domenica 31 gennaio 2010
sabato 30 gennaio 2010
C'è un giochino di cui non conosco il nome
C'è un giochino, di cui non conosco il nome, che funziona così: si deve riempire una griglia quadrata n×n con i numeri che vanno da 1 a n2, seguendo queste regole:
1) ci si può spostare in orizzontale o in verticale saltando due caselle,
2) ci si può spostare in diagonale saltando una casella.
Di solito si mette il numero 1 nella prima casella in alto a sinistra, ma non è obbligatorio.
Ai miei tempi era molto noto e si faceva sempre a scuola durante le, ehm, pause. Si parte, di solito, con n=5; i più temerari provano anche con n=10.
Qualche giorno fa uno studente me l'ha riproposto (lui non lo conosceva e lo considerava una novità (i corsi e ricorsi storici…)), e mi sono messo lì a compilare la mia griglia, tra un'interrogazione e un esercizio. Naturalmente anche gli altri studenti si sono interessati, e in breve è iniziata la gara.
“Prof, ma se entra la preside?”, diceva uno.
“Bè? Anche questa è matematica, no?”, rispondevo angelico.
“Massè”, interveniva quello che nella griglia 5×5 si era fermato al numero 9.
“Sì, vi dico. Provate, che poi ne parliamo”, insistevo.
“Prof, ma è ancora lì?”, domandava quello che aveva già riempito un foglio con le sue prove.
“Sono al numero 19, tu?”, rispondevo mentre con la matita segnavo puntini qua e là sulla mia griglia.
“Eh, io sono arrivato all'89 in uno, al 91 in un altro, al 94 in questo, ma non riesco ad arrivare a 100”.
“E allora cosa ridi? Io arrivo al 100 prima di te”.
Insomma, alla fine dell'ora io ero arrivato circa a metà schema, e la lezione successiva ho portato la griglia completa.
Eccola qua:
Provateci, poi ne parliamo.
1) ci si può spostare in orizzontale o in verticale saltando due caselle,
2) ci si può spostare in diagonale saltando una casella.
Di solito si mette il numero 1 nella prima casella in alto a sinistra, ma non è obbligatorio.
Ai miei tempi era molto noto e si faceva sempre a scuola durante le, ehm, pause. Si parte, di solito, con n=5; i più temerari provano anche con n=10.
Qualche giorno fa uno studente me l'ha riproposto (lui non lo conosceva e lo considerava una novità (i corsi e ricorsi storici…)), e mi sono messo lì a compilare la mia griglia, tra un'interrogazione e un esercizio. Naturalmente anche gli altri studenti si sono interessati, e in breve è iniziata la gara.
“Prof, ma se entra la preside?”, diceva uno.
“Bè? Anche questa è matematica, no?”, rispondevo angelico.
“Massè”, interveniva quello che nella griglia 5×5 si era fermato al numero 9.
“Sì, vi dico. Provate, che poi ne parliamo”, insistevo.
“Prof, ma è ancora lì?”, domandava quello che aveva già riempito un foglio con le sue prove.
“Sono al numero 19, tu?”, rispondevo mentre con la matita segnavo puntini qua e là sulla mia griglia.
“Eh, io sono arrivato all'89 in uno, al 91 in un altro, al 94 in questo, ma non riesco ad arrivare a 100”.
“E allora cosa ridi? Io arrivo al 100 prima di te”.
Insomma, alla fine dell'ora io ero arrivato circa a metà schema, e la lezione successiva ho portato la griglia completa.
Eccola qua:
Provateci, poi ne parliamo.
martedì 26 gennaio 2010
Condor
Quando il piccolo andava ancora all'asilo, io uscivo di casa alle quindici e cinquantanove. Salivo in macchina in contemporanea con la sigla d'inizio, e mi ascoltavo il primo blocco fino al parcheggio. Scendevo, andavo a recuperare il pargolo, saluti a tutti, risalivo in macchina alle sedici, sedici minuti (e sedici secondi in questo istanteeeh) e andavo verso la scuola elementare frequentata dagli altri due. Durante il viaggio, il piccolo ascoltava attento — non tutto, naturalmente; a lui piacevano molto i pezzi sull'alloctonia, le bestie strane, quelle cose lì. Anche io avevo le mie preferenze, e non è che mi trovassi d'accordo su tutte le affermazioni dei due conduttori; proprio per questo la reputavo una trasmissione intelligente: proponeva delle idee. Il confronto fa sempre bene, e l'imparare cose nuove apre la mente.
A seconda del traffico e dei posti liberi, arrivavamo a parcheggiare intorno alle sedici e venti, sedici e venticinque. Rimanevamo dentro all'auto fino alle sedici e ventotto, curiosi. Una volta sono stato anche Elvio, scrivendo alla redazione che quello di Ritorno al Futuro si chiamava flusso canalizzatore, non catalizzatore.
Alle sedici e trenta uscivano i due grandi dalle elementari, alle sedici e trentacinque eravamo di nuovo in macchina, diretti verso casa o verso qualche palestra, a seconda dei giorni. Eventualmente, una volta arrivati a casa, accendevamo la radio per ascoltare il finale della trasmissione, soprattutto quando c'era la recensione di qualche videogioco nuovo.
Quando il piccolo ha smesso di andare all'asilo ho iniziato a scaricarmi il podcast, dato che mi perdevo sempre la parte iniziale. Non ho ancora ascoltato tutte le puntate, ma qualche giorno fa ho deciso di dare la precedenza alle ultime, lasciando al futuro quelle intermedie. Ci ho provato, eh, ad ascoltare la nuova trasmissione che va in onda allo stesso orario. Ci ho provato davvero, ma non ce l'ho fatta.
Il piccolo, in macchina con me, sente i conduttori dire che di lì a poco la trasmissione sarebbe stata chiusa.
“Babbo, ma questo che stiamo ascoltando è registrato, vero?”.
“Sì”.
“Ma allora, l'hanno chiusa davvero la trasmissione?”.
“Sì”.
“Che peccato. Era tanto bella”.
Otto anni.
A seconda del traffico e dei posti liberi, arrivavamo a parcheggiare intorno alle sedici e venti, sedici e venticinque. Rimanevamo dentro all'auto fino alle sedici e ventotto, curiosi. Una volta sono stato anche Elvio, scrivendo alla redazione che quello di Ritorno al Futuro si chiamava flusso canalizzatore, non catalizzatore.
Alle sedici e trenta uscivano i due grandi dalle elementari, alle sedici e trentacinque eravamo di nuovo in macchina, diretti verso casa o verso qualche palestra, a seconda dei giorni. Eventualmente, una volta arrivati a casa, accendevamo la radio per ascoltare il finale della trasmissione, soprattutto quando c'era la recensione di qualche videogioco nuovo.
Quando il piccolo ha smesso di andare all'asilo ho iniziato a scaricarmi il podcast, dato che mi perdevo sempre la parte iniziale. Non ho ancora ascoltato tutte le puntate, ma qualche giorno fa ho deciso di dare la precedenza alle ultime, lasciando al futuro quelle intermedie. Ci ho provato, eh, ad ascoltare la nuova trasmissione che va in onda allo stesso orario. Ci ho provato davvero, ma non ce l'ho fatta.
Il piccolo, in macchina con me, sente i conduttori dire che di lì a poco la trasmissione sarebbe stata chiusa.
“Babbo, ma questo che stiamo ascoltando è registrato, vero?”.
“Sì”.
“Ma allora, l'hanno chiusa davvero la trasmissione?”.
“Sì”.
“Che peccato. Era tanto bella”.
Otto anni.
giovedì 21 gennaio 2010
Sono una persona orribile/2
Durante le verifiche scritte io mi arrabbio tantissimo perché non c'è silenzio. Voglio che gli studenti stiano zitti, concentrati, attenti a quello che fanno. Non devono parlare, girarsi o (pazzi!) suggerire.
Poi, quando tutti sono tranquilli, con lo sguardo fisso sul foglio, la lingua che spunta tra le labbra, la mano che gratta la nuca, la penna che scrive, SBAM, tiro una gran manata sulla cattedra.
Fa sempre un certo effetto.
Poi, quando tutti sono tranquilli, con lo sguardo fisso sul foglio, la lingua che spunta tra le labbra, la mano che gratta la nuca, la penna che scrive, SBAM, tiro una gran manata sulla cattedra.
Fa sempre un certo effetto.
martedì 19 gennaio 2010
La catenaria
Wild About Math segnala un bel video riguardante la matematica che è stata usata per la realizzazione del Gateway Arch di St. Louis.
venerdì 15 gennaio 2010
A cosa servono i social network
Fino a ieri non sapevo cosa significasse il termine standard in ambito musicale, e, sì, vabbè, sapevo che Keith Jarrett era un musicista, ma non credo di averlo mai ascoltato consapevolmente.
Poi leggo per caso questo, e ora le note di The Köln Concert stanno riempiendo la casa. Da cui spero di non dover uscire a che il concerto non è finito.
Poi leggo per caso questo, e ora le note di The Köln Concert stanno riempiendo la casa. Da cui spero di non dover uscire a che il concerto non è finito.
lunedì 11 gennaio 2010
Orbitsville
Mettendo ordine nei miei hard disk (ah ah) ho ritrovato una recensione che ho scritto tanto tempo fa, nel 1992. Riguarda un autore di fantascienza che a me piace molto: Bob Shaw. In quella recensione parlavo della trilogia di Orbitsville. Eccola qua:
Bob Shaw, per chi non lo sapesse, è un "inventore": nei suoi romanzi inserisce sempre aggeggi nuovi, da lui creati. Per esempio i "quasiocchi" del romanzo Il cieco del non spazio, o il "vetro lento" di un romanzo che non ho ancora letto. È uno scrittore di fantascienza hard, anche se nella trilogia di Mondo, Sopramondo e Oltremondo mi è sembrato meno hard del solito (non tanto per le astronavi di legno, che giudico una trovata magnifica, quanto per la telepatia che spunta come il prezzemolo).
In questa trilogia si narra di una immensa sfera (immensa significa che il raggio è uguale al raggio dell'orbita terrestre) che racchiude un sole, e che è abitabile sulla superficie interna.
Il primo volume, il cui titolo originale è Orbitsville, racconta della scoperta della stella. &Ergave; un racconto abbastanza asimoviano, c'è il tiranno (una donna, la capa suprema della compagnia che ha il monopolio sulle astronavi tachioniche), e c'è l'eroe-esploratore acerrimo nemico del tiranno.
Il secondo volume ha come titolo originale Orbitsville departure, e racconta quello che è successo sulla terra qualche secolo dopo la scoperta di Orbitsville. La terra è quasi deserta, quasi tutti se ne sono andati su Orbitsville, che ingoia uomini senza fatica, ma che può costituire un pericolo: gli uomini che vivono là non hanno più nessuno stimolo all'intelligenza, hanno trovato un "paradiso" che li annulla a poco a poco, rimangono per tutta la vita eterni coloni e la civiltà non si sviluppa mai. In questa parte c'è l'eroe, non più così positivo come l'eroe del romanzo precedente (o almeno così sembra, almeno per gran parte del libro), c'è l'antieroe, non totalmente negativo, c'è una donna molto bella e ci sono alcune piccolissime annotazioni pruriginose (avete presente gli ultimi Asimov? ecco, circa così, ma piu' fini. Inoltre, le storie d'amore di Asimov sono sempre a lieto fine, qui non è detto che sia così). L'ambientazione è tutta sulla terra, solo nell'ultima parte si parla di Orbitsville, che però… [non aggiungo altro]. Un'ultima nota: ci sono alcune invenzioni: la Luddite Special, la pistola ammazza computer; la mentalica e i mentoni.
Il terzo volume si intitola Orbitsville judgement e, al contrario del precedente, è tutto ambientato su Big O (questo è il nome della sfera datole dagli abitanti). Qualcosa è successo a Orbitsville alla fine dello scorso volume, e chi era fuori se n'è accorto. Ma chi era dentro? L'eroe di questo romanzo è invece negativo (non cattivo, direi piuttosto "maledetto", come i famosi poeti francesi…), almeno per gran parte del racconto. Qui le note pruriginose aumentano, aumentano le donne, e si conclude la trilogia. Shaw potrebbe comunque scrivere un quarto romanzo, ma se è intelligente non lo fa. Se lo farà, lo leggerò.
Scopro oggi che è Bob Shaw è morto nel 1996.
Bob Shaw, per chi non lo sapesse, è un "inventore": nei suoi romanzi inserisce sempre aggeggi nuovi, da lui creati. Per esempio i "quasiocchi" del romanzo Il cieco del non spazio, o il "vetro lento" di un romanzo che non ho ancora letto. È uno scrittore di fantascienza hard, anche se nella trilogia di Mondo, Sopramondo e Oltremondo mi è sembrato meno hard del solito (non tanto per le astronavi di legno, che giudico una trovata magnifica, quanto per la telepatia che spunta come il prezzemolo).
In questa trilogia si narra di una immensa sfera (immensa significa che il raggio è uguale al raggio dell'orbita terrestre) che racchiude un sole, e che è abitabile sulla superficie interna.
Il primo volume, il cui titolo originale è Orbitsville, racconta della scoperta della stella. &Ergave; un racconto abbastanza asimoviano, c'è il tiranno (una donna, la capa suprema della compagnia che ha il monopolio sulle astronavi tachioniche), e c'è l'eroe-esploratore acerrimo nemico del tiranno.
Il secondo volume ha come titolo originale Orbitsville departure, e racconta quello che è successo sulla terra qualche secolo dopo la scoperta di Orbitsville. La terra è quasi deserta, quasi tutti se ne sono andati su Orbitsville, che ingoia uomini senza fatica, ma che può costituire un pericolo: gli uomini che vivono là non hanno più nessuno stimolo all'intelligenza, hanno trovato un "paradiso" che li annulla a poco a poco, rimangono per tutta la vita eterni coloni e la civiltà non si sviluppa mai. In questa parte c'è l'eroe, non più così positivo come l'eroe del romanzo precedente (o almeno così sembra, almeno per gran parte del libro), c'è l'antieroe, non totalmente negativo, c'è una donna molto bella e ci sono alcune piccolissime annotazioni pruriginose (avete presente gli ultimi Asimov? ecco, circa così, ma piu' fini. Inoltre, le storie d'amore di Asimov sono sempre a lieto fine, qui non è detto che sia così). L'ambientazione è tutta sulla terra, solo nell'ultima parte si parla di Orbitsville, che però… [non aggiungo altro]. Un'ultima nota: ci sono alcune invenzioni: la Luddite Special, la pistola ammazza computer; la mentalica e i mentoni.
Il terzo volume si intitola Orbitsville judgement e, al contrario del precedente, è tutto ambientato su Big O (questo è il nome della sfera datole dagli abitanti). Qualcosa è successo a Orbitsville alla fine dello scorso volume, e chi era fuori se n'è accorto. Ma chi era dentro? L'eroe di questo romanzo è invece negativo (non cattivo, direi piuttosto "maledetto", come i famosi poeti francesi…), almeno per gran parte del racconto. Qui le note pruriginose aumentano, aumentano le donne, e si conclude la trilogia. Shaw potrebbe comunque scrivere un quarto romanzo, ma se è intelligente non lo fa. Se lo farà, lo leggerò.
Scopro oggi che è Bob Shaw è morto nel 1996.
sabato 9 gennaio 2010
Su un particolare insieme numerico - i Reali, e tanta altra roba
“Tanto tempo fa avevamo parlato dei numeri surreali, e della loro generazione secondo un meccanismo induttivo. Ogni giorno vengono creati nuovi numeri, e abbiamo scoperto che essi sono tutti scrivibili come frazioni diadiche”.
“Sì, ricordo”.
“Bene. Ora dobbiamo fare un passo abbastanza lungo: dobbiamo pensare a quello che succede dopo infiniti giorni”.
“Avevi detto che servono infiniti giorni per creare numeri come, ad esempio, 1/3”.
“Esatto: 1/3 non è una frazione diadica, ma può essere approssimato, bene quanto si vuole, da frazioni diadiche”.
“E questo cosa comporta?”.
“Comporta il fatto che, per esempio, possiamo generare 1/3 in questo modo:”.
{0.01, 0.0101, 0.010101,… | 0.1, 0.011, 0.01011,…}
“Comincio a capire. Ogni numero reale può essere approssimato da frazioni diadiche?”.
“Sì, tutti. Ogni numero reale può essere trasformato in forma binaria: se ne prendi un troncamento qualsiasi, diventa una frazione diadica. Ad esempio, questo è un numero famoso: ”.
11.0010010000111111011010101000100010000101101…
“Uh? E che numero è?”.
“Il famoso pi greco (o pi greca, come diceva un mio collega)”.
“Wow. Però questi surreali sono un po' una delusione, tutta questa fatica per creare numeri che già conosciamo e usiamo”.
“Se anche fosse vero quello che dici, l'obiezione che si potrebbe fare è la seguente: non importa tanto il risultato, quanto il metodo usato per arrivarci. Con questa costruzione abbiamo imparato cose che prima non conoscevamo. Rimane il fatto, però, che quello che dici non è vero”.
“Perché no?”.
“Perché oltre ai numeri reali vengono creati anche tanti altri numeri”.
“Altri numeri non reali?”.
“Sì. Guarda questo, ad esempio:”.
{0,1,2,3,… |}
“Uhm, cos'è questo orrore?”.
“È un numero transfinito, quello che una volta avevamo chiamato ω”.
“Ah! Ma allora con questa teoria dei numeri surreali i numeri finiti e quelli infiniti sono parenti?”.
“Sono lo stesso tipo di numeri: surreali, appunto. Ma non è finita, dopo infiniti passi (potremmo dire nel giorno ℵ) vengono creati anche altri numeri. Guarda quest'altro:”.
{ |…, -3, -2, -1, 0}
“Un numero infinito negativo?”.
“Che possiamo chiamare -ω”.
“Bello. C'è dell'altro?”.
“Sì, ad esempio questo:”.
{0 | 1, 1/2, 1/4, 1/8, 1/16,…}
“Questo non lo capisco. Maggiore di 0 ma minore di qualunque frazione diadica?”.
“Sì, non è importante che la frazione sia diadica, naturalmente. Abbiamo quelle a disposizione, e quindi usiamo quelle, ma il fatto importante è che questo numero è maggiore di zero e minore di qualunque numero reale positivo”.
“E che numero è?”.
“È un infinitesimo, che potremmo chiamare 1/ω”.
“Ma che meraviglia”.
“Non solo lo 0 ha, vicino a sé, un infinitesimo, ma anche tutti gli altri numeri che hanno espansione binaria finita. Per esempio, eccoti 1+1/ω”.
{1 | 1+1/2, 1+1/4, 1+1/8,…}
“Uhm, peccato però”.
“Cosa?”.
“Peccato non poter avere infinitesimi intorno a tutti i numeri reali: sarebbe una creazione più completa”.
“Bè, per quello bisogna aspettare un altro giorno”.
“Un giorno dopo il giorno ℵ? Possibile?”.
“Certo. Il giorno dopo ℵ tutti i numeri reali avranno i loro vicini infinitesimi”.
“Ma allora, se è possibile andare avanti dopo il giorno ℵ, si potranno creare anche altri numeri infiniti”.
“Certo. Si possono creare tutti gli ordinali di Cantor, e tanti altri numeri. Per esempio:”.
ω+1 = {ω |}
“Questo è ancora un ordinale di Cantor”.
“Sì. Guarda questo, invece:”.
ω+1/2 = {ω | ω+1}
“Questo Cantor non lo conosceva!”.
“E che mi dici di {0,1,2,3,… | ω}?”.
“Mh, questo non lo capisco”.
“È ω-1”.
“Anche le sottrazioni? Incredibile: un numero transfinito minore di ω, Cantor si rivolterebbe nella tomba”.
“O ne sarebbe entusiasta, chissà. Naturalmente così come hai costruito ω-1 puoi anche costruire ω-2, eccetera”.
“Eh, sì”.
“E puoi combinare infiniti e infinitesimi, per costruire numeri come ω+1/ω oppure ω-1/ω”.
“Eh, eh, infinitamente vicini all'infinito”.
“Poi, naturalmente, puoi andare avanti e, dopo un opportuno (e infinito) numero di giorni potrai avere ω+ω = 2ω, poi 3ω, e così via. Ci saranno ω2, ω3, fino ad arrivare a ωω. Il quale comunque non è un punto di arrivo, come abbiamo già visto con gli ordinati transfiniti di Cantor: si può sempre andare avanti”.
“Qui, se ho capito bene, oltre ad andare avanti si può anche andare, in un certo senso, dentro. Cioè vicino a numeri già noti in una maniera che prima non sarebbe stata possibile”.
“Esatto. Questo, ad esempio, è ω/2: {0,1,2,… | ω, ω-1, ω-2,…}”.
“Non avevo pensato alle divisioni”.
“E che dire della radice quadrata di ω?”.
“Si può calcolare anche quella?”.
“Eccola: {0,1,2,3,… | ω, ω/2, ω/4,…}. E, per quanto riguarda gli infinitesimi, puoi farne molti:”.
1/(2ω) = {0 | 1/ω}
2/ω = {1/ω | 1, 1/2, 1/4,…}
1/ω2 = {0 | 1/ω, 1/(2ω), 1/(4ω),…}
“Bellissimo”.
“Per concludere, eccoti una definizione di derivata”.
“Si può fare anche l'analisi, con questi numeri?”.
“Sì, possono essere usati per la cosiddetta analisi non standard. La derivata di una funzione, ad esempio, è il numero reale più vicino al quoziente tra (f(x + 1/ω)-f(x)) e 1/ω stesso”.
“Gulp”.
“Sì, ricordo”.
“Bene. Ora dobbiamo fare un passo abbastanza lungo: dobbiamo pensare a quello che succede dopo infiniti giorni”.
“Avevi detto che servono infiniti giorni per creare numeri come, ad esempio, 1/3”.
“Esatto: 1/3 non è una frazione diadica, ma può essere approssimato, bene quanto si vuole, da frazioni diadiche”.
“E questo cosa comporta?”.
“Comporta il fatto che, per esempio, possiamo generare 1/3 in questo modo:”.
{0.01, 0.0101, 0.010101,… | 0.1, 0.011, 0.01011,…}
“Comincio a capire. Ogni numero reale può essere approssimato da frazioni diadiche?”.
“Sì, tutti. Ogni numero reale può essere trasformato in forma binaria: se ne prendi un troncamento qualsiasi, diventa una frazione diadica. Ad esempio, questo è un numero famoso: ”.
11.0010010000111111011010101000100010000101101…
“Uh? E che numero è?”.
“Il famoso pi greco (o pi greca, come diceva un mio collega)”.
“Wow. Però questi surreali sono un po' una delusione, tutta questa fatica per creare numeri che già conosciamo e usiamo”.
“Se anche fosse vero quello che dici, l'obiezione che si potrebbe fare è la seguente: non importa tanto il risultato, quanto il metodo usato per arrivarci. Con questa costruzione abbiamo imparato cose che prima non conoscevamo. Rimane il fatto, però, che quello che dici non è vero”.
“Perché no?”.
“Perché oltre ai numeri reali vengono creati anche tanti altri numeri”.
“Altri numeri non reali?”.
“Sì. Guarda questo, ad esempio:”.
{0,1,2,3,… |}
“Uhm, cos'è questo orrore?”.
“È un numero transfinito, quello che una volta avevamo chiamato ω”.
“Ah! Ma allora con questa teoria dei numeri surreali i numeri finiti e quelli infiniti sono parenti?”.
“Sono lo stesso tipo di numeri: surreali, appunto. Ma non è finita, dopo infiniti passi (potremmo dire nel giorno ℵ) vengono creati anche altri numeri. Guarda quest'altro:”.
{ |…, -3, -2, -1, 0}
“Un numero infinito negativo?”.
“Che possiamo chiamare -ω”.
“Bello. C'è dell'altro?”.
“Sì, ad esempio questo:”.
{0 | 1, 1/2, 1/4, 1/8, 1/16,…}
“Questo non lo capisco. Maggiore di 0 ma minore di qualunque frazione diadica?”.
“Sì, non è importante che la frazione sia diadica, naturalmente. Abbiamo quelle a disposizione, e quindi usiamo quelle, ma il fatto importante è che questo numero è maggiore di zero e minore di qualunque numero reale positivo”.
“E che numero è?”.
“È un infinitesimo, che potremmo chiamare 1/ω”.
“Ma che meraviglia”.
“Non solo lo 0 ha, vicino a sé, un infinitesimo, ma anche tutti gli altri numeri che hanno espansione binaria finita. Per esempio, eccoti 1+1/ω”.
{1 | 1+1/2, 1+1/4, 1+1/8,…}
“Uhm, peccato però”.
“Cosa?”.
“Peccato non poter avere infinitesimi intorno a tutti i numeri reali: sarebbe una creazione più completa”.
“Bè, per quello bisogna aspettare un altro giorno”.
“Un giorno dopo il giorno ℵ? Possibile?”.
“Certo. Il giorno dopo ℵ tutti i numeri reali avranno i loro vicini infinitesimi”.
“Ma allora, se è possibile andare avanti dopo il giorno ℵ, si potranno creare anche altri numeri infiniti”.
“Certo. Si possono creare tutti gli ordinali di Cantor, e tanti altri numeri. Per esempio:”.
ω+1 = {ω |}
“Questo è ancora un ordinale di Cantor”.
“Sì. Guarda questo, invece:”.
ω+1/2 = {ω | ω+1}
“Questo Cantor non lo conosceva!”.
“E che mi dici di {0,1,2,3,… | ω}?”.
“Mh, questo non lo capisco”.
“È ω-1”.
“Anche le sottrazioni? Incredibile: un numero transfinito minore di ω, Cantor si rivolterebbe nella tomba”.
“O ne sarebbe entusiasta, chissà. Naturalmente così come hai costruito ω-1 puoi anche costruire ω-2, eccetera”.
“Eh, sì”.
“E puoi combinare infiniti e infinitesimi, per costruire numeri come ω+1/ω oppure ω-1/ω”.
“Eh, eh, infinitamente vicini all'infinito”.
“Poi, naturalmente, puoi andare avanti e, dopo un opportuno (e infinito) numero di giorni potrai avere ω+ω = 2ω, poi 3ω, e così via. Ci saranno ω2, ω3, fino ad arrivare a ωω. Il quale comunque non è un punto di arrivo, come abbiamo già visto con gli ordinati transfiniti di Cantor: si può sempre andare avanti”.
“Qui, se ho capito bene, oltre ad andare avanti si può anche andare, in un certo senso, dentro. Cioè vicino a numeri già noti in una maniera che prima non sarebbe stata possibile”.
“Esatto. Questo, ad esempio, è ω/2: {0,1,2,… | ω, ω-1, ω-2,…}”.
“Non avevo pensato alle divisioni”.
“E che dire della radice quadrata di ω?”.
“Si può calcolare anche quella?”.
“Eccola: {0,1,2,3,… | ω, ω/2, ω/4,…}. E, per quanto riguarda gli infinitesimi, puoi farne molti:”.
1/(2ω) = {0 | 1/ω}
2/ω = {1/ω | 1, 1/2, 1/4,…}
1/ω2 = {0 | 1/ω, 1/(2ω), 1/(4ω),…}
“Bellissimo”.
“Per concludere, eccoti una definizione di derivata”.
“Si può fare anche l'analisi, con questi numeri?”.
“Sì, possono essere usati per la cosiddetta analisi non standard. La derivata di una funzione, ad esempio, è il numero reale più vicino al quoziente tra (f(x + 1/ω)-f(x)) e 1/ω stesso”.
“Gulp”.
venerdì 8 gennaio 2010
Esperienza in via d'estinzione
Mia moglie si è data al blogging, con un triste sottotitolo: riflessioni urgenti per documentare e condividere un'esperienza in via d'estinzione: l'insegnamento della Storia dell'arte.
La riforma scolastica probabilmente colpirà duro…
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