domenica 20 novembre 2022

Inferno, canto XII

“Ah, bè, ahh bè bè, ahhh…”.

“Cosa c'è?”.

“Questi filosofi greci, ma che roba”.

“Cosa?”.

“Non sapevano niente, e avevano già capito tutto”.

“Ma come non sapevano niente?”.

“Insomma, via, si inventavano un po' di cose, non c'era fondamento scientifico”.

“Ovviamente, direi”.

“Certo, il metodo scientifico è arrivato dopo. Eppure ogni tanto avevano idee molto vicine alla realtà, ammesso che possiamo chiamare realtà quello che conosciamo oggi”.

“Ah sì? Ma oggi parliamo dei filosofi greci e non di Dante?”.

“No, no, partiamo sempre da Dante, ma poi ci colleghiamo a un particolare filosofo”.

“Dovremmo essere al canto XII, vero?”.

“Esatto. Dopo la sosta del canto XI, Dante e Virgilio riprendono il loro cammino. C'è un problema, devono discendere dirupando perché il terreno è franato”.

Qual è quella ruina che nel fianco
di qua da Trento l’Adice percosse,
o per tremoto o per sostegno manco,

che da cima del monte, onde si mosse,
al piano è sì la roccia discoscesa,
ch’alcuna via darebbe a chi sù fosse[:]

Dirupando”.

“Ehm. Comunque, Dante fa riferimento a una frana nei pressi di Trento che probabilmente aveva visto. E Virgilio specifica:”.

Or vo’ che sappi che l’altra fiata
ch’i’ discesi qua giù nel basso inferno,
questa roccia non era ancor cascata.

“Dice che l'altra volta la frana non c'era? Quale altra volta?”.

“Sì. Virgilio era già stato all'Inferno, chiamato dalla maga Eritone. Aveva già raccontato questa prima chiamata nel canto IX”.

“Ok, vorrà dire che la frana è avvenuta dopo”.

“Già. Quando? Virgilio suppone:”.

Ma certo poco pria, se ben discerno,
che venisse colui che la gran preda
levò a Dite del cerchio superno,

“Colui che levò a Dite la gran preda del cerchio superno?”.

“Certo, Gesù”.

“Eh? Cosa ha fatto Gesù?”.

“Mh, partiamo dall'inizio. Ogni anno si festeggia la Pasqua”.

“E fin qua”.

“Bè, si festeggiano due Pasque, quella ebraica e quella cristiana. Noi parliamo di quella cristiana”.

“Bene”.

“Cosa succede a Pasqua?”.

“Gesù risorge”.

“Ma per i cristiani la cosa è più complicata: la Pasqua è la più importante festività, e si festeggia su tre giorni, il triduo pasquale”.

“Venerdì, sabato e domenica”.

“Giovedì, venerdì, sabato e domenica”.

“Ma come? Triduo?”.

“Eh, sai che la chiesa conta i giorni in modo strano, un po' come i latini”.

“Non capisco”.

“Il primo giorno del triduo pasquale è giovedì santo. Che inizia, come tutte le festività importanti, al tramonto del giorno precedente”.

“Mh, ok, questo è il motivo per cui la messa della domenica può essere celebrata anche al sabato”.

“Esatto. Il giovedì si ricorda l'ultima cena, la lavanda dei piedi, la preghiera notturna nell'orto degli ulivi, il tradimento di Giuda, la carcerazione di Gesù”.

“Ok”.

“Oggi la chiesa celebra una messa particolare, dove il sacerdote ripete la lavanda dei piedi. Alla fine della messa le ostie consacrate vengono spostate dal tabernacolo e conservate in un luogo diverso”.

“I miei nonni li chiamavano i sepolcri”.

“Giusto. Non è un termine correttissimo, perché Gesù non viene sepolto il giovedì, ma è vero, li chiamavano così. Dopodiché la chiesa viene spogliata, l'altare non ha più una tovaglia che lo copre, non ci sono candele, le croci vengono velate. In passato lo facevano in tutte le chiese, oggi lo fanno quelli che tengono molto alla liturgia, ma non importa. Poi arriva il venerdì”.

“La via crucis”.

“Questa è la cerimonia che trasmette la televisione, ma non fa parte delle celebrazioni prescritte dal messale romano. La celebrazione del venerdì santo è diversa, si chiama semplicemente celebrazione della Passione del Signore, e non è una vera messa”.

“No?”.

“No, perché non viene fatta la consacrazione. I fedeli possono fare la comunione, ma non con il pane consacrato in quel giorno, bensì quello conservato dal giorno prima”.

“Ah”.

“A meno che tu non sia ambrosiano”.

“Santo cielo”.

“Quella celebrazione, comunque, ricorda la Passione di Gesù e la morte. Pensa che alla fine si interrompe senza la formulazione classica di tutte le messe: manca la benedizione dei fedeli. Dopo la sua morte, Gesù non si trova più sulla terra, e non può benedire niente. I fedeli sono lasciati soli”.

“Oh”.

“Il venerdì è il secondo giorno del triduo pasquale. Poi c'è il sabato, in cui non si fa niente”.

“Uhm”.

“Sabato santo è un giorno aliturgico: non ci sono celebrazioni”.

“Niente messe?”.

“Niente di niente, nemmeno celebrazioni che non sono messe come quella del venerdì. Giorno di attesa, di disperazione e di speranza insieme. Un giorno sospeso, un giorno senza tempo. I cristiani attendono che Gesù torni, ma al momento Gesù è andato via”.

“E dov'è andato?”.

“Nei Vangeli non c'è scritto, ma la tradizione della chiesa dice che Gesù è disceso agli inferi”.

“Dove lo dice?”.

“In una delle preghiere che si recitano durante il sabato santo, per esempio. C'è una bella lettura, che inizia così:”.

Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c'è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il Dio fatto carne si è addormentato e ha svegliato coloro che da secoli dormivano. Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi. Certo egli va a cercare il primo padre, come la pecorella smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelli che siedono nelle tenebre e nell'ombra di morte. Dio e il Figlio suo vanno a liberare dalle sofferenze Adamo ed Eva che si trovano in prigione.

“Ah, addirittura Adamo ed Eva”.

“Esatto: da quel momento saranno in Paradiso. Tutte quelle imprecazioni che si dicono contro la povera Eva, oltre a essere ingiuste, sono anche rivolte a una santa. I cristiani devoti dovrebbero fare più attenzione quando inveiscono nei confronti di una santa. Anche nel racconto della Genesi la punizione di Dio è per entrambi, Adamo ed Eva, non solo per una”.

“C'è un po' di sessismo in queste imprecazioni. Tra l'altro, la donna è stata ingannata dal maestro dei seduttori, ma l'uomo dalla donna: è stato più pollo lui di lei. Ma nessuno inveisce mai contro Adamo”.

“Eh, vero. Comunque, in quella lettura della tradizione cristiana c'è un punto che si collega a quanto dice Dante: Dio è e sceso a scuotere il regno degli inferi. Più avanti si spiegherà che ogni volta che un'anima passa dal Purgatorio al Paradiso, la terra si scuote. In questo caso Gesù stesso è andato a spalancare le porte degli inferi e ha portato in Paradiso tantissime anime”.

“Mi immagino il terremoto”.

“E infatti Virgilio spiega che non appena Gesù ebbe levato la gran preda da Dite:”.

da tutte parti l’alta valle feda
tremò sì, ch’i’ pensai che l’universo
sentisse amor, per lo qual è chi creda

più volte il mondo in caòsso converso;
e in quel punto questa vecchia roccia,
qui e altrove, tal fece riverso.

“La valle feda cosa sarebbe?”.

“La valle fetida, cioè l'Inferno”.

“Ah, quindi tutto l'Inferno ha tremato”.

“Ed ecco la causa della frana: il terremoto è stato così grande che il terreno è franato”.

“E cosa c'entra l'universo che sente amore?”.

“Siamo finalmente arrivati ai filosofi greci: alcuni credono che il mondo si sia trasformato in caos più volte”.

“Di chi parliamo?”.

“Di qualche filosofo pitagorico. Possiamo prendere come rappresentante Empedocle”.

“Quello dei quattro elementi? Acquafuocoterraaria?”.

“Lui”.

“E cosa c'entra con le frane?”.

“Oltre ai quattro elementi, Empedocle pensava che in natura esistessero altri due principi, due forze contrapposte, in grado di mettere tutto in movimento. Chiamava questi due principi Amore e Odio; il primo aveva la capacità di avvicinare, legare, mettere insieme, mentre il secondo aveva la capacità di allontanare, dividere”.

“Anche adesso amore e odio hanno quell'effetto”.

“Sì, ma adesso l'effetto è sulle persone, mentre per Empedocle era un effetto capace di plasmare la realtà. L'Amore non attrae solo le persone, ma attrae tutti gli elementi”.

“Ah”.

“Se l'Amore avesse la possibilità di agire indisturbato, l'universo diventerebbe una sfera uniforme, uguale a sé stessa in ogni parte, infinitamente estesa. Empedocle chiamava questa forma dell'universo lo Sfero”.

“Ma non c'è solo l'Amore”.

“Esatto. C'è anche una forza contrapposta, l'Odio, che tende a separare tutte le cose, e che quindi distrugge lo Sfero. A volte prevale l'Amore, a volte prevale l'Odio, e l'universo oscilla tra due stati, quello in cui tutto è concentrato nello Sfero e quello in cui tutto è sparpagliato nel caos. La vita sta lì in mezzo”.

“E i terremoti?”.

“Sono causati del conflitto tra Odio e Amore, che muove tutte le cose”.

“Vabè, non c'è una gran scientificità in tutto questo. Una bella storiella, ma niente di più”.

“Dici?”.

“Eh, dai”.

“Ti invito a leggere la prima pagina del numero 51 di Rudi Mathematici, quella dedicata a Eulero, che si intitola Di Minuscole Forme, e che parla (anche) di formule matematiche e della loro bellezza”.

“Vediamo”.

E cosa ci vuole, allora? Limitiamo i segni alle iniziali, e siano m e m' i "moti del cuore"; sia G il respiro della "Grande Madre", sia F la "Folle passione". E d sia la "diabolica distanza" che nella doppia "d" iniziale porta già con se la sua potenza al quadrato, tanto è crudele il demonio nel combattere l'amore tra gli esseri umani. E, quel che i moti del cuore moltiplicano con l'ausilio della Grande Madre che pure moltiplica, il diavolo tenti di distruggere, rendere piccolo, con il crudele artificio della divisione. Sarà allora: F = Gmm'/d2

“Bello eh?”.

“Ma dai, tutta una storia per la formula della gravitazione universale?”.

“E la F di forza cos'è, se non Folle passione, o Amore?”.

“Ma santo cielo”.

“Bene, si scherza, ma fino a un certo punto: la forza di gravitazione universale si comporta esattamente come l'Amore di Empedocle. Attira tutto, e se fossimo in un universo con solo quella forza, arriveremmo anche noi alla creazione dello Sfero”.

“E invece non è così?”.

“Pare di no”.

“Abbiamo anche l'Odio? Capirai”.

“Forse sì. Ma partiamo dall'inizio. Beh, non troppo inizio: partiamo da Newton”.

“La gravitazione universale, la Folle passione: l'abbiamo già citata”.

“Sì, vero. Partiamo da qui perché, come succede in tutta la fisica, la gravitazione universale è una teoria”.

“Va bene, ma non è campata per aria”.

“Ma nemmeno la teoria di Empedocle è campata per aria, non è che si sia svegliato la mattina e abbia deciso che secondo lui il mondo funziona così. La filosofia, o la fisica (tanto ai tempi non c'era molta differenza tra le due discipline) erano frutto dell'intelletto umano, immagine di quello di Dio”.

“Ok, ok, non volevo offendere la filosofia antica. Però Newton aveva una base più solida”.

“Soprattutto Newton sapeva di dover verificare le proprie affermazioni. La teoria della gravitazione universale di Newton è una teoria, ha una base matematica, permette di sviluppare molti calcoli e di prevedere tante cose. Quello che bisogna fare, poi, è verificare che la natura si comporta davvero come la teoria predice, altrimenti la teoria è sbagliata. Questo non vuol dire che ci sono errori di calcolo, come quando risolviamo un problema e sbagliamo un segno e i risultati non coincidono con quelli scritti sul libro di matematica; vuole invece dire che il modello matematico della realtà non è un modello matematico della nostra realtà”.

“Uhm”.

“Quando studiavo meccanica razionale mi fecero fare un bellissimo esercizio: a partire dalla formula della gravitazione universale…”.

“Quella della Folle passione”.

“Quella. A partire da quella formula molto semplice, dovevamo ricavare le tre leggi di Keplero”.

“E ci siete riusciti?”.

“Certo: era un esercizio svolto dall'esercitatore”.

“Santo cielo”.

“Che, a proposito, poco tempo dopo ha ricevuto l'ordine sacerdotale”.

“A posto”.

“Il fatto è che la teoria matematica prevede, come conseguenza, le tre leggi di Keplero. Per capire se quella teoria ha senso, bisogna cercare di capire se si accorda con le previsioni. Possiamo fare misure e possiamo cercare di capire se i pianeti si muovo rispettando quelle leggi? Se sì, tutto bene, se no, la teoria non funziona e bisogna cambiarla”.

“Ma la teoria funziona, no? Dico quella di Newton: la usiamo ancora oggi”.

“Sì, ma non è vero che funziona”.

“Ma come?”.

“Funziona in prima approssimazione. Ma se andiamo a vedere qualche caso estremo, qualche caso in cui la forza di gravità è molto alta, come succede per esempio col pianeta del sistema solare più vicino al Sole, cioè Mercurio, ecco che ci accorgiamo che le previsioni della teoria non vanno più tanto d'accordo con le misure sperimentali”.

“E allora cosa si fa?”.

“Si cerca di capire prima di tutto se ci siano cause esterne. Per esempio, magari c'è un altro pianeta ancora più vicino al Sole di quanto non lo sia Mercurio. Questa è una proposta che è stata fatta, e l'ipotetico pianeta ha avuto anche un nome”.

“Quale?”.

“Vulcano. Ma Vulcano non esiste. E allora è stato ipotizzato un satellite di Mercurio, ma niente da fare. Qualcuno ha avuto anche l'idea di supporre che la forma del Sole potrebbe non essere sferica”.

“E chi aveva ragione?”.

“Nessuno. Perché poi è arrivato Einstein, che ha modificato la teoria”.

“Ah”.

“Ma anche la teoria di Einstein andava verificata. Attenzione, perché dico verificata in modo improprio: le teorie non si possono mai verificare, si possono solo falsificare”.

“Non posso dimostrare che sono vere?”.

“I concetti di vero e falso sono propri della matematica (e qualche logico avrebbe comunque da protestare). In fisica non si può dire che la teoria è vera, ma solo che si accorda con le osservazioni fatte finora. Anche la teoria di Newton è stata vera per un po' di tempo, nel senso che si accordava con le osservazioni. Poi c'è stato qualcuno che si è messo a fare i calcoli sull'orbita di Mercurio, e sono saltati fuori i problemi”.

“Ok. E la teoria di Einstein si accorda con la realtà meglio di quanto non faccia la teoria di Newton?”.

“Molto meglio, moltissimo. Spiega il perché dell'anomalia dell'orbita di Mercurio, e spiega tante altre cose. Quando fu pubblicata, fu così rivoluzionaria che i fisici cominciarono a cercarne le conseguenze teoriche”.

“Come facevate voi con le leggi di Keplero”.

“Esatto. Ed è saltato fuori, per esempio, che la teoria prevedeva il fenomeno delle lenti gravitazionali con grande precisione”.

“Cioè?”.

“Cioè il fatto che la gravità sia in grado anche di piegare la luce. Con la teoria si può calcolare di quanto viene deviato un raggio luminoso che passa molto vicino a un corpo dotato di massa elevata”.

“E come hanno fatto a verificarlo?”.

“Hanno aspettato un'eclissi di sole, e hanno osservato le stelle i cui raggi passavano vicini al sole, osservabile grazie all'eclissi: tutto concordava”.

“Che roba”.

“Un'altra previsione era il fenomeno del redshift, lo spostamento verso il rosso. La gravità è in grado di fare perdere energia anche alla luce: un raggio di luce che risale un pozzo gravitazionale cede energia, e questo fenomeno comporta un abbassamento della sua frequenza. In parole povere, i colori cambiano e diventano un po' più rossi, perché il rosso è il colore della luce visibile a frequenza più bassa. Se si abbassasse la frequenza ancora un po', si entrerebbe nell'infrarosso, che i nostri occhi non possono vedere”.

“E anche questo effetto è stato misurato?”.

“Certo. Nel 1925 con un po' di fatica, e nel 1959 con più certezza”.

“Quindi la teoria della relatività non è mai stata falsificata?”.

“Mh, non esattamente”.

“Ah-ha”.

“Ognuno di noi ha delle idee, ed è difficile non farsi influenzare da esse. Einstein, a un certo punto, ha iniziato a pensare alle conseguenze cosmologiche della sua teoria: com'è fatto l'universo? Che forma ha? Quanta roba contiene? Secondo Einstein doveva essere infinito”.

“E non lo è?”.

“Come possiamo saperlo? Non vediamo tanto lontano: come si fa a sapere se una cosa è infinita? Non abbiamo la possibilità di vivere abbastanza a lungo per osservarla tutta”.

“Oh mamma, e quindi?”.

“E quindi niente, si fa come al solito: si fanno ipotesi, si studiano le conseguenze, si guarda se le conseguenze sono compatibili con le osservazioni. Quindi, può l'universo essere infinito? E contenere infinite stelle? Se così fosse, potrebbe esserci un problema: le stelle produrrebbero così tanta luce che il cielo, di notte, dovrebbe brillare come il sole”.

“Ma di notte c'è buio”.

“E quindi bisogna trovare una spiegazione. Forse l'universo è ancora troppo giovane, e la luce di tutte le infinite stelle non è ancora arrivata fino a noi. Oppure l'universo si sta espandendo”.

“E cosa succede se l'universo si espande?”.

“Succede che le stelle si allontanano tra loro e si verifica un altro fenomeno, lo spostamento verso il rosso cosmologico. A un certo punto la luce delle stelle si sposta così tanto verso il rosso che non la vediamo più”.

“Ed è così? Le stelle corrono via da noi?”.

“Sì, ma no”.

“Ecco”.

“Non bisogna pensare che noi siamo al centro dell'universo e tutto si allontana da noi. È l'universo che si espande, e tutto si allontana da tutto. L'esempio che si fa è quello del panettone”.

“Buono”.

“Immagina di versare l'impasto del panettone, con uvetta e canditi, nello stampo”.

“Non mi piacciono i canditi”.

“A me sì: e poi uvetta e canditi sono corpi celesti, che stanno nell'universo-panettone. L'universo lievita, aumenta di volume, e uvetta e canditi si allontanano. Ma non esiste un centro: tutto si allontana da tutto”.

“E quindi l'universo si espande in questo modo?”.

“Così sembra. Ma abbiamo lasciato in sospeso una domanda: come è fatto? È finito o infinito? Possibile che sia finito? Einstein non lo riteneva possibile, ma era consapevole del fatto che un universo infinito con infinite stelle non potesse essere buio. E, insomma, ha concepito l'idea di un universo di volume finito ma senza confini”.

“Eh?”.

“Come una sfera. La sfera è una superficie finita, ma puoi muoverti sopra di essa senza mai trovare una barriera. Se invece di una superficie prendiamo un volume con le stesse caratteristiche, otteniamo un oggetto che i matematici chiamano 3-sfera”.

Di cui ho sentito parlare, sì”.

“Ecco, quella è la forma dell'universo di Einstein. Ma un universo fatto così non sarebbe stabile, potrebbe espandersi o contrarsi, la forza di gravità tende prima o poi a fare collassare tutto”.

“Nello Sfero”.

“Esatto. Einstein, allora, ha introdotto nelle sue equazioni un Ignobile Trucco Matematico: ha aggiunto una costante in grado di compensare la tendenza a contrarsi, la famigerata costante cosmologica. Una costante in grado di equilibrare la tendenza a contrarsi dell'universo, perché Einstein pensava che esso dovesse essere statico”.

“Una specie di repulsività?”.

“Sì. Poi è successo che le osservazioni di Hubble, fatte intorno al 1927-1929, hanno evidenziato un universo che è in espansione”.

“E tanti saluti alla staticità”.

“Non solo. Misure effettuate sulla costante cosmologica hanno mostrato che, se non ha valore uguale a zero, ha valore piccolissimo. A quel punto Einstein ha commentato la sua idea di inserire la costante cosmologica nelle sue equazioni come il suo più grave errore”.

“Quindi non solo l'universo non è statico, ma si espande senza l'ausilio di trucchi matematici”.

“Esatto”.

“Ma non è finita. Facciamo un salto al 1998”.

“Non tanto tempo fa”.

“No, infatti. Nel 1998 due gruppi di astrofisici scoprono che l'universo non solo si espande, ma la velocità di espansione aumenta nel tempo. Insomma, c'è un'accelerazione dell'espansione. Questo fatto non è previsto dal modello relativistico con costante cosmologica nulla”.

“Uh. Alla fine Einstein aveva ragione”.

“Così sembra: pare necessario introdurre questa costante cosmologica per spiegare l'espansione accelerata dell'universo. Nel 2011 verrà assegnato il premio Nobel ai fisici che hanno fatto questa scoperta”.

“Ma dal punto di vista fisico cos'è questa costante cosmologica?”.

“Non si sa. È da quel momento che nasce l'idea dell'energia oscura, in grado di causare una forza repulsiva che permetta all'universo di espandersi sempre più velocemente”.

“Ah, l'energia oscura”.

“Trovi che sia un termine così diverso rispetto all'Odio di Empedocle?”.

“Eh, non tantissimo”.

“Certo, ora l'idea nasce grazie alla scienza, e verrà migliorata grazie alle prossime scoperte. Ma, insomma, serve sempre un'idea per partire, e i filosofi greci ne avevano molte, di idee”.

“Già”.

“Inoltre, fino al 1998 anche noi eravamo in dubbio sul destino dell'universo. Fino a che non abbiamo scoperto che la velocità di espansione dell'universo sta aumentando, avevamo un dubbio: cosa succederà poi? L'espansione continuerà in eterno, allontanando tutti i corpi celesti tra loro sempre di più, provocando una morte termica dell'universo, che diventerà sempre più buio e freddo? Oppure a un certo punto l'espansione finirà e inizierà una fase di contrazione, che porterà alla fine a un big bang al contrario? Ci sarà un big crunch o un big rip?”.

“Da quanto dici, sembra che ci sarà un big rip”.

“Forse. Ma magari tra molto tempo l'accelerazione diminuirà, potrebbe diventare zero, o addirittura negativa, e in questo caso si assisterebbe a una contrazione. Chi lo sa? Se si verificasse una contrazione e un big crunch, avremmo replicato la teoria di Empedocle”.

“Che roba”.

“Non sappiamo molto, insomma. Ci manca anche la matematica per descrivere la singolarità del big bang. Il modello matematico funziona fino a pochissimi istanti dopo il big bang (10−43 secondi, per la precisione), ma non ci dice niente di come era fatto l'universo nell'istante iniziale”.

“Mi pare che la costante di tutti questi discorsi sia che sappiamo poco”.

“Eh, sì, ma ci piace saperne di più, ci piace scoprire e ci piacciono i come e i perché”.

“E tanti saluti a Empedocle”.

“Che, magari, quel famoso sabato si è visto aprire le porte degli inferi e ora sa come funzionano le cose”.


P.S. C'è un video di Amedeo Balbi che racconta, in maniera più precisa di questa, di Einstein, della costante cosmologica e dell'energia oscura. Chiedo venia al dio dei cosmologi per le inesattezze contenute in questo testo.



domenica 6 novembre 2022

Inferno, canto XI

In su l’estremità d’un’alta ripa
che facevan gran pietre rotte in cerchio
venimmo sopra più crudele stipa;

e quivi, per l’orribile soperchio
del puzzo che ’l profondo abisso gitta,
ci raccostammo, in dietro, ad un coperchio

“Ed eccoci al canto della puzza”.

“E cominciamo benissimo”.

“La puzza è una scusa di Dante per fermare il cammino e spiegare al lettore la struttura dell'Inferno. Racconta come sono suddivisi i peccatori in base alla gravità della colpa, fa una bella tassonomia del peccato”.

“Che bellezza”.

“Molto. Avrei qualcosa da dire su due grossi argomenti, ma mi sembra un po' troppo. Te li presento, e poi rimando uno dei due a un prossimo canto”.

“Uh, sentiamo”.

“A un certo punto, tra l'elenco dei vari peccati, viene nominata l'usura”.

“Giustamente, direi”.

“Dici bene, ma c'è un ma”.

“E quale ma ci potrebbe mai essere?”.

“La definizione di usura”.

“Beh, si ha usura quando il tasso di interesse richiesto è eccessivamente alto”.

“E questa non è una buona definizione matematica”.

“Ok, ma ci sarà una legge che stabilisce quando il tasso è troppo, no?”.

“Esatto, oggi c'è una legge che contiene tabelle e formule per calcolare il tasso di usura. Sotto a quel valore va tutto bene, al di sopra di quel valore no. Il problema è che ai tempi di Dante quel valore era zero”.

“Ah, però”.

“Eh. L'operosità dell'uomo, come insegna la fisica di Aristotele, copia quella di Dio. E la Genesi insegna che operosità e lavoro devono fornire sostentamento all'uomo. Chi presta i soldi chiedendo un interesse, qualsiasi interesse, segue invece un'altra strada, che non è quella di Dio. Il peccato dell'usuraio è il disprezzo della natura, quindi il disprezzo di Dio. Ma ci torneremo, quando Dante incontrerà questi peccatori”.

“E tanti saluti alle banche e ai risparmi. L'altro argomento di cui parlavi, invece?”.

“Si riferisce a questi versi:”.

[…] Ma seguimi oramai, che ’l gir mi piace;
ché i Pesci guizzan su per l’orizzonta,
e ’l Carro tutto sovra ’l Coro giace,
e ’l balzo via là oltra si dismonta».

“Costellazioni?”.

“Sì. Alla fine del canto Virgilio dice a Dante che è ora di andare, e per specificare l'ora dice che i Pesci stanno salendo sopra l'orizzonte, mentre il Carro si trova nella direzione da cui soffia il vento denominato Coro, che sarebbe un vento tra ponente e maestrale”.

“Circa verso nord-ovest, insomma”.

“Sì”.

“Certo che non è un modo comodissimo per dire che ore sono”.

“Non lo è, ma né Dante né Virgilio avevano orologi da polso, o orologi di altro tipo. Ma il problema del calcolo dell'ora è sempre stato un problema fondamentale da risolvere”.

“Perché?”.

“Immagina di essere su una nave”.

“Bello”.

“In alto mare, senza terre visibili all'orizzonte”.

“Ahh, che pace”.

“C'è stata una burrasca e la nave non è naufragata per poco e i venti l'hanno spostata senza controllo e il timoniere cercava di mantenerla con la prua verso le onde gigantesche, in modo da non farla naufragare, e il cielo era buio, squarciato solo dai fulmini, e la pioggia fortissima impediva la visuale e i marinai dovevano legarsi agli alberi maestri per non essere gettati fuori bordo dalle onde e tra un tuono e l'altro si potevano udire soltanto le urla del capitano che ordinava ai marinai di ripiegare le vele, per evitare che venissero strappate dai venti, o le preghiere dei marinai, o le loro imprecazioni, a seconda del loro stato d'animo e della loro fede”.

“Ecco, ora è un po' meno bello, grazie tante”.

“Ma la burrasca finisce, sorge il sole, qualche vela si è strappata ma si può ancora navigare, le provviste stanno per finire e soprattutto c'è bisogno di acqua”.

“Mh. Beh, la nave può ancora navigare, si può andare verso la terra più vicina, no?”.

“Si può, ma dov'è? Non c'è terra all'orizzonte, non ci sono uccelli cielo, solo un bel mare calmo e un sole che comincia a picchiare. Quella che tu chiamavi pace ora sembra essere un problema grosso”.

“Ci sarà una carta geografica a bordo, santo cielo”.

“Certo che c'è, e c'è anche la bussola”.

“E allora? Andiamo!”.

“Dove? A cosa ti serve la bussola se non sai dove sei?”.

“Ok. Ma i marinai sapevano fare il punto. Ci sarà qualcuno che sa trovare la posizione della nave su quella maledetta carta”.

“Oh, sì. La latitudine è abbastanza semplice da trovare, basta osservare il sole: a mezzogiorno assume la sua posizione più alta nel cielo, che dipende proprio dalla latitudine. A seconda delle stagioni il massimo grado di elevazione cambia, ma diciamo che tutti, sulla nave, possono conoscere almeno il mese, se non il giorno, attuale. Quindi con un po' di sforzo la latitudine è determinabile”.

“Ok”.

“La longitudine, invece, è un grossissimo problema”.

“Perché?”.

“Mentre la latitudine è legata a un aspetto fisico (la terra è rotonda, ruota intorno a un asse, l'asse ha una certa inclinazione, e quindi facendo riferimento al sole si può capire a che distanza dall'equatore ci si trova), la longitudine è legata a una convenzione. Mentre il parallelo zero è l'equatore, che esiste grazie alla geometria della sfera che ruota intorno a un asse, il meridiano zero non esiste fisicamente: bisogna mettersi d'accordo e stabilire che quel particolare meridiano è l'origine del sistema di riferimento usato per la longitudine”.

“Sarebbe il meridiano di Greenwich?”.

“Sì, che oggi, col sistema GPS, non è più nemmeno quello classico, quello che puoi calpestare se vai a visitare l'osservatorio di Greenwich”.

“Ah no?”.

“No, ci sono stato con un GPS in mano e, purtroppo, la longitudine zero non è più quella. Bisogna spostarsi di un centinaio di metri da lì. Quando sono stato a vedere, il riferimento più evidente per la longitudine zero era un cestino dei rifiuti”.

“Santo cielo”.

“Ma, a parte questo, una volta che si è d'accordo sulla longitudine zero, come si fa a calcolare quella della nave in mezzo al mare?”.

“Uhm, non saprei”.

“Si può approfittare del calcolo della latitudine, cioè del momento in cui il sole è nella posizione più alta: in quel momento è mezzogiorno, nell'ora locale. Dando un'occhiata all'orologio messo in punto rispetto all'ora del meridiano zero, si può capire di quanto ci si è spostati da quel meridiano”.

“In che senso?”.

“Beh, se adesso è mezzogiorno ma l'orologio segna le 11 del mattino, vuol dire che c'è una differenza di un'ora. Visto che la terra compie un giro su sé stessa in 24 ore, in un'ora ha compiuto un ventiquattresimo di giro, quindi la longitudine corrisponde alla distanza angolare di un ventiquattresimo di angolo giro dal meridiano zero”.

“Oh mamma. Si fa fatica a fare questi calcoli, ma almeno poi si trova la posizione e si può andare a cercare l'acqua per i poveri marinai”.

“Il problema grosso è che bisogna guardare l'ora: come si fa?”.

“Non ce l'abbiamo un orologio a bordo?”.

“Sai quando sono stati inventati i primi cronometri funzionanti anche a bordo di una nave?”.

“Non ne ho idea”.

A metà del 1700”.

“Oh, poveri marinai dei tempi di Dante”.

“Già”.

“Ma è proprio necessario un cronometro preciso?”.

“Prima dei cronometri c'erano i pendoli, che su una nave non possono funzionare, a causa delle onde. Un pendolo deve avere una base fissa”.

“Ok”.

“E, per quanto riguarda la precisione, immagina di essere su quella nave in mezzo al mare senza acqua potabile. In un qualche modo trovi un orologio, fai il punto, guardando la carta scopri che c'è una bella isola a pochi chilometri di distanza, e via che ti dirigi verso la salvezza a vele spiegate. Passa il tempo, la sete aumenta, il cielo si annuvola di nuovo, arriva la notte, non si vedono stelle, e non si vede nemmeno l'isola”.

“Ma come?”.

“Eh, l'orologio che hai usato non era esattamente in punto, aveva accumulato un errorino di 4 minuti”.

“Beh ma cosa vuoi che siano 4 minuti?”.

“In 4 minuti la terra ruota di un grado”.

“Ma è pochissimo!”.

“Un grado all'equatore corrisponde a poco più di 110 km”.

“Oh”.

“E quindi tu pensavi che la salvezza fosse a pochi chilometri verso est, e invece era a pochi chilometri verso ovest”.

“Accidenti”.

“E molta gente è morta davvero per questo problema: la storia della longitudine è legata a quella dell'esplorazione, e in quei tempi era questione di vita o di morte, non di sbagliare strada perché non hai seguito bene le indicazioni del cellulare. E lo sviluppo dell'esplorazione è legato allo sviluppo della matematica”.

“E ai tempi di Dante, che non c'erano né i cronometri né i pendoli? Come facevano?”.

“Facevano come potevano. Prima di tutto, cercavano di rimanere sempre in vista della costa, a costo di allungare il percorso. Nel caso di viaggi in alto mare, cercavano almeno di orientarsi con la conoscenza della direzione, e sperando di non finire fuori rotta. Facevano una navigazione stimata, quella che gli inglesi chiamano dead reckoning”.

“E come si orientavano? Dante conosceva già la bussola?”.

“Direi proprio di sì: questi sono versi di Guido Guinizzelli, che Dante incontrerà nel Purgatorio”.

In quella parte sotto tramontana
sono li monti de la calamita,
che dàn vertud’ all’aire
di trar lo ferro; ma perch’ è lontana,
vòle di simil petra aver aita
per farl’ adoperare,
che si dirizzi l’ago ver’ la stella.

“Accidenti, i monti della calamita”.

“Già. E prima della bussola i marinai si orientavano con le stelle”.

“Ritorniamo all'astronomia”.

“Esatto. Tanta matematica viene da lì: vuoi sapere dove sei, vuoi sapere dove devi andare, vuoi sapere come scorre il tempo? Guarda in alto. Alzare gli occhi al cielo ha sempre permesso all'uomo di fare dei passi avanti”.

“Non a caso le tre cantiche finiscono tutte e tre con la parola stelle”.

“Non a caso”.