giovedì 30 luglio 2009

Su un particolare insieme numerico - induzione

“Allora, hai visto come funzionano le dimostrazioni riguardanti l'ordinamento tra due numeri?”.

“Sì, ho visto: una cosa complicatissima, abbiamo impiegato un sacco di tempo solo per verificare che 1 è minore di 2”.

“Sì, è vero, ma ora vorrei farti notare questo: ti sei accorto che la definizione di ordinamento è ricorsiva?”.

“Cioè?”.

“Cioè richiama sé stessa: per dimostrare che x è minore di y devi dimostrare che xL non è maggiore o uguale di y, e poi che yR non è minore o uguale di x”.

“Ah, hai ragione. Ora che ci penso, è poi il metodo che abbiamo usato per dimostrare che 1 è minore di 2: abbiamo sospeso la dimostrazione per verificare altre disuguaglianze”.

“Infatti, è così. Ogni dimostrazione fa riferimento su una dimostrazione precedente, è su questo che si basa il principio di induzione”.

“Siamo sicuri che sia sempre precedente?”.

“In che senso?”.

“Voglio dire: per dimostrare che a è minore di b devo prima aver dimostrato altre due disuguaglianze. Siamo sicuri che queste facciano riferimento a disuguaglianze che ho già dimostrato prima? Non può succedere che, per dimostrare che a è minore di b, devo prima dimostrare che c è minore di d, e quando vado a dimostrare che c è minore di d devo dimostrare che a è minore di b? Non ci possono essere riferimenti circolari?”.

“Ah, bene, ottima domanda. No, non possono esserci riferimenti circolari, ed è facile vederlo se pensi alla genesi dei numeri”.

“Uhm, quella storia per cui ogni giorno vengono creati nuovi numeri?”.

“Esatto. Ogni numero ha il suo compleanno, anche se la parola inglese rende meglio”.

Birthday?”.

“Sì: letteralmente significa giorno di nascita. Ad ogni numero possiamo associare il giorno in cui è stato creato”.

“Va bene, ma questo come ci aiuta?”.

“Immagina di dover dimostrare che xy. Sia x che y hanno i loro giorni di nascita”.

“Ok. Non è che potremmo continuare a chiamarli compleanni? Mi pare che suoni meglio”.

“Va bene. Allora, per dimostrare che xy devi dimostrare che xL non è maggiore o uguale di y, e poi che yR non è minore o uguale di x. Cosa puoi dire sul compleanno di xL?”.

“Ah, non so”.

“Ricorda che xL ti è servito per costruire il numero x”.

“Ah, vuoi dire che i numeri contenuti in xL devono essere stati creati prima di x?”.

“Esatto”.

“Forse comincio a capire: le due disuguaglianze xLy e yRx prendono in considerazione numeri creati precedentemente”.

“È così: ogni disuguaglianza è più semplice della precedente, perché ogni volta consideri dei numeri creati precedentemente. Ora, questo procedimento di andare indietro a un certo punto termina”.

“Quando arrivo al primo giorno?”.

“Sì. Anzi, no, quando arrivi al zeresimo giorno. E qual è l'unico numero nato in quel giorno?”.

“Zero! Che è composto, nelle sue due parti, dall'insieme vuoto”.

“E quali sono le proprietà che non sono valide per l'insieme vuoto?”.

“Nessuna, mi hai detto che gli elementi dell'insieme vuoto godono di qualunque proprietà, dato che non esistono”.

“Infatti. Quindi questo procedimento di induzione non ha bisogno di un punto di partenza. O meglio, il punto di partenza è sottinteso, perché riguarda sempre l'insieme vuoto”.

“Bè, questo sì che è elegante”.

“E funziona anche se abbiamo a che fare con insiemi infiniti, modificandolo un po'”.

“Oh, è vero che ci saranno prima o poi anche gli insiemi infiniti...”.

“L'induzione funziona così: P(x) è vera se lo sono P(xL) e P(xR)”.

“Tutto qua?”.

“Tutto qua”.

mercoledì 29 luglio 2009

Avada Kedavra

Giudizio critico: l'ultimo film di Harry Potter è moscio.

Su un particolare insieme numerico - come funziona l'ordinamento


“Cosa rappresenta questa immagine?”.

“Un trucchetto per capire come funziona l'ordinamento tra i numeri surreali”.

“Mi piacciono i trucchetti, forse riuscirò a capire qualcosa”.

“Ricorderai la definizione di numero surreale, suppongo”.

“Sì, ogni numero corrisponde a due insiemi di numeri creati precedentemente, in modo tale che nessun elemento dell'insieme di sinistra sia maggiore o uguale di qualche elemento dell'insieme di destra”.

“Bene. Questa definizione ricorda vagamente quella di sezione di Dedekind”.

“Ah”.

“Anche il modo di scrivere un numero surreale ricorda le sezioni di Dedekind: abbiamo un insieme di numeri, un elemento di separazione (quello che abbiamo indicato con la barra verticale), e un altro insieme di numeri: {A|B}”.

“Capisco. Dunque il numero surreale {A|B} dovrebbe essere compreso tra A e B?”.

“Sì”.

“Ma se A e B sono insiemi di più numeri?”.

“Vedremo che succede in quel caso”.

“E poi A e B possono anche essere insiemi vuoti, però”.

“Sì, in quel caso il numero rappresentato da {A|} è il successivo di A, mentre quello rappresentato da {|B} è quello che precede B. In un certo senso che vedremo poi”.

“Uhm, ci sono ancora molti misteri”.

“Sì, cominciamo a capirne uno: la definizione di ordinamento. La figura qua sopra ci può aiutare: essa rappresenta due numeri x e y, con x che precede y. Le due semirette che vedi rappresentano i due insiemi, di sinistra e di destra, relativi ai due numeri”.

“Vuoi dire, in pratica, che x = {xL|xR} e che y = {yL|yR}?”.

“Esattamente. Ho usato la notazione inglese perché tutti i libri fanno così”.

“Bene, fin qua è chiaro”.

“Ora analizziamo la definizione: cosa significa che xy?”.

“Significa che nessun elemento dell'insieme di sinistra del primo numero è maggiore o uguale del secondo, e che nessun elemento dell'insieme di destra del secondo numero è minore o uguale del primo”.

“Bene. Ora osserva la figura: noterai che l'insieme di sinistra del primo numero, cioè xL, si trova tutto a sinistra di y”.

“Vero”.

“E quindi nessun suo elemento è maggiore o uguale di y”.

“Ah, ho capito! Questa è la prima parte della definizione! Ora ho capito anche la seconda parte: l'insieme di destra del secondo numero, cioè yR, si trova tutto a destra rispetto a x, e perciò nessun suo elemento è minore o uguale di x”.

“Perfetto, questo è il trucco. L'ordinamento fra i numeri surreali funziona così”.

“Ma perché usare tutti quei non? Invece di dire che nessun elemento dell'insieme di sinistra del primo numero è maggiore o uguale del secondo numero, non si poteva dire che tutti gli elementi dell'insieme di sinistra del primo numero sono minori del secondo?”.

“Bé, ci sono due motivi per cui si usano i non. Il primo è per una questione di eleganza (sulla quale tu avrai sicuramente da obiettare): in questo modo si usa solo il concetto di minore o uguale (assieme al suo reciproco di maggiore o uguale) e non si tira in ballo il concetto di essere diversi”.

“In che senso?”.

“Nel senso che minore in senso stretto significa minore e non uguale. Quindi per verificare che un numero è minore di un altro dovresti verificare che prima è minore o uguale, e poi che non è uguale”.

“Ah, ho capito. L'abbiamo fatto quando abbiamo dimostrato che 1 è minore di 2, per esempio”.

“Esatto. Il secondo motivo per cui si usano i non è per avere una induzione che non ha bisogno di base”.

“Cosa?”.

“Ne parliamo la prossima volta”.

lunedì 27 luglio 2009

Su un particolare insieme numerico - disuguaglianze

“Abbiamo chiamato 0 il numero {|}, poi abbiamo chiamato 1 il numero {0|}, viene naturale chiamare 2 il numero {1|}”.

“Ti ho già detto che quello che tu consideri naturale potrebbe risultare oscuro al resto del mondo?”.

“Sì, infatti vedremo poi che 1+1 dà proprio 2 come risultato, ma non vorrei ancora parlare di somme”.

“Va bene, per ora mi fido, poi vedremo come si sommano questi numeri”.

“Sì, lasciamo le somme a dopo: ora prova però a dimostrare che 1 è minore di 2”.

“Come si fa? Noi sappiamo solo verificare se un numero è minore o uguale di un altro”.

“Ma sappiamo anche che due numeri sono uguali se il primo è minore o uguale del secondo, e viceversa”.

“E quindi?”.

“E quindi se noi dimostriamo che 1 è minore o uguale di 2, ma che 2 non è minore o uguale di 1, siamo a posto”.

“Ah, ho capito. Va bene, allora provo a dimostrare che 1 ≤ 2”.

“E cioè che {0|} ≤ {1|}”.

“Allora, questo vorrebbe dire che nessun elemento dell'insieme di sinistra del primo numero (cioè 0) è maggiore o uguale di 2, e che nessun elemento dell'insieme di destra del secondo numero è minore o uguale del primo (vero, non ci sono elementi nell'insieme di destra del secondo numero)”.

“Bene”.

“Ma come faccio a dimostrare che 0 non è maggiore o uguale di 2?”.

“Conosci la definizione di 0, conosci quella di 2, fai la prova”.

“Ah, devo lasciare in sospeso la prima dimostrazione per verificare questa seconda affermazione?.

“Esatto”.

“Allora, 2 ≤ 0 significherebbe che {1|} ≤ {|}. Questo è vero se nessun elemento dell'insieme di sinistra del primo numero (cioè 1) è maggiore o uguale di 0... no, non va bene, 1 è maggiore o uguale di 0”.

“Benissimo, quindi 0 non è maggiore o uguale di 2”.

“Ho capito”.

“Bene. Ora prendiamo in considerazione il numero {0,1|}”.

“Uhm, il primo esempio di numero in cui sono presenti due elementi in una delle sue parti”.

“Sì, infatti. Vogliamo dimostrare che questo numero, che per ora indichiamo con x, è maggiore di 1”.

“Va bene, allora, cominciamo a dimostrare che 1 ≤ x. Provo io?”.

“Vai”.

“Dovrei dimostrare quindi che 1 ≤ {0,1|}”.

“E cioè, tenendo presente la definizione di 1, che {0|} ≤ {0,1|}”.

“Questo è vero se nessun elemento dell'insieme di sinistra del primo numero (cioè 0, c'è solo lui) è maggiore o uguale di x, e nessun membro dell'insieme di destra del secondo numero è..., bé, qua mi fermo perché l'insieme di destra del secondo numero è vuoto. Ora però devo dimostrare che 0 non è maggiore o uguale di x”.

“Sì: come prima, conosci la definizione di 0, conosci quella di x, quindi provi”.

“Quindi devo dimostrare che non è vero che {0,1|} ≤ {|}”.

“Sì”.

“Quella disuguaglianza vorrebbe dire che nessun elemento dell'insieme di sinistra del primo numero (cioè 0 e 1) è maggiore o uguale di 0 e che... un momento, già questa prima parte è falsa: 0 è maggiore o uguale di 0, e anche 1”.

“Giusto. Quindi questa seconda dimostrazione è vera, puoi tornare a quella che avevi lasciato in sospeso”.

“Che quindi risulta vera pure lei”.

“Esatto. Hai dimostrato che 1 ≤ x”.

“Ora dovrei dimostrare che x non è minore o uguale di 1”.

“Sì. Devi quindi far vedere che è falsa la disuguaglianza {0,1|} ≤ {0|}”.

“Questa volta la disuguaglianza vorrebbe dire che nessun elemento dell'insieme di sinistra del primo numero (cioè 0 e 1) è maggiore o uguale di 1... questo è già falso: 1 è maggiore o uguale di 1”.

“Perfetto, quindi hai dimostrato che 1 è minore o uguale di x e che x non è minore o uguale di 1”.

“Quindi 1 è minore di x”.

“Anche se non sappiamo ancora quanto vale x”.

“Ora possiamo saperlo: prova a dimostrare che x è uguale a 2”.

“Allora, per prima cosa dovrei far vedere che 2 ≤ x, e poi che x ≤ 2”.

“Giusto. Comincia dalla prima disuguaglianza”.

“Voglio dimostrare che {1|} ≤ {0,1|}. Questo è vero, a meno che qualche elemento dell'insieme di sinistra del primo numero (cioè 1) sia maggiore o uguale di x (no, l'abbiamo appena dimostrato, 1 è minore di x), o che qualche elemento dell'insieme di destra del secondo numero... no, mi fermo, l'insieme di destra è vuoto. Bene, è vero”.

“Ora la seconda disuguaglianza”.

“Questa volta voglio dimostrare che {0,1|} ≤ {1|}. Allora, è vero a meno che qualche elemento dell'insieme di sinistra del primo numero (cioè 0 oppure 1) sia maggiore o uguale di 2 (no, abbiamo dimostrato che 1 è minore di 2, e quindi anche 0 lo è) oppure che qualche elemento dell'insieme di destra del secondo numero... (no, è vuoto). È vero anche questo”.

“Ecco fatto: dato che 2 ≤ x e che x ≤ 2, hai dimostrato che x è uguale a 2”.

“E quindi questi due insiemi, {0,1|} e {1|}, pur essendo diversi, rappresentano lo stesso numero”.

“Proprio così”.

“Ora però cerchiamo una regola generale, vero?”.

“Già”.

venerdì 24 luglio 2009

C'è un mondo intorno a te

Ci son certe persone che, quando parlano di vacanze, dicono per esempio che quest'anno hanno fatto la Sardegna, l'anno scorso hanno fatto Parigi, il prossimo anno faranno il Mar Rosso; ecco, secondo me queste persone qui non usano mica tanto bene il verbo fare, forse un verbo più appropriato sarebbe visitare. Visitare è un verbo più rispettoso, delicato, che tiene conto del fatto che nei posti che si fanno c'era già altra gente prima, e ci sarà altra gente anche dopo; quei luoghi, insomma, non li hanno creati solo per quelle persone là e non diventeranno inutili quando per loro saranno solo luoghi fatti.

Giusto per capirci, se una di quelle persone là dice che si è fatta quella tale gentile fanciulla, e la fanciulla in questione sente, forse dopo non è più tanto gentile.

giovedì 23 luglio 2009

Sette giorni a Barcellona


La curva rappresentata qua sopra è una catenaria: ha l'andamento di una catena, appunto, o di una fune omogenea, sospesa a due punti. È quindi una curva naturale, e guarda caso (leggi: proprio per questo) la sua equazione contiene la funzione esponenziale con base e (qualche Vero Matematico la chiama anche coseno iperbolico).

Se la ribaltiamo rispetto a un asse orizzontale otteniamo un arco catenario: un arco perfetto, che non ha bisogno di contrafforti per stare in equilibrio. L'arco prediletto da Gaudì nelle sue architetture. Guarda un po', ne hanno parlato poco tempo fa i Rudi Matematici (quelli senz'acca: quelli con l'acca ne avevano parlato prima).

Ora, Barcellona è una città che non mi ha detto molto, ma vale la pena andarci anche solo per vedere le opere di Gaudì.









I Rudi Mathematici hanno trovato il pretesto, parlando di catenarie, di inserire una foto di Monica Bellucci. Qui non siamo da meno, e concludiamo con le labbra di Mae West, opera di Dalì, ammirate a Figueres.



(Tutte le foto, per chi ha voglia di guardarle, sono qui)

Su un particolare insieme numerico - Genesi

“Ho sb”.

“Come, scusa?”.

“Ho sbb... ho sbbb”.

“Non capisco”.

“Ho dato un'informazione che, seppur corretta, poteva portare a cattive interpretazioni”.

“Ah, hai sbagliato”.

“Ehm”.

“E quale sarebbe, questa informazione?”.

“Ecco, avevo detto che per essere sicuri che i numeri che abbiamo indicato con +1 e -1 siano davvero quei numeri, avremmo avuto bisogno della somma”.

“E non è vero?”.

“Bé, è vero che ci serve la somma per verificare che sono opposti (e in questo, quindi, la mia informazione è corretta), però per controllare che +1 sia proprio l'unità, ci serve la definizione di moltiplicazione. In sostanza, +1 è l'elemento neutro della moltiplicazione”.

“Ah. E quindi adesso definiamo somma e moltiplicazione?”.

“No, no, è ancora presto: prima ci serve qualche altro numero, per prendere confidenza con un concetto molto importante”.

“Costruiamo quindi altri numeri? A partire da quelli vecchi, immagino”.

“Certo, ogni giorno ne vengono costruiti dei nuovi a partire da quelli vecchi”.

“Giorno?”.

“Sì, quelli che studiano i numeri surreali parlano di giorni. Vedi, in principio c'era solo l'insieme vuoto. Conway definì la regola per costruire numeri, e creò lo zero, cioè {|}. Conway vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina, zeresimo giorno”.

“Voi siete malati”.

“Conway costruì {0|} e {|0}, e li chiamò +1 e -1, e vide che erano cosa buona. Conway separò le coppie che rispettavano la sua regola dalle coppie che non la rispettavano, come {0|0}, e chiamò le coppie del primo tipo numeri, e quelle del secondo tipo giochi. E fu sera e fu mattina, primo giorno”.

“Ci mancavano anche i giochi”.

“Conway disse: tutti i numeri sono costruiti in questo modo, e creò l'induzione, risolvendo il problema del contare fino a ℵ senza annoiarsi”.

“Sono senza parole”.

“Quindi ogni giorno vengono creati nuovi numeri, a partire da quelli vecchi. Noi siamo arrivati al primo giorno, ora proviamo a vedere cosa succede nel secondo”.

“Va bene, anche se tremo all'idea di quello che succederà al giorno ℵ”.

“Non ti preoccupare, c'è tempo”.

“Un tempo infinito, immagino...”.

“Bé, poi l'induzione ci aiuta, ma andiamo per gradi. Ora proviamo a vedere quali numeri vengono creati il secondo giorno”.

“Va bene, proviamo. Allora, abbiamo a disposizione i numeri -1, 0 e +1. Posso evitare di mettere sempre quel segno positivo davanti al +1?”.

“Certo, certo. Ricordati anche che li abbiamo ordinati, sappiamo che -1 è minore degli altri due, 0 è compreso tra -1 e 1, mentre 1 è maggiore degli altri due”.

“Uhm, perché mi stai ricordando questo?”.

“Perché, secondo la definizione di numero, nessun numero dell'insieme di sinistra deve essere maggiore o uguale di qualche numero dell'insieme di destra”.

“Ah, giusto! Allora, avendo a disposizione questi tre simboli potrei creare queste coppie:”.

{|} = 0
{-1|}
{0|} = 1
{1|}
{|-1}
{|0} = -1
{|1}
{-1|0}
{-1|1}
{0|1}
{-1,0|}
{-1,1|}
{0,1|}
{-1,0,1|}
{|-1,0}
{|-1,1}
{|0,1}
{|-1,0,1}
{-1,0|1}
{-1|0,1}

“Ottimo”.

“Sono venti, non me ne aspettavo così tante!”.

“Bè, alcune coppie potrebbero essere uguali”.

“Ma no, sono tutte composte da numeri diversi!”.

“Intendevo dire che potrebbero rappresentare lo stesso numero”.

“Ah. Uhm. No, non ho ben capito. Come è possibile?”.

“Allora, distinguiamo due concetti: due numeri si dicono identici se i loro insiemi di sinistra e di destra contengono gli stessi elementi”.

“E, in questa lista, di numeri identici non ce ne sono, vero?”.

“Perfetto”.

“E quand'è che due numeri si dicono uguali?”.

“Due numeri x e y sono uguali se x ≤ y e y ≤ x”.

“Ah! Ora ho capito: potrebbero esistere modi diversi per scrivere lo stesso numero”.

“Esatto”.

“E dobbiamo provare tutte le possibili combinazioni? Mi sembra un po' noioso, soprattutto pensando a quello che può succedere durante il terzo giorno”.

“Hai ragione: per questo faremo una prova, e poi cercheremo di ricavare una regola generale”.

mercoledì 22 luglio 2009

Conferme autorevoli

Peanuts

Lo dice anche Sally che è importante l'ordine secondo il quale vengono messi i gusti sul cono.

lunedì 20 luglio 2009

Galileoscope unboxing

È arrivato il Galileoscope.



Il primo strato della scatola:



Il secondo:



Montaggio della lente dell'obiettivo:



Le lenti per i vari oculari:



Un oculare montato:



Il telescopio montato. Si prega di non fare domande sui pezzi avanzati.

Su un particolare insieme numerico - ordinamento dei numeri surreali

Un numero è minore o uguale di un altro numero se e solo se nessun elemento dell'insieme di sinistra del primo numero è maggiore o uguale del secondo numero, e nessun elemento dell'insieme di destra del secondo numero è minore o uguale del primo numero.

“Lo sapevo che era complicato, non si capisce nulla”.

“Proviamo ad applicarlo, forse si capisce meglio”.

“Ok”.

“Vediamo se è vero che 0≤0, come dovrebbe essere se vogliamo che questi nuovi numeri assomiglino a quelli vecchi che già conosciamo”.

“Va bene. Allora, la definizione comincia dicendo che nessun elemento dell'insieme di sinistra del primo numero è maggiore o uguale del secondo numero”.

“Bene. Ricordati che 0 è uguale a {∅|∅}, che possiamo anche scrivere come {|}”.

“Allora, dovrei verificare che nessun elemento di ∅ è maggiore o uguale di 0. Giusto, l'insieme vuoto non ha elementi, quindi siamo a posto”.

“Ottimo, vedo che cominci ad apprezzare l'insieme vuoto”.

“Sì, sto cominciando a capire la sua utilità. L'altra parte della definizione dice che nessun elemento dell'insieme di destra del secondo numero è minore o uguale del primo numero”.

“Vero. Quindi, se suddividi 0 nei suoi insiemi componenti, come diventa?”.

“Diventa così: nessun elemento di ∅ è minore o uguale di 0. Perfetto, giusto, non ci sono elementi nell'insieme vuoto, quindi è automaticamente vera”.

“E così abbiamo dimostrato che 0 è minore o uguale di 0, come ci aspettavamo”.

“Già. Si potrebbe anche generalizzare, grazie alla presenza dell'insieme vuoto”.

“Ottimo: come generalizzeresti?”.

“Direi che qualunque siano x e y, si ha che {∅|x} è minore o uguale di {y|∅}”.

“Perfetto: dato che nella definizione di ordinamento ci vengono richieste delle proprietà riguardanti l'insieme di sinistra del primo numero e l'insieme di destra del secondo, se entrambi sono vuoti le proprietà sono automatiche”.

“E tante grazie all'insieme vuoto”.

“Tra l'altro, hai anche ordinato i tre numeri che abbiamo a disposizione”.

“Ah, è vero! {∅|0} è minore o uguale di {0|∅}, secondo quanto abbiamo appena detto. No, un momento: dove metto lo zero?”.

“Allora, andiamo per ordine: è vero che {∅|0} ≤ 0, cioè {∅|0} ≤ {∅|∅}?”.

“Sì, senza dubbio, l'abbiamo dimostrato prima per qualunque numero del tipo {y|∅}”.

“Ed è vero che {∅|∅} ≤ {0|∅}?”.

“Sempre secondo quanto abbiamo detto prima, certo. Allora siamo a posto”.

“Quasi”.

“Cosa manca?”.

“Dovremmo verificare che 0 non è minore o uguale di {∅|0}, per esempio”.

“Ah, non è automatico?”.

“Niente è automatico”.

“Va bene, va bene... Allora, aspetta, 0 ≤ {∅|0} significherebbe che nessun elemento dell'insieme di sinistra di 0 (cioè nessun elemento di ∅) è maggiore o uguale del secondo numero — vero, perché non ci sono elementi da controllare; poi nessun elemento dell'insieme di destra del secondo numero (cioè 0, c'è solo lui) è minore o uguale del primo numero — falso, 0 è minore o uguale di 0, l'abbiamo appena visto!”.

“Ottimo. Quindi?”.

“Quindi non è vero che 0 ≤ {∅|0}”.

“Benissimo. Ti lascio per esercizio verificare che {0|∅} non è minore o uguale di 0”.

“Ok, ci proverò”.

“Noi invece vediamo insieme che {0|∅} non è minore o uguale di {∅|0}”.

“Uh, va bene. Dunque, {0|∅} ≤ {∅|0} significherebbe che nessun elemento dell'insieme di sinistra del primo numero (cioè 0) è maggiore o uguale di {∅|0}: falso, l'abbiamo visto prima. Posso anche fermarmi qua: non è vero che {0|∅} ≤ {∅|0}”.

“Benissimo. Quindi abbiamo un ordinamento stretto tra i tre numeri che abbiamo definito: {∅|0} è minore e non è uguale a 0 che è minore e non uguale a {0|∅}”.

“Uff, non è stato facile”.

“Manca ancora una cosa per completare il quadro”.

“Quale?”.

“I nomi dei numeri. Eccoli qua: {0|∅} lo chiamiamo +1 (o semplicemente 1), mentre {∅|0} lo chiamiamo -1”.

“A-ah! Ma sono proprio quei numeri?”.

“Ecco, per rispondere a questa domanda serve, naturalmente, la definizione di somma”.

mercoledì 15 luglio 2009

Su un particolare insieme numerico - altri numeri

“Vai, ho capito, dato che ora abbiamo a disposizione un numero, possiamo costruirne altri secondo la tua regola, così:”.

{∅|∅}, {∅|0}, {0|∅}, {0|0}.

“Uhm, siamo sicuri che siano numeri?”.

“Eh?”.

“Secondo la definizione, dovresti verificare che nessun elemento dell'insieme di sinistra sia maggiore o uguale di qualche elemento dell'insieme di destra”.

“Ah. Ehm, non possiamo usare quelle meravigliose proprietà dell'insieme vuoto?”.

“Dipende. Vediamo un po': il primo dei tuoi numeri l'abbiamo già visto, è lo zero”.

“Sì, l'ho scritto solo per completezza, quelli nuovi sono quelli dopo”.

“Ok. Prendiamo allora {∅|0}. È un numero? Vale la definizione?”.

“Mi pare proprio di sì: secondo quanto hai detto tu, nell'insieme di sinistra non ci sono elementi maggiori o uguali di qualche elemento dell'insieme di destra. In effetti, non ci sono proprio elementi”.

“Ottimo. Hai dimostrato una proprietà generale: qualunque sia x, {∅|x} è un numero”.

“Giusto”.

“Ora prendi {0|∅}. È un numero?”.

“Uhm, qui nell'insieme di sinistra c'è effettivamente un numero. No, un momento, forse ho sbagliato qualcosa: l'insieme di sinistra non è un insieme!”.

“Sì, hai ragione, avresti dovuto scrivere {{0}|∅}; questo è il motivo per cui usiamo la barra verticale invece della virgola per dividere i due insiemi di sinistra e di destra: tutto ciò che sta da una parte o dall'altra della barra è da considerarsi un insieme. Insomma, invece di scrivere {{x1,x2,x3,...},{y1,y2,y3,...}} scriviamo {x1,x2,x3,...|y1,y2,y3,...}”.

“Ah, ok. Sì, effettivamente semplifica un po'”.

“Bene. Allora, prova a vedere se {0|∅} è un numero”.

“Allora, nell'insieme di sinistra questa volte c'è un numero, è 0. Però è vero che 0 non è maggiore o uguale di qualche elemento dell'insieme di destra: l'insieme di destra è vuoto”.

“Perfetto. Anche in questo caso, hai dimostrato un caso generale: qualunque sia x, {x|∅} è un numero”.

“Rimane {0|0}. Uhm, è vero che 0 (l'unico elemento dell'insieme di sinistra), non è maggiore o uguale di 0 (l'unico elemento dell'insieme di destra)? Boh, mi pare di no, 0 è uguale a 0”.

“Ecco, in questo caso dovremmo sapere cosa significa essere maggiore o uguale”.

“Non lo sappiamo?”.

“Eh, no. Finora non abbiamo dato la definizione, e dato che questi numeri sono del tutto nuovi, e stiamo partendo da zero (anzi, stiamo partendo da ∅), dobbiamo definire tutto, anche l'ordinamento”.

“Uh, ho paura che non sarà una cosa semplice”.

“Sì, effettivamente la definizione è un po' arzigogolata. Ma è fatta in modo tale da sfruttare ancora una volta le proprietà dell'insieme vuoto. La vediamo la prossima volta”.

venerdì 10 luglio 2009

Su un particolare insieme numerico - il primo numero

“Ma se ogni numero corrisponde a due insiemi di numeri creati precedentemente, all'inizio con quali numeri partiamo? I naturali?”.

“No, no, niente naturali: all'inizio non esistono numeri”.

“Ma allora? Se precedentemente non esiste niente, come si fa?”.

“All'inizio non esistono numeri, ma c'è un oggetto che esiste sempre: è l'insieme vuoto”.

“Che non è un numero, però”.

“Ma è un insieme di numeri”.

“Di numeri? Ma se non contiene niente!”.

“Appunto: puoi forse dire che contiene oggetti che non sono numeri?”.

“Uh, se la metti così allora l'insieme vuoto è anche un insieme di banane”.

“Certamente. L'insieme vuoto può essere visto come insieme di qualsiasi tipo di elementi”.

“Bella roba: è un insieme che può contenere tutto ma che in realtà non contiene nulla”.

“E, però, esiste”.

“Va bene, esiste. È una scatola vuota”.

“Ci accontentiamo: ogni numero corrisponde a due insiemi di numeri (ce li abbiamo, sono entrambi l'insieme vuoto) creati precedentemente (non ci sono numeri dentro all'insieme vuoto, quindi non abbiamo il problema del regresso all'infinito). Siamo a posto”.

“Però la tua definizione specifica anche che nessun elemento dell'insieme di sinistra deve essere maggiore o uguale di qualche elemento dell'insieme di destra”.

“E infatti è così: vedi forse qualche elemento nell'insieme di sinistra che sia maggiore uguale a qualche elemento dell'insieme di destra?”.

“Ma cosa vuol dire insieme di sinistra o di destra?”.

“Allora, usiamo qualche simbolo, così ci capiamo. La definizione dice che ogni numero corrisponde a due insiemi di numeri, giusto?”.

“Sì”.

“Allora, scriviamo i due insiemi in questo modo: {A|B}”.

“Uhm, perché metti una barretta verticale invece di una virgola?”.

“Per non confondermi quando elencherò gli elementi di A o B. E poi per ricordare, in modo grafico, le sezioni di Dedekind”.

“Ah, ecco perché hai voluto parlarmi delle sezioni di Dedekind, anche se era evidente che non ti andava molto...”.

“Già. Questa costruzione le ricorda un po'. Comunque, dato che scriviamo i numeri come coppia di insiemi in questo modo, {A|B}, risulta abbastanza naturale chiamare A insieme di sinistra e B insieme di destra. Potremmo anche indicare i numeri con {S|D} o, se vogliamo fare gli inglesi, {L|R}”.

“Va bene, fino a questo livello di naturalità ci arrivo”.

“Allora, noi abbiamo a disposizione, all'inizio, solo l'insieme vuoto”.

“E questo l'ho capito”.

“Quindi l'unico numero che possiamo costruire è {∅|∅}”.

“E questo è un numero?”.

“Secondo la definizione, lo è se è vero che nessun elemento dell'insieme di sinistra è maggiore o uguale di qualche elemento dell'insieme di destra”.

“Insisto, l'insieme di sinistra non ha elementi”.

“E insisto anche io: è forse vero che l'insieme di sinistra contiene elementi maggiori o uguali di qualche elemento dell'insieme di destra?”.

“No, assolutamente no. L'insieme di sinistra non. contiene. elementi”.

“Allora siamo a posto. È un numero”.

“Non ci posso credere”.

“Le infinite e meravigliose proprietà dell'insieme vuoto ti danno il benvenuto in questo nuovo mondo”.

“Povero me. Che numero sarebbe, allora?”.

“Direi che, per cominciare, potremmo chiamarlo 0”.

“Zero?”.

“Già. Si parte da qui: 0 = {∅|∅}”.

mercoledì 8 luglio 2009

Su un particolare insieme numerico - in principio

Ogni numero corrisponde a due insiemi di numeri creati precedentemente, in modo tale che nessun elemento dell'insieme di sinistra sia maggiore o uguale di qualche elemento dell'insieme di destra. Tutti i numeri vengono costruiti in questo modo.

“E questo cosa sarebbe?”.

“Una nuova definizione”.

“Di un qualche insieme numerico?”.

“Sì”.

“Quali numeri?”.

Tutti”.

“Tutti insieme?”.

“Tutti insieme, tutti in una volta, e molti di più di quelli che pensi”.

“E come si chiama, questo insieme?”.

Su”.

“Eeh?”.

“Non hai notato il titolo di questa serie di nostre conversazioni?”.

Su un particolare insieme numerico?”.

“Già. Puoi anche leggerlo in un altro modo, però. E cioè Su: un particolare insieme numerico”.

“Un gioco di parole?”.

“Bello, eh?”.

“Me. Ra. Vi. Glio. So. Ma cosa significherebbe Su?”.

“Bè, è una mia traduzione di un gioco di parole inglese”.

“Sempre meglio. Com'era, in originale?”.

“Allora, parto dall'inizio. Conway (ti ricordi di lui, vero?) ha definito una particolare classe di numeri in un testo intitolato On Numbers and Games”.

“E vabbè, in italiano sarebbe Riguardo ai numeri e ai giochi, o qualcosa del genere”.

“Infatti. All'interno del testo, però, l'insieme di numeri che Conway definisce viene indicato con il simbolo On”.

“Ah, ecco. Quindi il titolo potrebbe essere anche tradotto (un po' liberamente) come Numeri e Giochi dell'insieme On”.

“Esatto, ecco quindi il gioco di parole originale. Così come si dice Real Numbers, Conway dice On Numbers”.

“E i Games?”.

“Bè, quelli sono un'altra storia: ammorbidendo un po' la definizione, si possono definire dei Giochi”.

“Ok, per adesso lasciamola così. E quindi la tua traduzione di On sarebbe Su?”.

“Già, ma non è una semplice traduzione. È successo che Knuth, dopo aver letto il testo di Conway, si è entusiasmato per la definizione di questi nuovi numeri e ha scritto un breve racconto, in forma di dialogo, che narra di due ragazzi che, trovandosi soli su un'isola deserta, scoprono un antico scritto riguardante la creazione dei numeri e si mettono a studiarne le proprietà, scoprendo così i piaceri della matematica”.

“Solo un Vero Matematico può pensare che due ragazzi soli su un'isola deserta si mettano a esplorare i piaceri della matematica”.

“Bè, comunque, Knuth ha coniato anche un nome per questi nuovi numeri, li ha chiamati numeri surreali”.

“Carino”.

“Capito il gioco di parole? Su-reali, oltre i reali, al di sopra dei reali. Bello, eh?”.

“Rabbrividisco”.

“E quindi ecco il mio gioco di parole: Su è l'insieme dei numeri surreali”.

“Sì, direi che questa situazione sia veramente surreale”.

lunedì 6 luglio 2009

Pace eterna

Avevo già parlato di Guerra Eterna, un romanzo molto bello di Joe Haldeman che fa da contraltare a Fanteria dello spazio. Bene, oggi ho finito di leggere Pace Eterna, un secondo romanzo che vorrebbe ricollegarsi, almeno nel titolo, al primo.

More about Pace eterna

L'autore tiene a precisare che la decisione di scrivere questa specie di seguito (che, però, non è un vero seguito) è stata della casa editrice: bene, il risultato è di molti livelli inferiore rispetto a Guerra Eterna. La trama non è tanto avvincente, il tema principale (quello, appunto, della pace) non è molto sviluppato, e la traduzione sembra fatta da babelfish. Leggere le pagine di questo romanzo è irritante.

Un esempio per tutti: uno dei protagonisti riceve alcuni file per posta elettronica, ne apre uno, lo guarda, e lo mette da parte sul tavolo.

Autocitazione

La disgustosa ostentazione di plutocratica sicumera ha colpito ancora.

(L'immagine proviene da Topolino 2796, del 30 giugno 2009, ed è una meravigliosa autocitazione)

Su un particolare insieme numerico - costruzione dei numeri complessi

“Ora che sono stati definiti i numeri reali, le cose tornano ad essere facili. I numeri complessi possono essere definiti in modo molto semplice, per esempio”.

“Oh, bene. Anche qua si può usare il trucchetto?”.

“Sì, basta che ti ricordi come funzionano i numeri complessi”.

“Ricordo che un numero complesso si può scrivere nella forma a+ib, dove a e b sono numeri reali, e i è la radice di -1”.

“Quale radice?”.

“Come quale? Quante ce ne sono?”.

“Dimmi tu: quanti sono i numeri che elevati al quadrato danno come risultato -1?”.

“Uhm, intendi i e -i?”.

“Sì. Quale dei due è la radice di -1?”.

“Non è i?”.

“E non potrebbe essere -i?”.

“Boh, penso di sì”.

“Allora non è proprio corretto dire che i è la radice di -1”.

“Cos'è, una sottigliezza da Vero Matematico?”.

“Già: i è uno dei due numeri che, elevato al quadrato, dà come risultato -1. Ne esiste anche un altro, che è -i, indistinguibile dal primo”.

“In che senso, indistinguibile? Uno è positivo, l'altro è negativo, no?”.

“Assolutamente no, non esistono numeri complessi positivi o negativi (per la gioia degli studenti non esistono quindi le disequazioni tra numeri complessi)”.

“Ma come? E allora, quel segno negativo messo davanti a -i?”.

“È solo un modo per distinguere +i da -i, ma non dobbiamo pensare che uno dei due numeri sia privilegiato rispetto all'altro. L'unico modo per definire quei due numeri è l'equazione x2+1=0, la quale ha due soluzioni immaginarie, che sono +i e -i”.

“Mah, va bene, prendo atto di questa faccenda. Comunque posso continuare a usare i segni davanti a i, per distinguere i due numeri?”.

“Certo, certo. Esistono due numeri che elevati al quadrato danno -1, e per distinguerli li indichiamo con +i e -i, ma se li avessimo indicati con -i e +i non sarebbe cambiato nulla: sono sempre loro due”.

“Va bene. Allora, possiamo tornare alla definizione di numero complesso?”.

“Sì, hai detto che è un numero fatto così: a+ib”.

“Infatti. Ora come costruisco l'insieme dei numeri complessi?”.

“Semplice: è l'insieme delle coppie di numeri reali (a,b)”.

“Tutto qua?”.

“Tutto qua. Il prodotto cartesiano R×R è l'insieme C dei numeri complessi. Invece di scrivere a+ib puoi scrivere (a,b)”.

“Mi pare troppo facile”.

“Naturalmente dobbiamo definire le operazioni”.

“Ah, ecco”.

“Ma qua puoi usare il trucchetto: fai prima le operazioni con la notazione solita, poi trasforma le formule utilizzando il linguaggio delle coppie”.

“D'accordo. Allora, la somma di due numeri complessi dovrebbe essere questa:”.

(a+ib) + (c+id) = (a+c) + i(b+d).

“Ottimo. Come diventa nella nuova notazione?”.

“Diventa (a,b) + (c,d) = (a+c,b+d)”.

“Benissimo, questa è la somma. Ora prova il prodotto”.

“Allora, (a+ib)(c+id) = ac-bd+i(ad+bc)”.

“Bene. Trasforma anche questa, adesso”.

“Uhm, ecco: (a,b)(c,d) = (ac-bd,ad+bc)”.

“Ecco fatto”.

“Tutto qua?”.

“Sì, molto facile. Fai una prova: come diventa i, nella notazione con le coppie?”.

i da solo?”.

“Sì”.

“Uhm, non ha parte reale, quindi dovrebbe essere (0,1)”.

“Bene, utilizzando la regola della moltiplicazione, calcola i2”.

“Ecco: i2 = (0,1)(0,1) = (0-1,0+0) = (-1,0). Ehi, ma questo è -1, funziona!”.

“Avevi dei dubbi?”.

“Mah, a volte ho l'impressione che voi Veri Matematici confidiate molto sul fatto che tanto nessuno va mai a controllare”.

“Comunque sia, l'insieme dei numeri complessi è stato ben definito, e ha anche alcune interessanti proprietà”.

“Quali?”.

“Per esempio, è un insieme algebricamente chiuso”.

“Cosa significa?”.

“Significa che qualunque polinomio in una variabile di grado maggiore o uguale a 1, a coefficienti in C, ha una radice in C”.

“Mmmh, puoi espandere un po' il concetto?”.

“Tutte le equazioni polinomiali hanno almeno una soluzione in C”.

“Ah”.

“E dato che, appena trovi una soluzione di un'equazione di grado n, puoi abbassare di 1 il grado dell'equazione, ti rimane una nuova equazione di grado n-1. Anch'essa ha almeno una soluzione in C”.

“Ah. Quindi posso andare avanti fino a che non arrivo a un'equazione di primo grado?”.

“Sì. In pratica ogni equazione polinomiale di grado n a coefficienti in C ha sempre n soluzioni in C”.

“Bé, bello. Non esistono le equazioni impossibili”.

“Esatto. Questo risultato prende il nome di teorema fondamentale dell'algebra”.

“Ah. E lo dimostriamo?”.

“No, no. In realtà avevo pensato di non parlare proprio dei numeri complessi”.

“E perché?”.

“Perché il mio problema era fare vedere come si riempie la retta dei numeri, e per questo sono sufficienti i numeri reali. I numeri complessi sono solo due rette messe in croce”.

“Ehm, questa non mi sembra una definizione da Vero Matematico”.

“No, infatti, hai ragione”.

“Ma se non volevi parlare dei numeri complessi, che intenzioni avevi?”.

“Volevo ricominciare tutto da capo”.

sabato 4 luglio 2009

Sono il migliore in quello che faccio

Poi dicono che hanno fascino quelli alti, belli e levigati: Wolvie però è il nodo dal quale si diramano più rami.

(Via uncannyxmen.net)

mercoledì 1 luglio 2009

Su un particolare insieme numerico - tedioso

“La definizione che abbiamo dato di sezione di Dedekind è sovrabbondante”.

“Cioè?”.

“A cosa ci serve specificare entrambi gli insieme della sezione? Perché definire una sezione di Dedekind con una coppia di insiemi (A,B)? Non serve, se conosciamo A è automaticamente determinato anche B. Quindi potremmo limitarci a dire che la sezione di Dedekind di un certo insieme è un insieme A, non vuoto, chiuso verso il basso, che non contiene massimo”.

“Dopo, però, non sembra più una sezione. Il lettore può rimanere disorientato nel leggere sezione e non vedere le due parti in cui l'insieme è stato sezionato”.

“E tu pensi che ai Veri Matematici importi qualcosa del disorientamento di chi legge?”.

“Ah, già. Non ci avevo pensato”.

“Qualche maligno potrebbe pensare che il limitare la definizione di sezione di Dedekind al solo primo insieme potrebbe essere una complicazione voluta, perché in fondo non è un gran spreco di tempo e di spazio specificare anche il secondo insieme”.

“Ma noi non siamo maligni”.

“Infatti. Anche perché io ti ho prima dato la definizione con i due insiemi, e solo adesso ti sto dicendo che possiamo evitare di specificare il secondo”.

“La tua maestria didattica mi sbalordisce”.

“Uhm”.

“Ma vai pure avanti, pendo dalle tue labbra”.

“Mh. Allora, ci sarebbero da definire le operazioni tra numeri reali”.

“Eh, dato che i numeri reali sono determinati da una coppia di insiemi — anzi, da un unico insieme, ma pur sempre un insieme contenente infiniti valori — non deve essere facile”.

“Più che altro è noioso. Utilizziamo, per evitare un po' di noia, la notazione con un unico insieme. Cosa significa sommare due numeri x e y?”.

“Cosa significa?”.

“Ricordiamo che x è associato a una sezione di Dedekind, indichiamola con X”.

“E allora indichiamo con Y la sezione di Dedekind relativa a y”.

“Bene. Allora x+y è definito come la sezione di Dedekind formata dal seguente insieme:”.

{x+y | xX, yY}

“Ehm, dunque... L'insieme formato da tutte le possibili somme tra un elemento di X e uno di Y?”.

“Esatto. Si somma tutto e si ottiene una nuova sezione di Dedekind”.

“Siamo sicuri che l'insieme che si ottiene sia una sezione di Dedekind?”.

“Bella domanda. Te la lascio come esercizio, però”.

“Mh, vabbé. Si fa così anche la moltiplicazione?”.

“Sì, però c'è il problema dei segni che complica ulteriormente le cose. Quindi si parte considerando due numeri x e y positivi, e si definisce il loro prodotto come quel numero associato alla seguente sezione:”.

{xy | xX, x≥0, yY, y≥0} ∪ {aQ, a<0}

“Bruttina”.

“Concordo. Se poi c'è qualche numero negativo, si usa la solita regola dei segni per fare tornare tutto”.

“In che senso?”.

“Nel senso che se devi calcolare, ad esempio, 5×(-3), con la regola dei segni stabilisci che il segno del risultato è negativo, dopodiché calcoli 5×3 con la regola precedente”.

“Va bene, ma è proprio necessario stare a definire tutte queste operazioni?”.

“Bé, necessario lo è certamente, perché altrimenti non sai come fare per fare i conti. Tieni presente che, nell'insieme dei numeri reali, si possono scrivere anche operazioni strane come eπ: noi siamo abituati a farle con la calcolatrice, e non ci poniamo nessun tipo di problema, ma se ci pensi un momento non è proprio ovvio il significato di quell'esponente irrazionale”.

“Sì, in effetti non ha molto senso dire che eπ è uguale a e moltiplicato per sé stesso π volte”.

“No, infatti. L'estensione del concetto di potenza ai numeri reali non è una cosa ovvia. E poi ci sarebbero anche tutte le altre proprietà dell'insieme dei numeri reali da dimostrare”.

“Quali?”.

“Ricordi? I numeri reali sono l'unico campo ordinato archimedeo completo”.

“Gulp! Bisogna dimostrare che tutte quelle proprietà valgono per la nostra costruzione?”.

“Eh già, bisognerebbe”.

“Non lo facciamo?”.

“Guarda, se vai a dare un'occhiata alla pagina di wikipedia che parla delle varie costruzioni dei numeri reali, trovi tante cose già scritte. Oltre all'approccio assiomatico, di cui abbiamo già parlato, ci sono le sezioni di Dedekind, le successioni di Cauchy, le espansioni decimali, i numeri iperreali, i numeri surreali, i quasi omomorfismi. La cosa più interessante comunque è l'ultima frase”.

“Cosa dice?”.

“Dice che esistono molti approcci diversi per la definizione dei numeri reali, che ogni tanto qualche matematico ne propone una nuova, in cui the details are all included, but as usual they are tedious and not too instructive”.