giovedì 18 settembre 2008

Verso l'infinito, ma con calma - esistono cardinalità grandi

So che qui perderò la metà dei miei 102 lettori, perché questa dimostrazione è difficile. Ma se uno prova a seguirla, magari con carta, matita, gomma, troverà che è affascinante. Chiaramente, affascinante per un Vero Matematico.

Abbiamo visto che se la cardinalità dell'insieme A è α allora la cardinalità dell'insieme delle parti P(A) è 2α. Nel caso in cui α è transfinito, la scrittura 2α è soltanto un simbolo. Ora vogliamo dimostrare che 2α è effettivamente maggiore di α anche nel caso transfinito.

Supponiamo per assurdo che esista una funzione biunivoca μ tra A e P(A).

“Ehm, per assurdo?”.

“Sì, è una tecnica di dimostrazione”.

“Uhm”.

“Funziona così: tu supponi che quello che vuoi dimostrare non sia vero, e provi a vedere cosa succede. Se arrivi a una contraddizione, vuol dire che la tua supposizione iniziale è sbagliata, e quindi quello che vuoi dimostrare è proprio vero”.

“Ah. Un metodo un po' strano, ma credo di aver capito. Prova ad andare avanti”.

“Allora, questa fantomatica corrispondenza biunivoca μ dovrebbe far corrispondere elementi di A a sottoinsiemi di A”.

“Giusto: parte da A (che contiene elementi di A, evidentemente) e arriva a P(A) (che contiene sottoinsiemi di A)”.

“Allora, prendiamo un generico elemento di A e chiamiamolo (con grande fantasia) a”.

“I Veri Matematici sono noti per la loro fantasia”.

“È vero. Un mio prof all'università un giorno ci fece una dimostrazione in cui si mise a usare un sacco di lettere strane. Scoprimmo solo alla fine che voleva arrivare a usare la variabile ηβ”.

“Mi avvalgo della facoltà di non commentare”.

“Comunque dicevamo dell'elemento a. Questo corrisponderà a un sottoinsieme di A”.

“Sì, certo”.

“Questo sottoinsieme di A potrebbe contenere l'elemento a oppure no”.

“Uhm. Ok. Magari, un esempietto?”.

“Immagina che l'insieme A sia {Pippo, Pluto, Paperino}, e prendiamo un elemento di questo insieme, per esempio Pippo. A questo elemento corrisponde un sottoinsieme di A, diciamo che sia {Pluto, Paperino}”.

“Ok. In questo caso a non appartiene al corrispondente insieme”.

“Esatto. Se invece prendo Pluto, e immagino che sia associato a {Pippo, Pluto}, allora vedo che a appartiene al corrispondente insieme”.

“Ok, ci sono, ho capito. Tutti gli elementi di A saranno associati a insiemi, e abbiamo due possibilità: o questi insiemi contengono i corrispondenti elementi, oppure non li contengono”.

“Perfetto. Allora possiamo considerare l'insieme di tutti gli elementi di A che non appartengono al corrispondente insieme, come il Pippo dell'esempio precedente”.

“Ok. Immagino che un Vero Matematico lo chiamerebbe B”.

“Vedo che sei sulla buona strada. Ora, attento: anche B è un sottoinsieme di A, vero?”.

“Certo. Contiene solo elementi di A”.

“E quindi questo B, nella nostra fantomatica corrispondenza biunivoca, proviene da un qualche elemento di A”.

“Sì, se immaginiamo che questa corrispondenza biunivoca esista, come hai detto tu, allora B proviene da... possiamo chiamarlo b?”.

“Certo, un'ottima scelta. L'elemento b è associato a B. Ora arriva la domanda: b appartiene a B?”.

“Vediamo: B contiene solo elementi che non appartengono all'insieme al quale corrispondono. Siccome b corrisponde a B, b non può stare in B. Perfetto, ho la risposta: b non appartiene a B”.

“Ma l'insieme B non dovrebbe contenere tutti gli elementi che non appartengono all'insieme a cui sono associati?”.

“Certo”.

“E b non è associato a B?”.

“Certo”.

“Allora b appartiene a B”.

“Certo. No, un momento, ho appena detto che b non appartiene a B. Ora tu mi dici che proprio perché b non appartiene a B allora deve appartenere a B! Mi sembra il paradosso del barbiere”.

“È lui. Osserva che puoi anche partire dalla supposizione contraria: se b appartiene a B significa che b non appartiene all'insieme a cui corrisponde, che è sempre B. Da qualunque parte tu la guardi, è una contraddizione. Se supponi che esista una corrispondenza biunivoca tra A e P(A) arrivi al paradosso, anzi, all'antinomia, del barbiere. E questo non può succedere”.

“Quindi?”.

“Quindi la nostra fantomatica μ non esiste”.

“Wow”.

“E quindi A e P(A) non hanno la stessa cardinalità”.

“Vero”.

“E siccome P(A) contiene A, la cardinalità di P(A) è maggiore di quella di A”.

“Come dicono i giovani d'oggi, il barbiere spakka”.

“Guai a te se scrivi un'altra volta con le k”.

“Ehm”.

16 commenti:

Anonimo ha detto...

vogliamo il vecchio proof

sia chiaro, niente contro la matematica, anzi! ma dei pipponi così non ti invogliano troppo alla lettura, specialmente scritti in forma di dialogo, che banalizza un po' tutto invece di renderlo più accessibile (poi chi se ne frega se è accessibile!).. :)

giovanna ha detto...

@proof: ma manco per sogno!
eppoi i tuoi lettori NON sono 10base2!
questa "puntata" mi è piaciuta assai!!!:-)

@anonimo: "pipponi", "banalizzare"?
scusami, mi viene un detto usato da noi (qui lo metto tradotto, dal sardo): "è come dare il biscotto all'asino"
... nel senso che non apprezza!:-)
ciao!

Maurizio ha detto...

Dimostrazione ineccepibile, Prof.

La forma dialogata è splendida.

zar ha detto...

A me pare di aver fatto di tutto, tranne che banalizzare.

Cassa ha detto...

A me sembra che la dimostrazione sia cristallina...per dire, mi ha lasciato molto più tiepido la precedente.

Comunque, se non avessi l'impressione che l'infinito sia un argomento un po' troppo di moda, sarei ancora più contento ed ammirato.

Perché non fai un lavoro del genere su, non so, l'analisi di Fourier (per quanto io non sia un amante dell'analisi di per sé stessa)?

Anonimo ha detto...

Il dialogo non necessariamente banalizza, lo usava pure Galileo, anche se era nettamente inferiore al proooof... (d'altronde era un povero fisico) (ora mi uccideranno tutti)

Anonimo ha detto...

La forma dialogica ha un suo perché molto profondo. Certo, può diventare banale, ma non in questo caso.
Quanto a ricciele, riceverà presto la visita dei miei padrini.

zar ha detto...

Ragazzi, non esagerate coi complimenti...

@Cassa: l'analisi di Fourier mi piace di meno e la so meno bene :-)

Invece ho una fissa per i numeri surreali.

Massimo ha detto...

Prof, l'hai letto il libro di knuth sui numeri surreali?

zar ha detto...

Ce l'ho!

(E l'ho anche letto, eh)

Anonimo ha detto...

Semplicemente bella la dimostrazione!

Anonimo ha detto...

@Ricciele: ritieniti avvisata! Riceverai presto anche i miei padrini! Ma dico io, dico!

Professore, lascia perdere gli anonimi...

Il post è una delizia e la forma dialogica eccellente. Te lo ripeto occorrerebe trovare un grafico in gamba per trasporre i tuoi capolavori dialogici sotto forma di fumetto.

Mi rispondo da sola: è difficile! Dove lo troviamo un tipo così?

Non abbandoniamo la speranza...non si sa mai!;)

Ciao:)
annarita

.mau. ha detto...

il libro sui numeri surreali? ONAG o il Knuth?

zar ha detto...

On Numbers and Games ce l'ho, ma non posso dire di averlo letto tutto... Quello di Knuth invece l'ho letto.

Anonimo ha detto...

Secondo me questo sarebbe un bel sistema per avvicinare tutti quelli che hanno dei pregiudizi nei confronti della matematica. In ogni caso si fa fatica a comprendere e a capire se c'è un unica tecnica valida sempre per dimostrare qualcosa....

zar ha detto...

Decisamente non esiste un metodo unico per dimostrare tutti i teoremi...