ΔFn = Fn-1.
“Sì, ma non capisco bene perché”.
“Proviamo a studiare il funzionamento di questo Δ, così poi si capirà qualcosa di più”.
“Proviamo”.
“Quanto vale, per esempio, Δ42?”.
“Non capisco proprio la domanda”.
“La possiamo tradurre così: di quanto varia la successione an = 42, ogni volta che n aumenta di 1?”.
“Ma non varia!”.
“Esatto. Quindi Δ42 = 0”.
“Tutto qua?”.
“Tutto qua. Adesso: quanto vale Δn?”.
“Aspetta che provo a tradurre: di quanto varia la successione an= n, ogni volta che n aumenta di 1?”.
“Giusto, hai tradotto bene”.
“Mi piacerebbe di più girare la domanda in questo modo: quanto vale an+1 − an?”.
“Sì, è la stessa cosa”.
“Allora il calcolo è facile: (n+1) − n fa 1. Ogni volta che n aumenta di 1, an aumenta di 1, perché è la stessa cosa.”.
“Certo, è una cosa ovvia. Se mettiamo nella prima riga di una tabella i valori di n, e nella seconda i valori che si ottengono facendo la differenza tra i termini di due caselle consecutive, otteniamo una tabella come questa:”.
1 | 2 | 3 | 4 | 5 |
1 | 1 | 1 | 1 | // |
“Sì, è decisamente ovvio. 2 − 1 fa 1, 3 − 2 fa 1, e così via”.
“Ottimo. Altra domanda: quanto fa Δn2?”.
“Provo a giocare un po' con la tabella:”.
0 | 1 | 4 | 9 | 16 |
1 | 3 | 5 | 7 | // |
“Esatto”.
“Nella riga delle differenze ci sono i numeri dispari, direi”.
“Diresti bene, ma come puoi dimostrarlo?”.
“Forse dovrei fare il calcolo algebrico”.
“Prova”.
“Vediamo: Δn2 = (n + 1)2 − n2, vero?”.
“Vero. Ora svolgi i calcoli”.
“Ecco: (n + 1)2 − n2 = n2 + 2n + 1 − n2 = 2n + 1. È corretto, 2n + 1 è sempre un numero dispari”.
“Benissimo”.
“Mi sembra anche di cogliere un legame con le derivate: se ben ricordo, anche loro fanno abbassare il grado”.
“Solo dei polinomi!”.
“Ah, io ricordo quelle, ehm”.
“Uff. Comunque, sì, l'operatore Δ fa sempre abbassare il grado di una potenza: quando calcoli Δnp ti risulta (n + 1)p − np…”.
“… e quando svolgo la potenza di (n + 1) ottengo sempre, come primo termine, np, che si semplifica con il − np che si trova alla fine. Ho capito, ma allora…”.
“Cosa succede?”.
“Eh, se il grado cala sempre, come è possibile che l'equazione di Fibonacci sia vera? Come è possibile che ΔFn abbia lo stesso grado di Fn-1? L'equazione dice anzi molto di più, e cioè che ΔFn deve essere uguale a Fn-1, ma se non possono avere nemmeno lo stesso grado…”.
“Vorrà dire che Fn non è un polinomio”.
“Ah”.
“Vedi come all'improvviso si aprono nuovi mondi”.
“Eh. Ma se non è un polinomio, allora, cosa può essere?”.
“Guarda questa tabella”.
1 | 2 | 4 | 8 | 16 |
1 | 2 | 4 | 8 | // |
“Hai sbagliato qualcosa? Hai ricopiato la riga di sopra su quella di sot… oh”.
“Visto?”.
“Vedo! Non hai ricopiato, hai calcolato le differenze, che sono uguali alla successione di partenza”.
“Esatto. Riconosci la successione di partenza? Puoi scriverne l'espressione e verificare che tutto sia corretto?”.
“Vediamo. Mi pare che la successione di partenza sia quella delle potenze di 2, quindi an = 2n”.
“Ok”.
“Quindi Δ2n = 2n+1 − 2n. E adesso?”.
“Adesso prova a scrivere 2n+1 come 2×2n”.
“Provo: Δ2n = 2×2n − 2n. Risulta proprio 2n, è corretto”.
“Quindi vedi che esiste una funzione che non cambia anche se a essa viene applicato l'operatore Δ”.
“Vedo. Vale per tutte le funzioni esponenziali?”.
“Prova con la base 3, per esempio”.
“Provo: Δ3n = 3n+1 − 3n = 3×3n − 3n = 2×3n. No, non funziona”.
“Non funziona del tutto: il Δ di un'esponenziale è ancora un'esponenziale, però moltiplicata per una costante. Ma la base dell'esponenziale non cambia”.
“Giusto. Però, uhm, non mi pare di aver risolto l'equazione di Fibonacci. Cioè, se fosse ΔFn = Fn, allora potrei dire che Fn = 2n”.
“Sì, quasi. Quella è una delle possibili soluzioni, ma ce ne sono altre”.
“Ma come?”.
“Guarda, se al posto di 2n consideri c×2n i calcoli non cambiano di molto”.
“Ah, giusto, quella costante c si raccoglie e non dà fastidio: Δc×2n = c×(2n+1 − 2n) = c×2n”.
“Però hai ragione, l'equazione di Fibonacci non è ΔFn = Fn, ma ΔFn = Fn-1”.
“E quindi?”.
“E quindi la soluzione non sarà data dalla funzione esponenziale di base 2, ma magari sarà data da un'altra funzione esponenziale che soddisfa a quella proprietà”.
“Ah. E come facciamo a trovarla?”.
“Cercando”.
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