domenica 26 giugno 2022

Inferno, canto VIII

“Canto ottavo, finora quello più povero di riferimenti scientifici”.

“Passiamo al nono?”.

“Proviamo ugualmente a dire qualcosa. Virgilio e Dante si stanno avvicinando a un'alta torre e, osservando la cima, vedono due fiammelle. In lontananza, poi, vedono una seconda torre rispondere al segnale”.

Io dico, seguitando, ch’assai prima
che noi fossimo al piè de l’alta torre,
li occhi nostri n’andar suso a la cima

per due fiammette che i vedemmo porre
e un’altra da lungi render cenno
tanto ch’a pena il potea l’occhio tòrre.

“Segnale? Che segnale? Per chi?”.

“È quello che si chiede anche Dante, e Virgilio risponde indicando chi è stato richiamato da quelle luci: Flegiàs, alla guida di una piccola barca che viaggia velocissima sulle acque paludose”.

“Va bene. Quale spunto scientifico prendiamo da qui?”.

“Uno spunto molto vago: le due fiammelle”.

“E cioè?”.

“E cioè il fatto che la comunicazione tra le due torri possa avvenire anche senza l'uso delle parole. Si possono usare simboli diversi, abbreviazioni, linguaggi diversi o, semplicemente, codifiche diverse. L'informazione può essere trasmessa in molti modi”.

“Stiamo parlando di teoria dell'informazione?”.

“Sì, e anche di linguaggio. Siamo nella palude dello Stige, le acque emettono vapori che limitano la visibilità. In più, nel pantano sono immerse le anime dei dannati, che urlano, gridano, ne fanno di tutti i colori. Evidentemente c'è bisogno di comunicare tra la riva sui cui si trovano Dante e Virgilio e un luogo lontano, su cui è stata costruita la seconda torre; luogo che potrebbe essere il posto in cui sta di solito il traghettatore, Flegiàs, oppure l'altra riva: questo non è chiarissimo. Come fare per comunicare in modo efficiente attraverso un canale disturbato?”.

“Disturbato?”.

“Sì, le voci dei dannati possono impedire che un richiamo vocale arrivi a destinazione, e i fumi della palude possono impedire segnali visivi: un uomo (o un diavolo, visto l'ambiente) che gesticola potrebbe non essere visto”.

“E quindi accendiamo le luci”.

“Esatto: due luci e non una per dare ridondanza (magari la prima fiammella non viene vista, e allora per sicurezza mettiamocene una seconda), accese su una torre per evitare i fumi della palude. Non è necessario poi trasmettere molta informazione, basta un bit: luce accesa, vieni qua; luce spenta, aspetta. E infine, per essere sicuri che il messaggio sia arrivato a destinazione, c'è anche la trasmissione di una ricevuta di ritorno”.

“La luce proveniente dall'altra torre”.

“Quella. Questo sistema di semplice comunicazione tra due punti mi ricorda due cose. La prima, non scientifica ma molto evocativa, è l'accensione dei fari di Gondor nel Signore degli Anelli”:

Per un po’ tornò a regnare il silenzio. Poi: “Che cos’è quello?” gridò a un tratto Pippin, aggrappandosi al mantello di Gandalf. “Guarda! Fuoco, fuoco rosso! Ci sono draghi in questa regione? Guarda, eccone un altro!”

Per tutta risposta Gandalf incitò a gran voce il cavallo. “Su, Mantombroso! Dobbiamo affrettarci. Il tempo stringe. Lo vedi? I fari di Gondor sono accesi, chiedono aiuto. È scoppiata la guerra. Vedi il fuoco su Amon Dîn, e le fiamme su Eilenach; e si spostano rapidamente verso ovest: a Nardol, Erelas, Min-Rimmon, Calenhad e l’Halifirien alle frontiere di Rohan.”

“Non molto scientifico, effettivamente”.

“Lo so, ma mi piaceva citarlo, mi piace quella scena con i fuochi che si propagano, portando il messaggio sempre più lontano. Ma rimedio alla poca scientificità con la seconda cosa che mi è venuta in mente: il problema dei due generali”.

“Cos'è?”.

“È un problema non risolubile relativo alla comunicazione tra due soggetti su un canale non affidabile”.

“Eh? Non risolubile? Non affidabile? E i generali cosa c'entrano?”.

“Il problema dice questo: ci sono due generali che devono coordinare un attacco verso truppe nemiche. Le truppe si trovano tra il primo generale e il secondo. I generali possono comunicare tra loro soltanto mandando dei messaggeri, che però devono attraversare la zona nemica e quindi potrebbero essere catturati o uccisi”.

“E quindi il messaggio non arriva”.

“Esatto. I due generali sanno che possono vincere solo se attaccano contemporaneamente, e quindi vogliono essere sicuri di accordarsi sul momento preciso in cui sferrare l'attacco. Come fare? Supponiamo che il primo generale mandi il messaggio attacchiamo domani alle nove del mattino”.

“Per essere sicuro, questo generale dovrebbe aspettare una risposta di conferma. Ma se non arriva?”.

“I casi sono due: o il messaggio non è arrivato al secondo generale, e in questo caso un attacco porterebbe alla sconfitta, oppure il messaggio è arrivato, ma la ricevuta di ritorno no”.

“In questo caso si potrebbe attaccare, ma come si fa a essere sicuri?”.

“Il problema è proprio questo: non si può esserlo. Non esiste un metodo per essere sicuri, in queste condizioni di canale non affidabile”.

“E quindi come si fa?”.

“Serve un canale di comunicazione sicuro, altrimenti c'è sempre il dubbio che l'attacco non funzioni perché i due generali non sono riusciti a mettersi d'accordo”.

“Non è un gran successo, questo”.

“Non lo è, ma non si può fare di meglio. Cioè, dal punto di vista matematico si può dimostrare che non esiste un algoritmo che funzioni, dando la certezza ai due generali; ma usando il calcolo delle probabilità si può cercare di tenere bassa l'incertezza, cercando di capire quale sia la probabilità che il messaggio spedito da uno dei due generali sia intercettato e bloccato”.

“Un problema, per i generali che devono attaccare”.

“Già. E qui ci dobbiamo fermare, perché il resto del canto è occupato dallo sfogo di Dante nei confronti di una particolare anima dannata”.

“Uh, non prova pietà questa volta?”.

“Macché, è tutto un caro Virgilio, vorrei pestare quel tale che è molto antipatico e che non sopporto. E, da parte di Virgilio, ma certo, caro Dante, mi sembra cosa buona e giusta, sfogati pure: anche se sta già penando le pene dell'inferno, infierisci pure”.

“Ma dai”.

“Sì, sì. Dante e Virgilio sono sulla barca di Flegiàs, e un dannato immerso nell'acqua fangosa allunga le mani e chiede a Dante cosa ci faccia lì, dato che non è un'anima dannata. Dante risponde lascia fare, son qua adesso ma poi vado via, piuttosto tu chi sei, che sei così brutto?”.

“Incredibile”.

“E il tipo risponde Vedi che son un che piango”.

“E non dice il nome?”.

“Stranamente no. Ma Dante lo riconosce, e gli dice che è bene che pianga, e dovrebbe continuare a farlo, brutto schifoso. Leggi qua:”.

E io a lui: «Con piangere e con lutto,
spirito maladetto, ti rimani;
ch’i’ ti conosco, ancor sie lordo tutto».

“È proprio arrabbiato”.

“Sì. Dante poi prosegue dicendo che quel tipo in vita non ha commesso nessuna buona azione che meriti di essere ricordata. Poi, tutto gentile, si rivolge a Virgilio”.

E io: «Maestro, molto sarei vago
di vederlo attuffare in questa broda
prima che noi uscissimo del lago»

“Terribile. E Virgilio?”.

“E Virgilio dice ma certo caro Dante”.

Ed elli a me: «Avante che la proda
ti si lasci veder, tu sarai sazio:
di tal disio convien che tu goda».

“Poveretto quel tipo. Ma chi è?”.

“Né Dante né Virgilio ne pronunciano il nome. Gli altri dannati, però, quando lo vedono staccarsi dalla barca, gli danno addosso gridando il suo nome. Impariamo quindi che il poveretto si chiama Filippo Argenti”.

“Poi che succede?”.

“Succede che Dante e Virgilio vanno verso la città di Dite, ma trovano chiuso. E direi di lasciarli lì a soffrire per un po'”.

“Sono d'accordo. Chiudiamo così, quindi?”.

“Lasciamo chiudere a Caparezza, questa volta”.



mercoledì 8 giugno 2022

Inferno, canto VII

“Eccoci al verso della Divina Commedia che nessuno riesce a tradurre”.

“Quale?”.

“Il famoso Pape Satàn, pape Satàn aleppe!, pronunciato da Pluto con la sua voce chioccia. Pare che non abbiano ancora trovato un accordo sul suo significato”.

“Sembra un problema crittografico”.

“O forse Dante ha semplicemente usato termini privi di significato, che però hanno assonanza con termini che conosciamo. Satàn, almeno, è evidente”.

“Sì, quello sì. Dante e Virgilio, però, sembrano comprendere il significato, perché Virgilio tranquillizza Dante e gli dice di non preoccuparsi, e poi si rivolge a Pluto e lo zittisce”.

Poi si rivolse a quella ’nfiata labbia,
e disse: «Taci, maladetto lupo!
consuma dentro te con la tua rabbia.

Non è sanza cagion l’andare al cupo:
vuolsi ne l’alto, là dove Michele
fé la vendetta del superbo strupo».

“Beh, per fortuna Pluto non si rivolta contro Virgilio”.

“No, anzi, la reazione di Pluto è descritta da tre versi che mi sembrano un capolavoro di semplicità e immediatezza”.

Quali dal vento le gonfiate vele
caggiono avvolte, poi che l’alber fiacca,
tal cadde a terra la fiera crudele.

“Ah, bello! L'albero della nave si spezza, e le vele si sgonfiano, puff”.

“Esatto, puff. Pluto si zittisce, con la coda tra le gambe. Poco più avanti, Dante fa un'altra osservazione presa dal mondo marinaresco: due onde che si infrangono:”.

Come fa l’onda là sovra Cariddi,
che si frange con quella in cui s’intoppa,
così convien che qui la gente riddi.

“Interferenza costruttiva o distruttiva?”.

“Mi pare proprio che questa sia costruttiva, dato che viene usata come paragone per la ridda. E poi Dante entra nel tema di questo canto: le anime dannate qui presenti sono avari e prodighi”.

“Due colpe contrapposte”.

“Sì, infatti tutto il canto si basa su questa contrapposizione, come le due onde che si infrangono di cui parlavamo prima. Sono contrapposte, ma riguardano lo stesso argomento: l'uso scorretto del denaro. Virgilio parla di ben che son commessi a la fortuna,\ per che l’umana gente si rabbuffa, e Dante chiede spiegazioni su che cosa sia precisamente questa fortuna”.

“E Virgilio risponde?”.

“Eccome. Risponde con un trattato, quasi metà del canto è dedicata alla fortuna”.

“E cosa dice? Non parlerà del calcolo delle probabilità, suppongo”.

“No, certo. Per fare le cose per bene, comincia dall'inizio”.

“Cioè?”.

“Dalla creazione del mondo:”.

Colui lo cui saver tutto trascende,
fece li cieli e diè lor chi conduce
sì ch’ogne parte ad ogne parte splende,

distribuendo igualmente la luce.

“Dio ha fatto i cieli, insomma”.

“I cieli, e chi li governa, cioè gli angeli. Che faranno in modo di diffondere la sua luce in tutto l'universo”.

“E la fortuna?”.

“Adesso arriva: dopo aver parlato dei cieli, Virgilio spiega anche quello che ha fatto Dio per ciò che sta sotto i cieli, cioè gli splendor mondani:”.

Similemente a li splendor mondani
ordinò general ministra e duce

che permutasse a tempo li ben vani
di gente in gente e d’uno in altro sangue,
oltre la difension d’i senni umani;

per ch’una gente impera e l’altra langue,
seguendo lo giudicio di costei,
che è occulto come in erba l’angue.

“Uh, general ministra e duce. Sta parlando della fortuna?”.

“Sì, Dio ha creato una intelligenza, un altro angelo, forse?, che governasse i beni terreni. Vedi come li governa? Li "permuta a tempo di gente in gente"”.

“Vedo, e non si cura nemmeno del senno degli uomini, cioè fa un po' quello che vuole”.

“Esatto, fa quello che vuole, non guarda chi perde e non guarda chi guadagna, non guarda il sangue, non guarda in faccia a nessuno. Ci sarà chi impera e chi langue, a seconda del giudizio della fortuna, e solo suo. Un giudizio che noi non riusciamo a comprendere, perché è nascosto come un serpente che si annida in mezzo all'erba”.

“Accidenti! La fortuna fa quello che vuole e nessuno può convincerla a fare altrimenti? Nessuno può farle cambiare idea?”.

“Direi che questi versi siano definitivi:”.

Vostro saver non ha contasto a lei:
questa provede, giudica, e persegue
suo regno come il loro li altri dèi.

“Sì, c'è scritto in modo elegante che fa quello che le pare”.

“Esatto. Ma secondo un giudizio che non comprendiamo, non a caso: la fortuna è una intelligenza angelica. E agisce velocemente:”.

Le sue permutazion non hanno triegue;
necessità la fa esser veloce;
sì spesso vien chi vicenda consegue.

“I mutamenti di condizione sono frequenti”.

“Esatto. E la gente non è contenta:”.

Quest’è colei ch’è tanto posta in croce
pur da color che le dovrien dar lode,
dandole biasmo a torto e mala voce;

“Comprensibilmente, direi. Chi è contento quando gira la sorte?”.

“Eh, nessuno. Ma la fortuna non si preoccupa di queste critiche:”.

ma ella s’è beata e ciò non ode:
con l’altre prime creature lieta
volve sua spera e beata si gode.

“Molto bene, me la vedo la fortuna girare la ruota bella beata”.

“È così. Noi non possiamo comprendere le sue scelte, e dobbiamo farcene una ragione”.

“Potremmo riassumere, quindi, questa descrizione, con la famosa frase Dio non gioca a dadi. Credo che sia di Einstein, ma sarà un apocrifo come tanti aforismi che si leggono in giro”.

“Esatto, e questa volta pare proprio che sia una citazione corretta, anche se la frase originale è più articolata”.

“Quindi Einstein la pensava come Dante?”.

“Beh, no. I fisici non pensano che ci sia una intelligenza angelica che governa le vicende del mondo in modo imperscrutabile: i fisici cercano le leggi che governano il mondo. Aspetta, la dico meglio, non vorrei che un Vero Fisico passasse di qua e dicesse che sto sbagliando tutto: i fisici cercano delle astrazioni matematiche che regolano le interazioni tra le grandezze fisiche e che descrivono, con approssimazione sempre migliore, i fenomeni naturali”.

“Eh?”.

“Insomma, il mondo non è fatto di leggi matematiche, ma la matematica si adatta ai fenomeni naturali con una irragionevole efficacia che vale la pena indagare”.

“Ok. E Einstein quindi sottolineava questa irragionevole efficacia, dicendo che Dio non gioca a dadi?”.

“No, Einstein si lamentava della meccanica quantistica”.

“Uhm”.

“Nei primi anni del ventesimo secolo ci fu una gran rivoluzione: già all'inizio del 1800 si parlava di atomi, poi nel 1874 è stato scoperto l'elettrone, nel 1886 sono state osservate sperimentalmente le onde elettromagnetiche, e si cominciò a capire che la teoria che descriveva questi fenomeni era inadeguata”.

“La matematica non era più irragionevolmente efficace?”.

“Esatto. O, meglio, le leggi fisiche di allora, espresse in linguaggio matematico, non erano più efficaci, perché prevedevano risultati sbagliati”.

“E quindi?”.

“E quindi bisognava sviluppare nuove leggi, più accurate. E Einstein ha fatto proprio questo: ha anche vinto il premio Nobel nel 1921 per la spiegazione teorica dell'effetto fotoelettrico”.

“Uh, 101 anni fa”.

“Già, 101 anni fa si scoprivano cose nuove, e oggi abbiamo i pannelli solari sui tetti. Ma non divaghiamo: questa nuova teoria di Einstein ha dato un contributo allo sviluppo della meccanica quantistica”.

“Ma come? Einstein non la criticava?”.

“Sì, ma non voleva dire che fosse sbagliata: le sue predizioni erano (e sono ancora oggi) accuratissime. Il problema è che quella teoria è intrinsecamente legata alle probabilità, e questo non gli andava giù. Non è possibile che alcuni eventi siano legati solo a una probabilità, diceva. E secondo la meccanica quantistica certi eventi sono, per loro natura (e non per nostra ignoranza), eventi probabilistici. Questo faceva dire a Einstein che la meccanica quantistica non è una teoria completa. In questo senso Dio non gioca a dadi: Dio è la natura, l'universo, la fisica. Non può basarsi sulla probabilità. Questo è un problema che oggi è ancora aperto: è vero che certe leggi sono intrinsecamente probabilistiche? Perché? Ci sono delle variabili nascoste che le rendono deterministiche e che noi non abbiamo ancora scoperto? Perché la meccanica quantistica descrive così bene il mondo atomico e subatomico, mentre la teoria della relatività descrive bene il mondo macroscopico, ma le due teorie non vanno d'accordo?”.

“Non vanno d'accordo?”.

“No, non siamo ancora riusciti a esprimere una teoria che metta d'accordo la relatività con la meccanica quantistica: sono incompatibili. Quindi deve esistere una teoria più accurata che le comprenda entrambe, come casi particolari. Ma questa teoria nessuno è ancora riuscito a scriverla”.

“Insomma, Dio non gioca a dadi, ma non sappiamo ancora a cosa giochi”.

“O magari, come diceva Hawking, Dio gioca a dadi e li getta spesso dove noi non possiamo vederli”.

“Sai che, alla fine, mi sa che la descrizione della fortuna che abbiamo letto poco fa non sia molto diversa da questa fisica moderna?”.