domenica 7 ottobre 2012

Connessioni

Una delle cose che piacciono di più ai matematici (oltre alle barzellette che fanno ridere solo loro) è riconoscere le connessioni tra argomenti che, apparentemente, non hanno nulla a che fare uno con l'altro.

Per esempio, sul numero di settembre di Rudi Mathematici c'era questo quesito:


quanto vale la somma degli angoli formati dal segmento blu e dal segmento rosso con il segmento nero (insomma, nero-blu + nero-rosso)?

Un primo metodo è quello di usare la goniometria (del resto, stiamo parlando di angoli): si tratta di calcolare arctg(1/3) + arctg(1/2). Se ci ricordiamo la formula della tangente della somma di due angoli, abbiamo che

tg(arctg(1/3) + arctg(1/2)) = (1/3+1/2)(1-1/6) = (5/6)/(5/6) = 1,

e se la tangente è 1 allora l'angolo è di 45 gradi. A me questa soluzione non piace tanto (sarà perché la formula della tangente della somma di due angoli devo sempre ricavarmela, dato che non me la ricordo mai…).

Io avevo inizialmente risolto il quesito in un altro modo, utilizzando la geometria:


Non c'è nemmeno bisogno di spiegare troppo: l'angolo viola fucsia più in basso è l'angolo della diagonale del rettangolo 3×1, l'angolo blu più in alto è quello della diagonale del rettangolo 2×1 (opportunamente ruotato e ingrandito, ma questo non è un problema: l'angolo è sempre quello). E dunque si vede bene (ma si può calcolare facilmente, la griglia è stata disegnata apposta) che la somma dei due angoli è uguale a 45 gradi.

Questa soluzione per me è molto più bella della precedente, almeno qui le cose si vedono. Anzi, il vederle mi ha fatto venire in mente che questo tipo di problemi può essere descritto in un'altro modo: utilizzando i numeri complessi.

Nati per tutto un'altro scopo (la risoluzione delle equazioni di terzo grado), dopo essere stati generalizzati nei quaternioni si è scoperto [in realtà qualcuno l'aveva scoperto anche prima, ma se scrivi in danese nessuno ti considera] che i numeri complessi erano legati anche alle rotazioni nel piano. Un numero complesso può essere espresso in forma cartesiana (spostati in orizzontale di tot e in verticale di tot) oppure in forma polare (ruota di un certo angolo e poi vai avanti di tot). Nella forma polare, la moltiplicazione di due numeri complessi diventa molto semplice: si devono moltiplicare le lunghezze e sommare gli angoli.

Ecco come funziona, allora, la soluzione del problema: prendo il numero complesso (3+i) (spostati a destra di tre e in su di uno — ma tre cosa? — tre unità di misura, aspetta che te la disegno; hai notato che 3 e 1 sono le misure del rettangolo di partenza, quello del testo del problema, vero?)




Adesso moltiplico questo numero per il numero (2+i) (sì, 2 e 1 sono le dimensioni dell'altro rettangolo, ho capito, ma come faccio a moltiplicare  — facile: ti sposti avanti di 2 e in su di 1 — ma due cosa? — sempre due unità di misura, ma attenzione: l'unità di misura attuale è il segmento blu, quindi devi raddoppiare quello)


E ora bisognerebbe andare in su di 1, ma bisogna fare attenzione: rispetto al vettore rosso su non significa andare in verticale. In realtà dobbiamo girare a sinistra di 90 gradi, e quello è il su attuale.



Ed ecco fatto, il risultato del prodotto dei due numeri complessi è il vettore che congiunge il punto di partenza con quello di arrivo


qui disegnato in viola con un tratto più spesso.

Il bello di tutto ciò è che il calcolo può essere fatto in un paio di passaggi:

(3+i)(2+i) = 6+3i+2i-1 = 5+5i,

e, infatti, 5+5i è proprio il vettore risultante, inclinato di 45 gradi (se vogliamo, il segmento avente per estremi il punto di coordinate (5,5) e l'origine forma, con il semiasse positivo delle x, un angolo di 45 gradi).

Naturalmente la moltiplicazione poteva essere svolta anche nell'altro senso, moltiplicando (2+i) per (3+i). Il risultato algebrico è naturalmente lo stesso, l'interpretazione geometrica invece è leggermente diversa. La riassumo in una sola figura:


Il vettore 2+i (in blu) viene moltiplicato per 3 e poi ruotato di 90 gradi, e il risultato è sempre quello di prima.

Morale della storia: la goniometria, la geometria analitica, i numeri complessi, il calcolo vettoriale sono modi diversi di descrivere la stessa cosa. E quando i matematici riescono a intravedere, al di sotto della descrizione particolare, ciò che c'è realmente, vanno in brodo di giuggiole.

Sono una persona orribile

«Buongiorno».

«Buongiorno prof».

«Bé? Dove sono tutti gli altri?».

«Eh, han fatto sciopero…».

«Ma noo, ma come, ma dai, ma uffa, E ADESSO COSA FACCIO?».

«Eh?».

«Vi interrogo tutti».

«Ma no! Non è giusto, e poi noi siamo qui e…».

«Va bene, va bene, ho capito. Allora via, finisco il programma così gli altri SI ARRANGIANO QUANDO TORNANO».

«Ma come, a ottobre, finisce il programma? Dai, prof».

«Uff. E cosa facciamo?».

«Ci spiega finalmente quella faccenda del triangolo col buco?».

«Ah, va bene, via, quelli che rompevano tanto per sapere la storiella sono rimasti a casa, allora ve la spiego COSÌ IMPARANO!».

«Ehm».

«Vabbé, comunque sia la storia è questa: sono andato da un gioielliere e ho preso in prestito una lastra d'oro, ve la disegno: è la figura in basso».



«Quella col buco?».

«Sì, ma il gioielliere mi ha dato la lastra senza buco, poi io sono andato a casa e ho fatto il buco, mi sono messo in tasca il quadratino d'oro, e ho ritagliato la la lastra in quattro parti, come nella figura».

«E poi?».

«E poi le ho ricombinate come nella figura in alto. A quel punto, ho restituito la lastra al gioielliere, guadagnando un quadratino d'oro».

«Mh».

«Il giorno dopo sono tornato dal gioielliere, mi sono rifatto prestare la lastra, e ho rifatto il giochetto. Dopo essermi messo in tasca il quadratino d'oro, ho restituito la lastra».

«Ma come?».

«L'ho fatto per molto tempo, e adesso SONO RICCHISSIMO! Ho la casa piena di quadratini d'oro, ci posso fare il bagno dentro».

«Ma cosa dice, prof?».

«Oh, fai i conti, guarda la figura: con i pezzi della figura in basso riesco a ricostruire la figura intera. Ogni volta che lo faccio, guadagno un po' d'oro. Potrei anche smettere di lavorare, ma vengo a scuola solo per non fare sapere a tutti che sono ricco».

«Ma davvero?».

«Certo, ho trovato il modo di creare la materia dal nulla».

«Forse c'è un trucco?».

[tagliamo la spiegazione del trucco, tanto lo conoscono tutti — se qualcuno non lo conosce, è un buon esercizio scoprire cosa c'è che non va nel ragionamento (perché, no, non sono diventato ricchissimo)]

Suona la campana.

«Bene, ragazzi, vado, per quanto riguarda i compiti per la prossima volta…».

«Ma no, ci dà anche i compiti, noi che siamo stati a scuola dobbiamo farli e quegli altri invece che sono stati a casa…».

«DICEVO, per quanto riguarda i compiti, lascio a voi l'onere di comunicarli ai vostri compagni».

«Ma quali sono?».

«Io non so niente, pensateci voi, sentitevi liberi, fategliene fare un po'».

«Cioè, lei sta dicendo che…».

«Oh, se li vuoi fare anche tu…».

«AH OK VA BENE HO CAPITO».

«Non esagerate, però, altrimenti se ne accorgono».

«Tranquillo, prof, ci pensiamo noi».