In su l’estremità d’un’alta ripa
che facevan gran pietre rotte in cerchio
venimmo sopra più crudele stipa;
e quivi, per l’orribile soperchio
del puzzo che ’l profondo abisso gitta,
ci raccostammo, in dietro, ad un coperchio
“Ed eccoci al canto della puzza”.
“E cominciamo benissimo”.
“La puzza è una scusa di Dante per fermare il cammino e spiegare al lettore la struttura dell'Inferno. Racconta come sono suddivisi i peccatori in base alla gravità della colpa, fa una bella tassonomia del peccato”.
“Che bellezza”.
“Molto. Avrei qualcosa da dire su due grossi argomenti, ma mi sembra un po' troppo. Te li presento, e poi rimando uno dei due a un prossimo canto”.
“Uh, sentiamo”.
“A un certo punto, tra l'elenco dei vari peccati, viene nominata l'usura”.
“Giustamente, direi”.
“Dici bene, ma c'è un ma”.
“E quale ma ci potrebbe mai essere?”.
“La definizione di usura”.
“Beh, si ha usura quando il tasso di interesse richiesto è eccessivamente alto”.
“E questa non è una buona definizione matematica”.
“Ok, ma ci sarà una legge che stabilisce quando il tasso è troppo, no?”.
“Esatto, oggi c'è una legge che contiene tabelle e formule per calcolare il tasso di usura. Sotto a quel valore va tutto bene, al di sopra di quel valore no. Il problema è che ai tempi di Dante quel valore era zero”.
“Ah, però”.
“Eh. L'operosità dell'uomo, come insegna la fisica di Aristotele, copia quella di Dio. E la Genesi insegna che operosità e lavoro devono fornire sostentamento all'uomo. Chi presta i soldi chiedendo un interesse, qualsiasi interesse, segue invece un'altra strada, che non è quella di Dio. Il peccato dell'usuraio è il disprezzo della natura, quindi il disprezzo di Dio. Ma ci torneremo, quando Dante incontrerà questi peccatori”.
“E tanti saluti alle banche e ai risparmi. L'altro argomento di cui parlavi, invece?”.
“Si riferisce a questi versi:”.
[…] Ma seguimi oramai, che ’l gir mi piace;
ché i Pesci guizzan su per l’orizzonta,
e ’l Carro tutto sovra ’l Coro giace,
e ’l balzo via là oltra si dismonta».
“Costellazioni?”.
“Sì. Alla fine del canto Virgilio dice a Dante che è ora di andare, e per specificare l'ora dice che i Pesci stanno salendo sopra l'orizzonte, mentre il Carro si trova nella direzione da cui soffia il vento denominato Coro, che sarebbe un vento tra ponente e maestrale”.
“Circa verso nord-ovest, insomma”.
“Sì”.
“Certo che non è un modo comodissimo per dire che ore sono”.
“Non lo è, ma né Dante né Virgilio avevano orologi da polso, o orologi di altro tipo. Ma il problema del calcolo dell'ora è sempre stato un problema fondamentale da risolvere”.
“Perché?”.
“Immagina di essere su una nave”.
“Bello”.
“In alto mare, senza terre visibili all'orizzonte”.
“Ahh, che pace”.
“C'è stata una burrasca e la nave non è naufragata per poco e i venti l'hanno spostata senza controllo e il timoniere cercava di mantenerla con la prua verso le onde gigantesche, in modo da non farla naufragare, e il cielo era buio, squarciato solo dai fulmini, e la pioggia fortissima impediva la visuale e i marinai dovevano legarsi agli alberi maestri per non essere gettati fuori bordo dalle onde e tra un tuono e l'altro si potevano udire soltanto le urla del capitano che ordinava ai marinai di ripiegare le vele, per evitare che venissero strappate dai venti, o le preghiere dei marinai, o le loro imprecazioni, a seconda del loro stato d'animo e della loro fede”.
“Ecco, ora è un po' meno bello, grazie tante”.
“Ma la burrasca finisce, sorge il sole, qualche vela si è strappata ma si può ancora navigare, le provviste stanno per finire e soprattutto c'è bisogno di acqua”.
“Mh. Beh, la nave può ancora navigare, si può andare verso la terra più vicina, no?”.
“Si può, ma dov'è? Non c'è terra all'orizzonte, non ci sono uccelli cielo, solo un bel mare calmo e un sole che comincia a picchiare. Quella che tu chiamavi pace ora sembra essere un problema grosso”.
“Ci sarà una carta geografica a bordo, santo cielo”.
“Certo che c'è, e c'è anche la bussola”.
“E allora? Andiamo!”.
“Dove? A cosa ti serve la bussola se non sai dove sei?”.
“Ok. Ma i marinai sapevano fare il punto. Ci sarà qualcuno che sa trovare la posizione della nave su quella maledetta carta”.
“Oh, sì. La latitudine è abbastanza semplice da trovare, basta osservare il sole: a mezzogiorno assume la sua posizione più alta nel cielo, che dipende proprio dalla latitudine. A seconda delle stagioni il massimo grado di elevazione cambia, ma diciamo che tutti, sulla nave, possono conoscere almeno il mese, se non il giorno, attuale. Quindi con un po' di sforzo la latitudine è determinabile”.
“Ok”.
“La longitudine, invece, è un grossissimo problema”.
“Perché?”.
“Mentre la latitudine è legata a un aspetto fisico (la terra è rotonda, ruota intorno a un asse, l'asse ha una certa inclinazione, e quindi facendo riferimento al sole si può capire a che distanza dall'equatore ci si trova), la longitudine è legata a una convenzione. Mentre il parallelo zero è l'equatore, che esiste grazie alla geometria della sfera che ruota intorno a un asse, il meridiano zero non esiste fisicamente: bisogna mettersi d'accordo e stabilire che quel particolare meridiano è l'origine del sistema di riferimento usato per la longitudine”.
“Sarebbe il meridiano di Greenwich?”.
“Sì, che oggi, col sistema GPS, non è più nemmeno quello classico, quello che puoi calpestare se vai a visitare l'osservatorio di Greenwich”.
“Ah no?”.
“No, ci sono stato con un GPS in mano e, purtroppo, la longitudine zero non è più quella. Bisogna spostarsi di un centinaio di metri da lì. Quando sono stato a vedere, il riferimento più evidente per la longitudine zero era un cestino dei rifiuti”.
“Santo cielo”.
“Ma, a parte questo, una volta che si è d'accordo sulla longitudine zero, come si fa a calcolare quella della nave in mezzo al mare?”.
“Uhm, non saprei”.
“Si può approfittare del calcolo della latitudine, cioè del momento in cui il sole è nella posizione più alta: in quel momento è mezzogiorno, nell'ora locale. Dando un'occhiata all'orologio messo in punto rispetto all'ora del meridiano zero, si può capire di quanto ci si è spostati da quel meridiano”.
“In che senso?”.
“Beh, se adesso è mezzogiorno ma l'orologio segna le 11 del mattino, vuol dire che c'è una differenza di un'ora. Visto che la terra compie un giro su sé stessa in 24 ore, in un'ora ha compiuto un ventiquattresimo di giro, quindi la longitudine corrisponde alla distanza angolare di un ventiquattresimo di angolo giro dal meridiano zero”.
“Oh mamma. Si fa fatica a fare questi calcoli, ma almeno poi si trova la posizione e si può andare a cercare l'acqua per i poveri marinai”.
“Il problema grosso è che bisogna guardare l'ora: come si fa?”.
“Non ce l'abbiamo un orologio a bordo?”.
“Sai quando sono stati inventati i primi cronometri funzionanti anche a bordo di una nave?”.
“Non ne ho idea”.
“Oh, poveri marinai dei tempi di Dante”.
“Già”.
“Ma è proprio necessario un cronometro preciso?”.
“Prima dei cronometri c'erano i pendoli, che su una nave non possono funzionare, a causa delle onde. Un pendolo deve avere una base fissa”.
“Ok”.
“E, per quanto riguarda la precisione, immagina di essere su quella nave in mezzo al mare senza acqua potabile. In un qualche modo trovi un orologio, fai il punto, guardando la carta scopri che c'è una bella isola a pochi chilometri di distanza, e via che ti dirigi verso la salvezza a vele spiegate. Passa il tempo, la sete aumenta, il cielo si annuvola di nuovo, arriva la notte, non si vedono stelle, e non si vede nemmeno l'isola”.
“Ma come?”.
“Eh, l'orologio che hai usato non era esattamente in punto, aveva accumulato un errorino di 4 minuti”.
“Beh ma cosa vuoi che siano 4 minuti?”.
“In 4 minuti la terra ruota di un grado”.
“Ma è pochissimo!”.
“Un grado all'equatore corrisponde a poco più di 110 km”.
“Oh”.
“E quindi tu pensavi che la salvezza fosse a pochi chilometri verso est, e invece era a pochi chilometri verso ovest”.
“Accidenti”.
“E molta gente è morta davvero per questo problema: la storia della longitudine è legata a quella dell'esplorazione, e in quei tempi era questione di vita o di morte, non di sbagliare strada perché non hai seguito bene le indicazioni del cellulare. E lo sviluppo dell'esplorazione è legato allo sviluppo della matematica”.
“E ai tempi di Dante, che non c'erano né i cronometri né i pendoli? Come facevano?”.
“Facevano come potevano. Prima di tutto, cercavano di rimanere sempre in vista della costa, a costo di allungare il percorso. Nel caso di viaggi in alto mare, cercavano almeno di orientarsi con la conoscenza della direzione, e sperando di non finire fuori rotta. Facevano una navigazione stimata, quella che gli inglesi chiamano dead reckoning”.
“E come si orientavano? Dante conosceva già la bussola?”.
“Direi proprio di sì: questi sono versi di Guido Guinizzelli, che Dante incontrerà nel Purgatorio”.
In quella parte sotto tramontana
sono li monti de la calamita,
che dàn vertud’ all’aire
di trar lo ferro; ma perch’ è lontana,
vòle di simil petra aver aita
per farl’ adoperare,
che si dirizzi l’ago ver’ la stella.
“Accidenti, i monti della calamita”.
“Già. E prima della bussola i marinai si orientavano con le stelle”.
“Ritorniamo all'astronomia”.
“Esatto. Tanta matematica viene da lì: vuoi sapere dove sei, vuoi sapere dove devi andare, vuoi sapere come scorre il tempo? Guarda in alto. Alzare gli occhi al cielo ha sempre permesso all'uomo di fare dei passi avanti”.
“Non a caso le tre cantiche finiscono tutte e tre con la parola stelle”.
“Non a caso”.
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