582 papa Gregorio XIII pubblicò la bolla pontificia <i>Inter Gravissimas</i>, che conteneva questa frase:
</p>
<blockquote>
E mentre noi stessi, forti dell'autorità che a noi, benché indegni, è stata data da Dio, ci occupavamo di questa preoccupazione, dal caro figlio Antonio Giglio, professore di scienza e medicina, ci è stato dato il libro che il suo defunto fratello Luigi aveva scritto, in cui, per mezzo del ciclo d'epatta da lui inventato, e in relazione diretta col numero d'oro, e adattato alla durata di qualunque anno solare, ha mostrato che tutti i difetti del calendario possono essere corretti con un rapporto costante valido per tutti i secoli, in modo che il calendario non sia soggetto a nessun altro cambiamento nel futuro.
</blockquote>
<p>
La "preoccupazione" di cui parlava era relativa al problema di mantenere intatti gli antichi riti ecclesiastici, pur modificando il calendario. Perché il calendario andava modificato, visto che quello giuliano, in vigore fino a quel giorno e non molto preciso, aveva accumulato un errore di dieci giorni.
</p>
<p>
La bolla introduceva un nuovo calendario, detto poi gregoriano, che correggeva l'errore e calcolava il tempo in modo più preciso. Esso fu subito adottato in alcuni paesi cattolici, si diffuse poi negli anni successivi anche in altri paesi cattolici, ma fu rifiutato dai paesi protestanti, che lo adottarono soltanto in epoche successive. Gli stati luterani e calvinisti lo adottarono nel 1700, e quelli anglicani nel 1752.
</p>
<p>
Il giorno di Natale del 1642, secondo il calendario giuliano allora in vigore, a Woolsthorpe-by-Colsterworth nacque Isaac Newton. Per i paesi cattolici era già il 4 gennaio 1643, ma il villaggio di Woolsthorpe-by-Colsterworth si trova nella contea del Lincolnshire, a 170 km da Londra, in pieno territorio anglicano. E, infatti, Isaac Newton dichiarò sempre, a chi glielo chiese, di essere nato "il giorno di Natale dell'anno di grazia 1642". Se domandassimo al più famoso motore di ricerca su internet quale sia la data di nascita di Newton, avremmo invece come risposta la data del 4 gennaio 1643. Punti di vista.
</p>
<p>
Mentre Newton frequentava la scuola locale, le sue doti venivano notate da uno zio che consigliò la mamma di iscriverlo a Cambridge, cosa che avvenne nel 1661. Inizialmente Newton si dedicò alla chimica, che non abbandonò mai del tutto, poi si dedicò alla lettura del classico
matematico per antonomasia, gli <i>Elementi</i> di Euclide, e in seguito studiò il metodo delle coordinate di Cartesio, l'ottica di Keplero, gli scritti di Viète e l'<i>Arithmetica infinitorum</i> di Wallis, opera che lo influenzò moltissimo. Dopo aver assimilato le conoscenze matematiche dell'epoca, Newton era pronto per contribuire con idee proprie e originali. Nel 1665, all'età di 23 anni, pubblicò la sua prima scoperta: il modo di esprimere alcune funzioni sotto forma di somme infinite, il cosiddetto <i>teorema binomiale</i>. Siamo abituati a considerare le funzioni come una sequenza finita di operazioni elementari, e così sono state presentate le funzioni in questo volume. Ma esistono anche funzioni più complesse, che non si possono esprimere in questo modo. Ecco quindi l'idea di Newton: se non posso esprimere una funzione mediante una sequenza finita di operazioni semplici, allora devo dare un senso all'idea di svolgere infinite operazioni. L'idea che per i matematici Greci era da evitare a tutti i costi, cioè l'idea di infinito, ora non era più un tabù. Punti di vista.
</p>
<p>
Ed è ragionando sull'infinito che Newton arriva a formulare una delle sue scoperte più importanti: il calcolo infinitesimale (di cui dovrà condividere la paternità con Leibniz; i due matematici avevano sviluppato autonomamente, e all'insaputa uno dell'altro, il calcolo con gli infinitesimi e infiniti. Di questo parleremo più avanti). Egli immaginava le funzioni come oggetti dinamici: pensiamo alla variabile indipendente, la <i>x</i>, come a un fiume che scorre; ecco allora che la funzione agisce su questo flusso di numeri per alterarne il percorso. Newton, infatti, chiamava <i>fluenti</i> le variabili di ingresso e di uscita di una funzione, e si chiedeva come misurare il tasso di variazione istantaneo della variabile in uscita: di quanto varia l'uscita se l'ingresso varia di una certa quantità? E se la quantità di cui varia la variabile in ingresso è molto piccola, <i>infinitesima</i>, di quanto varia la variabile in uscita? Newton chiamava <i>flussioni</i> le velocità di variazione delle fluenti: noi, oggi, ci riferiamo a esse col nome di <i>derivate</i>.
</p>
<p>
La prima opera in cui Newton descriveva la sua analisi infinita si intitolava <i>De analysi per aequationes numero terminorum infinitas</i> e fu pubblicata nel 1711. È interessante leggere cosa pensasse di questo nuovo metodo:
</p>
<blockquote>
E qualsiasi cosa l'analisi comune esegua per mezzo di equazioni con un numero finito di termini (purché lo si possa fare), questo metodo può sempre eseguire la stessa cosa per mezzo di equazioni infinite. Così non ho esitato a dare ad esso lo stesso nome di <i>analisi</i>. Infatti i ragionamenti usati in questa analisi non sono meno certi di quelli usati nell'altra, e le sue equazioni non sono meno esatte.
</blockquote>
<p>
Da allora i matematici non hanno più cercato di evitare l'infinito, come invece avevano fatto i greci.
</p>
<p>
Mentre Newton espandeva le sue conoscenze in Gran Bretagna, un altro matematico scopriva le stesse idee nel continente europeo: Leibniz, che nel 1676 era giunto alle stesse conclusioni di Newton. Anch'egli aveva capito come affrontare il mondo degli infiniti e degli infinitesimi. Nel 1684, dunque molto prima di quanto fece Newton, pubblicò la propria versione del calcolo differenziale e, due anni dopo, quella sul calcolo integrale.
</p>
<p>
Di chi fu, quindi, l'idea originale? Chi aveva copiato da chi? All'epoca nacque una polemica tra i sostenitori di Newton e quelli di Leibniz, che non si risolse immediatamente. Oggi sappiamo che Newton formulò il suo metodo circa dieci anni prima di Leibniz; del resto, Leibniz pubblicò i propri risultati prima di Newton, ma egli fece le proprie scoperte indipendentemente da Newton. Nessuno copiò nessuno, insomma: evidentemente i tempi erano maturi per questo grande passo verso l'infinito.
</p>
<p>
Anche se le idee erano le stesse, i metodi per svilupparle erano però diversi. L'idea di Newton nasceva dalla fisica, e venne poi rivestita di geometria in modo che i contemporanei potessero comprenderla meglio. L'opera più famosa di Newton, quella che fu la sua prima presentazione del calcolo infinitesimale, fu pubblicata nel 1687 e si intitolava <i>Philosophiae naturalis principia mathematica</i>. Già dal titolo si capisce come essa sia un'opera di grande respiro, non un breve trattato su un nuovo metodo di calcolo. Era una presentazione dei fondamenti della fisica e dell'astronomia in cui veniva usato il linguaggio della geometria.
</p>
<p>
Newton non fu il primo a usare operazioni di differenziazione o integrazione: già altri matematici avevano studiato funzioni particolari con questi metodi. Il suo contributo fondamentale fu quello di raggruppare le varie tecniche speciali in un unico metodo generale, applicandolo a tutte le funzioni.
</p>
<p>
Si dice che <i>Philosophiae naturalis principia mathematica</i> sia stato l'apice della Rivoluzione scientifica, termine con il quale si fa riferimento a quella serie di eventi che ha portato allo sviluppo della scienza moderna. La pubblicazione dell'opera <i>De revolutionibus orbium coelestium</i> di Copernico ne segna, convenzionalmente, l'inizio. La teoria eliocentrica di Copernico aveva tolto la terra dal centro dell'universo, mostrando come una descrizione del moto dei pianeti fatta tenendo come riferimento centrale il sole fosse <i>sostanzialmente</i> più semplice, cioè senza ipotesi aggiuntive create <i>ad hoc</i>. Successivamente Keplero perfezionò la teoria, formulando le leggi che portano il suo nome, riguardanti il moto dei pianeti intorno al sole: il moto dei pianeti avviene su orbite ellittiche (e non necessariamente circolari), il segmento che congiunge il sole con un pianeta spazza aree uguali in tempi uguali, e infine il quadrato del periodo orbitale di un pianeta è proporzionale al cubo del semiasse maggiore della sua orbita. Queste leggi, tradotte in termini più comprensibili, anche se meno rigorose, ci dicono che la velocità orbitale di un pianeta è maggiore quando il pianeta si trova vicino al sole, ed è minore quando il pianeta si trova più lontano.
</p>
<p>
Newton riuscì a dimostrare che le tre leggi di Keplero sono la conseguenza di un'unica legge che si applica a qualunque corpo dotato di massa, la famosa legge di gravitazione universale. Fu il primo ad affermare che la dipendenza della forza gravità dalla distanza tra i due corpi era legata da una proporzionalità quadratica inversa. E cioè, se indichiamo con <i>m</i><sub>1</sub> e <i>m</i><sub>2</sub> le masse di due corpi e con <i>r</i> la loro distanza, allora la forza di attrazione è direttamente proporzionale alle due masse e inversamente proporzionale al quadrato della distanza. Indicando con <i>G</i> la costante di proporzionalità, la legge è
</p>
<p>
<i>F</i>=<i>G</i><i>m</i><sub>1</sub><i>m</i><sub>1</sub>/<i>r</i><sup>2</sup>.
</p>
<p>
Bisognerà aspettare Einstein per ottenere miglioramenti sostanziali a questa nuova concezione dell'universo, questa <i>cosmologia</i>.
</p>
<p>
Come faceva Newton a essere così avanti sui tempi? Capitano momenti, nella storia, in cui vengono fatti enormi passi avanti, e non è detto che essi siano il merito di un'unica mente geniale. Newton stesso ha affermato: <i>non so come io appaia al mondo, ma per quel che mi riguarda mi sembra di essere stato solo come un fanciullo sulla spiaggia che si diverte nel trovare qua e là una pietra più liscia delle altre o una conchiglia più graziosa, mentre il grande oceano della verità giace del tutto inesplorato davanti a me</i>. Del resto, bisogna avere una mente che si diverte a esplorare per poterli fare davvero, questi passi avanti.
</p>
<p>
Per esempio, come è nata l'idea del calcolo con le flussioni? Per capire come varia, istante per istante, una funzione, Newton ha pensato di spezzettarla in tante piccole parti, analizzarle singolarmente, per poi sommare tutti i risultati. Occorre avere una doppia idea: da un lato quella di lavorare con quantità evanescenti, infinitesime; dall'altro, quella di poter sommare infiniti termini. L'idea di somma infinita nacque in seguito agli studi sul teorema binomiale, una delle prime, e fondamentali, scoperte matematiche di Newton, già citata all'inizio di questo paragrafo.
</p>
<p>
Tutti gli studenti di scuola superiore, oggi, imparano la formula detta <i>quadrato di binomio</i>, che afferma che (<i>a</i>+<i>b</i>)<sup>2</sup> = <i>a</i><sup>2</sup> + 2<i>ab</i> + <i>b</i><sup>2</sup>. Spesso si studia anche il <i>cubo</i> di binomio, che si traduce in questa formula: (<i>a</i>+<i>b</i>)<sup>3</sup> = <i>a</i><sup>3</sup> + 3<i>a</i><sup>2</sup><i>b</i> + 3<i>a</i><i>b</i><sup>2</sup> + <i>a</i><sup>3</sup>, e qualcuno vede anche una generalizzazione a tutte le potenze naturali, in cui i coefficienti vengono costruiti mediante il <i>triangolo di Tartaglia</i>.
</p>
<p>
Newton mostrò che la regola della potenza del binomio può essere generalizzata anche a potenze frazionarie, a patto che la somma risultante sia infinita. Espressa in termini moderni, la formula è la seguente:
</p>
<p>
(1+<i>x</i>)<sup><i>a</i></sup> = 1 + <i>ax</i> + <i>a</i>(<i>a</i>−1)/2! <i>x</i><sup>2</sup> + <i>a</i>(<i>a</i>−1)(<i>a</i>−2)/3! <i>x</i><sup>3</sup> + …
</p>
<p>
La formula non ha termine: la somma è infinita. Si tratta di una serie di potenze in cui il coefficiente generico di <i>x</i><sup><i>n</i></sup> si costruisce in questo modo:
</p>
<p>
<i>a</i>(<i>a</i>−1)(<i>a</i>−2)…(<i>a</i>−<i>n</i>+1)/<i>n</i>!.
</p>
<p>
Per esempio, se volessimo esprimere la funzione radice quadrata in questo modo, potremmo scrivere che
</p>
<p>
√(1+<i>x</i>) = (1+<i>x</i>)<sup>1/2</sup> = 1 + <i>x</i>/2 − <i>x</i><sup>2</sup>/8 + <i>x</i><sup>3</sup>/16 − 5<i>x</i><sup>4</sup>/128 + 7<i>x</i><sup>5</sup>/256 + …
</p>
<p>
Il poter lavorare con somme infinite, generalizzazione di regole note e consolidate come il quadrato di binomio, ha consentito poi a Newton di poter definire i metodi del calcolo differenziale. La matematica funziona così, un mattone alla volta. Si costruisce pian piano, appoggiandosi sulle basi poste da altri. Scriveva Newton, in una lettera a Robert Hooke, citando le parole attribuite a Bernardo di Chartres:
</p>
<blockquote>
Se ho visto più lontano, è perché stavo sulle spalle di giganti.
</blockquote>
<p>
Punti di vista, insomma.
</p>zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-19847542441103124672024-02-27T22:23:00.000+01:002024-02-27T22:23:15.269+01:00Funzioni e equazioni<p>Questa settimana in edicola, allegato alla Gazzetta dello Sport e al Corriere della Sera, c'è questo volumetto:</p><p><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3t6EbHGufSWKHxJXVI-WXVLNB6HoQqwcxqUuH5u0QKYZa9pxXEGAwBsfXJudAkdrpLZpwkBIbYGBZ2myLxu5QQOa7VcpTFp8sG4HBWmnYIbQ7PYoKVIxN9QW-yqa_4pisyFhhh-xtGQVxSooZ8VG4CrACZB9IbBlP-SngLdEveFrILdrWDQL3Sg/s600/matematica3_risultato.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="373" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3t6EbHGufSWKHxJXVI-WXVLNB6HoQqwcxqUuH5u0QKYZa9pxXEGAwBsfXJudAkdrpLZpwkBIbYGBZ2myLxu5QQOa7VcpTFp8sG4HBWmnYIbQ7PYoKVIxN9QW-yqa_4pisyFhhh-xtGQVxSooZ8VG4CrACZB9IbBlP-SngLdEveFrILdrWDQL3Sg/s16000/matematica3_risultato.jpg" /></a></div><br /><p>Che parla di funzioni e equazioni, che sono un po' la stessa cosa e un po' no e magari si rischia di fare confusione, ma ai Veri Matematici piace vedere le cose da punti di vista diversi e quindi va bene così.</p><p><a href="https://www.primaedicola.it/matematica-collana.html" target="_blank">Io lo prenderei</a>, tra l'altro la data ufficiale di uscita è il 29 febbraio, quando mai ricapita di comprare un libro proprio il 29 febbraio?</p>zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-27012914422677516312024-02-10T22:55:00.003+01:002024-02-10T23:02:47.595+01:00Inferno, canto XXIII<p>
“L'osmio è un metallo scoperto da Smithson Tennant e William Hyde Wollaston, a Londra, nel 1803. Lo isolò insieme con l'iridio dal residuo ottenuto dallo scioglimento del platino nell'acqua regia”.
</p>
<p>
“Molto bene”.
</p>
<p>
“Peccato non fosse conosciuto ai tempi di Dante”.
</p>
<p>
“Ah, una vera mancanza”.
</p>
<p>
“Perché se Dante ne fosse stato a conoscenza, l'avrebbe sicuramente usato per la pena degli ipocriti, nella sesta bolgia”.
</p>
<p>
“E invece cos'ha usato?”.
</p>
<blockquote>
Là giù trovammo una gente dipinta<br />
che giva intorno assai con lenti passi,<br />
piangendo e nel sembiante stanca e vinta.<br />
<br />
Elli avean cappe con cappucci bassi<br />
dinanzi a li occhi, fatte de la taglia<br />
che in Clugnì per li monaci fassi.<br />
<br />
Di fuor dorate son, sì ch’elli abbaglia;<br />
ma dentro tutte piombo, e gravi tanto,<br />
che Federigo le mettea di paglia.<br />
</blockquote>
<p>
“Piombo?”.
</p>
<p>
“Piombo. Sembrano monaci, camminano insieme, hanno delle cappe dorate, molto belle all'esterno, ma foderate di piombo e molto pesanti”.
</p>
<p>
“E Federigo chi è?”.
</p>
<p>
“Federico II di Svevia. Si narra che punisse i colpevoli di lesa maestà rivestendoli di una cappa di piombo e ponendoli poi in una caldaia sul fuoco, ma è quasi certamente propaganda nemica. Comunque, queste cappe di piombo sono pesantissime e i dannati se le devono portare sulle spalle per l'eternità”.
</p>
<p>
“Bene. E l'osmio cosa c'entra?”.
</p>
<p>
“L'osmio è un metallo ancora più denso del piombo, quindi un mantello di osmio sembrebbe più sottile ma avrebbe ugualmente lo stesso peso. O un mantello come quello portato dai dannati ma fatto di osmio sarebbe ancora più pesante. Insomma, sarebbe uno strumento di tortura ancora più efficace”.
</p>
<p>
“Santo cielo”.
</p>
<p>
“Dunque, cos'ha di speciale l'osmio? E, anche se in misura minore, il piombo? Perché pesano tanto?”.
</p>
<p>
“Boh, saranno atomi più pesanti, no?”.
</p>
<p>
“Sì, ma no. Cioè, se bastasse il peso atomico, allora basterebbe prendere l'ultimo elemento della tavola periodica, ma gli atomi si legano tra loro, e il problema è come lo fanno”.
</p>
<p>
“Uhm”.
</p>
<p>
“Gli atomi hanno un nucleo, nel quale si concentra quasi tutta la massa. Il rapporto tra massa dei protoni (o neutroni) e massa degli elettroni vale circa 1800”.
</p>
<p>
“Ok, e quindi ciò che conta è il nucleo”.
</p>
<p>
“Eh, ma quando leghi tanti atomi tra loro, per fare per esempio una bella giacca di piombo, conta anche la distanza tra i vari nuclei. Se i nuclei molto pesanti sono anche molto lontani tra loro, allora il materiale non è poi così tanto pesante. Uno scatolone pieno zeppo di chicchi di riso pesa di più dello stesso scatolone che contiene un solo mattone”.
</p>
<p>
“Va bene, ma la distanza tra i nuclei da cosa dipende? Intorno ai nuclei girano gli elettroni, come se fossero un mini sistema solare: c'entra questa cosa?”.
</p>
<p>
“C'entra, anche se non è vera”.
</p>
<p>
“Ma come?”.
</p>
<p>
“Il modello di atomo come mini sistema solare è superato, non funziona così”.
</p>
<p>
“Ah. Eppure mi sembrava che fosse così”.
</p>
<p>
“Quella è una prima, grossolana, approssimazione. In realtà gli elettroni non sono pianetini, c'è la faccenda della dualità onda-particella che complica un po' le cose. Gli elettroni si comportano a volte come particelle, e a volte come onde”.
</p>
<p>
“Questa cosa è incredibile, ma come si spiega?”.
</p>
<p>
“Cito Feynman: the behavior of things on a small scale is so fantastic, it's so wonderfully different, so marvelously different than anything that behaves on a large scale”.
</p>
<p>
“Ma non ha spiegato, ha solo detto che il comportamento delle cose microscopiche è molto diverso da quello delle cose macroscopiche”.
</p>
<p>
“<i>Meravigliosamente</i> diverso”.
</p>
<p>
“Vabbe', è un fisico…”.
</p>
<p>
“E poi aggiunge: you say <i>electrons act like waves</i>: no, they don't exactly”.
</p>
<p>
“Ma come? Non hai detto che a volte gli elettroni si comportano come onde?”.
</p>
<p>
“Ma io non sono Feynman”.
</p>
<p>
“Ah, bene”.
</p>
<p>
“E poi aggiunge: <i>they act like particles</i>: no, they don't exactly”.
</p>
<p>
“Eh, ma allora”.
</p>
<p>
“<i>they act like a kind of a fog around the nucleus</i>: no, they don't exactly”.
</p>
<p>
“Vabbe'. E allora come si fa a avere un'immagine vera di un atomo?”.
</p>
<p>
“Ha la risposta anche a questa domanda, senti qua: if you would like to get a clear, sharp picture of an atom, so that you can tell exactly how it's going to behave correctly and have a good image, in other words a really good image of reality…”.
</p>
<p>
“Eh, esatto, questo voglio sapere: si può avere una descrizione chiara di un atomo, in modo da capire come funziona? Cosa dice Feynman?”.
</p>
<p>
“I don't know how to do it”.
</p>
<p>
“Ma no!”.
</p>
<p>
“Già. E, nel caso qualcuno pensasse di non aver capito bene, aggiunge: I don't understand how it is, but we can write mathematical expressions and calculate what the thing is going to do, without actually being able to picture it”.
</p>
<p>
“Santo cielo. Dante avrebbe messo i fisici quantistici in una bolgia speciale tutta per loro, costretti a trasportare avanti e indietro dei pesantissimi libri di matematica”.
</p>
<p>
“Con le Malebranche che tirano loro dei dadi con delle fionde, fortissimo”.
</p>
<p>
“Dei dadi? Perché?”.
</p>
<p>
“Perché la matematica di cui parla Feynman ci fornisce solo la probabilità che un elettrone si trovi in una certa posizione, ma non ci dà nessuna certezza. Nonostante questo, la matematica è lo strumento che, incredibilmente, si presta benissimo a essere usato come linguaggio della fisica”.
</p>
<p>
“Incredibilmente?”.
</p>
<p>
“Sì, perché mai la fisica parla il linguaggio della matematica? Perché il mondo può essere descritto con equazioni? Perché la matematica è così efficace nel descrivere e anche nel predire?”.
</p>
<p>
“Predire?”.
</p>
<p>
“Eh, sì. A volte la struttura matematica di una teoria aiuta a predire altri fenomeni fisici, che poi vengono osservati sperimentalmente. Questa <i>irragionevole efficacia</i> della matematica è stata sottolineata dal fisico Eugene Wigner nel 1960 in un <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/The_Unreasonable_Effectiveness_of_Mathematics_in_the_Natural_Sciences" target="_blank">suo famoso articolo</a>, che ha poi suscitato tante discussioni. C'è chi dice che questa efficacia sia un'illusione, perché l'uomo vede ciò che cerca, e chi invece dice che il mondo fisico è completamente matematico, e noi stiamo scoprendolo pian piano. E certamente non lo abbiamo ancora scoperto tutto, anche perché ci sono cose che scopriamo e non capiamo”.
</p>
<p>
“Come gli atomi”.
</p>
<p>
“Esatto. E per tornare alla domanda iniziale, cioè perché l'osmio è così denso?, premesso che non sappiamo spiegare benissimo quello che c'è sotto, possiamo però dare delle idee, delle intuizioni parziali, come la nuvoletta di elettroni intorno al nucleo. La descrizione migliore che abbiamo oggi dell'atomo è proprio quella della nube di elettroni, che non va però interpretata come un insieme di puntini che si muovo veloci, ma come una probabilità che hanno gli elettroni di trovarsi in un certo posto. Questi <i>posti</i> in cui si trovano gli elettroni vengono chiamati <a href="https://www.orbitals.com/orb/orbtable.htm" target="_blank">orbitali</a>, con un nome che ricorda il modello a sistema solare, che però è sbagliato”.
</p>
<p>
“Ottimo”.
</p>
<p>
“E anche se noi non sappiamo esattamente dove sono gli elettroni, sappiamo che sono <i>circa lì</i> e che si muovono intorno al nucleo, e per rispettare le leggi matematiche che sono irragionevoli ma che funzionano benissimo sappiamo anche che se il nucleo è molto pesante essi devono muoversi molto velocemente. La <a href="https://chemistry.stackexchange.com/questions/26501/how-fast-do-electrons-move-around-the-nucleus" target="_blank">legge matematica</a> che descrive questo fenomeno contiene una costante famosa che ha un nome bellissimo, si chiama <i>costante di struttura fine</i>”.
</p>
<p>
“Uh, e che roba è?”.
</p>
<p>
“È una <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Costante_di_struttura_fine#:~:text=La%20costante%20di%20struttura%20fine%20%C3%A8%20una%20costante%20adimensionale%20che,interpretare%20le%20leggi%20della%20natura." target="_blank">costante adimensionale</a>, un numero che sta lì ma non si sa bene perché, come se fosse un artificio per fare funzionare una cosa che non abbiamo ancora ben compreso”.
</p>
<p>
“Ed è così?”.
</p>
<p>
“Cito nuovamente Feynman: It has been a mystery ever since it was discovered more than fifty years ago, and all good theoretical physicists put this number up on their wall and worry about it”.
</p>
<p>
“Perfetto”.
</p>
<p>
“Tornando ai nostri atomi, dunque, quello che succede è che gli elettroni interagiscono tra loro, non vogliono stare troppo vicini perché particelle con la stessa carica si respingono”.
</p>
<p>
“Ammesso che siano particelle”.
</p>
<p>
“Appunto. Quindi ci sono questi elettroni, che non sono in una posizione ben precisa, ma non vogliono stare troppo vicini e quindi forse una posizione ce l'hanno, e però noi possiamo conoscerla solo in termini di probabilità, e insomma questi elettroni si dispongono su orbitali che hanno varie forme, create dalle irragionevoli ma efficaci leggi matematiche. Ci sono dunque atomi con elettroni vicini al nucleo, e atomi con elettroni invece più lontani: dipende da come sono fatti gli orbitali. Ma la teoria della relatività…”.
</p>
<p>
“Un'altra roba misteriosa e irragionevole”.
</p>
<p>
“Esatto, ma che almeno <i>non gioca a dadi</i>, ci dice che quando un corpo si muove a velocità elevate, la sua massa aumenta”.
</p>
<p>
“Ah, ed ecco la densità dell'osmio?”.
</p>
<p>
“Esatto, ma non del tutto. È tutto un equilibrio tra elettroni la cui massa aumenta a causa della velocità (facendo aumentare la densità) e la cui nube elettronica aumenta di dimensione (facendo diminuire la densità). Insomma, contano sia la massa del nucleo sia la dimensione dell'atomo, e dunque gli atomi possono aggregarsi in materiali più o meno densi. L'osmio è un atomo pesante ma piccolino, e che quindi quando si aggrega con altri atomi a formare un reticolo cristallino metallico, crea un materiale molto denso. Il piombo, per esempio, è un atomo con un nucleo più pesante di quello dell'osmio, ma è più grande, cioè ha orbitali più grandi, e quindi quando vari atomi di piombo si mettono insieme creano un materiale un po' più leggero, perché tra i vari atomi c'è un <i>po' più spazio</i> (mi perdonino i fisici per tutte le imprecisioni)”.
</p>
<p>
“Anche se i dannati che indossano la tunica di piombo non sarebbero tanto d'accordo su questa leggerezza del piombo”.
</p>
<p>
“Eh, neanche un po'”.
</p>
<p>
“Ma almeno avrebbero una consolazione: i fisici quantistici sarebbero puniti con una pena più pesante della loro”.
</p>
<p>
“Poveretti”.
</p>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="310" src="https://www.youtube.com/embed/BOLVuRgBh2M" width="426" youtube-src-id="BOLVuRgBh2M"></iframe></div><p><br /></p>
zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-14354729228757926072023-12-07T01:49:00.000+01:002023-12-07T01:49:04.687+01:00Inferno, canto XXII<p>
“Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Cavalieri in marcia, in combattimento e in parata, e talvolta battere in ritirata. Ho visto soldati nella vostra terra, o Aretini, li ho visti fare scorrerie, tornei e giostre. Li ho visti guidati da squilli di tromba, rintocchi di campane, tamburi, segnali dai castelli, strumenti nostrani e stranieri. Ma non ho mai visto un cavaliere, o un fante, o una nave da combattimento muoversi al suono della tromba del culo di un diavolo”.
</p>
<p>
“Ma cos'è”.
</p>
<p>
“L'inizio del canto XXII, naturalmente”.
</p>
<p>
“Leggermente parafrasato”.
</p>
<p>
“Un pochino. Volevo anche allitterare con i raggi b che balenano nel buio ma sarebbe stato bislacco”.
</p>
<p>
“Benissimo”.
</p>
<p>
“Ora possiamo andare avanti”.
</p>
<p>
“Ecco”.
</p>
<p>
“Nel canto XXII Dante è scortato dai Malebranche lungo l'argine della quinta bolgia. I dannati, più in basso, sono sommersi nella pece, e ogni tanto si vede emergere qualche schiena,”.
</p>
<blockquote>
Come i dalfini, quando fanno segno <br />
a’ marinar con l’arco de la schiena, <br />
che s’argomentin di campar lor legno,<br />
</blockquote>
<p>
“Cos'è che fanno i delfini?”.
</p>
<p>
“Secondo Dante, segnalano ai marinai di salvare la loro nave dalla tempesta”.
</p>
<p>
“Ah, ed è vero?”.
</p>
<p>
“Mah, qualche anno fa ho avuto l'occasione di fare un'uscita con i signori della <a href="https://www.joniandolphin.it/" target="_blank">Jonian Dolphin Conservation</a>, che ci hanno spiegato che quando i delfini vengono in superficie non lo fanno sempre per giocare e divertirsi. A volte compaiono per vedere cosa sta succedendo e per distrarre l'eventuale pericolo dagli individui più deboli, che nuotano più in profondità.”.
</p>
<p>
“Ma quindi i giochi coi delfini che si vedono nei delfinari…”.
</p>
<p>
“Per loro i delfinari <a href="https://www.puglia.com/no-ai-delfinari-si-ai-rifugi-a-mare-il-progetto-della-jonian-dolphin-conservation/" target="_blank">sarebbero da abolire</a>”.
</p>
<p>
“Ah”.
</p>
<p>
“D'altra parte, ci sono documentari, tra cui quelli famosi della BBC, che mostrano come i delfini <a href="https://www.bbc.co.uk/programmes/b008x8gf" target="_blank">in qualche occasione</a> abbiano davvero <a href="https://www.youtube.com/watch?v=GmLYGzlPLj0" target="_blank">aiutato l'uomo</a>”.
</p>
<p>
“Beh, magari quando sono liberi possono decidere di farlo oppure no”.
</p>
<p>
“Già. Questo mostra, comunque, come l'osservazione di un fenomeno sia indispensabile ma non sufficiente. In altre parole, non dobbiamo lasciarci fuorviare dai nostri pre-giudizi: così come quando vediamo un delfino non possiamo sapere se è lì per giocare o per difendere un cucciolo che si trova cento metri sotto di lui, allo stesso modo quando osserviamo un qualunque fenomeno, una qualunque raccolta di dati, non dobbiamo fare deduzioni che ci sembrano logiche ma che non è detto che lo siano. Come dicono gli statistici: <i>correlation is not causation</i>”.
</p>
<p>
“Certo che parlare di correlazione coi delfini…”.
</p>
<p>
“Si fa quel che si può con quel che si ha, Dante non ha mica scritto un trattato scientifico. Però ogni tanto mette lì qualche osservazione precisa e dettagliata che ti lascia spiazzato. Comunque basta parlare di delfini, ora parliamo di pece”.
</p>
<p>
“Preferivo i delfini”.
</p>
<p>
“Che farebbero molta fatica a nuotare nella pece”.
</p>
<p>
“Senza dubbio”.
</p>
<p>
“Perché la pece è un liquido ad alta viscosità”.
</p>
<p>
“Certo”.
</p>
<p>
“La viscosità misura l'attrito tra le molecole di un liquido, come se un liquido fosse composto da tanti strati sottili in moto uno rispetto all'altro. Ciò che misura la difficoltà che hanno gli strati di scorrere uno sull'altro è proprio la viscosità”.
</p>
<p>
“Ok”.
</p>
<p>
“Tu immergi la mano in una vasca di liquido e provi a mescolarlo: se fai poca fatica il liquido è poco viscoso, se fai molta fatica il liquido è molto viscoso. Si fa meno fatica a mescolare una vasca d'acqua che non una vasca di pece”.
</p>
<p>
“Naturalmente”.
</p>
<p>
“E poi c'è un'altra caratteristica di cui tenere conto: se cambia la velocità di mescolamento, cambia la viscosità?”.
</p>
<p>
“Beh, certo”.
</p>
<p>
“La domanda è un po' più sottile: certamente cambia la forza, se vuoi mescolare la vasca d'acqua più velocemente farai più fatica, ma c'è una costante di proporzionalità che lega forza e velocità di mescolamento? Oppure non c'è nemmeno quella?”.
</p>
<p>
“Ah boh. Mi verrebbe da dire che c'è, ma se lo chiedi in questo modo forse la risposta è un'altra”.
</p>
<p>
“Bene, niente preconcetti! La risposta, comunque, è <i>dipende</i>”.
</p>
<p>
“Capirai”.
</p>
<p>
“Ci sono liquidi che mostrano questa caratteristica, questa costante di proporzionalità. Si chiamano fluidi newtoniani, e l'acqua ne è un esempio”.
</p>
<p>
“Oh, bene”.
</p>
<p>
“Ma ci sono anche fluidi non newtoniani. Ci sono fluidi, per esempio, per i quali l'aumento della velocità di mescolamento fa aumentare la viscosità: si chiamano fluidi <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Dilatante" target="_blank">dilatanti</a>, e l'esempio classico che si fa per mostrare la loro strana caratteristica è quello dell'amido di mais”.
</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="323" src="https://www.youtube.com/embed/q-DZ0f0_NCA" width="503" youtube-src-id="q-DZ0f0_NCA"></iframe></div><br /><p><br /></p>
<p>
“Wow”.
</p>
<p>
“E ci sono esempi di tutti i tipi. Per esempio, ci sono fluidi per i quali l'aumento della velocità di mescolamento fa diminuire la viscosità: questi vengono detti assotiglianti al taglio”.
</p>
<p>
“Un esempio?”.
</p>
<p>
“Il ketchup. Fai fatica a estrarlo dalla bottiglia, ma se la agiti un po' allora il liquido è meno viscoso ed esce meglio”.
</p>
<p>
“Accidenti, è vero”.
</p>
<p>
“E ci sono ancora <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Non-Newtonian_fluid" target="_blank">altre caratteristiche</a>: liquidi per i quali aumenta o diminuisce la viscosità in base al tempo di mescolamento, e non alla velocità. Sono detti reopessici i primi e tissotropici i secondi”.
</p>
<p>
“Quanta roba”.
</p>
<p>
“In geologia ci sono i <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Reido_%28geologia%29" target="_blank">reidi</a>, che sono solidi che presentano caratteristiche di deformabilità tipiche dei liquidi. C'è gente che ha studiato la deformazione di due lastre di granito nel corso di vent'anni, pubblicando nel frattempo <a href="https://cir-nii-ac-jp.translate.goog/crid/1390282680394994560?_x_tr_sl=ja&_x_tr_tl=en&_x_tr_hl=en" target="_blank">alcuni articoli scientifici</a>”.
</p>
<p>
“Ah, come il vetro, che si deforma dopo molto tempo”.
</p>
<p>
“Purtroppo quella è una leggenda metropolitana, se ti riferisci alle deformazioni delle vetrate nelle chiese”.
</p>
<p>
“Davvero?”.
</p>
<p>
“Sì, il vetro non ha quella capacità di deformazione. Tieni presente che quelle vetrate erano poi circondate da strisce di piombo, che ha una viscosità molto minore di quella del vetro: se il vetro si fosse deformato così tanto come si vede nelle vetrate delle chiese, allora il piombo avrebbe avuto tutto il tempo di colare e fare una pozzanghera per terra. La deformazione nel vetro c'è, ma semplicemente perché è stato costruito così”.
</p>
<p>
“Ah. Che delusione”.
</p>
<p>
“Per non lasciarti nella delusione, c'è una bella storia sulla pece”.
</p>
<p>
“Che bella storia ci potrà mai essere sulla pece?”.
</p>
<p>
“Una storia che ha vinto un premio forse più prestigioso del premio Nobel. Beh, no, non esageriamo, non più prestigioso ma molto ambito”.
</p>
<p>
“E che premio è? E che storia è poi?”.
</p>
<p>
“Si tratta dell'esperimento della goccia di pece. La pece, a temperatura ambiente, non sembra proprio un liquido: è molto viscosa e praticamente non cola”.</p>
<p>
“E quindi?”.
</p>
<p>
“E quindi c'è un esperimento in corso che ha lo scopo di osservare la pece che cola”.
</p>
<p>
“Sai che roba”.
</p>
<p>
“<a href="https://smp.uq.edu.au/pitch-drop-experiment" target="_blank">Un esperimento avviato nel 1927</a>”.
</p>
<p>
“Eh?”.
</p>
<p>
“Già. La pece è stata messa all'interno di un imbuto di vetro col fondo tappato, dopo tre anni è stato tolto il tappo, e la pece ha cominciato a colare formando una prima, grossa goccia, che si è staccata dopo… indovina un po'?”.
</p>
<p>
“Boh? Molte ore? Giorni?”.
</p>
<p>
“Otto anni”.
</p>
<p>
“No, dai”.
</p>
<p>
“Otto. E poi ne sono cadute altre, a distanze di tempo simili”.
</p>
<p>
“Chissà la festa che fanno quando se ne stacca una”.
</p><p>
“Molto spesso il momento del distacco è stato perso. All'inizio non c'era l'elettronica, e conservare otto anni di pellicola cinematografica non sembrava il caso. Nel 2000 la webcam che doveva filmare il distacco si è guastata poco prima della caduta dell'ottava goccia”.
</p>
<p>
“Argh”.
</p>
<p>
“La nona fu ripresa da molte telecamere, ma si appoggiò sulle altre, cadute negli anni precedenti, senza staccarsi. Venne deciso di cambiare il contenitore prima che la goccia si fondesse con quelle sottostanti, ma le vibrazioni la fecero staccare”.
</p>
<p>
“Ma santo cielo”.
</p>
<p>
“Insomma, aspettiamo la prossima. Ora c'è una <a href="http://thetenthwatch.com/feed/" target="_blank">webcam che trasmette su internet</a> un primo piano dell'esperimento, speriamo che finalmente tutto funzioni. Comunque per questo esperimento è stato vinto nel 2005 <a href="https://improbable.com/ig/winners/#ig2005" target="_blank">il premio IgNobel</a>”.
</p>
<p>
“Oh, bene. Anche se nessuno ha mai visto cadere una goccia di pece, alla fine”.
</p>
<p>
“Sono riusciti a fare anche quello, con un esperimento gemello iniziato nel 1944, che ha permesso di <a href="https://www.theatlantic.com/technology/archive/2013/07/the-3-most-exciting-words-in-science-right-now-the-pitch-dropped/277919/" target="_blank">filmare la caduta</a> nel 2013”.
</p>
<p>
“Sessantanove anni dopo!”.
</p>
<p>
“Eh, ci vuole della calma, con la pece funziona così”.
</p>
<p>
“Dillo ai poveri dannati”.
</p>
<p>
“Che oltretutto erano immersi nella pece bollente. E che, piuttosto di avere a che fare con i diavoli, preferiscono tuffarsi per non farsi prendere. E i diavoli cercano di raggiungerli, e litigano, e cadono pure loro nella pece”.
</p>
<p>
“Vabbè”.
</p>
<p>
“E a quel punto Dante e Virgilio scappano via, lasciando <i>lor così 'mpacciati</i>”.</p>
zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-18343144957125298002023-11-11T17:04:00.003+01:002023-11-11T17:04:59.436+01:00Inferno, canto XXI<p>
“Eccoci alla quinta bolgia, dove scontano la loro pena i barattieri”.
</p>
<p>
“Chi sono?”.
</p>
<p>
“Sono persone che avevano cariche pubbliche e che hanno usato il loro potere per arricchirsi. Oggi diremmo che sarebbero puniti per il reato di concussione”.
</p>
<p>
“Ah, bella gente”.
</p>
<p>
“Esatto. E non piacevano nemmeno a Dante, che li ha descritti immersi nella pece bollente, sorvegliati dai diavoli chiamati Malebranche”.
</p>
<p>
“Ottimo”.
</p>
<p>
“Questi diavoli sono dei bei soggetti: interagiscono con Dante e Virgilio, raccontano bugie, hanno dei nomi che sono tutto un programma”.
</p>
<p>
“Bugie? Nomi?”.
</p>
<p>
“Nomi proprio di diavolo, senti qua: Scarmiglione, Alichino, Calcabrina, Cagnazzo, Barbariccia, Libicocco, Draghignazzo, Ciriatto, Graffiacane, Farfarello e Rubicante. E poi c'è il loro capo, Malacoda”.
</p>
<p>
“Ahh! E le bugie?”.
</p>
<p>
“Malacoda incarica dieci dei suoi compari di scortare i poeti al prossimo ponte di roccia che conduce all'altra bolgia, perché quello più vicino è crollato. Ed è vero che è crollato, quando Gesù è disceso agli inferi, prima della resurrezione, provocando un grande terremoto. Il fatto è che anche gli altri ponti sono crollati, ma Malacoda finge che siano ancora in piedi”.
</p>
<p>
“Benissimo”.
</p>
<p>
“Quindi alla fine del canto, dopo un po' di minacce da parte dei diavoli, si arriva a un accordo e le guide accompagnano i poeti, che non sanno che i ponti sono crollati (e non lo sa nemmeno il lettore, se non ha letto il seguito). I diavoli sono guidati da Barbariccia, e ognuno di loro si rivolge a lui stringendo la lingua tra i denti, come se questo fosse un segnale convenuto. E Barbariccia risponde al segnale”.
</p>
<blockquote>
Per l’argine sinistro volta dienno;<br />
ma prima avea ciascun la lingua stretta<br />
coi denti, verso lor duca, per cenno;<br />
<br />
ed elli avea del cul fatto trombetta.
</blockquote>
<p>
“Non vedevi l'ora di dirlo, vero?”.
</p>
<p>
“Già”.
</p>
<p>
“E quale aspetto scientifico-matematico troviamo in questo canto, a parte quello relativo ai processi digestivi?”.
</p>
<p>
“Nessun aspetto, ahimé”.
</p>
<p>
“Ahi, niente di niente?”.
</p>
<p>
“Se proprio vogliamo aggrapparci a qualcosa, ci sarebbe una terzina che fa riferimento al ponte crollato, nominando un arco a tutto sesto”.
</p>
<blockquote>
Poi disse a noi: «Più oltre andar per questo<br />
iscoglio non si può, però che giace<br />
tutto spezzato al fondo l’arco sesto.<br />
</blockquote>
<p>
“Tutto qua?”.
</p>
<p>
“Sì: si potrebbe dire che <i>sesto</i> è l'antico nome del compasso, ma niente di più. E allora direi di prendere spunto dai Malebranche e parlare di bugie”.
</p>
<p>
“Matematiche?”.
</p>
<p>
“Matematiche”.
</p>
<p>
“Ma la matematica non è la quintessenza della verità?”.
</p>
<p>
“Se la usi bene, sì, quando riesci a dimostrare delle cose, ma se la usi male…”.
</p>
<p>
“E come fai a usarla male?”.
</p>
<p>
“Ecco un esempio: immagina di avere due costanti <i>a</i> e <i>b</i> che valgono entrambe 1”.
</p>
<p>
“E non puoi chiamarle entrambe <i>a</i>?”.
</p>
<p>
“Certo, ma stiamo facendo un po' di scena, siamo i Malebranche della Matematica”.
</p>
<p>
“Benissimo”.
</p>
<p>
“Sarai dunque d'accordo su questa uguaglianza: <i>a</i><sup>2</sup> = <i>ab</i>”.
</p>
<p>
“D'accordo, in fondo c'è scritto 1 = 1”.
</p>
<p>
“Ora sottraiamo da ambo i membri l'espressione <i>b</i><sup>2</sup>”.
</p>
<p>
“Così otteniamo <i>a</i><sup>2</sup> − <i>b</i><sup>2</sup> = <i>ab</i> − <i>b</i><sup>2</sup>”.
</p>
<p>
“Proprio così. Ora modifico un po' la scrittura delle due espressioni: (<i>a</i> + <i>b</i>)(<i>a</i> − <i>b</i>) = <i>b</i>(<i>a</i> − <i>b</i>). Sei d'accordo sul fatto che questo è solo un altro modo di scrivere la stessa uguaglianza di prima?”.
</p>
<p>
“Sono d'accordo, ma ci siamo complicati la vita”.
</p>
<p>
“E ora la semplifichiamo, dividendo a destra e a sinistra per il fattore comune (<i>a</i> − <i>b</i>)”.
</p>
<p>
“Bene, se semplifichiamo arriviamo a <i>a</i> + <i>b</i> = <i>b</i>. E ora?”.
</p>
<p>
“E ora rimetti al posto di <i>a</i> e di <i>b</i> i loro valori: ricordi che entrambe le costanti valgono 1?”.
</p>
<p>
“Ricordo, quindi mi viene 1 + 1 = 1. Uhm”.
</p>
<p>
“Ecco fatto, abbiamo dimostrato che 1 + 1 fa 1, cioè che 2 è uguale a 1. E quindi poi anche 1 + 2 sarà uguale a 1 + 1 cioè 1, e così via. Non esistono infiniti numeri, ne esiste uno solo, il numero 1. Pitagora sarebbe contento, gli studenti ancora di più, che non dovranno studiare più nulla: tutto il mondo matematico è composto soltanto da 1, fine della matematica”.
</p>
<p>
“Ma come? Spiega un po' come funziona questo inganno?”.
</p>
<p>
“<i>ed elli avea del cul fatto trombetta</i>”.
</p>zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-50051196658610595702023-10-08T11:53:00.002+02:002023-10-08T11:53:22.608+02:00Inferno, canto XX<p>“Eccoci alla quarta bolgia di Malebolge, quella dove scontano la loro pena gli indovini. Che poi non <i>scontano</i> tecnicamente nulla, dato che la pena è eterna, tant'è che Dante chiama i dannati <i>sommersi</i>. Sono già sotto, e non torneranno più su”.</p>
<p>“Amen”.</p>
<p>“Ed ecco come se la passano questi poveracci”.</p>
<blockquote>
e vidi gente per lo vallon tondo <br />
venir, tacendo e lagrimando, al passo <br />
che fanno le letane in questo mondo.
</blockquote>
<p>“Camminano e piangono in silenzio. Che tristezza”.</p>
<p>“E non basta: la pena specifica per queste anime è quella di camminare con la testa completamente girata all'indietro. Le lacrime, osserva Dante, scendono quindi lungo la schiena arrivando a quella che i nostri amici di madre lingua inglese chiamano, con una perifrasi, <i>la scollatura dell'idraulico</i>, e che il nostro poeta indica semplicemente come <i>lo fesso</i>”.</p>
<p>“Ma benissimo. E qual è la colpa di questi dannati?”.</p>
<p>“Sono nientemeno che indovini”.</p>
<p>“L'hai detto, quindi sono ciarlatani?”.</p>
<p>“Eh, mica tanto, alcuni sono ciarlatani, ma altri sono astrologi”.</p>
<p>“Quindi ciarlatani”.</p>
<p>“No, no, allora la dottrina cristiana ammetteva l'esistenza degli influssi delle stelle. Quindi questi erano indovini veri, che predicevano il futuro”.</p>
<p>“E perché sarebbe una colpa?”.</p>
<p>“Perché la visione del futuro è consentita solo a Dio, e nessun uomo può prendere il posto di Dio”.</p>
<p>“Mah”.</p>
<p>“C'è anche sotto la dottrina del libero arbitrio: come puoi essere libero se già conosci il futuro? Su queste idee Dante insisterà più avanti, ma l'insegnamento della chiesa è chiaro: l'uomo è dotato di libero arbitrio, lui sceglie di compiere il bene o il male, lui ne è responsabile. Come può essere libero di scegliere se già conosce il futuro?”.</p>
<p>“Ok”.</p>
<p>“E quindi oggi parliamo di viaggi nel tempo”.</p>
<p>“Oh”.</p>
<p>“Quale migliore occasione degli indovini per parlare dei viaggi nel tempo? O, almeno, nel futuro? Quello che sappiamo oggi è che i viaggi nel tempo non si possono fare. Se si potessero fare, ci sarebbero dei paradossi da risolvere, già analizzati in lungo e in largo da tutto il mondo della fantascienza, spesso con risultati molto interessanti, e a volte con buchi nella trama incolmabili. Un po' per colpa dei paradossi che vanno risolti in un qualche modo, un po' perché gestire i viaggi nel tempo è difficilissimo. Una sola citazione: la clessidra giratempo di Harry Potter”.</p>
<p>“Questo era un esempio di buco nella trama, vero?”.</p>
<p>“Purtroppo sì”.</p>
<p>“Però queste sono tutte opere di fantasia, non c'è niente di vero, quindi in un certo senso vale tutto”.</p>
<p>“Vero. Parliamo allora di scienza”.</p>
<p>“Oh, bene”.</p>
<p>“I fisici si dividono in due categorie: i teorici e gli sperimentali. I teorici sono matematici con idee strampalate su come funziona il mondo, gli sperimentali sono quelli che dicono ai teorici che si stanno inventando le cose”.</p>
<p>“Ehm”.</p>
<p>“Ok, lo dico meglio perché ho molti amici fisici”.</p>
<p>“EHM!”.</p>
<p>“Allora, il metodo scientifico funziona così: si formulano teorie e si prova a verificarle. Se l'osservazione mostra risultati diversi da quelli previsti dalla teoria, vuol dire che la teoria è sbagliata e si prova a costruirne un'altra”.</p>
<p>“E se i risultati coincidono?”.</p>
<p>“Diciamo <i>bello!</i> e proviamo a progettare altri esperimenti, ma non possiamo dire che la teoria sia giusta. Non potremo mai dire che una teoria è giusta, potremo solo falsificarla. Certo, i risultati che confermano la teoria sono entusiasmanti, ma i fisici sono contenti anche se arrivano risultati in contrasto con la teoria, così possono inventarsi qualcos'altro”.</p>
<p>“Non abusare della pazienza dei tuoi amici fisici”.</p>
<p>“Ma è così, i risultati degli esperimenti alimentano la teoria, e viceversa la teoria dà l'idea per fare nuovi esperimenti. È il bello della fisica, ed è proprio quello che manca nell'insegnamento della fisica a scuola”.</p>
<p>“Capirai”.</p>
<p>“Eh, a scuola servono laboratori, spazi, soldi per costruire entrambi”.</p>
<p>“Soldi che non arrivano”.</p>
<p>“No, e quindi la fisica diventa una serie di esercizi sempre più complicati di applicazione delle formule. Che non sono una cosa brutta, beninteso, i problemi teorici possono essere molto belli, ma se manca la parte sperimentale che fisica è? Che differenza c'è tra questa fisica e la matematica applicata?”.</p>
<p>“Giusto l'ambientazione dei problemi, temo”.</p>
<p>“Eh, e qualche formula in più da imparare. Ma torniamo ai viaggi nel tempo”.</p>
<p>“È meglio”.</p>
<p>“Tutto parte da Einstein”.</p>
<p>“Tante cose partono da Einstein, mi pare di capire”.</p>
<p>“Già. Ricordo ancora la prima lezione di teoria della relatività all'università, durante l'insegnamento di Fisica 1. Il prof comincia a raccontare un po' di cose, e arriva in fretta a dire che il tempo non è un assoluto e che è possibile che due orologi si muovano a velocità diverse. E io ero lì che ascoltavo a bocca aperta e mi chiedevo se stavo capendo bene perché questo signore stava dicendo cose evidentemente false”.</p>
<p>“Eh eh”.</p>
<p>“Poi, visto che insisteva su questo fatto della non sincronizzazione degli orologi, ho cominciato a dirmi ma allora è vero? E intanto lui stava parlando anche di righelli che possono cambiare lunghezza a seconda della velocità con cui si muovono e allora boom, si è aperto un mondo nuovo”.</p>
<p>“Che bello”.</p>
<p>“Bellissimo, sono quelle sensazioni che non ti dimentichi più”.</p>
<p>“E il prof si è messo a parlare di viaggi nel tempo?”.</p>
<p>“Non subito, ma dopo qualche lezione, studiando le equazioni che erano state ricavate nel frattempo, ha fatto notare il fatto che esse impedivano a qualunque corpo dotato di massa di raggiungere e superare la velocità della luce, ma non impedivano l'esistenza di particelle che si muovono a velocità superiori a quelle della luce, a cui le equazioni impedirebbero però di rallentare troppo. Come se il mondo fosse diviso in due parti che non possono comunicare tra loro: il mondo delle cose lente, il nostro, e il mondo delle cose veloci, dei <i>tachioni</i>”.</p>
<p>“Ed è subito Star Trek”.</p>
<p>“Ovviamente. E qui entra in gioco il metodo scientifico: dato che le equazioni non impediscono moti a velocità superiori a quelle della luce, siamo in grado di progettare esperimenti per osservare queste ipotetiche particelle? Siamo in grado di passare di là, in quel mondo? Io poi ho studiato matematica, e il programma non prevedeva lo studio della teoria della relatività generale, di cui ho sentito parlare solo anni dopo, durante un esame dell'ultimo anno, ma il fatto è che non è solo la velocità che permette di fare viaggiare il tempo in modo diverso e che permette alle lunghezze di contrarsi, ma c'è di mezzo anche la gravità”.</p>
<p>“Ed ecco <i><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Interstellar" target="_blank">Interstellar</a></i>”.</p>
<p>“Esatto, per citare un solo esempio. Quindi i fisici si sono presi le equazioni di Einstein e si sono chiesti <i>cosa succederebbe se?</i> Esistono soluzioni che permettono i viaggi nel tempo? Possiamo vedere nel futuro, come gli indovini di Dante? E magari sperando nella clemenza di Dio, nel frattempo?”.</p>
<p>“E hanno avuto risposta, almeno per la prima parte?”.</p>
<p>“<a href="https://www.scientificamerican.com/article/is-time-travel-possible/" target="_blank">Risposte teoriche ne esistono</a>, ma sono <i>reali</i>? Si possono verificare, almeno? Il fisico sperimentale riuscirà a costruire una vera macchina del tempo?”.</p>
<p>“Eh, cominciamo dall'inizio”.</p>
<p>“Allora, le risposte teoriche ci sono. Se accettiamo l'idea che la gravità curva lo spazio — e finora tutti gli esperimenti l'hanno confermato — e accettiamo l'idea che lunghezze e tempo sono misure locali, che possono cambiare a seconda della velocità dell'osservatore — e finora tutti gli esperimenti l'hanno confermato — allora è possibile curvare lo spazio così tanto da creare delle <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Curva_spaziotemporale_chiusa_di_tipo_tempo" target="_blank">curve spaziotemporali chiuse</a>. Questo dice la teoria, ma nessun esperimento ha mai verificato la cosa”.</p>
<p>“Cosa sono queste cose?”.</p>
<p>“Sono un modo matematico per dire che un oggetto, o una persona, può osservare il proprio orologio scorrere normalmente ma, nello stesso tempo, può compiere un percorso che ritorna alla condizione iniziale, cioè nella stessa posizione e nello stesso tempo dal quale la persona era partita”.</p>
<p>“Eh?”.</p>
<p>“Non so dirlo meglio. Fai un giro e torni all'inizio, dove per inizio si intende non solo la stessa posizione ma anche lo stesso istante”.</p>
<p>“Che roba. Ed è vero?”.</p>
<p>“Boh? Cosa è la verità?”.</p>
<p>“Dai”.</p>
<p>“Nessun esperimento l'ha confermato”.</p>
<p>“Ok”.</p>
<p>“Se fosse vero, ci sarebbero tutti i problemi dei paradossi temporali di cui si parla nella fantascienza. Posso tornare indietro e uccidere Hitler, cambiando la storia? Se potessi uccidere Hitler, la storia poi cambierebbe davvero? Posso uccidere mio nonno? Esisterò ancora dopo? Molti paradossi riguardano la morte, e questo ci dice tante cose”.</p>
<p>“Già”.</p>
<p>“Si possono fare anche paradossi meno cruenti, comunque. Eccone uno: se io lancio una palla da biliardo in una macchina del tempo che risputa fuori la stessa palla in modo tale che essa urti con la copia di sé stessa che sta ancora cercando di entrare nella macchina, deviandola, cosa succederà? Se avviene la deviazione, la palla non entrerà nella macchina, ma allora non potrà nemmeno uscirne, e quindi non ci sarà la deviazione, e allora la palla entrerà, ma quindi poi uscirà e produrrà la deviazione, ma allora…”.</p>
<p>“Ok, ok, ho capito”.</p>
<p>“L'ideale sarebbe questo: costruiamo una di queste macchine, poi proviamo a vedere cosa succede. E quindi i fisici hanno cominciato a progettarne una. Ma finora hanno trovato dei problemi insormontabili”.</p>
<p>“Tipo?”.</p>
<p>“Tipo il fatto che per piegare lo spazio così tanto da creare delle curve spaziotemporali chiuse servono delle masse molto, molto elevate. <i>Infinite</i>, qualunque cosa ciò significhi”.</p>
<p>“Cosa che non si può fare”.</p>
<p>“Si potrebbe fare con dei buchi neri”.</p>
<p>“Oh”.</p>
<p>“Già. L'idea, per realizzare l'esperimento, sarebbe quella di avere due automobili contenenti due buchi neri, una che viaggia velocissima rispetto all'altra: in quel caso si potrebbero realizzare quelle famose curve chiuse. L'alternativa sarebbe quella di usare delle masse negative, che appaiono ancora più esotiche”.</p>
<p>“Ma esistono?”.</p>
<p>“Boh, se si entra nel mondo della meccanica quantistica forse si potrebbe dare un significato all'idea di massa negativa, ma la risposta al momento è <i>boh</i>”.</p>
<p>“Quindi niente viaggi nel tempo”.</p>
<p>“Una possibilità reale esiste, invece, e che risolve anche i paradossi”.</p>
<p>“Davvero?”.</p>
<p>“Sì, ma con un prezzo che non so quanti siano disposti a pagare: si tratta di un viaggio di sola andata, nel futuro”.</p>
<p>“Già noi stessi stiamo tutti viaggiando nel futuro, dato che il tempo passa. Stai parlando di questo?”.</p>
<p>“No, sto parlando di una velocità maggiore. La teoria della relatività dice che se un corpo viaggia ad alta velocità, il suo tempo locale scorre più lentamente rispetto a un corpo che viaggia a velocità minore”.</p>
<p>“La tua prima lezione di fisica”.</p>
<p>“Esatto. Questo è un <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Esperimento_di_Hafele-Keating" target="_blank">fatto verificato</a>: hanno preso degli orologi atomici, li hanno sincronizzati, ne hanno tenuto uno a terra e hanno caricato l'altro su un aereo. Poi hanno fatto viaggiare l'aereo per un po' di tempo, e quando è tornato a terra hanno verificato che gli orologi non erano più sincronizzati”.</p>
<p>“Ah”.</p>
<p>“Gli effetti della teoria della relatività sono reali, sono misurabili, e bisogna tenerne conto nelle attuali applicazioni tecniche. C'è un esempio particolare che tutti conosciamo e che senza gli studi sulla relatività non funzionerebbe”.</p>
<p>“Quale?”.</p>
<p>“Il GPS”.</p>
<p>“Ma dai?”.</p>
<p>“Sì, la tecnica si basa sulla ricezione di un segnale orario spedito dai vari satelliti in orbita. L'orario deve essere precisissimo se vogliamo che il GPS non ci faccia sbagliare strada, dato che a volte basterebbero pochi metri. E allora bisogna tener conto di due aspetti: i satelliti viaggiano ad alta velocità, e quindi il loro tempo proprio viaggia più lento del nostro, ma si trovano lontani dalla terra, quindi risentono meno della gravità, e allora il loro tempo proprio viaggia più veloce del nostro”.</p>
<p>“Ma come, viaggia più lento o più veloce?”.</p>
<p>“Due aspetti diversi lottano tra loro, ma non si cancellano esattamente. Quindi bisogna tener conto di entrambi gli effetti per poterli bilanciare correttamente, in modo che gli orologi lassù e quelli quaggiù siano perfettamente sincronizzati. Senza la teoria della relatività generale ci perderemmo per strada”.</p>
<p>“Che roba. E quindi questa variazione della velocità degli orologi ci permette di viaggiare nel tempo?”.</p>
<p>“Sì, in questo modo. Noi saliamo su un'astronave, partiamo, ci facciamo un viaggetto di qualche settimana o qualche mese, e quando torniamo ci accorgiamo che sulla terra sono passati dei secoli”.</p>
<p>“Quanti?”.</p>
<p>“Dipende da quanto andiamo veloci. Più siamo veloci, più la differenza di tempo aumenta. Bisogna dire che oggi astronavi di questo tipo non esistono ancora, ma questa è una limitazione tecnica, non scientifica. Questo fenomeno, che in piccolo è verificato dall'esperimento degli orologi atomici di cui parlavamo prima, viene detto <i>paradosso dei gemelli</i>: il gemello che rimane sulla terrà sarà molto più vecchio del gemello che tornerà dal viaggetto in astronave. E così si potrà viaggiare nel futuro. Il gemello giovane scenderà dall'astronave e darà un'occhiata al futuro”.</p>
<p>“Ma non potrà tornare indietro”.</p>
<p>“No, non si torna. Non si potranno fare profezie”.</p>
<p>“Niente quarta bolgia”.</p>
<p>“E niente testa girata in stile esorcista”.</p>
zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-2633900697376503182023-09-02T18:27:00.001+02:002023-09-02T18:27:37.287+02:00Inferno, canto XIX<p>
“Siam giunti alla terza bolgia di Malebolge, dove vengono puniti i simoniaci”.
</p>
<blockquote>
O Simon mago, o miseri seguaci <br />
che le cose di Dio, che di bontate <br />
deon essere spose, e voi rapaci <br />
per oro e per argento avolterate, <br />
or convien che per voi suoni la tromba,<br />
però che ne la terza bolgia state.
</blockquote>
<p>
“Oh, bene, sono d'accordo. C'è una pena interessante?”.
</p>
<blockquote>
Io vidi per le coste e per lo fondo <br />
piena la pietra livida di fóri, <br />
d’un largo tutti e ciascun era tondo.
</blockquote>
<p>
“Dei fori?”.
</p>
<p>
“Dei fori”.
</p>
<p>
“E a cosa servono?”.
</p>
<p>
“Ci stanno infilati dentro i peccatori, a testa in giù. Le gambe spuntano dal <i>grosso</i> in su, e i piedi sono tormentati da qualche fiammella”.
</p>
<p>
“Benissimo. Anche se stare sempre a testa in giù deve essere già una bella pena”.
</p>
<p>
“Sì, infatti. Ma c'è stato un breve periodo, sufficientemente recente, in cui si pensava che stare a testa in giù facesse <i>bene</i>”.
</p>
<p>
“Ma dai? Ma quando?”.
</p>
<p>
“Beh, c'è una scena notevole di un film famoso che dimostra l'idea meglio delle parole”.
</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="369" src="https://www.youtube.com/embed/WForXyKZuQg" width="444" youtube-src-id="WForXyKZuQg"></iframe></div><br /><p><br /></p>
<p>
“Ohh, ma cosa hai tirato fuori!”.
</p>
<p>
“Visto che roba? Nei ruggenti anni 80 si pensava che queste pratiche fossero salutari. Cioè, per essere più precisi: <a href="https://teeter.com/blog/history-of-inversion/" target="_blank">già da prima</a> qualcuno sosteneva che la cosiddetta inversione della gravità facesse bene alla salute, ma in seguito al film American Gigolò ci fu un notevole aumento nelle vendite”.
</p>
<p>
“E poi?”.
</p>
<p>
“Poi un medico cominciò a dire che stare a testa in giù provocava un aumento della pressione sanguigna e oculare”.
</p>
<p>
“E questo non va bene”.
</p>
<p>
“No, e le vendite cominciarono a scendere. Lo stesso medico poi continuò a studiare la cosa e disse che il corpo umano aveva meccanismi compensativi, e ritrattò lo studio precedente, ma ormai era stato instillato il dubbio e le vendite calarono”.
</p>
<p>
“Fine della bolla”.
</p>
<p>
“Già. Oggi qualcuno continua a vendere sia quelle cavigliere che indossava Richard Gere sia dei lettini che si possono inclinare in modo da mettere la persona a testa in giù, dicono che faccia bene alla schiena”.
</p>
<p>
“Senza fiamme ai piedi, però”.
</p>
<p>
“Quelle no, nessuno dice che i piedi infuocati facciano bene”.
</p>
<p>
“Chissà se si sta davvero bene coi piedi all'insù”.
</p>
<p>
“Coff coff”.
</p>
<p>
“Cosa?”.
</p>
<p>
“Confesso che negli anni 80 quelle cavigliere le ho provate anche io”.
</p>
<p>
“Ah-ha!”.
</p>
<p>
“Le avevano nella palestra in cui andavo, vuoi non provarle?”.
</p>
<p>
“Eh, infatti. E come si sta?”.
</p>
<p>
“Va il sangue alla testa, ma dopo un po' ci si abitua. E allora la mia schiena stava bene, quindi non saprei dire se ho avuto benefici oppure no”.
</p>
<p>
“Beh, gli astronauti sulla stazione spaziale internazionale proveranno le stesse sensazioni, no? In assenza di gravità…”.
</p>
<p>
“Un fisico ti interromperebbe subito e ti direbbe che sulla stazione spaziale non si è in assenza di gravità”.
</p>
<p>
“Ma come?”.
</p>
<p>
“Eh, no, la terra è vicina, la gravità si fa sentire, anche se meno”.
</p>
<p>
“E allora perché vediamo gli astronauti coi capelli per aria, come se fossero in assenza di gravità?”.
</p>
<p>
“Partiamo dall'inizio. La legge di gravitazione universale dice che due corpi si attraggono con una forza che è proporzionale alle due masse e inversamente proporzionale al quadrato della distanza. In formule, se indichiamo con <i>G</i> la costante di proporzionalità, abbiamo <i>F</i> = <i>GM</i><sub>1</sub><i>M</i><sub>2</sub>/<i>r</i><sup>2</sup>”.
</p>
<p>
“Ok, questa l'ho studiata a scuola”.
</p>
<p>
“La forza dunque non svanisce oltre una certa distanza, anche se a distanze molto grandi o con masse molto piccole diventa trascurabile. Però la stazione spaziale internazionale non è a distanza molto grande: si trova a quasi 427 km di distanza dalla superficie della terra”.
</p>
<p>
“E a quella distanza il peso quanto vale?”.
</p>
<p>
“Se non ho sbagliato i conti (cosa sempre possibile, i Veri Matematici usano solo lettere, come si sa), il peso di un corpo che si trova a quell'altezza è uguale al peso al livello del mare moltiplicato per 0.88”.
</p>
<p>
“Ah. Non molto di meno”.
</p>
<p>
“Eh, no”.
</p>
<p>
“E quindi perché diciamo che sulla stazione spaziale internazionale si è in assenza di gravità? Perché i capelli sono sparati verso l'alto?”.
</p>
<p>
“Diciamo così perché sbagliamo o, meglio, perché vogliamo dire un'altra cosa. Infatti i capelli sono sparati in aria perché gli astronauti stanno cadendo, e quindi loro si sentono in apparente assenza di gravità. Gli astronauti, poi, non cadono rovinosamente sulla terra perché stanno anche ruotando intorno a essa”.
</p>
<p>
“Ok”.
</p>
<p>
“L'esempio che si fa spesso è questo: sei sulla cima di una montagna molto alta e lasci cadere un sasso: il sasso cade a terra e non succede niente di speciale. Poi ne lasci cadere un altro dandogli una spinta orizzontale: il sasso cade un po' più in là. Poi continui, dando spinte orizzontali sempre più forti: il sasso cade sempre più lontano, comincia a girare un po' intorno alla terra prima di schiantarsi, e a un certo punto lo lanci talmente veloce che fa tutto il giro e, se non si fa attenzione, si rischia di essere colpiti da dietro. In tutti questi esempi la forza di gravità c'è sempre. Anzi, se non ci fosse, il sasso non potrebbe ruotare e proseguirebbe dritto”.
</p>
<p>
“Questo agli astronauti non piacerebbe molto”.
</p>
<p>
“No, farebbero la fine degli occupanti di Base Alpha, come raccontava la serie TV Spazio 1999”.
</p>
<p>
“Oggi si fanno citazioni classiche, vedo”.
</p>
<p>
“E per rimanere in tema di citazioni classiche, anche nel famoso 2001 Odissea nello spazio si mostra la cosiddetta assenza di gravità: c'è una scena in cui una hostess cammina rimanendo in piedi senza fluttuare in aria usando scarpe col velcro”.
</p>
<p>
“Meglio il velcro del fuoco”.
</p>
<p>
“Suggerirei di lasciare il fuoco ai simoniaci, e di guardarci l'allora comandante della stazione spaziale internazionale replicare la scena girata da Kubrick, che all'epoca avrebbe sicuramente voluto girarla su una vera astronave”.
</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="366" src="https://www.youtube.com/embed/tjCIE89RoqU" width="440" youtube-src-id="tjCIE89RoqU"></iframe></div><p><br /></p>
zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-58143374150230292822023-06-09T18:25:00.003+02:002023-06-09T18:25:55.816+02:00Inferno, canto XVIII<blockquote>
Luogo è in inferno detto Malebolge,<br />
tutto di pietra di color ferrigno,<br />
come la cerchia che dintorno il volge<br />
</blockquote>
<p>“Un altro inizio notevole”.</p>
<p>“Sì, potremmo fermarci qua e godercelo”.</p>
<p>“Sarebbe un record sul commento più breve al diciottesimo canto dell'Inferno”.</p>
<p>“Eh, ho capito. Allora andiamo avanti, anche se non troveremo legami con la scienza”.</p>
<p>“Ma immagino che troveremo comunque qualcosa su cui parlare”.</p>
<p>“L'idea è quella, già. Siamo a Malebolge, e questo si era capito. Dante descrive il luogo, dice che c'è una voragine al centro della piana di Malebolge. Il terreno che circonda la voragine è diviso in dieci zone, dieci <i>bolge</i>, divise da fossati come quelli che circondano i castelli. E così come avviene per i castelli, si possono attraversare i fossati grazie ai ponti”.</p>
<p>“I ponti sono importanti”.</p>
<p>“Eh sì”.</p>
<p>“Che succede nelle bolge?”.</p>
<p>“Sono piene di dannati che camminano, di anime in pena che non stanno mai ferme. Per fare un paragone, Dante dice:”.</p>
<blockquote>
Nel fondo erano ignudi i peccatori;<br />
dal mezzo in qua ci venien verso ’l volto,<br />
di là con noi, ma con passi maggiori,<br />
come i Roman per l’essercito molto,<br />
l’anno del giubileo, su per lo ponte<br />
hanno a passar la gente modo colto,<br />
che da l’un lato tutti hanno la fronte<br />
verso ’l castello e vanno a Santo Pietro,<br />
da l’altra sponda vanno verso ’l monte
</blockquote>
<p>“Un altro ponte”.</p>
<p>“Esatto. I romani organizzavano il traffico di pellegrini lungo il ponte come i diavoli dell'inferno organizzano il traffico dei dannati nelle bolge: tutti in ordine, mantenete la destra, avanti, avanti! A un certo punto Dante incontra un volto conosciuto e si ferma a parlare”.</p>
<p>“Chi è?”.</p>
<p>“Venedico Caccianemico”.</p>
<p>“Non lo ricordo dai miei studi scolastici”.</p>
<p>“Mi avvalgo della facoltà di non rispondere a una domanda non fatta. Comunque era un ruffiano”.</p>
<p>“Ah”.</p>
<p>“Il dialogo non dura molto perché a un certo punto arriva un diavolo che scaccia Venedico con una scudisciata, spiegandogli che in quel luogo <i>non son femmine da conio</i>”.</p>
<p>“Benissimo”.</p>
<p>“I due poeti si spostano, attraversano un ponte (ancora ponti, sì) e vedono, in lontananza, Giasone”.</p>
<p>“Quello del vello d'oro?”.</p>
<p>“Quello lì”.</p>
<p>“E qual era la sua colpa?”.</p>
<p>“Giasone viene classificato da Dante come seduttore: racconta in alcuni versi la sua storia, e dice che ingannò la giovanetta Isifile. Dopo essersi divertito <i>lasciolla quivi, gravida, soletta;</i>”.</p>
<p>“Ahi”.</p>
<p>“Il ponte conduce all'argine che fa da confine alla seconda bolgia, nella quale scontano la loro pena gli adulatori, tra cui un altro voto noto a Dante, un tale di nome Alessio Interminelli. Con lui Dante non parla, perché ha fretta di scrivere un po' di parolacce relative alla prossima anima: si tratta di Taide, che viene così descritta:”.</p>
<blockquote>
di quella sozza e scapigliata fante<br />
che là si graffia con l’unghie merdose,<br />
e or s’accoscia e ora è in piedi stante.<br />
Taïde è, la puttana che rispuose<br />
al drudo suo quando disse “Ho io grazie<br />
grandi apo te?”: “Anzi maravigliose!”.
</blockquote>
<p>“Ah però”.</p>
<p>“E qui si chiude il canto”.</p>
<p>“E noi di cosa parliamo?”.</p>
<p>“Di ponti”.</p>
<p>“Benissimo”.</p>
<p>“I ponti non sono un'invenzione recente, anzi”.</p>
<p>“Eh, no”.</p>
<p>“Come fanno a stare in piedi? Perché non cadono?”.</p>
<p>“Beh, hanno dei sostegni, sono fatti di materiali rigidi e resistenti”.</p>
<p>“Sì, vero, ma non basta. Cioè, basta se il ponte è corto, ma se vuoi farlo lungo ti serve ragionare un po' di più. Per esempio, prendiamo un arco: perché non crolla?”.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgn4-ooaRPSWdc7P6_r-HobpoRP4e3aVZsy7Hxs14mNG6iA_mGphACZFY_qBxZucIHEaG8rh9VAv1y7uc35MB3GMVGSNo1wAEGcrHuQlzHoeyaeFyxVMO_wx90UB0au8PXcHTgCvoT_TxqmdfUoFoqrfOWMbBefpcAm_lLQFz218MaU5Mu313I/s800/800px-Kiev-UkrainianNationalChernobylMuseum_19.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="800" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgn4-ooaRPSWdc7P6_r-HobpoRP4e3aVZsy7Hxs14mNG6iA_mGphACZFY_qBxZucIHEaG8rh9VAv1y7uc35MB3GMVGSNo1wAEGcrHuQlzHoeyaeFyxVMO_wx90UB0au8PXcHTgCvoT_TxqmdfUoFoqrfOWMbBefpcAm_lLQFz218MaU5Mu313I/w400-h300/800px-Kiev-UkrainianNationalChernobylMuseum_19.jpg" width="400" /></a></div><br /><p>(<a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Kiev-UkrainianNationalChernobylMuseum_19.jpg" target="_blank">wikimedia commons</a>)</p>
<p>“Ah, lo so: la forma dell'arco distribuisce le forze lungo il perimetro, in questo modo la spinta viene rediretta lungo i sostegni che si trovano agli estremi dell'arco”.</p>
<p>“Hai mai provato a fare un arco così come dici?”.</p>
<p>“Uhm, no”.</p>
<p>“Perché se provi, ti accorgi che non è mica vero che sta in equilibrio: la spinta laterale fa sì che i due estremi si allontanino tra loro, fino a che l'arco non crolla. Se prendi dei sassi e cerchi di fare un arco appoggiandoti su un tavolo liscio, ti scivola tutto”.</p>
<p>“Ma come?”.</p>
<p>“Eppure è così: la roba scivola”.</p>
<p>“Dato che gli archi stanno in piedi e, di solito, non crollano, ci deve essere una spiegazione”.</p>
<p>“Certo: bisogna impedire che i piedi d'appoggio dell'arco, i piedritti, scivolino verso l'esterno: serve una struttura che lo faccia”.</p>
<p>“Quindi, nel mio ipotetico esperimento coi sassi e il tavolo, io dovrei impedire ai due punti d'appoggio di muoversi”.</p>
<p>“Sì, devi appoggiare altre cose sufficientemente pesanti ai bordi, o dotare di sufficiente attrito i punti di contatto col tavolo”.</p>
<p>“E nelle costruzioni vere come si fa?”.</p>
<p>“Si usano appoggi robusti, o anche forze equilibranti. Per esempio, si costruiscono dei contrafforti o, addirittura, degli archi rampanti”.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiKgBCi787mLwEMG09nn_TvI71WqVNg1qu2FQpLgUXwtBGXmt_XtN-_IBz-pXMstMOOPaEWE1UClOEiW_k7czJ-NNn7LkLWdJGbi1rGJQ6KbIC2-UO5Ozp_LK4Gsxnt7TtO0cWwV_5WNMhI2AsUCWjfAKoKyrFHs3WmkK0zuhU-d1KUqCZdwAY/s1024/Notre_Dame_buttress.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="765" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiKgBCi787mLwEMG09nn_TvI71WqVNg1qu2FQpLgUXwtBGXmt_XtN-_IBz-pXMstMOOPaEWE1UClOEiW_k7czJ-NNn7LkLWdJGbi1rGJQ6KbIC2-UO5Ozp_LK4Gsxnt7TtO0cWwV_5WNMhI2AsUCWjfAKoKyrFHs3WmkK0zuhU-d1KUqCZdwAY/w299-h400/Notre_Dame_buttress.jpg" width="299" /></a></div><div><br /></div>(<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/File:Notre_Dame_buttress.jpg" target="_blank">wikimedia commons</a>)<p>“Belli. Ma poi anche quelli avranno una spinta laterale da sostenere, no?”.</p>
<p>“Esatto, ma pian piano quelle spinte vengono dirette verso l'esterno e la loro direzione viene cambiata, in modo tale da farla diventare sempre più vicina alla verticale. Inoltre, per evitare che la parte che sostiene l'esterno dell'arco <i>spanci</i>, si rende la costruzione più robusta aumentando il peso che grava su di essa, con pinnacoli o guglie belle alte”.</p>
<p>“Ah, giusto: una guglia alta non è solo bella, ma ha anche la funzione di essere pesante e stabilizzare tutto”.</p>
<p>“Proprio così. Poi arriva la matematica, che si chiede quale debba essere la forma di un arco in modo tale che le spinte laterali siano minime? Si può fare un arco che sostenga sé stesso senza bisogno di rinforzi?”.</p>
<p>“E si può?”.</p>
<p>“Si può. Il primo a studiare il problema fu Hooke”.</p>
<p>“Quello della legge delle molle?”.</p>
<p>“Quello, che <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Robert_Hooke" target="_blank">ha studiato</a> un po' tutto quello che c'era da studiare”.</p>
<p>“E cosa ha capito?”.</p>
<p>“Beh, intanto ha avuto l'idea di capovolgere il problema: appendiamo una catena a due sostegni, e vediamo che forma avrà. Capovolgiamo la catena, e questa diventa un arco”.</p>
<p>“Ho già sentito questa storia”.</p>
<p>“Probabilmente in riferimento a Gaudì, che l'ha realizzata magistralmente. Nel museo che si trova di fianco alla Sagrada Familia di Barcellona c'è un modello della chiesa fatto con catene appese: uno specchio sul fondo permette di capovolgere la struttura e osservarla come se fosse un modellino della chiesa stessa”.</p>
<p>“Bello”.</p>
<p>“Quindi un arco che si può sostenere da solo, riducendo al minimo le spinte laterale, è un arco <a href="https://www.earth-auroville.com/stability_notions_en.php" target="_blank">a forma di catenaria</a>, che è il nome dato alla curva formata da una catena appena a due punti”.</p>
<p>“Perché <i>catena</i>? Cioè, perché quel particolare oggetto? Non possiamo dire <i>corda</i>, o <i>filo</i>?”.</p>
<p>“Diciamo catena per sottolineare due aspetti: il primo è che la catena è un oggetto pesante. Non vogliamo che si pensi a un filo ideale senza massa: stiamo parlando di problemi legati al peso degli oggetti. Il secondo motivo è che il peso della catena è distribuito in modo uniforme, non è concentrato da nessuna parte in particolare”.</p>
<p>“Bene, capito”.</p>
<p>“La funzione che descrive la catenaria si chiama coseno iperbolico, ed è formata dalla somma di una funzione esponenziale crescente con una decrescente. Ma tanto vale vederne una, anche se non è formata da una catena in cui la massa è distribuita in modo uniforme:”.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj0rxrkmEjg0oKVgoVXVhU7t_JC7LIFnSD5kz29e6gBTj29g3ZIajVcx1efUk-oD_jFpoWl4P8NvU9cQTQy5-VsFBhnJkFlN6hyEUwA4oErkWsNvA_n-5iqNDomrvvu1Az42DRBGWv1OiD-q1ZmA5dwWudztENdYFTGLANC6-VosVU2-ycVylc/s1921/St_Louis_Gateway_Arch.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1489" data-original-width="1921" height="310" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj0rxrkmEjg0oKVgoVXVhU7t_JC7LIFnSD5kz29e6gBTj29g3ZIajVcx1efUk-oD_jFpoWl4P8NvU9cQTQy5-VsFBhnJkFlN6hyEUwA4oErkWsNvA_n-5iqNDomrvvu1Az42DRBGWv1OiD-q1ZmA5dwWudztENdYFTGLANC6-VosVU2-ycVylc/w400-h310/St_Louis_Gateway_Arch.jpg" width="400" /></a></div><br /><p>(<a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/File:St_Louis_Gateway_Arch.jpg" target="_blank">wikimedia commons</a>)</p>
<p>“Woah”.</p>
<p>“Fa un bell'effetto, sì. Dobbiamo fare attenzione a una cosa: questo arco non sostiene nulla, non ci sono pareti sopra, non c'è una passerella: lui è un ponte, se vogliamo, ma non un sostegno. Se lo vogliamo usare come sostegno, immaginando che sopra di esso ci sia una massa distribuita uniformemente, allora dobbiamo cambiare un po' le cose, perché in effetti non si tratta più di una catena”.</p>
<p>“Giusto, le parti laterali devono sostenere più peso. Cambia quindi la forma?”.</p>
<p>“Sì, un pochino. Matematicamente cambia tutto, ma a occhio non è facile vedere la differenza: se l'arco deve sostenere una massa uniformemente distribuita, allora la forma ideale è la parabola. Come a Palau Guell, di Gaudì:”.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghYBPG_BeVrs21rF_diKXuzH9vy4iKQLau2YItt17Mlq-2QEfrKdZsD800uvOgKySj_5R4BZOPOMujZYiD9JSbqGWrTMmfEIYG_9Oz3J0RZmu6wq2xHhQzBEFbw9tHvwZCzqzdREaTPBV7FlZntDyfKS6_DvQ-1MuNfqm6ARNafcqvxTnp4Xk/s4032/PXL_20211031_122143383.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3024" data-original-width="4032" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghYBPG_BeVrs21rF_diKXuzH9vy4iKQLau2YItt17Mlq-2QEfrKdZsD800uvOgKySj_5R4BZOPOMujZYiD9JSbqGWrTMmfEIYG_9Oz3J0RZmu6wq2xHhQzBEFbw9tHvwZCzqzdREaTPBV7FlZntDyfKS6_DvQ-1MuNfqm6ARNafcqvxTnp4Xk/w400-h300/PXL_20211031_122143383.jpg" width="400" /></a></div><br /><p><br /></p>
<p>“Ah”.</p>
<p>“<i>E quinci sian le nostre viste sazie</i>”.</p>
<p>“Chissà cosa avrebbe detto Dante di questi ponti”.</p>
<p>“Eh, a volte penso se riconoscerebbe in questa struttura una chiesa”.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjpgSs9excU7KGsN-g9dPUno5e36yXMS-_09vs8jWuu3_kXuVjj3iG_84p5b2xej8_pPRVYG87YiFdyfURxxtJo2peyVYT2NNj76D3uEBRsolRawvYJ-HE8EdsLMeQb3Mf1z8BGKlOG8KWVEK79zEuJOcNXeUCA1ZjcUK-y3DNO4Yixy8Eik0/s4032/PXL_20211031_161002336.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjpgSs9excU7KGsN-g9dPUno5e36yXMS-_09vs8jWuu3_kXuVjj3iG_84p5b2xej8_pPRVYG87YiFdyfURxxtJo2peyVYT2NNj76D3uEBRsolRawvYJ-HE8EdsLMeQb3Mf1z8BGKlOG8KWVEK79zEuJOcNXeUCA1ZjcUK-y3DNO4Yixy8Eik0/w300-h400/PXL_20211031_161002336.jpg" width="300" /></a></div><br /><p><br /></p>
<p>“E chissà dove avrebbe voluto collocare Gaudì”.</p>
<p>“A volte penso tra gli angeli. Altre volte penso che forse l'avrebbe messo in una delle bocche di Lucifero. Io preferirei tra gli angeli, però”.</p>
zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-74301457793122102412023-05-09T10:38:00.002+02:002023-05-09T10:38:38.682+02:00Inferno, canto XVII<blockquote>
«Ecco la fiera con la coda aguzza, <br />
che passa i monti, e rompe i muri e l’armi! <br />
Ecco colei che tutto ’l mondo appuzza!». <br />
</blockquote>
<p>
“Si comincia benissimo”.
</p>
<p>
“Visto? Il mostro annunciato alla fine del canto precedente ora è arrivato: è Gerione, un demone puzzolente, immagine dell'inganno”.
</p>
<p>
“In che senso?”.
</p>
<p>
“Ha la faccia di un uomo giusto, rassicurante, ma il corpo di serpente”.
</p>
<p>
“Ah”.
</p>
<p>
“Due zampe pelose, mentre il dorso, il petto e i fianchi sono dipinti con nodi e rotelle”.
</p>
<p>
“Ah, i tatuaggi sui <i>fianchi</i>, diciamo così, sono tornati di moda però”.
</p>
<p>
“Certo. Gerione ha poi una lunga coda che guizza nel vuoto, coda che termina con un pungiglione”.
</p>
<p>
“Naturalmente”.
</p>
<p>
“E Gerione è il traghettatore che i due poeti dovranno prendere per scendere dal burrone sul quale si trovano”.
</p>
<p>
“Dante non ne sarà felice”.
</p>
<p>
“Neanche un po'. Prima, però, Dante scambia qualche parola con un gruppo di dannati seduti sulla sabbia, che cercano di ripararsi dalla pioggia di fuoco”.
</p>
<p>
“Chi sono?”.
</p>
<p>
“Sono gli usurai, che nella tassonomia dell'Inferno sono collocati qui perché sono violenti contro Dio nell'operosità umana”.
</p>
<p>
“Cosa significa?”.
</p>
<p>
“Significa che si sono arricchiti non grazie al duro lavoro, come dovrebbe fare ogni buon cristiano, ma grazie al denaro”.
</p>
<p>
“Finalmente un peccato su cui siamo d'accordo”.
</p>
<p>
“Davvero? Cosa intendiamo per usura?”.
</p>
<p>
“Ma certo che è vero! L'usura è una colpa tremenda”.
</p>
<p>
“Dammi una definizione”.
</p>
<p>
“Beh, è quando richiedi per un prestito un interesse eccessivo”.
</p>
<p>
“Sai che un Vero Matematico ha bisogno di definizioni precise: quanto è <i>eccessivo</i>?”.
</p>
<p>
“Oh, santo cielo. Il codice penale italiano prevede il delitto di usura, via”.
</p>
<p>
“Sì, e dice che il tasso da considerare come eccessivo è stabilito dalla legge. Attualmente il limite oltre il quale gli interessi sono ritenuti usurari è calcolato aumentando il Tasso Effettivo Globale Medio di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali. La differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali”.
</p>
<p>
“Santo cielo”.
</p>
<p>
“E come in tutti i confini, c'è sempre il problema di chi ci abita vicino e li considera artificiali: basta un centesimo di meno perché il tasso sia lecito, basta un centesimo di più e il prestito diventa usura, e si va in galera”.
</p>
<p>
“Eh, sì, tracciare confini netti pone sempre dei problemi. Chissà dov'era quel confine ai tempi di Dante”.
</p>
<p>
“Oh, qui la risposta è molto facile: il confine era a zero”.
</p>
<p>
“Zero?”.
</p>
<p>
“Sì: qualunque interesse era considerato usura. Il denaro è sterile, non può produrre frutti: far fare frutti al denaro è un peccato contro la natura stessa, cioè contro Dio”.
</p>
<p>
“Accidenti. Sai però che, quasi quasi…”.
</p>
<p>
“Eh eh”.
</p>
<p>
“Questa idea risolverebbe un po' di problemi”.
</p>
<p>
“Eh. Diciamo che ai tempi di Dante avevano risolto drasticamente il paradosso del sorite”.
</p>
<p>
“Il paradosso di cosa?”.
</p>
<p>
“<a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Sorites_paradox" target="_blank">Sorite</a>. Parola greca che significa <i>mucchio</i>”.
</p>
<p>
“Mucchio? Di cosa?”.
</p>
<p>
“Di quello che vuoi. Una formulazione classica del paradosso prevede di avere a che fare con un mucchio di sabbia, ma noi possiamo immaginarci un mucchio di soldi, come nel deposito di Zio Paperone”.
</p>
<p>
“Ok, e cosa ci facciamo con questo mucchio? Oltre ai tuffi, come faceva Zio Paperone”.
</p>
<p>
“Beh, possiamo certamente classificare Zio Paperone come un riccone, vero? Il suo patrimonio è tanto, un <i>mucchio</i> di soldi”.
</p>
<p>
“Sicuramente”.
</p>
<p>
“E se noi togliamo una monetina dal mucchio, quello rimane un mucchio”.
</p>
<p>
“Sì, anche se Zio Paperone non sarebbe contento”.
</p>
<p>
“E anche se togliamo una seconda moneta dal mucchio, il mucchio rimane tale”.
</p>
<p>
“Un po' più piccolo”.
</p>
<p>
“Certo, ma ancora un bel mucchio. E se continuiamo così?”.
</p>
<p>
“Eh, pian piano cala e poi sparisce”.
</p>
<p>
“Esatto. E in quale istante il mucchio non è più mucchio? Quando perde la caratteristica di essere mucchio? La sua <i>mucchiosità</i>?”.
</p>
<p>
“Eh, boh, non si può mica dire”.
</p>
<p>
“E così eccoci al paradosso: a un certo punto il mucchio non è più mucchio, ma non possiamo stabilire quando. Qualsiasi confine noi mettiamo diventa arbitrario: possiamo stabilirlo per legge, possiamo tirare una riga a un certo punto, ma non ci sono motivi per preferire un momento rispetto a un altro. La logica binaria qua non funziona, ci accorgiamo che non ci basta dire <i>ora sì</i> e <i>ora no</i>, ma ci servono valori intermedi”.
</p>
<p>
“Una logica a tre valori?”.
</p>
<p>
“Osiamo di più: una logica a infiniti valori. Una logica in cui tra 0 e 1 ci sono tutti i valori possibili, tutti i numeri reali”.
</p>
<p>
“Ah, ed esiste una roba del genere?”.
</p>
<p>
“Certo, si chiama <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Logica_fuzzy" target="_blank">logica fuzzy</a>, o logica sfumata”
</p>
<p>
“Un delirio matematico senza senso?”.
</p>
<p>
“Al contrario, un'idea con molto senso e molte applicazioni pratiche”.
</p>
<p>
“Per esempio?”.
</p>
<p>
“Per esempio un impianto di riscaldamento, o raffreddamento. Hai presente quei termostati che attaccano e staccano l'impianto quando si supera una certa temperatura?”.
</p>
<p>
“Certo. In quel caso c'è un confine, se lo superi accendi, se non lo superi spegni, o viceversa, dipende se vuoi scaldare o raffreddare”.
</p>
<p>
“Esatto. In casa c'è caldissimo, accendo il condizionatore, la temperatura scende, poi arrivo a una certa soglia e clic, l'impianto si spegne. Pian piano la casa si riscalda e se supero la temperatura, riparte l'impianto. Non molto simpatico per chi sta sotto il soffio dell'aria fredda”.
</p>
<p>
“Eh vabbé, pazienza, si sposterà”.
</p>
<p>
“Ma se prendiamo un sistema moderno, con inverter e regolazioni più sofisticate, non abbiamo solo due situazioni: o aria fredda a palla oppure niente aria fredda. Quando la temperatura ambiente sta per raggiungere la temperatura richiesta, allora il flusso d'aria diminuisce ma senza che si spenga completamente. Non c'è più una logica a solo due valori, acceso e spento”.
</p>
<p>
“Ah, ci sono valori intermedi, giusto! Motore acceso al cinquanta per cento, per esempio”.
</p>
<p>
“O qualunque altra percentuale, volendo”.
</p>
<p>
“Ottimo”.
</p>
<p>
“Questo è il paradosso del sorite: se usiamo una logica a due valori, un mucchio che cala a un certo punto non sarà più un mucchio, ma non siamo in grado di dire in quale istante preciso esso perda la propria caratteristica di mucchio”.
</p>
<p>
“Con una logica sfumata potremmo parlare di mezzo mucchio, di mucchietto, e così via”.
</p>
<p>
“Esatto. L'alternativa è fare come Dante con gli usurai”.
</p>
<p>
“Cioè tutto è mucchio, a meno che la sabbia non se ne sia andata completamente”.
</p>
<p>
“Esatto”.
</p>
<p>
“Ma sai che…”.
</p>
<p>
“Lo so”.</p>
zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-70925839483974526532023-04-02T17:14:00.001+02:002023-04-02T17:14:09.014+02:00Inferno, canto XVI<p>
“<i>Basta con questi stranieri!</i>”.
</p>
<p>
“Cosa c'è?”.
</p>
<p>
“<i>Questa gente che non è fiorentina, che non conosce le nostre usanze e le nostre tradizioni! Cosa viene a fare qui?</i>”.
</p>
<p>
“Ma chi? Ma cosa?”.
</p>
<p>
“<i>Questi extracittadini, che vengono qua e rovinano il clima della nostra bella città!</i>”.
</p>
<p>
“Ma che città? Cosa stai dicendo?”.
</p>
<p>
“<i>Vengono da fuori, sono alteri, boriosi, sono dei parvenu</i>”.
</p>
<p>
“Vabè, quando hai finito poi mi spieghi”.
</p>
<p>
“Ho finito: stavo parafrasando uno dei temi del sedicesimo canto dell'Inferno”.
</p>
<p>
“L'invasione degli stranieri? La sostituzione etnica? Il crollo delle tradizioni?”.
</p>
<p>
“Esatto”.
</p>
<p>
“Ma di chi stiamo parlando?”.
</p>
<p>
“Dei contadini che abitano fuori Firenze e che, forti dei loro improvvisi guadagni vengono in città e <i>fanno il bello e il cattivo tempo, rovinando la nostra bella città! Prima i fiorentini!</i>”.
</p>
<p>
“Ma dai, Dante dice questa roba?”.
</p>
<p>
“Eh sì, nel sedicesimo canto, incontrando dei suoi concittadini”.
</p>
<p>
“Concittadini che sono all'Inferno, quindi non sono proprio degli stinchi di santo. Che peccato hanno commesso?”.
</p>
<p>
“Hanno peccato contro natura”.
</p>
<p>
“Ah. Meglio non commentare”.
</p>
<p>
“Uno di loro si giustifica, però”.
</p>
<p>
“In che modo?”.
</p>
<p>
“Così:”.
</p>
<blockquote>
E io, che posto son con loro in croce, <br/>
Iacopo Rusticucci fui; e certo <br/>
la fiera moglie più ch’altro mi nuoce <br/>
</blockquote>
<p>
“Capisco bene? Colpa della moglie?”.
</p>
<p>
“Capisci bene. Del resto, se uno ha una <i>fiera moglie</i> è facile che prenda la navicella e si diriga verso l'altra sponda”.
</p>
<p>
“Ma santo cielo”.
</p>
<p>
“Assieme a Iacopo Rusticucci ci sono anche Guido Guerra e Tegghiaio Aldobrandi”.
</p>
<p>
“Nomi decisamente fiorentini”.
</p>
<p>
“Dialogando con Dante, questi poveretti gli domandano se a Firenze albergano ancora cortesia e valore”.
</p>
<p>
“E Dante dice di no?”.
</p>
<p>
“Dice di no, per colpa <i>di questi stranieri che vengono nella nostra bella città e…</i>”.
</p>
<p>
“Ho capito, ho capito”.
</p>
<p>
“Dante lo dice così:”.
</p>
<blockquote>
La gente nuova e i sùbiti guadagni <br/>
orgoglio e dismisura han generata, <br/>
Fiorenza, in te, sì che tu già ten piagni<br/>
</blockquote>
<p>
“E la gente nuova sono i contadini che abitano in periferia”.
</p>
<p>
“Eh sì”.
</p>
<p>
“Benissimo. Abbiamo anche qualcosa di scientifico in questo canto, oltre a queste invettive?”.
</p>
<p>
“Eh, il canto è dedicato per buona parte ai tre disgraziati e alla povera Firenze, ma nel finale si riscatta, ed è dal finale che prendiamo spunto”.
</p>
<p>
“Cosa succede nel finale?”.
</p>
<p>
“Nel finale i due poeti devono scendere verso il fondo dell'inferno, ma la strada non è semplice. Il Flegetonte si getta verso il basso con una cascata, e il sentiero si interrompe. Allora Virgilio esegue una strana manovra: si fa dare da Dante la cintura e la getta in fondo al burrone, come se questo fosse un segnale convenuto tra lui e qualcun altro”.
</p>
<p>
“E che succede? A parte il fatto che Virgilio avrebbe potuto gettare la sua cintura, invece che quella di Dante”.
</p>
<p>
“Succede una cosa molto strana, tanto che Dante impiega un certo numero di versi per assicurare al lettore che non sta dicendo cose inventate, che è tutto vero, anche se molto strano. Insomma, crea un po' di hype”.
</p>
<p>
“E poi?”.
</p>
<p>
“E poi arriva”.
</p>
<p>
“Ma chi?”.
</p>
<p>
“Arriva uan figura dal basso, che sembra nuotare nell'aria”.
</p>
<p>
“E chi è?”.
</p>
<p>
“Uno che fa meravigliare anche il cuore più coraggioso:”.
</p>
<blockquote>
[ch’]i’ vidi per quell’aere grosso e scuro <br/>
venir notando una figura in suso, <br/>
maravigliosa ad ogne cor sicuro, <br/>
<br/>
sì come torna colui che va giuso <br/>
talora a solver l’àncora ch’aggrappa <br/>
o scoglio o altro che nel mare è chiuso, <br/>
<br/>
che ’n sù si stende, e da piè si rattrappa.
</blockquote>
<p>
“Una figura che nuota nell'aria?”.
</p>
<p>
“Esatto, e per questo parliamo di nuoto”.
</p>
<p>
“E tutta questa storia per parlare di nuoto?”.
</p>
<p>
“Avresti preferito parlare dell'invasione della nostra sacra patria?”.
</p>
<p>
“Nono, va benissimo il nuoto”.
</p>
<p>
“Ottimo. Dunque, perché galleggiamo, quando siamo capaci di galleggiare?”.
</p>
<p>
“Per il principio di Archimede, direi”.
</p>
<p>
“Esatto: un corpo immerso in un fluido riceve una spinta verso l'alto pari al peso del volume del fluido spostato. Ma questa è la versione facile”.
</p>
<p>
“In che senso?”.
</p>
<p>
“Nel senso che se il corpo è puntiforme va tutto bene, ma se non lo è bisogna capire qualcosa di più”.
</p>
<p>
“Ah, cosa?”.
</p>
<p>
“Sul corpo immerso agisce la forza di gravità, che possiamo pensare applicata nel centro di massa del corpo”.
</p>
<p>
“Il baricentro”.
</p>
<p>
“Quello. Anche la forza di Archimede è applicata in un centro di massa, ma non in quello del corpo sollevato, ma in quello del fluido spostato”.
</p>
<p>
“Ah”.
</p>
<p>
“Ed ecco che succedono cose nuove: immagina il nuotatore steso in acqua, orizzontalmente, con le mani avanti, le gambe tese, che tenta di galleggiare. La parte superiore dell'uomo è più leggera rispetto alla parte inferiore: i nostri arti inferiori devono sostenere il nostro peso, le gambe ci servono per camminare o correre, poi ci sono gli organi interni, e così via. In alto abbiamo solo la testa, che dovrebbe essere almeno un po' pesante e non piena d'aria, ma anche se stendiamo le braccia verso l'alto il nostro centro di massa è comunque più spostato verso i piedi”.
</p>
<p>
“E quindi?”.
</p>
<p>
“Quindi, siccome invece il centro di gravità dell'acqua che spostiamo è più in alto, la forza di Archimede e la forza di gravità non agiscono sullo stesso punto del nostro corpo, e noi percepiamo una rotazione: cerchiamo di stare orizzontali sulla superficie dell'acqua, ma i nostri piedi vanno in basso. Nel ruotare, i due centri di applicazione si spostano e, quando si trovano uno sulla verticale dell'altro, la rotazione si interrompe”.
</p>
<p>
“Ma con i piedi un po' affondati si nuota male”.
</p>
<p>
“Esatto, e quindi i nuotatori devono imparare a nuotare minimizzando la dispersione di energia, perché un corpo mezzo affondato deve vincere una forza di attrito maggiore. Per esempio, devono tenere la testa sott'acqua per più tempo possibile, in modo da sfruttare meglio la spinta di Archimede e da spostare un po' in avanti il loro centro di massa”.
</p>
<p>
“Ah, potrebbero nuotare sempre sott'acqua, a questo punto”.
</p>
<p>
“E infatti nel 1956 un <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Masaru_Furukawa" target="_blank">nuotatore a rana giapponese</a> vinse la medaglia d'oro inventando una nuova tecnica: dopo il tuffo iniziale non riemerse più, se non negli ultimi 5 metri”.
</p>
<p>
“Accidenti, un'intera vasca sott'acqua?”.
</p>
<p>
“Sì, quasi intera: poi riemergeva negli ultimi 5 metri, prendeva fiato, faceva la virata e tornava sotto: il regolamento lo permetteva”.
</p>
<p>
“Uno sforzo sovrumano”.
</p>
<p>
“E infatti molti nuotatori soffrivano molto, qualcuno si fermava senza fiato, qualcuno sveniva”.
</p>
<p>
“Non è mica bello svenire sott'acqua”.
</p>
<p>
“Infatti. A quel punto la federazione internazionale ha cambiato il regolamento, ponendo un limite alla distanza massima percorribile sott'acqua e obbligando il nuotatore a far emergere la testa fuori dall'acqua dopo ogni bracciata. Ma tutto questo è inutile, se poi non si spinge”.
</p>
<p>
“Beh, ovvio, muovendo gambe e braccia”.
</p>
<p>
“Certo. Il principio che permette a un corpo di muoversi in un fluido è quello di azione e reazione”.
</p>
<p>
“Ok”.
</p>
<p>
“L'acqua non offre appigli, e quindi cosa fa il nuotatore? Semplicemente, per modo di dire, la sposta. Il nuotatore, insomma, non spinge sé stesso, ma spinge via l'acqua, in direzione opposta a quella del movimento che vuole ottenere”.
</p>
<p>
“Quando un corpo <i>A</i> esercita una forza su un corpo <i>B</i>, anche il corpo <i>B</i> esercita la stessa forza sul corpo <i>A</i>”.
</p>
<p>
“Giusto: il nuotatore esercita una forza sull'acqua, spingendola indietro, e l'acqua restituisce il favore spingendo il nuotatore in avanti. Succede la stessa cosa nei razzi, ad esempio: il razzo espelle a gran velocità i gas di combustione verso il basso, e in cambio riceve una spinta verso l'alto”.
</p>
<p>
“Bello”.
</p>
<p>
“E si può scegliere: il nuotatore potrebbe spingere poca acqua a grande velocità, oppure molta acqua a bassa velocità, ottenendo lo stesso effetto”.
</p>
<p>
“E quale è meglio?”.
</p>
<p>
“Il secondo: muovere acqua a grande velocità produce turbolenze, aumenta gli attriti, e alla fine fa perdere energia. Meglio muovere molta acqua a velocità più bassa”.
</p>
<p>
“Come quando si usano le pinne?”.
</p>
<p>
“Esatto. Ci può essere anche un altro modo per limitare gli attriti: cercare di fare scorrere l'acqua nella maniera più <i>liscia</i> possibile, in modo che crei meno turbolenze possibile passando aderente al corpo”.
</p>
<p>
“E come si fa?”.
</p>
<p>
“Intanto ci si depila: i nuotatori sono sempre liscissimi”.
</p>
<p>
“Ecco”.
</p>
<p>
“Oppure si usa un materiale che ricopre la pelle e offre un attrito minore. Fino a qualche anno fa si usavano costumi speciali interi, che coprivano braccia e gambe, e che hanno permesso di superare molti record. Poi sono stati vietati”.
</p>
<p>
“Ah”.
</p>
<p>
“Anche se, per prima cosa, il regolamento internazionale specifica che i costumi devono essere rispettosi del comune senso del pudore”.
</p>
<p>
“Benissimo”.
</p>
<p>
“E come seconda cosa specifica che non possono essere trasparenti”.
</p>
<p>
“Perfetto”.
</p>
<p>
“Più avanti, <a href="https://www.federnuoto.it/images/pdf/salv_reg_tec_09-12.pdf" target="_blank">specifica che</a> devono essere filati di natura tessile, naturale o sintetica. Non impermeabili, che non aiutino nel galleggiamento, che non scendano sotto al ginocchio, che non coprano le braccia, e altre cose ancora.”.
</p>
<p>
“Che roba”.
</p>
<p>
“Eh, stilare un regolamento tecnico non deve essere semplice. Chissà che costume avrà il personaggio atteso da Dante e Virgilio”.
</p>
<p>
“Non mi hai ancora detto come si chiama”.
</p>
<p>
“No, però nuota a rana”.
</p>zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-65925817736484345752023-03-09T19:46:00.000+01:002023-03-09T19:46:57.027+01:00Inferno, canto XV<blockquote>
Quali Fiamminghi tra Guizzante e Bruggia, <br />
temendo ’l fiotto che ’nver lor s’avventa, <br />
fanno lo schermo perché ’l mar si fuggia; <br />
<br />
e quali Padoan lungo la Brenta, <br />
per difender lor ville e lor castelli, <br />
anzi che Carentana il caldo senta: <br />
<br />
a tale imagine eran fatti quelli, <br />
tutto che né sì alti né sì grossi, <br />
qual che si fosse, lo maestro felli. <br />
</blockquote>
<p>
“Eccoci”.
</p>
<p>
“Siamo nel canto XV, quello completamente dedicato a Brunetto Latini e all'ingrato popolo dei fiorentini”.
</p>
<p>
“Poveri fiorentini”.
</p>
<p>
“Ma non parliamo di questo: è difficile trovare qualche aspetto scientifico in questo canto, che è tutto un celebrare l'antico maestro e un profetizzare a Dante qualche sventura. Ci salva però la breve parte iniziale, in cui Dante spiega che il percorso che sta seguendo con Virgilio ora percorre un argine del Flegetonte, di cui osserva la forma”.
</p>
<p>
“Ah, un argine come quelli fiamminghi”.
</p><p>
“Sì. Dante cita Guizzante, che è Wissant, in Francia, e Bruggia, che è Bruges, in Belgio”.
</p>
<p>
“Vedo che cita anche il Brenta”.
</p>
<p>
“Sì, gli argini che i padovani hanno costruito lungo il Brenta. Così sono gli argini del Flegetonte, sul quale stanno camminando Dante e Virgilio, anche se non così alti e così grossi. E qui arriviamo al punto: perché gli argini devono essere alti e grossi?”.
</p><p>
“Beh, per evitare che l'acqua passi dall'altra parte”.
</p>
<p>
“O il sangue, nel caso del Flegetonte”.
</p>
<p>
“Va bene”.
</p><p>
“E perché anche grossi?”.
</p>
<p>
“Perché l'acqua spinge con forza”.
</p>
<p>
“Ma se hai presente come sono fatti gli argini e le dighe, non sono costruiti con uno spessore costante: sono più grossi in fondo”.
</p><p>
“Vero. Sarà perché l'acqua spinge con più forza in fondo?”.
</p>
<p>
“Esatto. La legge fisica di cui stiamo parlando si chiama legge di Stevino”.
</p>
<p>
“Mi pare di ricordare qualcosa”.
</p>
<p>
“Il nome è una italianizzazione, come al solito. Il nome originale è Simon Stevin e, guarda un po', era un matematico nato a Bruges”.
</p>
<p>
“Che, del resto, non è il vero nome della città”.
</p>
<p>
“Esatto, in olandese è Brugge”.
</p>
<p>
“Che assomiglia un po' di più al dantesco Bruggia”.
</p>
<p>
“E il cerchio si chiude. Ora, la legge di Stevino/Stevin <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Legge_di_Stevino" target="_blank">dice che</a> la pressione in un liquido incomprimibile è direttamente proporzionale alla profondità”.
</p>
<p>
“Più vai sotto, più c'è pressione”.
</p>
<p>
“Esatto. La pressione è proporzionale anche alla densità del liquido e all'accelerazione di gravità. Questo è il motivo per cui le dighe sono più larghe in fondo: devono sopportare una pressione maggiore”.
</p>
<p>
“Mi sembra una legge abbastanza semplice da capire”.
</p>
<p>
“Sì. Sarebbe diverso se il liquido (o, per meglio dire, il fluido) fosse comprimibile, come l'aria. In quel caso non avremmo più una legge lineare, perché il peso della colonna di fluido comprime il fluido stesso aumentandone la densità: è quello che succede con l'atmosfera terrestre, per esempio”.
</p>
<p>
“Quindi se noi saliamo in montagna misuriamo un calo di pressione che però non varia linearmente con l'altitudine?”.
</p>
<p>
“No, in quel caso c'è una <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Pressione_atmosferica#Con_l'altitudine" target="_blank">legge esponenziale</a>. Un altro aspetto di cui tenere conto, poi, è che la pressione dipende anche dalla densità del liquido: se ti immergi nel mercurio subisci un aumento di pressione maggiore”.
</p>
<p>
“Certo, se mi immergo nel mercurio forse devo preoccuparmi di qualcos'altro”.
</p><p>
“Sì, vero, l'esempio del mercurio era legato al barometro a mercurio”.
</p>
<p>
“Ah”.
</p>
<p>
“Che misura la pressione atmosferica con una colonna di mercurio: la colonna d'aria, fluido a bassa densità, è equilibrata da una colonna di mercurio non esageratamente alta: 760 millimetri”.
</p>
<p>
“Ah, vero, un tempo la pressione si misurava in millimetri di mercurio!”.
</p>
<p>
“Esatto. Se volessimo costruire un barometro ad acqua, dovremmo fare una colonna d'acqua alta 10.33 metri”.
</p>
<p>
“Un po' scomodo”.
</p>
<p>
“E se invece avessimo un lago di mercurio, dovremmo costruire delle dighe molto più larghe, sul fondo, rispetto alle nostre, altrimenti verrebbero travolte”.
</p>
<p>
“Per fortuna non abbiamo laghi di mercurio. Nemmeno a Dante è venuto in mente un Inferno con laghi di mercurio”.
</p>
<p>
“No, lui aveva un fiume di sangue. Ma, per fortuna, la densità del sangue è simile a quella dell'acqua, e quindi le dighe degli olandesi funzionerebbero bene”.
</p>
<p>
“Per fortuna, non mi piacerebbe assistere a uno tsunami di sangue”.
</p>
<p>
“Già, la scena di Shining è stata sufficiente”.</p>zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-89793064946093158392023-02-04T21:22:00.001+01:002023-02-04T21:22:19.118+01:00Inferno, canto XIV<p>
“Ed eccoci al canto dove piovono fuoco e fiamme”.
</p>
<p>
“Chi sono i poveretti che subiscono questa pena?”.
</p>
<p>
“Sono i violenti contro Dio. Siamo in una zona sabbiosa, simile a un deserto; i violenti sono sdraiati, seduti o camminano a seconda del loro specifico peccato”.
</p>
<p>
“In che senso?”.
</p>
<p>
“Puoi essere violento contro Dio perché sei un bestemmiatore, e in quel caso sarai sdraiato. Oppure puoi essere violento contro Dio perché sei un usuraio…”.
</p>
<p>
“Cosa c'entra Dio con gli usurai?”.
</p>
<p>
“Ne parleremo approfonditamente più avanti. Per ora diciamo solo che un usuraio non lavora per guadagnare, mentre Dio ha fornito l'uomo dell'operosità perché con essa si guadagni da vivere. Dunque, se ti arricchisci tramite il denaro e non tramite il lavoro, hai peccato contro Dio”.
</p>
<p>
“Non so se scuotere la testa o applaudire”.
</p>
<p>
“Eh. E poi ci sono i sodomiti, peccatori contro Natura e quindi contro Dio”.
</p>
<p>
“Poveracci”.
</p>
<p>
“Su tutti, piove fuoco”.
</p>
<blockquote>
Sovra tutto ’l sabbion, d’un cader lento,<br />
piovean di foco dilatate falde,<br />
come di neve in alpe sanza vento.
</blockquote>
<p>
“Una bella nevicata calda”.
</p>
<p>
“E qui abbiamo una prima osservazione naturale: la caduta della neve è più lenta della caduta della pioggia. Verticale, perché non c'è vento, e inesorabile”.
</p>
<p>
“Quell'ultimo verso descrive bene tutto. Ma, invece della pace della neve, c'è il tormento del fuoco”.
</p>
<p>
“Esatto. Ma andiamo avanti: dopo un incontro con Capaneo, uno dei sette re che assediarono Tebe, superbo odiatore di Dio, i due poeti incontrano un ruscello”.
</p>
<blockquote>
Tacendo divenimmo là ’ve spiccia <br />
fuor de la selva un picciol fiumicello, <br />
lo cui rossore ancor mi raccapriccia. <br />
<br />
Quale del Bulicame esce ruscello <br />
che parton poi tra lor le peccatrici, <br />
tal per la rena giù sen giva quello.
</blockquote>
<p>
“Acqua rossa?”.
</p>
<p>
“Sangue”.
</p>
<p>
“Ah, certo. E il Bulicame cos'è?”.
</p>
<p>
“Una fonte d'acqua sulfurea che si trova vicino a Viterbo. Mi piace molto il verso successivo, che sembra una annotazione inutile: quell'acqua veniva suddivisa tra le peccatrici, cioè le prostitute, che la usavano per lavarsi”.
</p>
<p>
“Perché ti piace?”.
</p>
<p>
“Perché anche qua con una riga in più riusciamo a visualizzare la scena, e poi perché tra tutti gli esempi che Dante avrebbe potuto trovare, ha scelto proprio le peccatrici, come se fosse loro affezionato. E non sto facendo allusioni, dico davvero. E infine perché questo è un ottimo servizio antibufala nei confronti di chi dice che nel medioevo erano tutti sporchi e non si lavavano mai”.
</p>
<p>
“Benissimo”.
</p>
<p>
“Segue poi una spiegazione tutt'altro che scientifica sulle origini dei fiumi infernali”.
</p>
<p>
“Inventata? Sbagliata?”.
</p>
<p>
“Richiama un passo della Bibbia, ma non ha nulla di scientifico. Si tratta di mitologia, insomma, ma leggiamo lo stesso. Virgilio comincia la spiegazione così:”.
</p>
<blockquote>
«In mezzo mar siede un paese guasto», <br />
diss’elli allora, «che s’appella Creta, <br />
sotto ’l cui rege fu già ’l mondo casto. <br />
<br />
Una montagna v’è che già fu lieta <br />
d’acqua e di fronde, che si chiamò Ida:<br />
or è diserta come cosa vieta. <br />
<br />
Rea la scelse già per cuna fida <br />
del suo figliuolo, e per celarlo meglio, <br />
quando piangea, vi facea far le grida.
</blockquote>
<p>
“Parla di Creta?”.
</p>
<p>
“Sì. Ora Creta è andata in rovina, ma anticamente era <i>casta</i>, o innocente, o perfetta e paradisiaca, se vogliamo. Sull'isola c'è una montagna, Ida, che un tempo era ricca di corsi d'acqua e di boschi, e Rea la scelse come nascondiglio per suo figlio Giove. Ma andiamo avanti, perché dentro al monte Ida c'era qualcosa”.
</p>
<blockquote>
Dentro dal monte sta dritto un gran veglio, <br />
che tien volte le spalle inver’ Dammiata <br />
e Roma guarda come suo speglio. <br />
<br />
La sua testa è di fin oro formata, <br />
e puro argento son le braccia e ’l petto, <br />
poi è di rame infino a la forcata; <br />
<br />
da indi in giuso è tutto ferro eletto, <br />
salvo che ’l destro piede è terra cotta; <br />
e sta ’n su quel più che ’n su l’altro, eretto.
</blockquote>
<p>
“Un vecchio”.
</p>
<p>
“Un vecchio che guarda Roma, la cui testa è fatta d'oro, braccia e petto d'argento, rame fino all'inguine, e sotto è tutta di ferro, tranne il piede destro che è di terracotta”.
</p>
<p>
“Che delirio”.
</p>
<p>
“Ed ecco da dove nascono i fiumi:”.
</p>
<blockquote>
Ciascuna parte, fuor che l’oro, è rotta<br />
d’una fessura che lagrime goccia, <br />
le quali, accolte, foran quella grotta.<br />
<br />
Lor corso in questa valle si diroccia:<br />
fanno Acheronte, Stige e Flegetonta; <br />
poi sen van giù per questa stretta doccia<br />
<br />
infin, là ove più non si dismonta,<br />
fanno Cocito; e qual sia quello stagno <br />
tu lo vedrai, però qui non si conta».
</blockquote>
<p>
“Mamma mia”.
</p>
<p>
“La statua è tutta crepata, e dalle fessure escono lacrime che si raccolgono alla base e formano i fiumi: l'Acheronte, lo Stige e il Flegetonte. Le acque scendono per un canale fino al punto in cui non scendono più”.
</p>
<p>
“Eh, a un certo punto si fermeranno”.
</p>
<p>
“E laggiù formeranno il Cocito, ma per quello c'è tempo, bisogna arrivare fino al fondo dell'Inferno. E Dante, che ogni tanto fa delle domande da tontolone, ma diciamo pure che le fa per ragioni didattiche, chiede a Virgilio come mai quel fiume che hanno davanti lo incontrano soltanto adesso, quando invece esso nasce dalla statua, molto più in alto”.
</p>
<p>
“Santo cielo”.
</p>
<p>
“Eh, Virgilio infatti gli spiega che stanno girando intorno al bordo di una voragine, ma non l'hanno ancora percorso tutto, quindi è normale che non abbiano ancora visto tutto:”.
</p>
<blockquote>
Ed elli a me: «Tu sai che ’l loco è tondo; <br />
e tutto che tu sie venuto molto, <br />
pur a sinistra, giù calando al fondo, <br />
<br />
non se’ ancor per tutto il cerchio vòlto: <br />
per che, se cosa n’apparisce nova, <br />
non de’ addur maraviglia al tuo volto»
</blockquote>
<p>
“Benissimo. Abbiamo letto tanto, ma qua non c'è nulla di scientifico”.
</p>
<p>
“Lo so. L'osservazione scientifica la facciamo quindi noi, a partire dalla spiegazione di Virgilio e dall'osservazione che l'acqua, come tutte le cose pesanti, cade verso il basso”.
</p>
<p>
“Sai che osservazione”.
</p>
<p>
“Eppure, <a href="https://cs.uwaterloo.ca/~y328yu/classics/cauchy-en.pdf" target="_blank">soltanto nel 1847</a> il matematico Cauchy ha sfruttato questa osservazione per risolvere un problema che, altrimenti, non avrebbe saputo risolvere”.
</p>
<p>
“Uh, Cauchy non era mica l'ultimo arrivato”.
</p>
<p>
“Eh, no. Il problema era quello di determinare l'orbita di un corpo celeste a partire dalle sue equazioni del moto. Le equazioni di quel tipo sono molto complicate, e una risoluzione esatta spesso è impraticabile: ci sono troppe incognite da gestire e non è facile ridurle”.
</p>
<p>
“E quindi?”.
</p>
<p>
“Per semplificare le idee, supponiamo che le incognite siano solo due. Poi Cauchy dirà che anche se sono <i>n</i> va bene lo stesso, ma limitiamoci a due così vediamo le cose”.
</p>
<p>
“Speriamo di vederle”.
</p>
<p>
“Una funzione in una variabile è una curva (se non ci si mettono di mezzo gli analisti a inventarsi funzioni patologiche): assegni dei valori alla variabile, trovi il risultato, metti tutto su un piano cartesiano, ed ecco la curva”.
</p>
<p>
“Fin qua direi che ci siamo, sono le cose che si fanno a scuola”.
</p>
<p>
“Sì. Ora, se di variabili ne hai due, devi scegliere due valori, darli in pasto alla funzione e ottenere il risultato. I due valori li scegli su un piano, e il risultato lo puoi visualizzare come un'altezza. Insomma, una funzione in due variabili puoi immaginartela come una superficie, un lenzuolo lanciato per aria che sta per adagiarsi sul letto”.
</p>
<p>
“Uh, che immagine”.
</p>
<p>
“O, se vogliamo, una montagna”.
</p>
<p>
“Ah”.
</p>
<p>
“Ora Cauchy dice: supponiamo di essere sempre al di sopra del livello del mare, tranne che in un punto in cui arriviamo a quota zero”.
</p>
<p>
“Quel punto è la soluzione dell'equazione”.
</p>
<p>
“Esatto. Come facciamo a trovarlo?”.
</p>
<p>
“Se non sappiamo risolvere le equazioni, non saprei”.
</p>
<p>
“Facciamo come i fiumi di Dante: facciamo scorrere dell'acqua, e vediamo dove va a finire”.
</p>
<p>
“Ma dai”.
</p>
<p>
“Certo. C'è un modo semplice per calcolare la direzione di massima pendenza, che i Veri Matematici chiamano <i>gradiente</i>: punto per punto il gradiente è un vettore che ci indica la direzione di massima discesa (o salita, dipende dal segno che si sceglie). Seguendo le indicazioni date dal gradiente, siamo in grado di arrivare in fondo e di trovare dove la montagna arriva al livello del mare”.
</p>
<p>
“Cioè sappiamo risolvere l'equazione”.
</p>
<p>
“Esatto. Anche se bisogna sistemare un po' di cose: che succede se, invece di arrivare al mare, finiamo sul fondo di un laghetto di montagna?”.
</p>
<p>
“Uh, non va mica bene”.
</p>
<p>
“Eh, no. La soluzione consiste nello spostarsi un po' e continuare a provare a scendere. Questo metodo si chiama proprio metodo della <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Discesa_del_gradiente#:~:text=Il%20principio%20%C3%A8%20noto%20come,contributo%20all%27errore%20sul%20risultato." target="_blank">discesa del gradiente</a>: è come guardare una carta geografica e scendere perpendicolarmente alle isoipse”.
</p>
<p>
“Hai detto questa frase solo perché volevi dire <i>isoipse</i>, vero?”.
</p>
<p>
“Lo confesso. Avrei voluto dire <i>Qual è il geometra che scende il gradiente</i>, ma mi sembrava irrispettoso”.
</p>
zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-37226601660764953032023-01-11T23:08:00.000+01:002023-01-11T23:08:49.090+01:00Inferno, canto XIII<p>
“Siamo al canto tredicesimo, quello di Pier della Vigna”.
</p>
<p>
“Uh, triste argomento, i suicidi”.
</p>
<p>
“Già. Non c'è molta scienza, questa volta, ma c'è molta retorica”.
</p>
<p>
“Che a noi non interessa”.
</p>
<p>
“Potrebbe interessarci, invece. Ma prima sottolineiamo l'unica osservazione sperimentale che fa Dante, che è questa:”.
</p>
<blockquote>
Come d’un stizzo verde ch’arso sia <br />
da l’un de’capi, che da l’altro geme <br />
e cigola per vento che va via,<br />
<br />
sì de la scheggia rotta usciva insieme <br />
parole e sangue; ond’io lasciai la cima <br />
cadere, e stetti come l’uom che teme.
</blockquote>
<p>
“Cosa succede qui?”.
</p>
<p>
“Succede che a Dante sembra di sentire dei lamenti ma non capisce da dove vengano, e allora Virgilio gli consiglia di strappare un ramoscello, così si chiariranno tutti i dubbi”.
</p>
<p>
“E Dante strappa il ramoscello?”.
</p>
<p>
“Sì, solo che qui i cespugli sono le anime dei dannati, e strappare un ramoscello provoca loro dolore”.
</p>
<p>
“Ma santo cielo”.
</p>
<p>
“Eh. Quindi Dante strappa il ramoscello, e osserva che sta succedendo qualcosa di simile a quando si mette un pezzo di legno verde in un fuoco, in modo che uno solo dei due estremi del pezzo sia tra le fiamme. Dall'altro estremo dopo poco cominciano a uscire acqua e vapore, a volte con un fischio”.
</p>
<p>
“Ah, vero, il fuoco trasforma i liquidi ancora contenuti nel ramo in vapore, e la pressione li fa uscire”.
</p>
<p>
“Esatto. In questo caso dal ramoscello rotto escono parole e sangue”.
</p>
<p>
“Ma povere anime”.
</p>
<p>
“E qui finisce l'osservazione scientifica. Poi ci sarebbe un altro aspetto, anche se non è molto chiaro”.
</p>
<p>
“Cioè?”.
</p>
<p>
“L'anima a cui Dante ha strappato un ramoscello si presenta con queste parole:”.
</p>
<blockquote>
Io son colui che tenni ambo le chiavi <br />
del cor di Federigo, e che le volsi, <br />
serrando e diserrando, sì soavi, <br />
<br />
che dal secreto suo quasi ogn’uom tolsi: <br />
fede portai al glorioso offizio, <br />
tanto ch’i’ ne perde’ li sonni e ’ polsi.
</blockquote>
<p>
“E chi è, quindi? Colui che tenne entrambe le chiavi del cuore di Federico?”.
</p>
<p>
“Chi parla è Pier della Vigna, segretario dell'imperatore Federico II di Svevia. Lui conservava entrambe le chiavi del cuore di Federico, appunto”.
</p>
<p>
“Ma cosa significa? Due chiavi? Del cuore?”.
</p>
<p>
“Questo è il mio dubbio, infatti. Ho trovato scritto <a href="https://divinacommedia.weebly.com/inferno-canto-xiii.html" target="_blank">in un solo sito</a> che qui Dante fa riferimento a forzieri sofisticati che avevano una serratura che doveva essere aperta con una chiave e chiusa con un'altra, ma non so se sia vero, non ho trovato altri riferimenti a riguardo. Mi dicono che forse si riferisce a forzieri che avevano una chiave che serviva per il deposito, e non per il prelievo, e una seconda chiave che serviva solo per prelevare, un po' come le casse continue delle banche di oggi. Ma, ancora una volta, non ho riferimenti certi. Se fosse così, sarebbe molto bello”.
</p>
<p>
“Perché?”.
</p>
<p>
“Perché ricorda un <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Scambio_di_chiavi_Diffie-Hellman" target="_blank">meccanismo</a> usato nelle attuali reti informatiche”.
</p>
<p>
“Ah”.
</p>
<p>
“Io devo mandarti uno scrigno contenente un documento segreto, e non voglio che nessuno lo legga”.
</p>
<p>
“Metti un lucchetto”.
</p>
<p>
“Ma poi a te serve la chiave”.
</p>
<p>
“E allora mandamela”.
</p>
<p>
“Ma se la rubano?”.
</p>
<p>
“Mettila dentro a uno scrigno… oh”.
</p>
<p>
“Non funziona, come vedi. O ci vediamo di persona e ti passo la chiave, oppure questo sistema è poco sicuro”.
</p>
<p>
“Vediamoci di persona, allora”.
</p>
<p>
“E se non potessimo? Tu vai di persona presso tutte le sedi fisiche alle quali farai prelevare soldi dalla tua carta di credito?”.
</p>
<p>
“Eh, no”.
</p>
<p>
“Ma non tutto è perduto: io metto il documento dentro allo scrigno e lo chiudo col mio lucchetto, di cui solo io possiedo la chiave, e poi ti mando tutto”.
</p>
<p>
“Ma così non riesco ad aprirlo”.
</p>
<p>
“No, tu al momento non vuoi aprirlo, anzi. Accanto al mio lucchetto, ce ne metti uno anche tu, di cui questa volta <i>tu</i> hai la chiave”.
</p>
<p>
“E poi?”.
</p>
<p>
“E poi mi rimandi lo scrigno”.
</p>
<p>
“E cosa te ne fai, ora che ha due lucchetti?”.
</p>
<p>
“Ora tolgo io mio lucchetto, e ti rimando il tutto”.
</p>
<p>
“Ah! Geniale! C'è ancora il mio lucchetto, quindi nessuno può sbirciare il documento segreto. Poi io lo tolgo e, finalmente, posso leggere quello che voglio. Ma questo metodo esiste davvero?”.
</p>
<p>
“<a href="http://proooof.blogspot.com/2010/04/alice-bob-e-eva-lucchetti-pubblici-e.html" target="_blank">Certo</a>”.
</p>
<p>
“Che meraviglia”.
</p>
<p>
“Chissà se Dante quando parlava di entrambe le chiavi parlava di un vero scrigno con due chiavi. Comunque, questo è quello che mi è venuto in mente. Per concludere, poi, c'è un terzo aspetto interessante di questo canto”.
</p>
<p>
“Quale? La retorica?”.
</p>
<p>
“Sì, ci sono alcune figure retoriche che sfruttano un po' di matematica, o di geometria”.
</p>
<p>
“Ma dai”.
</p>
<p>
“Ci vuole un po' di fantasia, ma non solo ai matematici piacciono le simmetrie, per esempio”.
</p>
<p>
“Ci sono figure retoriche che hanno a che fare con le simmetrie?”.
</p>
<p>
“Sì, per esempio quando Pier della Vigna chiede un po' di rispetto a Dante, spiega che le anime in questa parte dell'Inferno sono state tramutate in cespugli, così:”.
</p>
<blockquote>
Uomini fummo, e or siam fatti sterpi
</blockquote>
<p>
“E questa è una figura retorica?”.
</p>
<p>
“Un chiasmo: nella prima parte ci sono due termini, <i>uomini</i> e <i>fummo</i>, e nella seconda parte ci sono altri due termini simmetrici di questi due, cioè con i ruoli invertiti, che sono <i>fatti</i> e <i>sterpi</i>. Lo schema qui è sostantivo-verbo seguito da verbo-sostantivo. Potremmo dire SVVS, una sigla palindroma”.
</p>
<p>
“Benissimo”.
</p>
<p>
“E ai matematici le simmetrie piacciono, perché permettono di risparmiare un po' di fatica”.
</p>
<p>
“Capirai”.
</p>
<p>
“Poco prima, Dante dice”.
</p>
<blockquote>
Cred’io ch’ei credette ch’io credesse <br />
che tante voci uscisser, tra quei bronchi <br />
da gente che per noi si nascondesse
</blockquote>
<p>
“Io credevo che lui credesse che io credessi? Si diverte, Dante”.
</p>
<p>
“Vero? Gioca coi suoni, li ripete. Scopro anche che questa figura si chiama polipototo: una parola ripetuta, mutando il genere o il caso”.
</p>
<p>
“E anche questo piace ai matematici?”.
</p>
<p>
“Se le parole fossero ripetute identiche a sé stesse, in matematica si parlerebbe di periodicità. Qui ci sono delle modifiche, delle <i>perturbazioni</i>, direbbero i matematici”.
</p>
<p>
“Esistono anche le perturbazioni matematiche?”.
</p>
<p>
“Certo. Si parte da una cosa nota, facile da studiare, e la si modifica un pochino in modo da non distruggerne la struttura, e si cercano le proprietà che non variano. Ma questa l'ho citata soltanto perché mi piace molto il verso <i>Cred’io ch’ei credette ch’io credesse</i>”.
</p>
<p>
“Eh eh”.
</p>
<p>
“C'è anche un'altra ripetizione, un altro poliptoto, qui:”.
</p>
<blockquote>
La meretrice che mai da l’ospizio <br />
di Cesare non torse li occhi putti, <br />
morte comune e de le corti vizio, <br />
<br />
infiammò contra me li animi tutti; <br />
e li ’nfiammati infiammar sì Augusto, <br />
che ’ lieti onor tornaro in tristi lutti.
</blockquote>
<p>
“Un sacco di fiamme. Ma chi è questa meretrice?”.
</p>
<p>
“Sta parlando dell'invidia, che non distolse mai gli occhi disonesti dalla reggia dell'imperatore. L'invidia è morte di tutti e vizio delle corti (anzi, morte di tutti e delle corti vizio - un altro chiasmo, oserei dire), e infiammò gli animi di tutti quanti contro di me (cioè contro Pier della Vigna), e a loro volta essi infiammarono l'imperatore, tanto che i miei onori si trasformarono in tristi lutti. Insomma, Pier della Vigna è caduto in disgrazia a causa dell'odio dei cortigiani”.</p>
<p>
“Un po' come certe comari di un paesino”.
</p>
<p>
“Esatto. Ma tutto questo canto è pieno di figure retoriche, perché Pier della Vigna si meritava un registro elevato. Subito dopo questi versi, infatti Pier della Vigna spiega di aver cercato di sfuggire il disonore con la morte, e questo fatto lo ha reso ingiusto contro sé stesso:”.
</p>
<blockquote>
L’animo mio, per disdegnoso gusto, <br />
credendo col morir fuggir disdegno, <br />
ingiusto fece me contra me giusto.
</blockquote>
<p>
“Un altro chiasmo”.
</p>
<p>
“Esatto. Dopodiché Dante incontra due scialacquatori, Lano da Siena e Iacopo da Sant'Andrea. Ecco come li introduce:”.
</p>
<blockquote>
Noi eravamo ancora al tronco attesi, <br />
credendo ch’altro ne volesse dire, <br />
quando noi fummo d’un romor sorpresi, <br />
<br />
similemente a colui che venire <br />
sente ’l porco e la caccia a la sua posta, <br />
ch’ode le bestie, e le frasche stormire.<br />
<br />
Ed ecco due da la sinistra costa, <br />
nudi e graffiati, fuggendo sì forte, <br />
che de la selva rompieno ogni rosta.
</blockquote>
<p>
“Uh, quanti versi”.
</p>
<p>
“E guarda tutte quelle ripetizioni, guarda quante <i>s-t</i>: ”.
</p>
<p>
“Esse ti?”.
</p>
<p>
“<i><b>s</b>imilemen<b>t</b>e</i>, <i><b>s</b>en<b>t</b>e</i>, <i>po<b>st</b>a</i>, <i>be<b>st</b>ie</i>, <i>fra<b>s</b>che</i>, <i><b>st</b>ormire</i>, <i><b>s</b>ini<b>st</b>ra co<b>st</b>a</i>, <i><b>s</b>ì for<b>t</b>e</i>, <i><b>s</b>elva</i>, <i>ro<b>st</b>a</i>”.
</p>
<p>
“Ah, capito”.
</p>
<p>
“E insomma, anche se non è esattamente periodicità in senso matematico, potremmo dire che è <i>quasi periodicità</i>”.
</p>
<p>
“E non dirmi che i matematici sono riusciti a dare un significato a una <i>quasi proprietà?</i>”.
</p>
<p>
“<a href="https://it.frwiki.wiki/wiki/Fonction_presque_p%C3%A9riodique" target="_blank">Ovviamente</a>”.
</p>
<p>
“Ci rinuncio. Anzi, cado come corpo morto cade.”.</p>
zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-69918770780861791052022-11-20T00:55:00.000+01:002022-11-20T00:55:13.738+01:00Inferno, canto XII<p>
“Ah, bè, ahh bè bè, ahhh…”.
</p>
<p>
“Cosa c'è?”.
</p>
<p>
“Questi filosofi greci, ma che roba”.
</p>
<p>
“Cosa?”.
</p>
<p>
“Non sapevano niente, e avevano già capito tutto”.
</p>
<p>
“Ma come non sapevano niente?”.
</p>
<p>
“Insomma, via, si inventavano un po' di cose, non c'era fondamento scientifico”.
</p>
<p>
“Ovviamente, direi”.
</p>
<p>
“Certo, il metodo scientifico è arrivato dopo. Eppure ogni tanto avevano idee molto vicine alla realtà, ammesso che possiamo chiamare realtà quello che conosciamo oggi”.
</p>
<p>
“Ah sì? Ma oggi parliamo dei filosofi greci e non di Dante?”.
</p>
<p>
“No, no, partiamo sempre da Dante, ma poi ci colleghiamo a un particolare filosofo”.
</p>
<p>
“Dovremmo essere al canto XII, vero?”.
</p>
<p>
“Esatto. Dopo la sosta del canto XI, Dante e Virgilio riprendono il loro cammino. C'è un problema, devono discendere dirupando perché il terreno è franato”.
</p>
<blockquote>
Qual è quella ruina che nel fianco<br />
di qua da Trento l’Adice percosse,<br />
o per tremoto o per sostegno manco,<br />
<br />
che da cima del monte, onde si mosse,<br />
al piano è sì la roccia discoscesa,<br />
ch’alcuna via darebbe a chi sù fosse[:]<br />
</blockquote>
<p>
“<i>Dirupando</i>”.
</p>
<p>
“Ehm. Comunque, Dante fa riferimento a una frana nei pressi di Trento che probabilmente aveva visto. E Virgilio specifica:”.
</p>
<blockquote>
Or vo’ che sappi che l’altra fiata<br />
ch’i’ discesi qua giù nel basso inferno,<br />
questa roccia non era ancor cascata.<br />
</blockquote>
<p>
“Dice che l'altra volta la frana non c'era? Quale altra volta?”.
</p>
<p>
“Sì. Virgilio era già stato all'Inferno, <a href="https://www.treccani.it/enciclopedia/eritone_%28Enciclopedia-Dantesca%29/" target="_blank">chiamato dalla maga Eritone</a>. Aveva già raccontato questa prima chiamata nel <a href="https://proooof.blogspot.com/2022/09/inferno-canto-ix.html" target="_blank">canto IX</a>”.
</p>
<p>
“Ok, vorrà dire che la frana è avvenuta dopo”.
</p>
<p>
“Già. Quando? Virgilio suppone:”.
</p>
<blockquote>
Ma certo poco pria, se ben discerno,<br />
che venisse colui che la gran preda<br />
levò a Dite del cerchio superno,<br />
</blockquote>
<p>
“Colui che levò a Dite la gran preda del cerchio superno?”.
</p>
<p>
“Certo, Gesù”.
</p>
<p>
“Eh? Cosa ha fatto Gesù?”.
</p>
<p>
“Mh, partiamo dall'inizio. Ogni anno si festeggia la Pasqua”.
</p>
<p>
“E fin qua”.
</p>
<p>
“Bè, si festeggiano due Pasque, quella ebraica e quella cristiana. Noi parliamo di quella cristiana”.
</p>
<p>
“Bene”.
</p>
<p>
“Cosa succede a Pasqua?”.
</p>
<p>
“Gesù risorge”.
</p>
<p>
“Ma per i cristiani la cosa è più complicata: la Pasqua è la più importante festività, e si festeggia su tre giorni, il <i>triduo pasquale</i>”.
</p>
<p>
“Venerdì, sabato e domenica”.
</p>
<p>
“Giovedì, venerdì, sabato e domenica”.
</p>
<p>
“Ma come? <i>Tri</i>duo?”.
</p>
<p>
“Eh, sai che la chiesa conta i giorni in modo strano, un po' come i latini”.
</p>
<p>
“Non capisco”.
</p>
<p>
“Il primo giorno del triduo pasquale è giovedì santo. Che inizia, come tutte le festività importanti, al tramonto del giorno precedente”.
</p>
<p>
“Mh, ok, questo è il motivo per cui la messa della domenica può essere celebrata anche al sabato”.
</p>
<p>
“Esatto. Il giovedì si ricorda l'ultima cena, la lavanda dei piedi, la preghiera notturna nell'orto degli ulivi, il tradimento di Giuda, la carcerazione di Gesù”.
</p>
<p>
“Ok”.
</p>
<p>
“Oggi la chiesa celebra una messa particolare, dove il sacerdote ripete la lavanda dei piedi. Alla fine della messa le ostie consacrate vengono spostate dal tabernacolo e conservate in un luogo diverso”.
</p>
<p>
“I miei nonni li chiamavano <i>i sepolcri</i>”.
</p>
<p>
“Giusto. Non è un termine correttissimo, perché Gesù non viene sepolto il giovedì, ma è vero, li chiamavano così. Dopodiché la chiesa viene spogliata, l'altare non ha più una tovaglia che lo copre, non ci sono candele, le croci vengono velate. In passato lo facevano in tutte le chiese, oggi lo fanno quelli che tengono molto alla liturgia, ma non importa. Poi arriva il venerdì”.
</p>
<p>
“La via crucis”.
</p>
<p>
“Questa è la cerimonia che trasmette la televisione, ma non fa parte delle celebrazioni prescritte dal messale romano. La celebrazione del venerdì santo è diversa, si chiama semplicemente <i>celebrazione della Passione del Signore</i>, e <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Celebrazione_della_Passione_del_Signore" target="_blank">non è una vera messa</a>”.
</p>
<p>
“No?”.
</p>
<p>
“No, perché non viene fatta la consacrazione. I fedeli possono fare la comunione, ma non con il pane consacrato in quel giorno, bensì quello conservato dal giorno prima”.
</p>
<p>
“Ah”.
</p>
<p>
“A meno che tu <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Triduo_pasquale" target="_blank">non sia ambrosiano</a>”.
</p>
<p>
“Santo cielo”.
</p>
<p>
“Quella celebrazione, comunque, ricorda la Passione di Gesù e la morte. Pensa che alla fine si interrompe senza la formulazione classica di tutte le messe: manca la benedizione dei fedeli. Dopo la sua morte, Gesù non si trova più sulla terra, e non può benedire niente. I fedeli sono lasciati soli”.
</p>
<p>
“Oh”.
</p>
<p>
“Il venerdì è il secondo giorno del triduo pasquale. Poi c'è il sabato, in cui non si fa niente”.
</p>
<p>
“Uhm”.
</p>
<p>
“Sabato santo è un giorno aliturgico: non ci sono celebrazioni”.
</p>
<p>
“Niente messe?”.
</p>
<p>
“Niente di niente, nemmeno celebrazioni che non sono messe come quella del venerdì. Giorno di attesa, di disperazione e di speranza insieme. Un giorno sospeso, un giorno senza tempo. I cristiani attendono che Gesù torni, ma al momento Gesù è andato via”.
</p>
<p>
“E dov'è andato?”.
</p>
<p>
“Nei Vangeli non c'è scritto, ma la tradizione della chiesa dice che Gesù è disceso agli inferi”.
</p>
<p>
“Dove lo dice?”.
</p>
<p>
“In una delle preghiere che si recitano durante il sabato santo, per esempio. C'è <a href="https://www.maranatha.it/Ore/qua/qua6/letSABpage.htm" target="_blank">una bella lettura</a>, che inizia così:”.
</p>
<blockquote>
Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c'è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il Dio fatto carne si è addormentato e ha svegliato coloro che da secoli dormivano. Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi.
Certo egli va a cercare il primo padre, come la pecorella smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelli che siedono nelle tenebre e nell'ombra di morte. Dio e il Figlio suo vanno a liberare dalle sofferenze Adamo ed Eva che si trovano in prigione.
</blockquote>
<p>
“Ah, addirittura Adamo ed Eva”.
</p>
<p>
“Esatto: da quel momento saranno in Paradiso. Tutte quelle imprecazioni che si dicono contro la povera Eva, oltre a essere ingiuste, sono anche rivolte a una santa. I cristiani devoti dovrebbero fare più attenzione quando inveiscono nei confronti di una santa. Anche nel racconto della Genesi la punizione di Dio è per entrambi, Adamo ed Eva, non solo per una”.
</p>
<p>
“C'è un po' di sessismo in queste imprecazioni. Tra l'altro, la donna è stata ingannata dal maestro dei seduttori, ma l'uomo dalla donna: è stato più pollo lui di lei. Ma nessuno inveisce mai contro Adamo”.
</p>
<p>
“Eh, vero. Comunque, in quella lettura della tradizione cristiana c'è un punto che si collega a quanto dice Dante: Dio è e sceso a <i>scuotere</i> il regno degli inferi. Più avanti si spiegherà che ogni volta che un'anima passa dal Purgatorio al Paradiso, la terra si scuote. In questo caso Gesù stesso è andato a spalancare le porte degli inferi e ha portato in Paradiso tantissime anime”.
</p>
<p>
“Mi immagino il terremoto”.
</p>
<p>
“E infatti Virgilio spiega che non appena Gesù ebbe levato la gran preda da Dite:”.
</p>
<blockquote>
da tutte parti l’alta valle feda<br />
tremò sì, ch’i’ pensai che l’universo<br />
sentisse amor, per lo qual è chi creda<br />
<br />
più volte il mondo in caòsso converso;<br />
e in quel punto questa vecchia roccia,<br />
qui e altrove, tal fece riverso.<br />
</blockquote>
<p>
“La valle feda cosa sarebbe?”.
</p>
<p>
“La valle fetida, cioè l'Inferno”.
</p>
<p>
“Ah, quindi tutto l'Inferno ha tremato”.
</p>
<p>
“Ed ecco la causa della frana: il terremoto è stato così grande che il terreno è franato”.
</p>
<p>
“E cosa c'entra l'universo che sente amore?”.
</p>
<p>
“Siamo finalmente arrivati ai filosofi greci: alcuni credono che il mondo si sia trasformato in caos più volte”.
</p>
<p>
“Di chi parliamo?”.
</p>
<p>
“Di qualche filosofo pitagorico. Possiamo prendere come rappresentante Empedocle”.
</p>
<p>
“Quello dei quattro elementi? Acquafuocoterraaria?”.
</p>
<p>
“Lui”.
</p>
<p>
“E cosa c'entra con le frane?”.
</p>
<p>
“Oltre ai quattro elementi, Empedocle pensava che in natura esistessero altri due principi, due forze contrapposte, in grado di mettere tutto in movimento. Chiamava questi due principi Amore e Odio; il primo aveva la capacità di avvicinare, legare, mettere insieme, mentre il secondo aveva la capacità di allontanare, dividere”.
</p>
<p>
“Anche adesso amore e odio hanno quell'effetto”.
</p>
<p>
“Sì, ma adesso l'effetto è sulle persone, mentre per Empedocle era un effetto capace di plasmare la realtà. L'Amore non attrae solo le persone, ma attrae tutti gli elementi”.
</p>
<p>
“Ah”.
</p>
<p>
“Se l'Amore avesse la possibilità di agire indisturbato, l'universo diventerebbe una sfera uniforme, uguale a sé stessa in ogni parte, infinitamente estesa. Empedocle chiamava questa forma dell'universo <i>lo Sfero</i>”.
</p>
<p>
“Ma non c'è solo l'Amore”.
</p>
<p>
“Esatto. C'è anche una forza contrapposta, l'Odio, che tende a separare tutte le cose, e che quindi distrugge lo Sfero. A volte prevale l'Amore, a volte prevale l'Odio, e l'universo oscilla tra due stati, quello in cui tutto è concentrato nello Sfero e quello in cui tutto è sparpagliato nel caos. La vita sta lì in mezzo”.
</p>
<p>
“E i terremoti?”.
</p>
<p>
“Sono causati del conflitto tra Odio e Amore, che muove tutte le cose”.
</p>
<p>
“Vabè, non c'è una gran scientificità in tutto questo. Una bella storiella, ma niente di più”.
</p>
<p>
“Dici?”.
</p>
<p>
“Eh, dai”.
</p>
<p>
“Ti invito a leggere la <a href="http://www.rudimathematici.com/archivio/051.pdf" target="_blank">prima pagina del numero 51</a> di Rudi Mathematici, quella dedicata a Eulero, che si intitola <i>Di Minuscole Forme</i>, e che parla (anche) di formule matematiche e della loro bellezza”.
</p>
<p>
“Vediamo”.
</p>
<blockquote>
E cosa ci vuole, allora? Limitiamo i segni alle iniziali, e siano <i>m</i> e <i>m'</i> i "moti del cuore"; sia <i>G</i> il respiro della "Grande Madre", sia <i>F</i> la "Folle passione". E <i>d</i> sia la "diabolica distanza" che nella doppia "<i>d</i>" iniziale porta già con se la sua potenza al quadrato, tanto è crudele il demonio nel combattere l'amore tra gli esseri umani. E, quel che i moti del cuore moltiplicano con l'ausilio della Grande Madre che pure moltiplica, il diavolo tenti di distruggere, rendere piccolo, con il crudele artificio della divisione. Sarà allora: F = Gmm'/d<sup>2</sup>
</blockquote>
<p>
“Bello eh?”.
</p>
<p>
“Ma dai, tutta una storia per la formula della gravitazione universale?”.
</p>
<p>
“E la <i>F</i> di forza cos'è, se non Folle passione, o Amore?”.
</p>
<p>
“Ma santo cielo”.
</p>
<p>
“Bene, si scherza, ma fino a un certo punto: la forza di gravitazione universale si comporta esattamente come l'Amore di Empedocle. Attira tutto, e se fossimo in un universo con solo quella forza, arriveremmo anche noi alla creazione dello Sfero”.
</p>
<p>
“E invece non è così?”.
</p>
<p>
“Pare di no”.
</p>
<p>
“Abbiamo anche l'Odio? Capirai”.
</p>
<p>
“Forse sì. Ma partiamo dall'inizio. Beh, non troppo <i>inizio</i>: partiamo da Newton”.
</p>
<p>
“La gravitazione universale, la Folle passione: l'abbiamo già citata”.
</p>
<p>
“Sì, vero. Partiamo da qui perché, come succede in tutta la fisica, la gravitazione universale è una teoria”.
</p>
<p>
“Va bene, ma non è campata per aria”.
</p>
<p>
“Ma nemmeno la teoria di Empedocle è campata per aria, non è che si sia svegliato la mattina e abbia deciso che secondo lui il mondo funziona così. La filosofia, o la fisica (tanto ai tempi non c'era molta differenza tra le due discipline) erano frutto dell'intelletto umano, immagine di quello di Dio”.
</p>
<p>
“Ok, ok, non volevo offendere la filosofia antica. Però Newton aveva una base più solida”.
</p>
<p>
“Soprattutto Newton sapeva di dover verificare le proprie affermazioni. La teoria della gravitazione universale di Newton è una teoria, ha una base matematica, permette di sviluppare molti calcoli e di prevedere tante cose. Quello che bisogna fare, poi, è verificare che la natura si comporta davvero come la teoria predice, altrimenti la teoria è sbagliata. Questo non vuol dire che ci sono errori di calcolo, come quando risolviamo un problema e sbagliamo un segno e i risultati non coincidono con quelli scritti sul libro di matematica; vuole invece dire che il modello matematico della realtà non è un modello matematico della <i>nostra</i> realtà”.
</p>
<p>
“Uhm”.
</p>
<p>
“Quando studiavo meccanica razionale mi fecero fare un bellissimo esercizio: a partire dalla formula della gravitazione universale…”.
</p>
<p>
“Quella della Folle passione”.
</p>
<p>
“Quella. A partire da quella formula molto semplice, dovevamo ricavare le tre leggi di Keplero”.
</p>
<p>
“E ci siete riusciti?”.
</p>
<p>
“Certo: era un esercizio svolto dall'esercitatore”.
</p>
<p>
“Santo cielo”.
</p>
<p>
“Che, a proposito, poco tempo dopo ha ricevuto l'ordine sacerdotale”.
</p>
<p>
“A posto”.
</p>
<p>
“Il fatto è che la teoria matematica prevede, come conseguenza, le tre leggi di Keplero. Per capire se quella teoria ha senso, bisogna cercare di capire se si accorda con le previsioni. Possiamo fare misure e possiamo cercare di capire se i pianeti si muovo rispettando quelle leggi? Se sì, tutto bene, se no, la teoria non funziona e bisogna cambiarla”.
</p>
<p>
“Ma la teoria funziona, no? Dico quella di Newton: la usiamo ancora oggi”.
</p>
<p>
“Sì, ma non è vero che funziona”.
</p>
<p>
“Ma come?”.
</p>
<p>
“Funziona in prima approssimazione. Ma se andiamo a vedere qualche caso estremo, qualche caso in cui la forza di gravità è molto alta, come succede per esempio col pianeta del sistema solare più vicino al Sole, cioè Mercurio, ecco che ci accorgiamo che le previsioni della teoria <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Precessione_del_perielio_dell%27orbita_di_Mercurio" target="_blank">non vanno più tanto d'accordo</a> con le misure sperimentali”.
</p>
<p>
“E allora cosa si fa?”.
</p>
<p>
“Si cerca di capire prima di tutto se ci siano cause esterne. Per esempio, magari c'è un altro pianeta ancora più vicino al Sole di quanto non lo sia Mercurio. Questa è una proposta che è stata fatta, e l'ipotetico pianeta ha avuto anche un nome”.
</p>
<p>
“Quale?”.
</p>
<p>
“Vulcano. Ma Vulcano non esiste. E allora è stato ipotizzato un satellite di Mercurio, ma niente da fare. Qualcuno ha avuto anche l'idea di supporre che la forma del Sole potrebbe non essere sferica”.
</p>
<p>
“E chi aveva ragione?”.
</p>
<p>
“Nessuno. Perché poi è arrivato Einstein, che ha modificato la teoria”.
</p>
<p>
“Ah”.
</p>
<p>
“Ma anche la teoria di Einstein andava verificata. Attenzione, perché dico <i>verificata</i> in modo improprio: le teorie non si possono mai verificare, si possono solo falsificare”.
</p>
<p>
“Non posso dimostrare che sono vere?”.
</p>
<p>
“I concetti di vero e falso sono propri della matematica (e qualche logico avrebbe comunque da protestare). In fisica non si può dire che la teoria è vera, ma solo che si accorda con le osservazioni fatte finora. Anche la teoria di Newton è stata vera per un po' di tempo, nel senso che si accordava con le osservazioni. Poi c'è stato qualcuno che si è messo a fare i calcoli sull'orbita di Mercurio, e sono saltati fuori i problemi”.
</p>
<p>
“Ok. E la teoria di Einstein si accorda con la realtà meglio di quanto non faccia la teoria di Newton?”.
</p>
<p>
“Molto meglio, moltissimo. Spiega il perché dell'anomalia dell'orbita di Mercurio, e spiega tante altre cose. Quando fu pubblicata, fu così rivoluzionaria che i fisici cominciarono a <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Prove_della_relativit%C3%A0_generale" target="_blank">cercarne le conseguenze teoriche</a>”.
</p>
<p>
“Come facevate voi con le leggi di Keplero”.
</p>
<p>
“Esatto. Ed è saltato fuori, per esempio, che la teoria prevedeva il fenomeno delle lenti gravitazionali con grande precisione”.
</p>
<p>
“Cioè?”.
</p>
<p>
“Cioè il fatto che la gravità sia in grado anche di piegare la luce. Con la teoria si può calcolare di quanto viene deviato un raggio luminoso che passa molto vicino a un corpo dotato di massa elevata”.
</p>
<p>
“E come hanno fatto a verificarlo?”.
</p>
<p>
“Hanno aspettato un'eclissi di sole, e hanno osservato le stelle i cui raggi passavano vicini al sole, osservabile grazie all'eclissi: tutto concordava”.
</p>
<p>
“Che roba”.
</p>
<p>
“Un'altra previsione era il fenomeno del redshift, lo spostamento verso il rosso. La gravità è in grado di fare perdere energia anche alla luce: un raggio di luce che risale un pozzo gravitazionale cede energia, e questo fenomeno comporta un abbassamento della sua frequenza. In parole povere, i colori cambiano e diventano un po' più rossi, perché il rosso è il colore della luce visibile a frequenza più bassa. Se si abbassasse la frequenza ancora un po', si entrerebbe nell'infrarosso, che i nostri occhi non possono vedere”.
</p>
<p>
“E anche questo effetto è stato misurato?”.
</p>
<p>
“Certo. Nel 1925 con un po' di fatica, e nel 1959 con più certezza”.
</p>
<p>
“Quindi la teoria della relatività non è mai stata falsificata?”.
</p>
<p>
“Mh, non esattamente”.
</p>
<p>
“Ah-ha”.
</p>
<p>
“Ognuno di noi ha delle idee, ed è difficile non farsi influenzare da esse. Einstein, a un certo punto, ha iniziato a pensare alle conseguenze cosmologiche della sua teoria: com'è fatto l'universo? Che forma ha? Quanta roba contiene? Secondo Einstein doveva essere infinito”.
</p>
<p>
“E non lo è?”.
</p>
<p>
“Come possiamo saperlo? Non vediamo tanto lontano: come si fa a sapere se una cosa è infinita? Non abbiamo la possibilità di vivere abbastanza a lungo per osservarla tutta”.
</p>
<p>
“Oh mamma, e quindi?”.
</p>
<p>
“E quindi niente, si fa come al solito: si fanno ipotesi, si studiano le conseguenze, si guarda se le conseguenze sono compatibili con le osservazioni. Quindi, può l'universo essere infinito? E contenere infinite stelle? Se così fosse, potrebbe esserci un problema: le stelle produrrebbero così tanta luce che il cielo, di notte, <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_di_Olbers" target="_blank">dovrebbe brillare come il sole</a>”.
</p>
<p>
“Ma di notte c'è buio”.
</p>
<p>
“E quindi bisogna trovare una spiegazione. Forse l'universo è ancora troppo giovane, e la luce di tutte le infinite stelle non è ancora arrivata fino a noi. Oppure l'universo si sta espandendo”.
</p>
<p>
“E cosa succede se l'universo si espande?”.
</p>
<p>
“Succede che le stelle si allontanano tra loro e si verifica un altro fenomeno, lo <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Spostamento_verso_il_rosso_cosmologico" target="_blank">spostamento verso il rosso cosmologico</a>. A un certo punto la luce delle stelle si sposta così tanto verso il rosso che non la vediamo più”.
</p>
<p>
“Ed è così? Le stelle corrono via da noi?”.
</p>
<p>
“Sì, ma no”.
</p>
<p>
“Ecco”.
</p>
<p>
“Non bisogna pensare che noi siamo al centro dell'universo e tutto si allontana da noi. È l'universo che si espande, e tutto si allontana da tutto. L'esempio che si fa è quello del panettone”.
</p>
<p>
“Buono”.
</p>
<p>
“Immagina di versare l'impasto del panettone, con uvetta e canditi, nello stampo”.
</p>
<p>
“Non mi piacciono i canditi”.
</p>
<p>
“A me sì: e poi uvetta e canditi sono corpi celesti, che stanno nell'universo-panettone. L'universo lievita, aumenta di volume, e uvetta e canditi si allontanano. Ma non esiste un centro: tutto si allontana da tutto”.
</p>
<p>
“E quindi l'universo si espande in questo modo?”.
</p>
<p>
“Così sembra. Ma abbiamo lasciato in sospeso una domanda: come è fatto? È finito o infinito? Possibile che sia finito? Einstein non lo riteneva possibile, ma era consapevole del fatto che un universo infinito con infinite stelle non potesse essere buio. E, insomma, ha concepito l'idea di un universo di volume finito ma senza confini”.
</p>
<p>
“Eh?”.
</p>
<p>
“Come una sfera. La sfera è una superficie finita, ma puoi muoverti sopra di essa senza mai trovare una barriera. Se invece di una superficie prendiamo un volume con le stesse caratteristiche, otteniamo un oggetto che i matematici chiamano 3-sfera”.
</p>
<p>
“<a href="http://proooof.blogspot.com/2010/03/la-3-sfera.html" target="_blank">Di cui ho sentito parlare, sì</a>”.
</p>
<p>
“Ecco, quella è la forma dell'universo di Einstein. Ma un universo fatto così non sarebbe stabile, potrebbe espandersi o contrarsi, la forza di gravità tende prima o poi a fare collassare tutto”.
</p>
<p>
“Nello Sfero”.
</p>
<p>
“Esatto. Einstein, allora, ha introdotto nelle sue equazioni un Ignobile Trucco Matematico: ha aggiunto una costante in grado di compensare la tendenza a contrarsi, la famigerata <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Costante_cosmologica" target="_blank">costante cosmologica</a>. Una costante in grado di equilibrare la tendenza a contrarsi dell'universo, perché Einstein pensava che esso dovesse essere statico”.
</p>
<p>
“Una specie di repulsività?”.
</p>
<p>
“Sì. Poi è successo che le osservazioni di Hubble, fatte intorno al 1927-1929, hanno evidenziato un universo che è in espansione”.
</p>
<p>
“E tanti saluti alla staticità”.
</p>
<p>
“Non solo. Misure effettuate sulla costante cosmologica hanno mostrato che, se non ha valore uguale a zero, ha valore piccolissimo. A quel punto Einstein ha commentato la sua idea di inserire la costante cosmologica nelle sue equazioni come <i>il suo più grave errore</i>”.
</p>
<p>
“Quindi non solo l'universo non è statico, ma si espande senza l'ausilio di trucchi matematici”.
</p>
<p>
“Esatto”.
</p>
<p>
“Ma non è finita. Facciamo un salto al 1998”.
</p>
<p>
“Non tanto tempo fa”.
</p>
<p>
“No, infatti. Nel 1998 due gruppi di astrofisici scoprono che l'universo non solo si espande, ma la velocità di espansione aumenta nel tempo. Insomma, c'è un'accelerazione dell'espansione. Questo fatto non è previsto dal modello relativistico con costante cosmologica nulla”.
</p>
<p>
“Uh. Alla fine Einstein aveva ragione”.
</p>
<p>
“Così sembra: pare necessario introdurre questa costante cosmologica per spiegare l'espansione accelerata dell'universo. Nel 2011 verrà assegnato il premio Nobel ai fisici che hanno fatto questa scoperta”.
</p>
<p>
“Ma dal punto di vista fisico cos'è questa costante cosmologica?”.
</p>
<p>
“Non si sa. È da quel momento che nasce l'idea dell'<i>energia oscura</i>, in grado di causare una forza repulsiva che permetta all'universo di espandersi sempre più velocemente”.
</p>
<p>
“Ah, l'energia oscura”.
</p>
<p>
“Trovi che sia un termine così diverso rispetto all'Odio di Empedocle?”.
</p>
<p>
“Eh, non tantissimo”.
</p>
<p>
“Certo, ora l'idea nasce grazie alla scienza, e verrà migliorata grazie alle prossime scoperte. Ma, insomma, serve sempre un'idea per partire, e i filosofi greci ne avevano molte, di idee”.
</p>
<p>
“Già”.
</p>
<p>
“Inoltre, fino al 1998 anche noi eravamo in dubbio sul destino dell'universo. Fino a che non abbiamo scoperto che la velocità di espansione dell'universo sta aumentando, avevamo un dubbio: cosa succederà poi? L'espansione continuerà in eterno, allontanando tutti i corpi celesti tra loro sempre di più, provocando una morte termica dell'universo, che diventerà sempre più buio e freddo? Oppure a un certo punto l'espansione finirà e inizierà una fase di contrazione, che porterà alla fine a un big bang al contrario? Ci sarà un <i>big crunch</i> o un <i>big rip</i>?”.
</p>
<p>
“Da quanto dici, sembra che ci sarà un big rip”.
</p>
<p>
“Forse. Ma magari tra molto tempo l'accelerazione diminuirà, potrebbe diventare zero, o addirittura negativa, e in questo caso si assisterebbe a una contrazione. Chi lo sa? Se si verificasse una contrazione e un big crunch, avremmo replicato la teoria di Empedocle”.
</p>
<p>
“Che roba”.
</p>
<p>
“Non sappiamo molto, insomma. Ci manca anche la matematica per descrivere la singolarità del big bang. Il modello matematico funziona fino a pochissimi istanti dopo il big bang (10<sup>−43</sup> secondi, per la precisione), ma non ci dice niente di come era fatto l'universo nell'istante iniziale”.
</p>
<p>
“Mi pare che la costante di tutti questi discorsi sia che sappiamo poco”.
</p>
<p>
“Eh, sì, ma ci piace saperne di più, ci piace scoprire e ci piacciono i <i>come</i> e i <i>perché</i>”.
</p>
<p>
“E tanti saluti a Empedocle”.
</p>
<p>
“Che, magari, quel famoso sabato si è visto aprire le porte degli inferi e ora sa come funzionano le cose”.
</p>
<hr />
<p>
P.S. C'è un video di Amedeo Balbi che racconta, in maniera più precisa di questa, di Einstein, della costante cosmologica e dell'energia oscura. Chiedo venia al dio dei cosmologi per le inesattezze contenute in questo testo.
</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="326" src="https://www.youtube.com/embed/BRE-t_-taRk" width="393" youtube-src-id="BRE-t_-taRk"></iframe></div><br /><p><br /></p>
zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-7913859134642378302022-11-06T19:24:00.003+01:002022-11-06T19:24:56.225+01:00Inferno, canto XI<blockquote>
In su l’estremità d’un’alta ripa <br />
che facevan gran pietre rotte in cerchio <br />
venimmo sopra più crudele stipa;<br />
<br />
e quivi, per l’orribile soperchio <br />
del puzzo che ’l profondo abisso gitta,<br />
ci raccostammo, in dietro, ad un coperchio
</blockquote>
<p>
“Ed eccoci al canto della puzza”.
</p>
<p>
“E cominciamo benissimo”.
</p>
<p>
“La puzza è una scusa di Dante per fermare il cammino e spiegare al lettore la struttura dell'Inferno. Racconta come sono suddivisi i peccatori in base alla gravità della colpa, fa una bella tassonomia del peccato”.
</p>
<p>
“Che bellezza”.
</p>
<p>
“Molto. Avrei qualcosa da dire su due grossi argomenti, ma mi sembra un po' troppo. Te li presento, e poi rimando uno dei due a un prossimo canto”.
</p>
<p>
“Uh, sentiamo”.
</p>
<p>
“A un certo punto, tra l'elenco dei vari peccati, viene nominata l'usura”.
</p>
<p>
“Giustamente, direi”.
</p>
<p>
“Dici bene, ma c'è un <i>ma</i>”.
</p>
<p>
“E quale <i>ma</i> ci potrebbe mai essere?”.
</p>
<p>
“La definizione di usura”.
</p>
<p>
“Beh, si ha usura quando il tasso di interesse richiesto è eccessivamente alto”.
</p>
<p>
“E questa non è una buona definizione matematica”.
</p>
<p>
“Ok, ma ci sarà una legge che stabilisce quando il tasso è troppo, no?”.
</p>
<p>
“Esatto, oggi c'è una legge che contiene tabelle e formule per calcolare il tasso di usura. Sotto a quel valore va tutto bene, al di sopra di quel valore no. Il problema è che ai tempi di Dante quel valore era zero”.
</p>
<p>
“Ah, però”.
</p>
<p>
“Eh. L'operosità dell'uomo, come insegna la fisica di Aristotele, copia quella di Dio. E la Genesi insegna che operosità e lavoro devono fornire sostentamento all'uomo. Chi presta i soldi chiedendo un interesse, qualsiasi interesse, segue invece un'altra strada, che non è quella di Dio. Il peccato dell'usuraio è il disprezzo della natura, quindi il disprezzo di Dio. Ma ci torneremo, quando Dante incontrerà questi peccatori”.
</p>
<p>
“E tanti saluti alle banche e ai risparmi. L'altro argomento di cui parlavi, invece?”.
</p>
<p>
“Si riferisce a questi versi:”.
</p>
<blockquote>
[…] Ma seguimi oramai, che ’l gir mi piace;<br />
ché i Pesci guizzan su per l’orizzonta,<br />
e ’l Carro tutto sovra ’l Coro giace,<br />
e ’l balzo via là oltra si dismonta».<br />
</blockquote>
<p>
“Costellazioni?”.
</p>
<p>
“Sì. Alla fine del canto Virgilio dice a Dante che è ora di andare, e per specificare l'ora dice che i Pesci stanno salendo sopra l'orizzonte, mentre il Carro si trova nella direzione da cui soffia il vento denominato Coro, <a href="https://it.wikisource.org/wiki/Pagina:Commedia_-_Inferno_%28Lana%29.djvu/236#:~:text=E%20il%20Carro%20tutto%20sovra,per%20la%20disposizione%20del%20cielo." target="_blank">che sarebbe un vento tra ponente e maestrale</a>”.
</p>
<p>
“Circa verso nord-ovest, insomma”.
</p>
<p>
“Sì”.
</p>
<p>
“Certo che non è un modo comodissimo per dire che ore sono”.
</p>
<p>
“Non lo è, ma né Dante né Virgilio avevano orologi da polso, o orologi di altro tipo. Ma il problema del calcolo dell'ora è sempre stato un problema fondamentale da risolvere”.
</p>
<p>
“Perché?”.
</p>
<p>
“Immagina di essere su una nave”.
</p>
<p>
“Bello”.
</p>
<p>
“In alto mare, senza terre visibili all'orizzonte”.
</p>
<p>
“Ahh, che pace”.
</p>
<p>
“C'è stata una burrasca e la nave non è naufragata per poco e i venti l'hanno spostata senza controllo e il timoniere cercava di mantenerla con la prua verso le onde gigantesche, in modo da non farla naufragare, e il cielo era buio, squarciato solo dai fulmini, e la pioggia fortissima impediva la visuale e i marinai dovevano legarsi agli alberi maestri per non essere gettati fuori bordo dalle onde e tra un tuono e l'altro si potevano udire soltanto le urla del capitano che ordinava ai marinai di ripiegare le vele, per evitare che venissero strappate dai venti, o le preghiere dei marinai, o le loro imprecazioni, a seconda del loro stato d'animo e della loro fede”.
</p>
<p>
“Ecco, ora è un po' meno bello, grazie tante”.
</p>
<p>
“Ma la burrasca finisce, sorge il sole, qualche vela si è strappata ma si può ancora navigare, le provviste stanno per finire e soprattutto c'è bisogno di acqua”.
</p>
<p>
“Mh. Beh, la nave può ancora navigare, si può andare verso la terra più vicina, no?”.
</p>
<p>
“Si può, ma dov'è? Non c'è terra all'orizzonte, non ci sono uccelli cielo, solo un bel mare calmo e un sole che comincia a picchiare. Quella che tu chiamavi pace ora sembra essere un problema grosso”.
</p>
<p>
“Ci sarà una carta geografica a bordo, santo cielo”.
</p>
<p>
“Certo che c'è, e c'è anche la bussola”.
</p>
<p>
“E allora? Andiamo!”.
</p>
<p>
“Dove? A cosa ti serve la bussola se non sai dove sei?”.
</p>
<p>
“Ok. Ma i marinai sapevano fare il punto. Ci sarà qualcuno che sa trovare la posizione della nave su quella maledetta carta”.
</p>
<p>
“Oh, sì. La latitudine è abbastanza semplice da trovare, basta osservare il sole: a mezzogiorno assume la sua posizione più alta nel cielo, che dipende proprio dalla latitudine. A seconda delle stagioni il massimo grado di elevazione cambia, ma diciamo che tutti, sulla nave, possono conoscere almeno il mese, se non il giorno, attuale. Quindi con un po' di sforzo la latitudine è determinabile”.
</p>
<p>
“Ok”.
</p>
<p>
“La longitudine, invece, è un grossissimo problema”.
</p>
<p>
“Perché?”.
</p>
<p>
“Mentre la latitudine è legata a un aspetto fisico (la terra è rotonda, ruota intorno a un asse, l'asse ha una certa inclinazione, e quindi facendo riferimento al sole si può capire a che distanza dall'equatore ci si trova), la longitudine è legata a una convenzione. Mentre il parallelo zero è l'equatore, che esiste grazie alla geometria della sfera che ruota intorno a un asse, il meridiano zero non esiste fisicamente: bisogna mettersi d'accordo e stabilire che quel particolare meridiano è l'origine del sistema di riferimento usato per la longitudine”.
</p>
<p>
“Sarebbe il meridiano di Greenwich?”.
</p>
<p>
“Sì, che oggi, col sistema GPS, non è più nemmeno quello classico, quello che puoi calpestare se vai a visitare l'osservatorio di Greenwich”.
</p>
<p>
“Ah no?”.
</p>
<p>
“No, ci sono stato con un GPS in mano e, purtroppo, la longitudine zero non è più quella. <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Prime_meridian_%28Greenwich%29" target="_blank">Bisogna spostarsi</a> di un centinaio di metri da lì. Quando <a href="http://proooof.blogspot.com/2007/07/gmt-london-day-4.html" target="_blank">sono stato</a> a vedere, il riferimento più evidente per la longitudine zero era un cestino dei rifiuti”.
</p>
<p>
“Santo cielo”.
</p>
<p>
“Ma, a parte questo, una volta che si è d'accordo sulla longitudine zero, come si fa a calcolare quella della nave in mezzo al mare?”.
</p>
<p>
“Uhm, non saprei”.
</p>
<p>
“Si può approfittare del calcolo della latitudine, cioè del momento in cui il sole è nella posizione più alta: in quel momento è mezzogiorno, nell'ora locale. Dando un'occhiata all'orologio messo in punto rispetto all'ora del meridiano zero, si può capire di quanto ci si è spostati da quel meridiano”.
</p>
<p>
“In che senso?”.
</p>
<p>
“Beh, se adesso è mezzogiorno ma l'orologio segna le 11 del mattino, vuol dire che c'è una differenza di un'ora. Visto che la terra compie un giro su sé stessa in 24 ore, in un'ora ha compiuto un ventiquattresimo di giro, quindi la longitudine corrisponde alla distanza angolare di un ventiquattresimo di angolo giro dal meridiano zero”.
</p>
<p>
“Oh mamma. Si fa fatica a fare questi calcoli, ma almeno poi si trova la posizione e si può andare a cercare l'acqua per i poveri marinai”.
</p>
<p>
“Il problema grosso è che bisogna guardare l'ora: come si fa?”.
</p>
<p>
“Non ce l'abbiamo un orologio a bordo?”.
</p>
<p>
“Sai quando sono stati inventati i primi cronometri funzionanti anche a bordo di una nave?”.
</p>
<p>
“Non ne ho idea”.
</p>
<p>
“<a href="http://proooof.blogspot.com/2011/08/longitudine.html" target="_blank">A metà del 1700</a>”.
</p>
<p>
“Oh, poveri marinai dei tempi di Dante”.
</p>
<p>
“Già”.
</p>
<p>
“Ma è proprio necessario un cronometro preciso?”.
</p>
<p>
“Prima dei cronometri c'erano i pendoli, che su una nave non possono funzionare, a causa delle onde. Un pendolo deve avere una base fissa”.
</p>
<p>
“Ok”.
</p>
<p>
“E, per quanto riguarda la precisione, immagina di essere su quella nave in mezzo al mare senza acqua potabile. In un qualche modo trovi un orologio, fai il punto, guardando la carta scopri che c'è una bella isola a pochi chilometri di distanza, e via che ti dirigi verso la salvezza a vele spiegate. Passa il tempo, la sete aumenta, il cielo si annuvola di nuovo, arriva la notte, non si vedono stelle, e non si vede nemmeno l'isola”.
</p>
<p>
“Ma come?”.
</p>
<p>
“Eh, l'orologio che hai usato non era esattamente in punto, aveva accumulato un errorino di 4 minuti”.
</p>
<p>
“Beh ma cosa vuoi che siano 4 minuti?”.
</p>
<p>
“In 4 minuti la terra ruota di un grado”.
</p>
<p>
“Ma è pochissimo!”.
</p>
<p>
“Un grado all'equatore corrisponde a poco più di 110 km”.
</p>
<p>
“Oh”.
</p>
<p>
“E quindi tu pensavi che la salvezza fosse a pochi chilometri verso est, e invece era a pochi chilometri verso ovest”.
</p>
<p>
“Accidenti”.
</p>
<p>
“E molta gente è <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Scilly_naval_disaster_of_1707" target="_blank">morta davvero</a> per questo problema: la storia della longitudine è legata a quella dell'esplorazione, e in quei tempi era questione di vita o di morte, non di sbagliare strada perché non hai seguito bene le indicazioni del cellulare. E lo sviluppo dell'esplorazione è legato allo sviluppo della matematica”.
</p>
<p>
“E ai tempi di Dante, che non c'erano né i cronometri né i pendoli? Come facevano?”.
</p>
<p>
“Facevano come potevano. Prima di tutto, cercavano di rimanere sempre in vista della costa, a costo di allungare il percorso. Nel caso di viaggi in alto mare, cercavano almeno di orientarsi con la conoscenza della direzione, e sperando di non finire fuori rotta. Facevano una navigazione stimata, quella che gli inglesi chiamano <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Dead_reckoning" target="_blank">dead reckoning</a>”.
</p>
<p>
“E come si orientavano? Dante conosceva già la bussola?”.
</p>
<p>
“Direi proprio di sì: questi sono versi di Guido Guinizzelli, che Dante incontrerà nel Purgatorio”.
</p>
<blockquote>
In quella parte sotto tramontana<br />
sono li monti de la calamita,<br />
che dàn vertud’ all’aire<br />
di trar lo ferro; ma perch’ è lontana,<br />
vòle di simil petra aver aita<br />
per farl’ adoperare,<br />
che si dirizzi l’ago ver’ la stella.<br />
</blockquote>
<p>
“Accidenti, i monti della calamita”.
</p>
<p>
“Già. E prima della bussola i marinai si orientavano con le stelle”.
</p>
<p>
“Ritorniamo all'astronomia”.
</p>
<p>
“Esatto. Tanta matematica viene da lì: vuoi sapere dove sei, vuoi sapere dove devi andare, vuoi sapere come scorre il tempo? Guarda in alto. Alzare gli occhi al cielo ha sempre permesso all'uomo di fare dei passi avanti”.
</p>
<p>
“Non a caso le tre cantiche finiscono tutte e tre con la parola <i>stelle</i>”.
</p>
<p>
“Non a caso”.</p>
zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-7207345315640685142022-10-08T22:54:00.000+02:002022-10-08T22:54:23.037+02:00Inferno, canto X<p>
“Siamo arrivati al canto decimo dell'Inferno: siamo all'interno della città di Dite, Dante e Virgilio stanno camminando tra le tombe degli eretici, quando incontrano Farinata degli Uberti. Dante e Farinata parlano, c'è qualche schermaglia politica, cose di Guelfi e Ghibellini, poi dalla tomba in cui Farinata sta scontando la sua pena si alza un'altra anima, quella di Cavalcante dei Cavalcanti”.
</p>
<p>
“Bel nome”.
</p>
<p>
“Sai, i toscani sono così. Cavalcante è in pena per suo figlio, Guido, amico di Dante. Vuole sapere come sta, perché dalle parole di Dante, che fa riferimento a Guido usando il passato remoto, sembra che sia morto. In realtà è un equivoco, le parole di Dante non si riferivano alla morte di Guido, che al momento in cui avviene il viaggio nell'Inferno è ancora vivo”.
</p>
<p>
“Beh, una piccola consolazione per il padre”.
</p>
<p>
“Eh, no, perché Dante indugia, stupito della domanda, e Cavalcante interpreta questo silenzio come timore da parte di Dante di dover confermare la notizia della morte. Siccome Dante non parla, Cavalcante si convince della morte del figlio e cade, come svenuto, nella tomba dalla quale si era alzato, senza dire più nulla”.
</p>
<p>
“Ma no, ma poveretto!”.
</p>
<p>
“Eh”.
</p>
<p>
“Ma perché Dante non ha detto niente? Ma poteva rispondere, no? Ma santo cielo”.
</p>
<p>
“Dante è rimasto stupito perché sa che i dannati sono dotati di preveggenza: sanno vedere il futuro”.
</p>
<p>
“Ah, e quindi si chiede come mai Cavalcante, che può vedere il futuro, non sappia se il figlio è vivo o morto”.
</p>
<p>
“Esatto”.
</p>
<p>
“E perché Cavalcante non lo sa?”.
</p>
<p>
“Dante è stupito proprio per questo, ma non può dare voce ai suoi pensieri perché non appena Cavalcante ricade all'interno della tomba Farinata riprende il suo discorso, come se non fosse successo nulla”.
</p>
<p>
“Sono tutti sensibilissimi, questi dannati”.
</p>
<p>
“Si devono adattare anche loro alle condizioni in cui vivono, per così dire. E non è finita qui: Farinata predice il futuro di Dante”.
</p>
<p>
“Ma come?”.
</p>
<p>
“Eh, sì. Farinata e Dante stavano parlando del fatto che i loro rispettivi avi vennero cacciati da Firenze, esiliati. E Dante ha sottolineato che i suoi antenati erano migliori di quelli di Farinata, perché anche se cacciati sono sempre stati in grado di rientrare a Firenze, prima o poi. Ed ecco la risposta di Farinata:”.
</p>
<blockquote>
«S’elli han quell’arte», disse, «male appresa,<br />
ciò mi tormenta più che questo letto.<br />
Ma non cinquanta volte fia raccesa<br />
la faccia de la donna che qui regge,<br />
che tu saprai quanto quell’arte pesa[»].
</blockquote>
<p>
“Di che arte stiamo parlando?”.
</p>
<p>
“Dell'arte di rientrare dall'esilio. La faccia della donna di cui parla Farinata è la faccia della luna: entro cinquanta fasi lunari anche Dante sperimenterà l'esperienza dell'esilio, e allora vedrà che riuscire a rientrare a Firenze non sarà così facile”.
</p>
<p>
“Simpatico questo Farinata”.
</p>
<p>
“Diciamo che anche Dante non è stato molto diplomatico”.
</p>
<p>
“Ma questa è poi una profezia vera? Se è vera, non si capisce perché Cavalcante non potesse conoscere la sorte del figlio”.
</p>
<p>
“Esatto, e infatti Dante chiede spiegazioni, ora che una profezia lo tocca direttamente:”.
</p>
<blockquote>
El par che voi veggiate, se ben odo,<br />
dinanzi quel che ’l tempo seco adduce,<br />
e nel presente tenete altro modo».<br />
</blockquote>
<p>
“Cioè sta dicendo che i dannati, secondo lui, vedono il futuro ma non il presente?”.
</p>
<p>
“Proprio così”.
</p>
<p>
“E la risposta?”.
</p>
<p>
“È questa:”.
</p>
<blockquote>
«Noi veggiam, come quei c’ha mala luce,<br />
le cose», disse, «che ne son lontano;<br />
cotanto ancor ne splende il sommo duce.<br />
<br />
Quando s’appressano o son, tutto è vano <br />
nostro intelletto; e s’altri non ci apporta, <br />
nulla sapem di vostro stato umano.<br />
<br />
Però comprender puoi che tutta morta <br />
fia nostra conoscenza da quel punto <br />
che del futuro fia chiusa la porta». <br />
</blockquote>
<p>
“Vedono le cose lontane?”.
</p>
<p>
“Sì, come i presbiti, quelli che <i>hanno mala luce</i>. Perché le cose lontane sono vicine a Dio, che le illumina per bene. Ma quando gli eventi si avvicinano, allora tutto diventa sempre più offuscato. Del presente i dannati non sanno nulla, a meno che qualcuno non porti loro delle notizie”.
</p>
<p>
“E l'ultima terzina di cosa parla?”.
</p>
<p>
“Dice che alla fine dei tempi, quando non esisterà più niente di futuro, la conoscenza delle anime dannate sarà azzerata”.
</p>
<p>
“Va bene. Se volevamo parlare di qualcosa di scientifico, mi pare di poter dire che qui non ce n'è nemmeno un po'. Forse l'accenno alla presbiopia, ma per il resto…”.
</p>
<p>
“Eh, è tutto il contrario di quello che sappiamo ora sul futuro”.
</p>
<p>
“Cioè niente”.
</p>
<p>
“No, non del tutto. Anche oggi facciamo previsioni sul futuro”.
</p>
<p>
“Non vorrai mica parlare degli oroscopi”.
</p>
<p>
“Ma no. Oggi abbiamo sviluppato la fisica, abbiamo modelli matematici del mondo, e cerchiamo anche di prevedere il futuro. Pensa alle previsioni del tempo”.
</p>
<p>
“Beh, non un gran futuro. Forse siamo in grado di prevedere il tempo di domani, ma ogni tanto qualche previsione sbaglia clamorosamente”.
</p>
<p>
“Sì, esattamente il contrario rispetto alla preveggenza delle anime dell'Inferno. Noi vediamo abbastanza bene nell'immediato futuro, mentre non abbiamo idea di come sarà quello più lontano. Ma dipende poi da cosa vogliamo vedere”.
</p>
<p>
“In che senso?”.
</p>
<p>
“Beh, non so prevedere che tempo ci sarà tra una settimana, ma posso prevedere dove sarà la luna”.
</p>
<p>
“Ah. Beh, ma la luna è un oggetto ben definito, è un po' diverso dal tempo di domani”.
</p>
<p>
“Sì, ma alla base ci sono le stesse idee”.
</p>
<p>
“Quali?”.
</p>
<p>
“Noi conosciamo delle leggi evolutive locali…”.
</p>
<p>
“Eh?”.
</p>
<p>
“Delle leggi matematiche che ci dicono cosa succede istante per istante. Per esempio, la legge di gravità ci dice come si attraggono due corpi nello spazio. Sapendo come si attraggono istante per istante, possiamo provare a ricostruire una legge globale che ci dica la posizione della luna in un qualunque momento. Queste leggi, questi modelli matematici, si chiamano <i>equazioni differenziali</i>”.
</p>
<p>
“Roba che Dante conosceva?”.
</p>
<p>
“Assolutamente no. Il calcolo differenziale nasce con Newton e Leibniz, siamo alla fine del 1600. Poi nei secoli è stato perfezionato, e dalle basi poste dai due scienziati si è sviluppata tantissima matematica. Sono dell'inizio del 1800 i teoremi fondamentali di Cauchy sull'esistenza e l'unicità delle soluzioni delle equazioni differenziali”.
</p>
<p>
“Ci è voluto un po'”.
</p>
<p>
“Eh sì. E da quegli studi sono nati anche problemi filosofici: ecco una <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Meccanicismo" target="_blank">famosa citazione</a> di Laplace del 1814, in pieno illuminismo”.
</p>
<blockquote>
Noi dobbiamo considerare lo stato presente dell'universo come l'effetto di un dato stato anteriore e come la causa di ciò che sarà in avvenire. Un'intelligenza che, in un dato istante, conoscesse tutte le forze che animano la natura e la rispettiva posizione degli esseri che la costituiscono, e che fosse abbastanza vasta per sottoporre tutti i dati alla sua analisi, abbraccerebbe in un’unica formula i movimenti dei più grandi corpi dell'universo come quello dell'atomo più sottile; per una tale intelligenza tutto sarebbe chiaro e certo e così l'avvenire come il passato le sarebbero presenti.
</blockquote>
<p>
“Beh, niente male”.
</p>
<p>
“Già. Tanti saluti al libero arbitrio: le leggi matematiche sono inesorabili, tutto è scritto, la libertà è un'illusione”.
</p>
<p>
“Beh, siamo passati dal disegno di Dio al disegno delle equazioni”.
</p>
<p>
“Se non vogliamo azzardare il fatto che le equazioni sono Dio”.
</p>
<p>
“Uh”.
</p>
<p>
“Ma Dante non pensava che la creazione di Dio fosse disegnata fin dall'inizio, lui credeva nel libero arbitrio, l'uomo poteva fare scelte”.
</p>
<p>
“E quindi gli illuministi avevano una fede nelle equazioni più salda di una fede religiosa”.
</p>
<p>
“Con la differenza che le equazioni si ottengono da dimostrazioni matematiche, che sono vere senza dubbio”.
</p>
<p>
“E quindi è così? Il futuro è predeterminato e noi non ci possiamo fare niente?”.
</p>
<p>
“No, per tre motivi”.
</p>
<p>
“Oh, bene. Addirittura tre”.
</p>
<p>
“Il primo è che Laplace parlava di equazioni differenziali, che sono <i>modelli</i> matematici del mondo. Sono precisi, ma sono modelli, non sono la realtà. I modelli si studiano, si confrontano con le osservazioni, gli esperimenti, e se si scoprono contraddizioni i modelli vengono cambiati o buttati via. E poi si ricomincia, con altri modelli e altre osservazioni. Questa è l'essenza del metodo scientifico: faccio un'ipotesi, controllo se il mondo si comporta secondo le mie ipotesi, se non lo fa butto via l'ipotesi”.
</p>
<p>
“Insomma, non posso mai avere la certezza del fatto che la mia ipotesi è vera”.
</p>
<p>
“Esatto. Puoi solo dire se è falsa. Ma poi c'è un secondo motivo”.
</p>
<p>
“Quale?”.
</p>
<p>
“Laplace aveva ragione nell'esempio di un universo formato da solo due corpi: sui due corpi agisce la forza di gravità e sappiamo esattamente quello che succede in ogni istante. Le equazioni si risolvono esattamente, tutto è prevedibile, fine. Ma l'universo deve essere formato solo da due corpi”.
</p>
<p>
“Un po' pochini”.
</p>
<p>
“Ne bastano tre per avere il caos”.
</p>
<p>
“Addirittura”.
</p>
<p>
“Sì, e uso caos con il <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_del_caos" target="_blank">significato matematico della parola</a>”.
</p>
<p>
“I matematici si appropriano proprio di tutto!”.
</p>
<p>
“Eh, sì. Il cosiddetto <i>problema dei tre corpi</i>, studiato inizialmente da Lagrange e Poincaré, ha soluzioni caotiche. Questo significa che un piccolo errore nelle condizioni iniziali del problema (cioè dove si trovano esattamente i tre corpi nello spazio, e che velocità hanno?) si amplifica nel tempo fino a diventare, dopo poco, grande quanto le grandezze che fanno parte della soluzione del problema”.
</p>
<p>
“Cosa vuol dire?”.
</p>
<p>
“Se tu hai tre corpi che distano qualche metro uno dall'altro, ben presto l'errore diventa dell'ordine del metro. Quindi la tua misura è completamente fuori controllo: i due corpi potrebbero anche scontrarsi, o essere molto più lontani di quello che si prevedeva. Se i tre corpi sono pianeti che distano milioni di chilometri, ci vorrà magari un po' più tempo ma prima o poi l'errore diventerà dell'ordine dei milioni di chilometri, e quindi non sai se i pianeti continueranno a girare dove pensavi oppure si scontreranno”.
</p>
<p>
“Bisognerebbe misurare senza errori”.
</p>
<p>
“Ma questo è impossibile, no? Una qualunque misura è sempre affetta da errori, non possiamo mai sapere il valore esatto della posizione o della velocità di un corpo”.
</p>
<p>
“In teoria, però, nel modello matematico si potrebbe”.
</p>
<p>
“Vero, ma non del tutto. Non tutte le equazioni differenziali sono risolubili esattamente: per alcune possiamo appoggiarci soltanto al calcolo numerico e fare previsioni con i computer. E i computer non possono memorizzare una posizione o una velocità con precisione infinita, perché non sono dotati di una memoria infinita”.
</p>
<p>
“Uffa”.
</p>
<p>
“E questo ci porta al terzo motivo: sarebbe possibile, nella realtà, conoscere la posizione e la velocità di un corpo con precisione infinta?”.
</p>
<p>
“Eh, hai detto di no”.
</p>
<p>
“Ma perché no? Pensiamo ai pianeti: cosa significa conoscere posizione e velocità con precisione infinita? Cosa dovremmo fare? Perché se andiamo sempre più in piccolo, a un certo punto non possiamo più considerare un pianeta come un unico corpo: non è omogeneo, magari è un po' elastico, c'è l'acqua, e così via. Ma non è tutto: andando ancora più in piccolo, arrivando agli atomi, entriamo nel mondo microscopico che tanto fa sudare ancora oggi i fisici”.
</p>
<p>
“Stai parlando della meccanica quantistica? Dell'equazione dell'amore di Dirac?”.
</p>
<p>
“NO! NON DIRLO”.
</p>
<p>
“Ah, lo sapevo”.
</p>
<p>
“Lascia perdere tutti quei discorsi farlocchi che si trovano in rete su quell'equazione, e le citazioni false che la tirano fuori in ogni momento. Se vuoi, c'è una citazione forse vera di Feynman che mette a posto tutti i discorsi a riguardo”.
</p>
<p>
“Quale?”.
</p>
<p>
“Non l'ho trovata direttamente su un'opera firmata da Feynman, quindi non posso giurare sulla sua autenticità. In rete si trovano riferimenti che possono essere controllati, ma comunque te la dico lo stesso perché inquadra per bene il problema. La citazione è questa: <i>Credo di poter dire con sicurezza che nessuno comprende la meccanica quantistica</i>. Non è un aforisma memorabile, e quindi potrebbe benissimo essere vero”.
</p>
<p>
“Va bene, ma c'entra qualcosa quindi la meccanica quantistica col caos?”.
</p>
<p>
“Sì. Per misurare una grandezza fisica relativa a un oggetto, devi osservarlo. E per osservarlo devi interagire con esso”.
</p>
<p>
“Ma se lo guardo da lontano? Non interagisco, mi tengo bene a distanza”.
</p>
<p>
“Come fai a guardarlo? Tu osservi dei fotoni, che hanno precedentemente colpito l'oggetto: quindi hai interagito. E ogni interazione modifica quello che volevi misurare. Basta un colpetto di un fotone, e il corpo non è più esattamente dove era prima”.
</p>
<p>
“Ma basta anche solo un misero fotone?”.
</p>
<p>
“Eh sì, certo. Se osservi un pianeta, ok, un fotone fa pochissimo. Ma se osservi un altro fotone, o una particella subatomica…”.
</p>
<p>
“Ok, va bene”.
</p>
<p>
“Quindi è impossibile misurare le grandezze fisiche con precisione infinita per motivi profondi, non perché adesso i nostri strumenti sono scarsi ma in futuro, chissà”.
</p>
<p>
“Ok. E quindi, alla fine, esiste il libero arbitrio?”.
</p>
<p>
“Il fatto che Dante abbia scritto Inferno, Purgatorio e Paradiso implica che la risposta sia sì. Lo dice anche nel canto 16 del Purgatorio: se non esistesse il libero arbitrio, non sarebbe giusto essere premiati per la virtù e puniti per la colpa”.
</p>
<blockquote>
Se così fosse, in voi fora distrutto <br />
libero arbitrio, e non fora giustizia <br />
per ben letizia, e per male aver lutto. <br />
</blockquote>
<p>
“E noi cosa diciamo?”.
</p>
<p>
“Siamo liberi di dire quello che vogliamo”.
</p>
zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-86254353606316097062022-09-08T17:26:00.003+02:002022-09-08T17:26:29.867+02:00Inferno, canto IX<p>
“<a href="https://proooof.blogspot.com/2022/06/inferno-canto-viii.html" target="_blank">Eravamo rimasti</a> a Dante e Virgilio davanti alle porte chiuse della città di Dite”.
</p>
<p>
“Finalmente le porte vengono aperte?”.
</p>
<p>
“A fatica. Prima i due poeti hanno paura di non riuscire a passare, sanno che è stato promesso loro un aiuto, ma l'aiuto non arriva, e quindi c'è molta tensione. Ma durante l'attesa si chiacchiera, e Dante domanda se sia mai successo che un'anima del primo cerchio, che non ha colpe gravi se non l'assenza della speranza di salvezza, sia mai scesa fino al fondo dell'inferno”.
</p>
<p>
“Cioè, sta praticamente chiedendo a Virgilio se sa la strada”.
</p>
<p>
“Eh, sì, in modo molto elegante”.
</p>
<p>
“E Virgilio?”.
</p>
<p>
“Virgilio risponde che succede raramente che qualcuno scenda fino in fondo; racconta che è successo anche a lui, mandato dalla <a href="https://www.treccani.it/enciclopedia/eritone_%28Enciclopedia-Dantesca%29/" target="_blank">maga Eritone</a> che richiamava le anime nei loro corpi. Racconta di quando la maga lo fece entrare nella città di Dite per portare uno spirito fuori dalla Giudecca. Ed ecco come Virgilio descrive questa zona dell'inferno:”.
</p>
<blockquote>
Quell’è ’l più basso loco e ’l più oscuro,<br />
e ’l più lontan dal ciel che tutto gira:<br />
ben so ’l cammin; però ti fa sicuro.
</blockquote>
<p>
“Mi pare tranquillo, sa la strada”.
</p>
<p>
“Sì. La cosa interessante, se vogliamo trovare qualcosa di scientifico in questo canto, è la descrizione della Giudecca: il punto più basso e oscuro dell'inferno, il più lontano dal Primo Mobile. Cominciamo ad avere una descrizione dell'universo: il posto più inquietante dell'inferno è al centro del Primo Mobile”.
</p>
<p>
“Non è il più lontano?”.
</p>
<p>
“Eh, e se il Primo Mobile è una sfera celeste, l'inferno è il centro della sfera, il punto più lontano da tutti i punti della sfera”.
</p>
<p>
“Stona un po', verrebbe da dire che al centro del Primo Mobile ci dovrebbe essere Dio”.
</p>
<p>
“Esattamente. Da qui partono le discussioni sulla geometria dell'universo di Dante: tanto tempo fa abbiamo parlato della 3-sfera, ma ne riparleremo quando arriveremo a leggere una descrizione più precisa di tutto il sistema delle sfere”.
</p>
<p>
“Ok”.
</p>
<p>
“Poi arrivano le Erinni, gridano, spaventano Dante, e poi si sente un gran frastuono, le sponde dello Stige tremano, si sente un vento che sarebbe in grado di schiantare rami e sradicare alberi, se ci fossero alberi in questa parte dell'inferno. Ma Virgilio incoraggia Dante, e gli dice di guardare alto, dove la nebbia, la polvere, il pantano, insomma tutto ciò che è stato messo in moto dal vento, è più fitto”.
</p>
<p>
“E cosa c'è da guardare?”.
</p>
<p>
“Di fronte a quella vista, che ancora non ci viene rivelata, le anime fuggono, come se fossero rane davanti a una biscia”.
</p>
<p>
“Eh?”.
</p>
<p>
“Sì, questo è il paragone:”.
</p>
<blockquote>
Come le rane innanzi a la nimica<br />
biscia per l’acqua si dileguan tutte,<br />
fin ch’a la terra ciascuna s’abbica,<br />
<br />
vid’io più di mille anime distrutte<br />
fuggir così dinanzi ad un ch’al passo<br />
passava Stige con le piante asciutte.<br />
</blockquote>
<p>
“Che stano paragone”.
</p>
<p>
“Un paragone legato all'osservazione della natura. Un etologo potrebbe raccontare <a href="https://www.lescienze.it/news/2013/03/08/news/girini_coda_grande_ormone_stress-1549842/" target="_blank">un sacco di cose</a>”.
</p>
<p>
“Ah, molto bene”.
</p>
<p>
“E finalmente, in mezzo alla polvere, si scorge la figura di uno che avanza, attraversando lo Stige coi piedi asciutti”.
</p>
<p>
“L'aiuto che stavano aspettando?”.
</p>
<p>
“Lui, un messo celeste che imperioso si avvicina alla porta della città di Dite e la apre con uno stecchino. Poi redarguisce i diavoli ma non rivolge parola a Dante e Virgilio, che finalmente possono entrare”.
</p>
<p>
“E cosa c'è dentro?”.
</p>
<p>
“Tombe, in mezzo a fiamme tanto calde che nessun artigiano del ferro desidererebbe una temperatura maggiore. Le tombe contengono le anime degli eresiarchi, che gridano di dolore”.
</p>
<p>
“Ma sappiamo chi sia questo messo celeste?”.
</p>
<p>
“No, Dante non lo dice, e anzi qui interrompe il canto, rimandando al prossimo l'incontro che tutti i lettori si aspettano”.
</p>
zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-6036559058169488982022-06-26T22:52:00.000+02:002022-06-26T22:52:00.758+02:00Inferno, canto VIII<p>
“Canto ottavo, finora quello più povero di riferimenti scientifici”.
</p>
<p>
“Passiamo al nono?”.
</p>
<p>
“Proviamo ugualmente a dire qualcosa. Virgilio e Dante si stanno avvicinando a un'alta torre e, osservando la cima, vedono due fiammelle. In lontananza, poi, vedono una seconda torre rispondere al segnale”.
</p>
<blockquote>
Io dico, seguitando, ch’assai prima<br />
che noi fossimo al piè de l’alta torre,<br />
li occhi nostri n’andar suso a la cima<br />
<br />
per due fiammette che i vedemmo porre<br />
e un’altra da lungi render cenno<br />
tanto ch’a pena il potea l’occhio tòrre.
</blockquote>
<p>
“Segnale? Che segnale? Per chi?”.
</p>
<p>
“È quello che si chiede anche Dante, e Virgilio risponde indicando chi è stato richiamato da quelle luci: Flegiàs, alla guida di una piccola barca che viaggia velocissima sulle acque paludose”.
</p>
<p>
“Va bene. Quale spunto scientifico prendiamo da qui?”.
</p>
<p>
“Uno spunto molto vago: le due fiammelle”.
</p>
<p>
“E cioè?”.
</p>
<p>
“E cioè il fatto che la comunicazione tra le due torri possa avvenire anche senza l'uso delle parole. Si possono usare simboli diversi, abbreviazioni, linguaggi diversi o, semplicemente, codifiche diverse. L'informazione può essere trasmessa in molti modi”.
</p>
<p>
“Stiamo parlando di <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_dell%27informazione" target="_blank">teoria dell'informazione</a>?”.
</p>
<p>
“Sì, e anche di linguaggio. Siamo nella palude dello Stige, le acque emettono vapori che limitano la visibilità. In più, nel pantano sono immerse le anime dei dannati, che urlano, gridano, ne fanno di tutti i colori. Evidentemente c'è bisogno di comunicare tra la riva sui cui si trovano Dante e Virgilio e un luogo lontano, su cui è stata costruita la seconda torre; luogo che potrebbe essere il posto in cui sta di solito il traghettatore, Flegiàs, oppure l'altra riva: questo non è chiarissimo. Come fare per comunicare in modo efficiente attraverso un canale disturbato?”.
</p>
<p>
“Disturbato?”.
</p>
<p>
“Sì, le voci dei dannati possono impedire che un richiamo vocale arrivi a destinazione, e i fumi della palude possono impedire segnali visivi: un uomo (o un diavolo, visto l'ambiente) che gesticola potrebbe non essere visto”.
</p>
<p>
“E quindi accendiamo le luci”.
</p>
<p>
“Esatto: due luci e non una per dare ridondanza (magari la prima fiammella non viene vista, e allora per sicurezza mettiamocene una seconda), accese su una torre per evitare i fumi della palude. Non è necessario poi trasmettere molta informazione, basta un bit: luce accesa, <i>vieni qua</i>; luce spenta, <i>aspetta</i>. E infine, per essere sicuri che il messaggio sia arrivato a destinazione, c'è anche la trasmissione di una ricevuta di ritorno”.
</p>
<p>
“La luce proveniente dall'altra torre”.
</p>
<p>
“Quella. Questo sistema di semplice comunicazione tra due punti mi ricorda due cose. La prima, non scientifica ma molto evocativa, è l'accensione dei fari di Gondor nel Signore degli Anelli”:
</p>
<blockquote>
Per un po’ tornò a regnare il silenzio. Poi: “Che cos’è quello?” gridò a un tratto Pippin, aggrappandosi al mantello di Gandalf. “Guarda! Fuoco, fuoco rosso! Ci sono draghi in questa regione? Guarda, eccone un altro!”<br />
<br />
Per tutta risposta Gandalf incitò a gran voce il cavallo. “Su, Mantombroso! Dobbiamo affrettarci. Il tempo stringe. Lo vedi? I fari di Gondor sono accesi, chiedono aiuto. È scoppiata la guerra. Vedi il fuoco su Amon Dîn, e le fiamme su Eilenach; e si spostano rapidamente verso ovest: a Nardol, Erelas, Min-Rimmon, Calenhad e l’Halifirien alle frontiere di Rohan.”
</blockquote>
<p>
“Non molto scientifico, effettivamente”.
</p>
<p>
“Lo so, ma mi piaceva citarlo, mi piace quella scena con i fuochi che si propagano, portando il messaggio sempre più lontano. Ma rimedio alla poca scientificità con la seconda cosa che mi è venuta in mente: il <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Two_Generals%27_Problem" target="_blank">problema dei due generali</a>”.
</p>
<p>
“Cos'è?”.
</p>
<p>
“È un problema non risolubile relativo alla comunicazione tra due soggetti su un canale non affidabile”.
</p>
<p>
“Eh? Non risolubile? Non affidabile? E i generali cosa c'entrano?”.
</p>
<p>
“Il problema dice questo: ci sono due generali che devono coordinare un attacco verso truppe nemiche. Le truppe si trovano tra il primo generale e il secondo. I generali possono comunicare tra loro soltanto mandando dei messaggeri, che però devono attraversare la zona nemica e quindi potrebbero essere catturati o uccisi”.
</p>
<p>
“E quindi il messaggio non arriva”.
</p>
<p>
“Esatto. I due generali sanno che possono vincere solo se attaccano contemporaneamente, e quindi vogliono essere sicuri di accordarsi sul momento preciso in cui sferrare l'attacco. Come fare? Supponiamo che il primo generale mandi il messaggio <i>attacchiamo domani alle nove del mattino</i>”.
</p>
<p>
“Per essere sicuro, questo generale dovrebbe aspettare una risposta di conferma. Ma se non arriva?”.
</p>
<p>
“I casi sono due: o il messaggio non è arrivato al secondo generale, e in questo caso un attacco porterebbe alla sconfitta, oppure il messaggio è arrivato, ma la ricevuta di ritorno no”.
</p>
<p>
“In questo caso si potrebbe attaccare, ma come si fa a essere sicuri?”.
</p>
<p>
“Il problema è proprio questo: non si può esserlo. Non esiste un metodo per essere sicuri, in queste condizioni di canale non affidabile”.
</p>
<p>
“E quindi come si fa?”.
</p>
<p>
“Serve un canale di comunicazione sicuro, altrimenti c'è sempre il dubbio che l'attacco non funzioni perché i due generali non sono riusciti a mettersi d'accordo”.
</p>
<p>
“Non è un gran successo, questo”.
</p>
<p>
“Non lo è, ma non si può fare di meglio. Cioè, dal punto di vista matematico si può dimostrare che non esiste un algoritmo che funzioni, dando la certezza ai due generali; ma usando il calcolo delle probabilità si può cercare di tenere bassa l'incertezza, cercando di capire quale sia la probabilità che il messaggio spedito da uno dei due generali sia intercettato e bloccato”.
</p>
<p>
“Un problema, per i generali che devono attaccare”.
</p>
<p>
“Già. E qui ci dobbiamo fermare, perché il resto del canto è occupato dallo sfogo di Dante nei confronti di una particolare anima dannata”.
</p>
<p>
“Uh, non prova pietà questa volta?”.
</p>
<p>
“Macché, è tutto un <i>caro Virgilio, vorrei pestare quel tale che è molto antipatico e che non sopporto.</i> E, da parte di Virgilio, <i>ma certo, caro Dante, mi sembra cosa buona e giusta, sfogati pure: anche se sta già penando le pene dell'inferno, infierisci pure</i>”.</p>
<p>
“Ma dai”.
</p>
<p>
“Sì, sì. Dante e Virgilio sono sulla barca di Flegiàs, e un dannato immerso nell'acqua fangosa allunga le mani e chiede a Dante cosa ci faccia lì, dato che non è un'anima dannata. Dante risponde <i>lascia fare, son qua adesso ma poi vado via, piuttosto tu chi sei, che sei così brutto?</i>”.
</p>
<p>
“Incredibile”.
</p>
<p>
“E il tipo risponde <i>Vedi che son un che piango</i>”.
</p>
<p>
“E non dice il nome?”.
</p>
<p>
“Stranamente no. Ma Dante lo riconosce, e gli dice che è bene che pianga, e dovrebbe continuare a farlo, brutto schifoso. Leggi qua:”.
</p>
<blockquote>
E io a lui: «Con piangere e con lutto,<br />
spirito maladetto, ti rimani;<br />
ch’i’ ti conosco, ancor sie lordo tutto».
</blockquote>
<p>
“È proprio arrabbiato”.
</p>
<p>
“Sì. Dante poi prosegue dicendo che quel tipo in vita non ha commesso nessuna buona azione che meriti di essere ricordata. Poi, tutto gentile, si rivolge a Virgilio”.
</p>
<blockquote>
E io: «Maestro, molto sarei vago<br />
di vederlo attuffare in questa broda<br />
prima che noi uscissimo del lago»
</blockquote>
<p>
“Terribile. E Virgilio?”.
</p>
<p>
“E Virgilio dice <i>ma certo caro Dante</i>”.
</p>
<blockquote>
Ed elli a me: «Avante che la proda<br />
ti si lasci veder, tu sarai sazio:<br />
di tal disio convien che tu goda».
</blockquote>
<p>
“Poveretto quel tipo. Ma chi è?”.
</p>
<p>
“Né Dante né Virgilio ne pronunciano il nome. Gli altri dannati, però, quando lo vedono staccarsi dalla barca, gli danno addosso gridando il suo nome. Impariamo quindi che il poveretto si chiama Filippo Argenti”.
</p>
<p>
“Poi che succede?”.
</p>
<p>
“Succede che Dante e Virgilio vanno verso la città di Dite, ma trovano chiuso. E direi di lasciarli lì a soffrire per un po'”.
</p>
<p>
“Sono d'accordo. Chiudiamo così, quindi?”.
</p>
<p>
“Lasciamo chiudere a Caparezza, questa volta”.
</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/0TX_FP7QNEk" width="320" youtube-src-id="0TX_FP7QNEk"></iframe></div><br /><p><br /></p>
zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-37092192910886468312022-06-08T00:18:00.004+02:002022-06-11T22:45:11.629+02:00Inferno, canto VII<p>
“Eccoci al verso della Divina Commedia che nessuno riesce a tradurre”.
</p>
<p>
“Quale?”.
</p>
<p>
“Il famoso <i>Pape Satàn, pape Satàn aleppe!</i>, pronunciato da Pluto con la sua voce chioccia. Pare che <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Pape_Sat%C3%A0n,_pape_Sat%C3%A0n_aleppe" target="_blank">non abbiano ancora trovato</a> un accordo sul suo significato”.
</p>
<p>
“Sembra un problema crittografico”.
</p>
<p>
“O forse Dante ha semplicemente usato termini privi di significato, che però hanno assonanza con termini che conosciamo. <i>Satàn</i>, almeno, è evidente”.
</p>
<p>
“Sì, quello sì. Dante e Virgilio, però, sembrano comprendere il significato, perché Virgilio tranquillizza Dante e gli dice di non preoccuparsi, e poi si rivolge a Pluto e lo zittisce”.
</p>
<blockquote>
Poi si rivolse a quella ’nfiata labbia,<br />
e disse: «Taci, maladetto lupo!<br />
consuma dentro te con la tua rabbia.<br />
<br />
Non è sanza cagion l’andare al cupo:<br />
vuolsi ne l’alto, là dove Michele<br />
fé la vendetta del superbo strupo».
</blockquote>
<p>
“Beh, per fortuna Pluto non si rivolta contro Virgilio”.
</p>
<p>
“No, anzi, la reazione di Pluto è descritta da tre versi che mi sembrano un capolavoro di semplicità e immediatezza”.
</p>
<blockquote>
Quali dal vento le gonfiate vele<br />
caggiono avvolte, poi che l’alber fiacca,<br />
tal cadde a terra la fiera crudele.
</blockquote>
<p>
“Ah, bello! L'albero della nave si spezza, e le vele si sgonfiano, puff”.
</p>
<p>
“Esatto, puff. Pluto si zittisce, con la coda tra le gambe. Poco più avanti, Dante fa un'altra osservazione presa dal mondo marinaresco: due onde che si infrangono:”.
</p>
<blockquote>
Come fa l’onda là sovra Cariddi,<br />
che si frange con quella in cui s’intoppa,<br />
così convien che qui la gente riddi.
</blockquote>
<p>
“Interferenza <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Interferenza_(fisica)" target="_blank">costruttiva o distruttiva</a>?”.
</p>
<p>
“Mi pare proprio che questa sia costruttiva, dato che viene usata come paragone per la <a href="https://www.treccani.it/vocabolario/ridda/" target="_blank">ridda</a>. E poi Dante entra nel tema di questo canto: le anime dannate qui presenti sono avari e prodighi”.
</p>
<p>
“Due colpe contrapposte”.
</p>
<p>
“Sì, infatti tutto il canto si basa su questa contrapposizione, come le due onde che si infrangono di cui parlavamo prima. Sono contrapposte, ma riguardano lo stesso argomento: l'uso scorretto del denaro. Virgilio parla di <i>ben che son commessi a la fortuna,\ per che l’umana gente si rabbuffa</i>, e Dante chiede spiegazioni su che cosa sia precisamente questa fortuna”.
</p>
<p>
“E Virgilio risponde?”.
</p>
<p>
“Eccome. Risponde con un trattato, quasi metà del canto è dedicata alla fortuna”.
</p>
<p>
“E cosa dice? Non parlerà del calcolo delle probabilità, suppongo”.
</p>
<p>
“No, certo. Per fare le cose per bene, comincia dall'inizio”.
</p>
<p>
“Cioè?”.
</p>
<p>
“Dalla creazione del mondo:”.
</p>
<blockquote>
Colui lo cui saver tutto trascende,<br />
fece li cieli e diè lor chi conduce<br />
sì ch’ogne parte ad ogne parte splende,<br />
<br />
distribuendo igualmente la luce.
</blockquote>
<p>
“Dio ha fatto i cieli, insomma”.
</p>
<p>
“I cieli, e chi li governa, cioè gli angeli. Che faranno in modo di diffondere la sua luce in tutto l'universo”.
</p>
<p>
“E la fortuna?”.
</p>
<p>
“Adesso arriva: dopo aver parlato dei cieli, Virgilio spiega anche quello che ha fatto Dio per ciò che sta sotto i cieli, cioè gli <i>splendor mondani</i>:”.
</p>
<blockquote>
Similemente a li splendor mondani<br />
ordinò general ministra e duce<br />
<br />
che permutasse a tempo li ben vani<br />
di gente in gente e d’uno in altro sangue,<br />
oltre la difension d’i senni umani;<br />
<br />
per ch’una gente impera e l’altra langue,<br />
seguendo lo giudicio di costei,<br />
che è occulto come in erba l’angue.
</blockquote>
<p>
“Uh, <i>general ministra e duce</i>. Sta parlando della fortuna?”.
</p>
<p>
“Sì, Dio ha creato una intelligenza, un altro angelo, forse?, che governasse i beni terreni. Vedi come li governa? Li "permuta a tempo di gente in gente"”.
</p>
<p>
“Vedo, e non si cura nemmeno del senno degli uomini, cioè fa un po' quello che vuole”.
</p>
<p>
“Esatto, fa quello che vuole, non guarda chi perde e non guarda chi guadagna, non guarda il sangue, non guarda in faccia a nessuno. Ci sarà chi <i>impera</i> e chi <i>langue</i>, a seconda del giudizio della fortuna, e solo suo. Un giudizio che noi non riusciamo a comprendere, perché è nascosto come un serpente che si annida in mezzo all'erba”.
</p>
<p>
“Accidenti! La fortuna fa quello che vuole e nessuno può convincerla a fare altrimenti? Nessuno può farle cambiare idea?”.
</p>
<p>
“Direi che questi versi siano definitivi:”.
</p>
<blockquote>
Vostro saver non ha contasto a lei:<br />
questa provede, giudica, e persegue<br />
suo regno come il loro li altri dèi.
</blockquote>
<p>
“Sì, c'è scritto in modo elegante che fa quello che le pare”.
</p>
<p>
“Esatto. Ma secondo un giudizio che non comprendiamo, non a caso: la fortuna è una intelligenza angelica. E agisce velocemente:”.
</p>
<blockquote>
Le sue permutazion non hanno triegue;<br />
necessità la fa esser veloce;<br />
sì spesso vien chi vicenda consegue.
</blockquote>
<p>
“I mutamenti di condizione sono frequenti”.
</p>
<p>
“Esatto. E la gente non è contenta:”.
</p>
<blockquote>
Quest’è colei ch’è tanto posta in croce<br />
pur da color che le dovrien dar lode,<br />
dandole biasmo a torto e mala voce;
</blockquote>
<p>
“Comprensibilmente, direi. Chi è contento quando gira la sorte?”.
</p>
<p>
“Eh, nessuno. Ma la fortuna non si preoccupa di queste critiche:”.
</p>
<blockquote>
ma ella s’è beata e ciò non ode:<br />
con l’altre prime creature lieta<br />
volve sua spera e beata si gode.
</blockquote>
<p>
“Molto bene, me la vedo la fortuna girare la ruota bella beata”.
</p>
<p>
“È così. Noi non possiamo comprendere le sue scelte, e dobbiamo farcene una ragione”.
</p>
<p>
“Potremmo riassumere, quindi, questa descrizione, con la famosa frase <i>Dio non gioca a dadi</i>. Credo che sia di Einstein, ma sarà un apocrifo come tanti aforismi che si leggono in giro”.
</p>
<p>
“Esatto, e questa volta pare proprio che sia una <a href="https://it.wikiquote.org/wiki/Dio_non_gioca_a_dadi#:~:text=Essa%20viene%20spesso%20citata%20semplicemente,Dio%20cosa%20deve%20fare!%C2%BB." target="_blank">citazione corretta</a>, anche se la frase originale è più articolata”.
</p>
<p>
“Quindi Einstein la pensava come Dante?”.
</p>
<p>
“Beh, no. I fisici non pensano che ci sia una intelligenza angelica che governa le vicende del mondo in modo imperscrutabile: i fisici cercano le leggi che governano il mondo. Aspetta, la dico meglio, non vorrei che un Vero Fisico passasse di qua e dicesse che sto sbagliando tutto: i fisici cercano delle astrazioni matematiche che regolano le interazioni tra le grandezze fisiche e che descrivono, con approssimazione sempre migliore, i fenomeni naturali”.
</p>
<p>
“Eh?”.
</p>
<p>
“Insomma, il mondo non è fatto di leggi matematiche, ma la matematica si adatta ai fenomeni naturali con una <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/The_Unreasonable_Effectiveness_of_Mathematics_in_the_Natural_Sciences" target="_blank">irragionevole efficacia</a> che vale la pena indagare”.
</p>
<p>
“Ok. E Einstein quindi sottolineava questa irragionevole efficacia, dicendo che Dio non gioca a dadi?”.
</p>
<p>
“No, Einstein <a href="https://www.britannica.com/story/what-einstein-meant-by-god-does-not-play-dice" target="_blank">si lamentava della meccanica quantistica</a>”.
</p>
<p>
“Uhm”.
</p>
<p>
“Nei primi anni del ventesimo secolo ci fu una gran rivoluzione: già all'inizio del 1800 si parlava di atomi, poi nel 1874 è stato scoperto l'elettrone, nel 1886 sono state osservate sperimentalmente le onde elettromagnetiche, e si cominciò a capire che la teoria che descriveva questi fenomeni era inadeguata”.
</p>
<p>
“La matematica non era più irragionevolmente efficace?”.
</p>
<p>
“Esatto. O, meglio, le leggi fisiche di allora, espresse in linguaggio matematico, non erano più efficaci, perché prevedevano risultati sbagliati”.
</p>
<p>
“E quindi?”.
</p>
<p>
“E quindi bisognava sviluppare nuove leggi, più accurate. E Einstein ha fatto proprio questo: ha anche vinto il premio Nobel nel 1921 per la spiegazione teorica dell'effetto fotoelettrico”.
</p>
<p>
“Uh, 101 anni fa”.
</p>
<p>
“Già, 101 anni fa si scoprivano cose nuove, e oggi abbiamo i pannelli solari sui tetti. Ma non divaghiamo: questa nuova teoria di Einstein ha dato un contributo allo sviluppo della meccanica quantistica”.
</p>
<p>
“Ma come? Einstein non la criticava?”.
</p>
<p>
“Sì, ma non voleva dire che fosse sbagliata: le sue predizioni erano (e sono ancora oggi) accuratissime. Il problema è che quella teoria è intrinsecamente legata alle probabilità, e questo non gli andava giù. Non è possibile che alcuni eventi siano legati solo a una probabilità, diceva. E secondo la meccanica quantistica certi eventi sono, per loro natura (e non per nostra ignoranza), eventi probabilistici. Questo faceva dire a Einstein che la meccanica quantistica non è una teoria completa. In questo senso Dio non gioca a dadi: Dio è la natura, l'universo, la fisica. Non può basarsi sulla probabilità. Questo è un problema che oggi è ancora aperto: è vero che certe leggi sono intrinsecamente probabilistiche? Perché? Ci sono delle variabili nascoste che le rendono deterministiche e che noi non abbiamo ancora scoperto? Perché la meccanica quantistica descrive così bene il mondo atomico e subatomico, mentre la teoria della relatività descrive bene il mondo macroscopico, ma le due teorie non vanno d'accordo?”.
</p>
<p>
“Non vanno d'accordo?”.
</p>
<p>
“No, non siamo ancora riusciti a esprimere una teoria che metta d'accordo la relatività con la meccanica quantistica: sono incompatibili. Quindi deve esistere una teoria più accurata che le comprenda entrambe, come casi particolari. Ma questa teoria nessuno è ancora riuscito a scriverla”.
</p>
<p>
“Insomma, Dio non gioca a dadi, ma non sappiamo ancora a cosa giochi”.
</p>
<p>
“O magari, come diceva Hawking, Dio gioca a dadi e li getta spesso dove noi non possiamo vederli”.
</p>
<p>
“Sai che, alla fine, mi sa che la descrizione della fortuna che abbiamo letto poco fa non sia molto diversa da questa fisica moderna?”.</p>
zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-4138070889648048592022-05-04T10:31:00.000+02:002022-05-04T10:31:57.960+02:00Inferno, canto VI<p>
“Ed eccoci al canto VI, quello dei golosi”.
</p>
<p>
“Ma anche quello politico. Mi ricordo che, quando studiavo la Divina Commedia a scuola, i sesti canti di Inferno, Purgatorio e Paradiso mi annoiavano”.
</p>
<p>
“Perché hai sempre avuto un problema con lo studio della storia, suppongo”.
</p>
<p>
“Già”.
</p>
<p>
“Beh, c'è comunque la pena dei golosi: il fango, la pioggia, la grandine, la terra puzzolente”.
</p>
<p>
“Vero. E anche Cerbero non scherza. La sua descrizione fa paura:”.
</p>
<blockquote>
Cerbero, fiera crudele e diversa,<br />
con tre gole caninamente latra<br />
sovra la gente che quivi è sommersa.<br />
<br />
Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra,<br />
e ’l ventre largo, e unghiate le mani;<br />
graffia li spirti, ed iscoia ed isquatra.
</blockquote>
<p>
“Poi c'è Ciacco, c'è la parte politica che non ti piace, e poi, alla fine, un riferimento interessante”.
</p>
<p>
“Una osservazione scientifica?”.
</p>
<p>
“Quasi. Non una osservazione su un particolare fenomeno fisico, ma alcune deduzioni fatte secondo il pensiero del più sapiente dei sapienti, cioè Aristotele”.
</p>
<p>
“Oh”.
</p>
<p>
“Sì: alla fine del suo discorso, Ciacco china la testa e cade al suolo, assieme alle altre anime dannate. Virgilio spiega a Dante che il poveretto non si rialzerà più, fino al suono della tromba del giudizio, quando arriverà, appunto, il giudizio definitivo. A quel punto Dante fa una domanda: vuole sapere se dopo il giudizio universale i dannati soffriranno ancora di più”.
</p>
<blockquote>
[per ch’io dissi:] «Maestro, esti tormenti <br />
crescerann’ei dopo la gran sentenza, <br />
o fier minori, o saran sì cocenti?».
</blockquote>
<p>
“Dante sembra un po' preoccupato”.
</p>
<p>
“Forse sì, o forse è solo curioso. Virgilio, comunque, gli dà una risposta da manuale, perché gli ricorda cosa dice la scienza:”.
</p>
<blockquote>
Ed elli a me: «Ritorna a tua scienza,<br />
che vuol, quanto la cosa è più perfetta,<br />
più senta il bene, e così la doglienza.<br />
<br />
Tutto che questa gente maladetta <br />
in vera perfezion già mai non vada, <br />
di là più che di qua essere aspetta».
</blockquote>
<p>
“Uhm, cos'è che dice questa scienza?”.
</p>
<p>
“Questa scienza è quella di Aristotele, secondo la quale quanto più una creatura è perfetta, tanto più sentirà il piacere e il dolore”.
</p>
<p>
“Ah”.
</p>
<p>
“E anche se i dannati non saranno mai perfetti, dopo il giudizio universale il loro grado di perfezione crescerà, e così il loro dolore. Questo il commento di san Tommaso d'Aquino al <i>De Anima</i> di Aristotele:”.
</p>
<blockquote>
quanto anima est perfectior, tanto exercet plures perfectas operationes et diversas
</blockquote>
<p>
“Ehm”.
</p>
<p>
“Quanto più l'anima è perfetta, tanto più numerose, perfette e diverse sono le sue attività, o le operazioni che esercita”.
</p>
<p>
“Mh, stiamo usando il termine <i>scienza</i> in modo molto vago, però”.
</p>
<p>
“Perché ai tempi di Dante non c'era una distinzione più precisa, non esisteva il metodo scientifico”.
</p>
<p>
“Vabbé, ma cosa c'entra la teoria sull'anima con qualunque tipo di scienza?”.
</p>
<p>
“Oh, c'entra tanto, perché secondo Aristotele i corpi si muovono sempre per una ragione. Gli oggetti inanimati tendono a raggiungere il loro luogo naturale: per esempio, i corpi pesanti vogliono ricongiungersi alla sfera della terra. Quando si osserva che un corpo si allontana dal luogo naturale a cui appartiene, invece, allora si può sempre risalire a una causa: un motore esterno che trasmette il moto al corpo. Se l'universo fosse composto soltanto da oggetti inanimati, questi tornerebbero alla loro sfera naturale di appartenenza e poi tutto sarebbe in equilibrio, immobile”.
</p>
<p>
“Ma l'universo non è composto soltanto da oggetti inanimati”.
</p>
<p>
“Esatto: ci sono anche oggetti dotati di anima”.
</p>
<p>
“Uh, già, la parola <i>inanimato</i> significa letteralmente <i>senza anima</i>, non <i>immobile</i>”.
</p>
<p>
“Infatti. Gli oggetti dotati di anima, invece, sono mossi proprio da essa: l'anima è il motore degli esseri viventi”.
</p>
<p>
“Ma quindi anche gli animali hanno l'anima?”.
</p>
<p>
“Anche i vegetali”.
</p>
<p>
“Ah”.
</p>
<p>
“Ma solo negli uomini l'anima ha funzione razionale. Inoltre l'anima è il motivo per cui esistono gli esseri animati”.
</p>
<p>
“Beh, grazie”.
</p>
<p>
“Non è un'ovvietà: l'anima è la <i>causa</i> dell'esistenza. Noi esistiamo perché c'è l'anima. E l'anima è anche il nostro fine”.
</p>
<p>
“Sia causa che fine?”.
</p>
<p>
“Eh, sì. I nostri organi esistono in quanto strumenti dell'anima: abbiamo le mani perché abbiamo l'anima. E non solo: l'anima è l'origine del movimento, perché tende verso qualcosa. E tutto ciò che si muove è stato messo in movimento da qualcos'altro, e dunque deve esistere una causa prima di tutti i moti”.
</p>
<p>
“Cosa?”.
</p>
<p>
“Beh, Dio. Anche se il Dio immaginato da Aristotele non è quello immaginato da san Tommaso, o da Dante”.
</p>
<p>
“O forse sì, Dio nessuno l'ha mai visto. Chissà”.
</p>
<p>
“Chissà”.</p>
zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-80862208407067879672022-04-05T12:05:00.001+02:002022-04-05T12:05:26.027+02:00Inferno, canto V<p>
“Il quinto canto dell'Inferno è quello di Paolo e Francesca”.
</p>
<p>
“Ah, il canto dell'amore”.
</p>
<p>
“Mica tanto, siamo sempre all'Inferno”.
</p>
<p>
“Anche questo è vero”.
</p>
<p>
“Ora: come fanno le anime dannate a sapere dove devono andare? Chi glielo dice? Chi ha detto a Paolo e Francesca di andare nel primo cerchio dell'Inferno?”.
</p>
<p>
“C'è Minosse che li guida, vero?”.
</p>
<p>
“C'è Minosse, che giudica le anime e le assegna a una determinata zona. Ma Minosse non parla — o, almeno, non parla con le anime:”.
</p>
<blockquote>
cignesi con la coda tante volte <br />
quantunque gradi vuol che giù sia messa.
</blockquote>
<p>
“Uh, vero, attorciglia la coda”.
</p>
<p>
“Esatto. Conta con la coda, invece che con le dita”.
</p>
<p>
“E perché non usa le dita?”.
</p>
<p>
“Chissà, Dante non lo dice. Potrebbe semplicemente parlare, ma no, non lo fa. Però con Dante parla, quindi è in grado di farlo”.
</p>
<p>
“E quindi?”.
</p>
<p>
“Quindi non lo so. I cerchi dell'Inferno sono nove, dunque avrebbe abbastanza dita per numerarli tutti; ma alcuni di essi hanno una struttura più particolareggiata: il settimo cerchio è formato da tre gironi, l'ottavo cerchio da dieci bolge, il nono da quattro zone. Se Minosse volesse essere preciso, avrebbe bisogno di 23 dita”.
</p>
<p>
“Non gli basterebbero nemmeno le dita dei piedi, ammesso che abbia ancora mani e piedi umane”.
</p>
<p>
“Dante risolve il problema usando una numerazione in base 1”.
</p>
<p>
“Ma come in base 1?”.
</p>
<p>
“Noi siamo soliti utilizzare la <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Base_%28aritmetica%29" target="_blank">base</a> 10, ma non è l'unica esistente. Nei computer viene utilizzata la base 2, per esempio. La base 1 in realtà non è una vera base, è un modo scherzoso per dire che stiamo contando con le dita, o con i giri della coda di Minosse, o con dei sassolini in un sacchetto”.
</p>
<p>
“Non è gran matematica, questa”.
</p>
<p>
“No, non molto. Anche se i numeri naturali sono alla base di tutto: <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Leopold_Kronecker" target="_blank">Dio ha creato i numeri naturali, tutto il resto è opera dell'uomo</a>, diceva Kronecker”.
</p>
<p>
“A Dante sarebbe piaciuto”.
</p>
<p>
“Sicuramente. Tieni anche presente il fatto che la numerazione araba non era ancora molto diffusa: Fibonacci, che l'ha portata in Italia, ha scritto il Liber Abaci nel 1202, e poi ne ha pubblicata una seconda stesura nel 1228. Dante avrebbe potuto conoscerlo, ma non ne fa cenno. <a href="https://www.italiamedievale.org/portale/numerazione-araba-in-europa/" target="_blank">Pare che</a> a Firenze l'uso della numerazione araba da parte dei banchieri venne proibito nel 1280, perché lo zero avrebbe creato confusione”.
</p>
<p>
“Va bene, Dante risolve il problema con la coda di Minosse”.
</p>
<p>
“Esatto. Ma andiamo avanti, diciamo qualcosa anche di Paolo e Francesca, non possiamo fare finta di niente”.
</p>
<p>
“Oh, bene”.
</p>
<p>
“La pena prevista per i lussuriosi è quella di essere trasportati dal vento e di essere sbattuti di qua e di là in continuazione”.
</p>
<p>
“Beh, non è terribile come altre pene”.
</p>
<p>
“No, infatti, anche se è pur sempre una pena eterna. Ecco come Dante descrive le anime dannate:”.
</p>
<blockquote>
E come li stornei ne portan l’ali <br />
nel freddo tempo, a schiera larga e piena, <br />
così quel fiato li spiriti mali;<br />
<br />
di qua, di là, di giù, di sù li mena; <br />
nulla speranza li conforta mai, <br />
non che di posa, ma di minor pena. <br />
</blockquote>
<p>
“Gli stornei sono gli stornelli?”.
</p>
<p>
“Cioè gli <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Sturnus_vulgaris" target="_blank">storni</a>, sì”.
</p>
<p>
“Ok, e poi arrivano Paolo e Francesca e fine della matematica”.
</p>
<p>
“Dopo, sì. Ma qui ci sarebbe qualcosa da dire”.
</p>
<p>
“Ma cosa vuoi mai che si possa dire di uno stormo di uccelli?”.
</p>
<p>
“Beh, c'è <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Giorgio_Parisi" target="_blank">chi</a> ha avuto un <a href="https://www.nobelprize.org/prizes/physics/2021/summary/" target="_blank">premio Nobel per la fisica</a> <a href="https://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/libri/2021/11/16/giorgio-parisi-un-estratto-dal-libro-in-un-volo-di-storni_668b642c-28a6-496e-bea8-416b3c6f37c3.html" target="_blank">partendo proprio da lì</a>, direi che si possa dire tanto. Lo studio dei <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Sistema_complesso" target="_blank">sistemi complessi</a> è affascinante, complicato, ha a che fare con il caos matematico, la dinamica dei fluidi, le previsioni del tempo, l'auto organizzazione, l'economia, forse l'intelligenza artificiale, e chissà cos'altro ancora. E tutto questo può essere intuito osservando”.
</p>
<p>
“Oh. Cado come corpo morto cade”.
</p>
zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-23469971852020341252022-03-22T09:33:00.001+01:002022-03-22T09:33:27.658+01:00Thank you, my friend<p>
Ero in fila al lavaggio auto quando si avvicina un signore che, in inglese, mi chiede come funziona il tutto.
</p>
<p>
Rendendomi conto che ascoltare qualcuno che parla inglese e parlare inglese sono due cose molto, molto diverse, cerco di spiegargli dove deve mettere i soldi, quale programma deve scegliere, quelle cose lì. Però ora non funziona, gli dico, perché prima deve spostare la macchina un po' più avanti, nella posizione giusta.
</p>
<p>
Lui dice ah giusto, va verso la macchina, la sposta in avanti. Io lo guardo, la macchina aveva la targa UA, Ucraina.
</p>
<p>
Va bene qui? Chiede. No, guarda le frecce, rispondo. Ah, ok, dice, e avanza ancora un po'. Le frecce segnalano che lì va bene, e scende. Gli ricordo di chiudere gli specchietti, lui dice ah, giusto, li richiude, ringrazia.
</p>
<p>
Mentre parte il lavaggio automatico, mi spiega che quella macchina è di una marca di cui non esistono officine in Italia. Credo che la marca fosse MG, ma non ne sono sicuro. Vedi, l'ho presa in Ucraina, dice. Forse avrei dovuto prendere una FIAT. Ride.
</p>
<p>
Dico, eh, ma poi avresti dovuto frequentare spesso l'officina. O almeno credo di dire così, non sono ben sicuro del mio inglese.
</p>
<p>
Eh, sono scappato dall'Ucraina, sai, c'è la guerra. You know?
</p>
<p>
Sì, la guerra, lo so. E poi non so più andare avanti.
</p>
<p>
E lui continua: sono di Kiev, sono rimasto in città per i primi giorni della guerra, poi c'erano le bombe, ho preso su qualcosa, la macchina, e sono scappato. In macchina c'era una persona con lui, forse la moglie? La figlia? Non è scesa durante il lavaggio, non l'ho vista bene. Penso che sia giovane, se è rimasta dentro l'auto, ma poi penso che anche io a volte rimango dentro e mi diverto quando le spazzole fanno BRRRRR sui vetri, io che sono solo giovane dentro. Guarda che cose si vanno a pensare.
</p>
<p>
Mi dispiace, dico. Abiti qua a Modena adesso? No, risponde, non proprio a Modena ma in un paese vicino, dice. L'Italia gli ha trovato un appartamento, dice proprio così, l'Italia. Mi hanno dato un appartamento, ripete, ci sono della associazioni che mi hanno dato tutto quello che mi serviva, sono tutti molto gentili, grazie Italia. Grazie.
</p>
<p>
Ah, bene, ti ricordi che associazione è? No, risponde, non una sola, ce ne sono tante, qualcuna mi ha portato i vestiti, qualcun altra qualcosa da mangiare. Vedi, questa felpa me l'hanno data loro. Aveva una felpa con una piccola pubblicità di una azienda italiana, ora non ricordo quale.
</p>
<p>
Poi continua: per fortuna non ho bisogno di soldi, ho un lavoro. Sono un marinaio, dice. Dice "sailor", ma da come va avanti sembra più uno che pilota le navi, non ho capito bene. Dice che guida le navi commerciali, e che quindi può lavorare anche se è in Italia. Tra un po' si imbarcherà per andare in Turchia. Per fortuna posso lavorare, ripete.
</p>
<p>
Intanto la macchina è pronta, lui se ne accorge, e allora mi saluta, mi porge entrambe le mani, e io che non davo la mano a nessuno da febbraio 2020 mi sono sentito un po' strano, poi gliele ho strette tutte e due. E lui dice "thank you my friend". E io dico "good luck". E lui sale in macchina sorridendo.
</p>zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-36003794032052633852022-03-10T23:42:00.002+01:002022-03-10T23:42:22.785+01:00Inferno, canto IV<p>
“Il quarto canto dell'Inferno è il tristissimo canto del limbo”.
</p>
<p>
“Tristissimo?”.
</p>
<p>
“Sì, è il canto dell'ingiustizia e della speranza che non si avvera mai. Ci sono i bambini morti prima del battesimo, i giusti che non hanno conosciuto Dio: non sono dannati, ma nemmeno possono andare in Paradiso”.
</p>
<p>
“Poveretti”.
</p>
<p>
“E Dante è consapevole di questa ingiustizia:”.
</p>
<blockquote>
Gran duol mi prese al cor quando lo ’ntesi, <br />
però che gente di molto valore <br />
conobbi che ’n quel limbo eran sospesi.
</blockquote>
<p>
“Vedo”.
</p>
<p>
“E in questo canto si parla poco di scienza ma molto di scienziati, se vogliamo continuare usare un linguaggio moderno”.
</p>
<p>
“Ti riferisci alla <i>gente di molto valore</i>?”.
</p>
<p>
“Sì: questo canto contiene un lungo elenco di nomi. Sono tutti i sapienti che non hanno conosciuto Dio ma che non meritano l'Inferno. Se non ho sbagliato i conti, ho trovato <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Inferno_-_Canto_quarto" target="_blank">trentanove nomi</a>. Anzi, trentotto espliciti e uno sottinteso”.
</p>
<p>
“Ah. Chi?”.
</p>
<p>
“Senti qua:”.
</p>
<blockquote>
Poi ch’innalzai un poco più le ciglia, <br />
vidi ’l maestro di color che sanno <br />
seder tra filosofica famiglia.<br />
<br />
Tutti lo miran, tutti onor li fanno: <br />
quivi vid’io Socrate e Platone, <br />
che ’nnanzi a li altri più presso li stanno[:]
</blockquote>
<p>
“<i>Il maestro di color che sanno</i>”.
</p>
<p>
“Lui: Aristotele”.
</p>
<p>
“Molto bene. E oltre a Aristotele, Socrate e Platone, sono citati altri filosofi?”.
</p>
<p>
“Sì, certo, ma non solo filosofi. I sapienti, qui, non vengono divisi per discipline: non ci sono discipline nobili e discipline meno nobili, Veri Matematici e ingegneri”.
</p>
<p>
“Eccoci”.
</p>
<p>
“Le discipline hanno tutte uguale dignità: c'è Euclide, e c'è Saladino; ci sono Ettore e Cesare, e ci sono delle donne”.
</p>
<p>
“Uh, niente male”.
</p>
<p>
“Anche se sono quasi tutte figure mitologiche, nessuna vera scienziata. Comunque, se vogliamo proprio cercare un qualche riferimento matematico o scientifico, abbiamo solo la descrizione del luogo abitato da queste anime nobili:”.
</p>
<blockquote>
Venimmo al piè d’un nobile castello, <br />
sette volte cerchiato d’alte mura, <br />
difeso intorno d’un bel fiumicello. <br />
<br />
Questo passammo come terra dura; <br />
per sette porte intrai con questi savi: <br />
giugnemmo in prato di fresca verdura.
</blockquote>
<p>
“Un castello”.
</p>
<p>
“Con sette cerchie di mura e sette porte”.
</p>
<p>
“Perché proprio sette?”.
</p>
<p>
“Questo non è chiaro. C'è chi ha cercato riferimenti, come per esempio le sette arti liberali, le sette virtù, le sette ripartizioni della filosofia, ma non c'è una interpretazione definitiva. Forse Dante ha usato questo numero perché è bello”.
</p>
<p>
“Ma come bello?”.
</p>
<p>
“Sì, forse le mura e le porte sono sette per lo stesso motivo per cui le arti liberali sono sette, o per cui lo sono le virtù, i giorni della settimana, i colori dell'arcobaleno, i doni dello Spirito Santo, i sacramenti, le meraviglie del mondo, e si potrebbe andare avanti tanto su questa strada: sette è un bel numero”.
</p>
<p>
“Ma cosa ha di speciale, poi?”.
</p>
<p>
“Eh, è un numero primo, ma non è l'unico, e prima di lui ne ne sono altri: eppure ci piace di più quello”.
</p>
<p>
“Chissà perché”.
</p>
<p>
“Non è troppo grande, non è troppo piccolo, non è banale come il 5, chissà. Pensa se la settimana fosse lunga 11 giorni”.
</p>
<p>
“Terribile. Avrei preferito una settimana di 5 giorni”.
</p>
<p>
“Oh, sì, sarebbe bello fare festa ogni 5 giorni e non ogni 7. Potrebbe però esserci anche un'altra ragione che rende speciale il numero 7”.
</p>
<p>
“Quale?”.
</p>
<p>
“Beh, alcuni antichi sistemi di numerazione erano in base 60…”.
</p>
<p>
“Ecco un altro numero strano”.
</p>
<p>
“No, non così tanto: 60 è un numero comodo, perché ha tanti divisori. Per questo viene usato, per esempio, anche per misurare il tempo, o gli angoli: si può dividere in tanti modi in modo esatto”.
</p>
<p>
“Questo è vero, i suoi divisori sono proprio tanti: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 10, 12, 15, 20, 30, 60”.
</p>
<p>
“Già. E il primo numero che non lo è…”.
</p>
<p>
“È proprio 7! Quindi è effettivamente speciale, da un certo punto di vista”.
</p>
<p>
“Esatto. Ma se la mettiamo su questo piano, <a href="https://www.ilpost.it/mauriziocodogno/2010/05/19/il-paradosso-di-berry/" target="_blank">quale numero non lo è?</a>”.</p>
zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-78459304824907147612022-02-04T14:41:00.003+01:002022-02-04T23:19:06.236+01:00Inferno, canto III<p>
“Il terzo canto dell'Inferno è il canto di Caronte, ma è anche il canto della porta infernale”.
</p>
<p>
“Quella con l'iscrizione famosa”.
</p>
<p>
“Lei. Che si presenta in maniera solenne, utilizzando ancora una volta il numero <i>tre</i>”.
</p>
<p>
“Ah. Fammi ripassare…”.
</p>
<p>
“Eh, sì, la porta dichiara che attraverso di lei si va 1) <i>nella città dolente</i>, 2) <i>ne l'etterno dolore</i>, 3) <i>tra la perduta gente</i>”.
</p>
<p>
“Giusto”.
</p>
<p>
“E in più la porta dice di essere stata costruita da 1) <i>la divina podestate</i>, 2) <i>la somma sapienza</i>, 3) <i>il primo amore</i>”.
</p>
<p>
“Cioè dalla Trinità”.
</p>
<p>
“Esatto. Il tre è un numero bello, e poi c'è quel dualismo tra bene e male che tornerà anche più avanti”.
</p>
<p>
“A Dante piacevano le simmetrie”.
</p>
<p>
“Molto. Poi c'è un accenno all'infinito: prima di lei non fu creato nulla, se non cose eterne, e la porta stessa dura in eterno. C'è un tempo, prima della porta, in cui vengono create le cose che durano per l'eternità, e — immagino, non c'è scritto esplicitamente — un tempo dopo la porta in cui vengono costruite le cose che invece non durano per sempre. Un mondo perfetto e un mondo imperfetto, e la porta sembra segnare il passaggio da uno all'altro”.
</p>
<p>
“Ok”.
</p>
<p>
“Poi, dopo la bella descrizione di Caronte, c'è un punto che parla di fenomeni naturali”.
</p>
<p>
“Ah, e cioè?”.
</p>
<p>
“Terremoti, e venti”.
</p>
<p>
“Insieme?”.
</p>
<p>
“Sì, perché la scienza medievale pensava che i <a href="https://ingvterremoti.com/2021/03/25/dante-il-vento-e-i-terremoti/" target="_blank">terremoti fossero causati dal vento</a>”.
</p>
<p>
“Ah”.
</p>
<p>
“O, meglio, questa del vento <a href="http://www.instoria.it/home/eziologia_terremoti_antichita_parte_I.htm" target="_blank">era una delle tante teorie</a>, abbracciata da Aristotele che scrive, nella sua <i>Meteorologica</i>, che <i>la terra è infatti in sé secca, ma poiché contiene, a causa delle piogge, una grande quantità di umido, quando è riscaldata dal sole o dal calore in essa contenuto produce una grande quantità di soffio sia all’interno che all’esterno; ed esso o penetra interamente all’interno, o si effonde all’esterno, o si distribuisce in entrambe le direzioni</i>”.
</p>
<p>
“Il <i>soffio</i>, cioè il vento”.
</p>
<p>
“Sì, il calore del sole produce quello che lui chiama vapore secco, che si insinua nella terra (cioè nell'intestino della terra), producendo i terremoti. Immagina il vento che proviene dalle viscere della terra come un vento che proviene da un vero intestino”.
</p>
<p>
“Che schifo”.
</p>
<p>
“Esattamente: e questo è il motivo per cui dopo i terremoti ci sono le pestilenze. Colpa di quel vento malsano”.
</p>
<p>
“Tutto torna, peccato che non sia vero”.
</p>
<p>
“Già. Qui si vede la mancanza del metodo scientifico, che si è sviluppato in seguito, quando i tempi erano più maturi. Questo non vuol dire che la scienza nel medioevo fosse inesistente, o inventata senza criterio. Lascio spiegare questo fatto a qualcuno che lo sa fare bene:”.
</p>
<blockquote>
Ogni oggetto materiale era considerato come la figurazione di qualcosa che gli corrispondeva su un piano più elevato e che diventava così il suo simbolo. Il simbolismo era universale, e il pensare era una continua scoperta di significati nascosti, una costante "ierofania".
</blockquote>
<p>
“Chi l'ha scritto?”.
</p>
<p>
“<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Scienza_medievale" target="_blank">Jacques Le Goff</a>”.</p>
zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-31426916.post-64045844862147284012022-01-01T15:21:00.000+01:002022-01-01T15:21:57.925+01:00Inferno, canto II<p>
“Nel secondo canto dell'Inferno non ci sono degli evidenti riferimenti scientifici”.
</p>
<p>
“Ah, quindi passiamo al terzo?”.
</p>
<p>
“No, analizziamo questo più a fondo e troviamo qualche spunto, anche se i collegamenti sono un po' più vaghi rispetto a quelli che abbiamo incontrato nel primo canto”.
</p>
<p>
“Collegamenti, al plurale? Hai cercato più di uno spunto?”.
</p>
<p>
“Sì, e ne ho trovati tre”.
</p>
<p>
“Ah, però. Niente male per un canto senza evidenti riferimenti scientifici. Vediamo un po': qual è il primo argomento?”.
</p>
<p>
“Ecco qua:”.
</p>
<blockquote>
"O donna di virtù, sola per cui<br />
l’umana spezie eccede ogne contento<br />
di quel ciel c’ha minor li cerchi sui,<br />
</blockquote>
<p>
“Suppongo che la donna di virtù possa essere Beatrice ma, <i>cerchi</i>? Di cosa parliamo?”.
</p>
<p>
“Supponi bene, è Beatrice”.
</p>
<p>
“E il resto? Cos'è che fa <i>l'umana spezie</i>? Di che cerchi stiamo parlando?”.
</p>
<p>
“Quei versi dicono che la specie umana supera tutto ciò che è contenuto sotto il cielo che ha la circonferenza minore di tutti gli altri”.
</p>
<p>
“Eh?”.
</p>
<p>
“La virtù di Beatrice è così grande che permette alla intera specie umana di elevarsi, di staccarsi dalle cose mondane e di avvicinarsi alle cose spirituali. Nell'universo di Dante la terra si trova al centro, e intorno a essa si trovano le sfere celesti, i <i>cerchi</i>. La prima, quella di raggio minore di tutte, è quella della Luna. Beatrice è così ricca di virtù che riesce a elevare tutta l'umanità al di sopra delle cose materiali, fino al cielo della Luna. Qui ci sarebbe da dire tanto sulla forma dell'universo immaginato da Dante, ma lo faremo a tempo debito (<a href="http://proooof.blogspot.com/2010/03/la-3-sfera.html" target="_blank">l'abbiamo poi già fatto</a>, in passato, parlando della 3-sfera)”.
</p>
<p>
“Uh, vero”.
</p>
<p>
“Bene, qui abbiamo solo un primo accenno alle sfere celesti, e basta così”.
</p>
<p>
“E il secondo argomento che hai trovato?”.
</p>
<p>
“Ho trovato l'<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Eliotropismo" target="_blank">eliotropismo</a>”.
</p>
<p>
“A costo di ripetermi: eh?”.
</p>
<p>
“Questa cosa qui:”.
</p>
<blockquote>
Quali fioretti dal notturno gelo<br />
chinati e chiusi, poi che ’l sol li ’mbianca<br />
si drizzan tutti aperti in loro stelo
</blockquote>
<p>
“I fiori?”.
</p>
<p>
“I fiori che si aprono, sensibili alla luce del sole”.
</p>
<p>
“Come i girasoli?”.
</p>
<p>
“<a href="https://www.ilpost.it/2016/08/12/girasoli-seguire-sole-eliotropismo/" target="_blank">Come i girasoli</a>. Solo pochi anni fa hanno scoperto come fanno i fiori a inseguire il sole, dato che non possiedono muscoli: prima non era un fatto chiaro e spiegato bene. Ancora oggi manca qualche cosa, non si è ancora capito tutto”.
</p>
<p>
“Che roba. Però qui non c'è un gran studio scientifico, ma solo un'osservazione della natura”.
</p>
<p>
“Certo, anche se l'osservazione della natura è un passo in quella direzione. E ricordiamoci che ai tempi di Dante il metodo scientifico non esisteva ancora, anche se questo non significa che erano tutti ignoranti. Allora si pensava che il mondo lo si potesse comprendere con l'intelletto, cioè con ciò che distingue l'uomo dalle bestie. Ma questo riferimento all'eliotropismo era un po' un pretesto per poter arrivare a <i>tre</i> riferimenti scientifici”.
</p>
<p>
“Ah. Perché proprio tre?”.
</p>
<p>
“Perché tre è un numero importante, carico di significati, e perché tre sono le donne a cui Dante fa riferimento in questo canto. Tre donne che donano la grazia all'umanità, in parallelo con le tre persone di cui è composta la Trinità. E anche con le tre fiere incontrate nel canto precedente: la lupa, il leone e la lonza. Qui non c'è scienza da raccontare, a dir la verità, ma c'è soltanto un numero. E che numero…”.
</p>
<p>
“Uh. Chi sono queste tre donne?”.
</p>
<p>
“C'è Beatrice, naturalmente. Poi ci sono santa Lucia e Maria. Tre portatrici di grazia divina”.
</p>
<p>
“Qua si entra nella teologia”.
</p>
<p>
“Eh, sì. Ci sono vari tipi grazia, e le tre donne <a href="https://www.treccani.it/enciclopedia/grazia_%28Enciclopedia-Dantesca%29/" target="_blank">ne rappresentano uno ciascuna</a>. Beatrice è la grazia operante, santa Lucia la grazia illuminante, e Maria la grazia preveniente”.
</p>
<p>
“Benissimo. E con questo terzo argomento abbiamo finito?”.
</p>
<p>
“Sì, ora possiamo entrare per lo cammino alto e silvestro”.</p>
zarhttp://www.blogger.com/profile/05055303656305567517noreply@blogger.com0