“Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Cavalieri in marcia, in combattimento e in parata, e talvolta battere in ritirata. Ho visto soldati nella vostra terra, o Aretini, li ho visti fare scorrerie, tornei e giostre. Li ho visti guidati da squilli di tromba, rintocchi di campane, tamburi, segnali dai castelli, strumenti nostrani e stranieri. Ma non ho mai visto un cavaliere, o un fante, o una nave da combattimento muoversi al suono della tromba del culo di un diavolo”.
“Ma cos'è”.
“L'inizio del canto XXII, naturalmente”.
“Leggermente parafrasato”.
“Un pochino. Volevo anche allitterare con i raggi b che balenano nel buio ma sarebbe stato bislacco”.
“Benissimo”.
“Ora possiamo andare avanti”.
“Ecco”.
“Nel canto XXII Dante è scortato dai Malebranche lungo l'argine della quinta bolgia. I dannati, più in basso, sono sommersi nella pece, e ogni tanto si vede emergere qualche schiena,”.
Come i dalfini, quando fanno segno
a’ marinar con l’arco de la schiena,
che s’argomentin di campar lor legno,
“Cos'è che fanno i delfini?”.
“Secondo Dante, segnalano ai marinai di salvare la loro nave dalla tempesta”.
“Ah, ed è vero?”.
“Mah, qualche anno fa ho avuto l'occasione di fare un'uscita con i signori della Jonian Dolphin Conservation, che ci hanno spiegato che quando i delfini vengono in superficie non lo fanno sempre per giocare e divertirsi. A volte compaiono per vedere cosa sta succedendo e per distrarre l'eventuale pericolo dagli individui più deboli, che nuotano più in profondità.”.
“Ma quindi i giochi coi delfini che si vedono nei delfinari…”.
“Per loro i delfinari sarebbero da abolire”.
“Ah”.
“D'altra parte, ci sono documentari, tra cui quelli famosi della BBC, che mostrano come i delfini in qualche occasione abbiano davvero aiutato l'uomo”.
“Beh, magari quando sono liberi possono decidere di farlo oppure no”.
“Già. Questo mostra, comunque, come l'osservazione di un fenomeno sia indispensabile ma non sufficiente. In altre parole, non dobbiamo lasciarci fuorviare dai nostri pre-giudizi: così come quando vediamo un delfino non possiamo sapere se è lì per giocare o per difendere un cucciolo che si trova cento metri sotto di lui, allo stesso modo quando osserviamo un qualunque fenomeno, una qualunque raccolta di dati, non dobbiamo fare deduzioni che ci sembrano logiche ma che non è detto che lo siano. Come dicono gli statistici: correlation is not causation”.
“Certo che parlare di correlazione coi delfini…”.
“Si fa quel che si può con quel che si ha, Dante non ha mica scritto un trattato scientifico. Però ogni tanto mette lì qualche osservazione precisa e dettagliata che ti lascia spiazzato. Comunque basta parlare di delfini, ora parliamo di pece”.
“Preferivo i delfini”.
“Che farebbero molta fatica a nuotare nella pece”.
“Senza dubbio”.
“Perché la pece è un liquido ad alta viscosità”.
“Certo”.
“La viscosità misura l'attrito tra le molecole di un liquido, come se un liquido fosse composto da tanti strati sottili in moto uno rispetto all'altro. Ciò che misura la difficoltà che hanno gli strati di scorrere uno sull'altro è proprio la viscosità”.
“Ok”.
“Tu immergi la mano in una vasca di liquido e provi a mescolarlo: se fai poca fatica il liquido è poco viscoso, se fai molta fatica il liquido è molto viscoso. Si fa meno fatica a mescolare una vasca d'acqua che non una vasca di pece”.
“Naturalmente”.
“E poi c'è un'altra caratteristica di cui tenere conto: se cambia la velocità di mescolamento, cambia la viscosità?”.
“Beh, certo”.
“La domanda è un po' più sottile: certamente cambia la forza, se vuoi mescolare la vasca d'acqua più velocemente farai più fatica, ma c'è una costante di proporzionalità che lega forza e velocità di mescolamento? Oppure non c'è nemmeno quella?”.
“Ah boh. Mi verrebbe da dire che c'è, ma se lo chiedi in questo modo forse la risposta è un'altra”.
“Bene, niente preconcetti! La risposta, comunque, è dipende”.
“Capirai”.
“Ci sono liquidi che mostrano questa caratteristica, questa costante di proporzionalità. Si chiamano fluidi newtoniani, e l'acqua ne è un esempio”.
“Oh, bene”.
“Ma ci sono anche fluidi non newtoniani. Ci sono fluidi, per esempio, per i quali l'aumento della velocità di mescolamento fa aumentare la viscosità: si chiamano fluidi dilatanti, e l'esempio classico che si fa per mostrare la loro strana caratteristica è quello dell'amido di mais”.
“Wow”.
“E ci sono esempi di tutti i tipi. Per esempio, ci sono fluidi per i quali l'aumento della velocità di mescolamento fa diminuire la viscosità: questi vengono detti assotiglianti al taglio”.
“Un esempio?”.
“Il ketchup. Fai fatica a estrarlo dalla bottiglia, ma se la agiti un po' allora il liquido è meno viscoso ed esce meglio”.
“Accidenti, è vero”.
“E ci sono ancora altre caratteristiche: liquidi per i quali aumenta o diminuisce la viscosità in base al tempo di mescolamento, e non alla velocità. Sono detti reopessici i primi e tissotropici i secondi”.
“Quanta roba”.
“In geologia ci sono i reidi, che sono solidi che presentano caratteristiche di deformabilità tipiche dei liquidi. C'è gente che ha studiato la deformazione di due lastre di granito nel corso di vent'anni, pubblicando nel frattempo alcuni articoli scientifici”.
“Ah, come il vetro, che si deforma dopo molto tempo”.
“Purtroppo quella è una leggenda metropolitana, se ti riferisci alle deformazioni delle vetrate nelle chiese”.
“Davvero?”.
“Sì, il vetro non ha quella capacità di deformazione. Tieni presente che quelle vetrate erano poi circondate da strisce di piombo, che ha una viscosità molto minore di quella del vetro: se il vetro si fosse deformato così tanto come si vede nelle vetrate delle chiese, allora il piombo avrebbe avuto tutto il tempo di colare e fare una pozzanghera per terra. La deformazione nel vetro c'è, ma semplicemente perché è stato costruito così”.
“Ah. Che delusione”.
“Per non lasciarti nella delusione, c'è una bella storia sulla pece”.
“Che bella storia ci potrà mai essere sulla pece?”.
“Una storia che ha vinto un premio forse più prestigioso del premio Nobel. Beh, no, non esageriamo, non più prestigioso ma molto ambito”.
“E che premio è? E che storia è poi?”.
“Si tratta dell'esperimento della goccia di pece. La pece, a temperatura ambiente, non sembra proprio un liquido: è molto viscosa e praticamente non cola”.
“E quindi?”.
“E quindi c'è un esperimento in corso che ha lo scopo di osservare la pece che cola”.
“Sai che roba”.
“Un esperimento avviato nel 1927”.
“Eh?”.
“Già. La pece è stata messa all'interno di un imbuto di vetro col fondo tappato, dopo tre anni è stato tolto il tappo, e la pece ha cominciato a colare formando una prima, grossa goccia, che si è staccata dopo… indovina un po'?”.
“Boh? Molte ore? Giorni?”.
“Otto anni”.
“No, dai”.
“Otto. E poi ne sono cadute altre, a distanze di tempo simili”.
“Chissà la festa che fanno quando se ne stacca una”.
“Molto spesso il momento del distacco è stato perso. All'inizio non c'era l'elettronica, e conservare otto anni di pellicola cinematografica non sembrava il caso. Nel 2000 la webcam che doveva filmare il distacco si è guastata poco prima della caduta dell'ottava goccia”.
“Argh”.
“La nona fu ripresa da molte telecamere, ma si appoggiò sulle altre, cadute negli anni precedenti, senza staccarsi. Venne deciso di cambiare il contenitore prima che la goccia si fondesse con quelle sottostanti, ma le vibrazioni la fecero staccare”.
“Ma santo cielo”.
“Insomma, aspettiamo la prossima. Ora c'è una webcam che trasmette su internet un primo piano dell'esperimento, speriamo che finalmente tutto funzioni. Comunque per questo esperimento è stato vinto nel 2005 il premio IgNobel”.
“Oh, bene. Anche se nessuno ha mai visto cadere una goccia di pece, alla fine”.
“Sono riusciti a fare anche quello, con un esperimento gemello iniziato nel 1944, che ha permesso di filmare la caduta nel 2013”.
“Sessantanove anni dopo!”.
“Eh, ci vuole della calma, con la pece funziona così”.
“Dillo ai poveri dannati”.
“Che oltretutto erano immersi nella pece bollente. E che, piuttosto di avere a che fare con i diavoli, preferiscono tuffarsi per non farsi prendere. E i diavoli cercano di raggiungerli, e litigano, e cadono pure loro nella pece”.
“Vabbè”.
“E a quel punto Dante e Virgilio scappano via, lasciando lor così 'mpacciati”.
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