domenica 5 aprile 2020

Capacità — 3. Sezione aurea

La volta scorsa abbiamo detto che una possibile soluzione alla relazione di Fibonacci potrebbe essere una funzione esponenziale”.

“Mi ricordo: abbiamo detto che la relazione di Fibonacci potrebbe essere scritta come ΔF= Fn-1; ho capito che la soluzione potrebbe essere un'esponenziale, perché il Δ si comporta bene con quel tipo di funzioni, però non saprei come trovare l'esponenziale giusta”.

“Si prova”.

“Ma come?”.

“Si prende una successione esponenziale incognita, che possiamo scrivere come an, e la si sostituisce nella relazione di Fibonacci Fn+1 FFn-1”.

“Tutto qua? Allora provo a sostituire. Mi viene an+1 aan-1”.

“Bene”.

“E adesso?”.

“Adesso la semplifichiamo un po'. Si potrebbe raccogliere an-1, che è un fattore comune”.

“Giusto. Ecco qua: an-1(a− − 1)=0”.

“Ottimo. È possibile che quell'espressione sia uguale a zero?”.

“Uhm, a potrebbe essere uguale a zero, ma forse non ci interessa”.

“Ottima osservazione: in effetti la successione 0, 0, 0, … soddisfa la relazione di Fibonacci”.

“Ma non è la successione che conosciamo! Perché?”.

“Perché tutto dipende dal punto di partenza. Se parti da 0 e 0, ogni termine della successione sarà 0”.

“Ah, se invece parto da 0 e da 1 ottengo la successione famosa. O devo partire da 1 e 1?”.

“Non importa, bisogna mettersi d'accordo. O dici che la successione di Fibonacci è 0, 1, 1, 2, 3, 5,…, o dici che è 1, 1, 2, 3, 5,…. Non c'è un modo più giusto dell'altro: dipende se quello zero iniziale ti serve oppure no”.

“Ok. Noi però abbiamo trovato 0, 0, 0,…”.

“Questo se a fosse uguale a zero, ma non c'è solo questa possibilità”.

“Già, vero. Se a fosse diverso da zero, cosa potrei fare?”.

“Per cominciare, potresti semplificare quel termine fuori dalla parentesi”.

“Giusto. Ottengo a− a − 1 = 0. Ehi, questa è un'equazione di secondo grado, la so risolvere”.

“Vai”.

“E non è un'equazione anonima, è quella che serve per calcolare la sezione aurea! Però ho due soluzioni: (1 + √5)/2 e (1 − √5)/2”.

“Esatto”.

“E qual è quella giusta?”.

“Perché pensi che ce ne sia una sbagliata?”.

“Oh. Possono andare bene tutte e due?”.

“Non solo: di soluzioni ce ne sono infinite”.

“Ma come è possibile?”.

“Beh, ci siamo già accorti del fatto che ciò che conta è l'equazione a− a − 1 = 0 e non il coefficiente che sta fuori dalla parentesi”.

“Quindi?”.

“Quindi se an è una soluzione, anche kan lo è”.

“Ah, certo! Se sostituisco kan, vedo che posso raccogliere quel fattore k, che poi posso semplificare, ammesso che sia diverso da zero”.

“Certo. E se fosse uguale a zero avremmo la soluzione tutta nulla di cui abbiamo già parlato”.

“Bene, ho capito. Ma quindi abbiamo due infinità di soluzioni?”.

“Se vogliamo esprimerci in termini un po' evocativi, sì. Possiamo dire che una soluzione generale è data da questa formula:”.

an = h[(1 + √5)/2]n + k[(1 − √5)/2]n 

 “Oh, bello. E al posto di h e k posso mettere quello che voglio?”.

“Sì, ma attenzione: per ogni valore di quelle due costanti ottieni una successione che soddisfa alla relazione di Fibonacci, però ognuna di queste successioni parte da condizioni iniziali diverse”.

“E allora come si fa?”.

“Si usano le condizioni iniziali per stabilire quali valori debbano assumere le due costanti”.

“Uhm”.

“Guarda: sappiamo che F= 0, quindi possiamo sostituire nella relazione generale, e otteniamo 0 = h + k”.

“Ok. Provo ad andare avanti: dato che F= 1, se sostituisco ottengo 1 = h[(1 + √5)/2] + k[(1 − √5)/2]”.

“Bene. Dalla prima equazione otteniamo che k = −h”.

“Se sostituisco nella seconda viene qualcosa di brutto: 1 = h[(1 + √5)/2] − h[(1 − √5)/2]. Ah, però posso raccogliere h e semplificare”.

“Sì, non è così brutto, alla fine”.

“Mi viene 1 = h√5”.

“Bene, questo significa che = 1/√5”.

“Allora la formula che ci dà la relazione di Fibonacci è questa:”.

F= (1/√5)[(1 + √5)/2]− (1/√5)[(1 − √5)/2]n

“Proprio così. Ti faccio notare che il termine (1 + √5)/2 è quello che, di solito, si chiama sezione aurea e si indica con φ, mentre il termine (1 − √5)/2 è l'opposto del suo reciproco”.

“Davvero? Dici che 2/(1 + √5) è uguale a − (1 − √5)/2?”.

“Prova: se moltiplichi numeratore e denominatore di 2/(1 + √5) per (1 − √5), cosa ottieni?”.

“Al numeratore ottengo 2(1 + √5). Al denominatore (1 + √5)(1 − √5), che fa 1 − 5, cioè − 4. Ah, poi si semplifica, risulta proprio come dici tu”.

“E quindi quella formula che abbiamo trovato può essere scritta in modo molto elegante così: F= (1/√5)φ− (1/√5)(−φ)−n. O, anche:”.

F= [φ− (−φ)−n]/√5 

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