«Ecco la fiera con la coda aguzza,
che passa i monti, e rompe i muri e l’armi!
Ecco colei che tutto ’l mondo appuzza!».
“Si comincia benissimo”.
“Visto? Il mostro annunciato alla fine del canto precedente ora è arrivato: è Gerione, un demone puzzolente, immagine dell'inganno”.
“In che senso?”.
“Ha la faccia di un uomo giusto, rassicurante, ma il corpo di serpente”.
“Ah”.
“Due zampe pelose, mentre il dorso, il petto e i fianchi sono dipinti con nodi e rotelle”.
“Ah, i tatuaggi sui fianchi, diciamo così, sono tornati di moda però”.
“Certo. Gerione ha poi una lunga coda che guizza nel vuoto, coda che termina con un pungiglione”.
“Naturalmente”.
“E Gerione è il traghettatore che i due poeti dovranno prendere per scendere dal burrone sul quale si trovano”.
“Dante non ne sarà felice”.
“Neanche un po'. Prima, però, Dante scambia qualche parola con un gruppo di dannati seduti sulla sabbia, che cercano di ripararsi dalla pioggia di fuoco”.
“Chi sono?”.
“Sono gli usurai, che nella tassonomia dell'Inferno sono collocati qui perché sono violenti contro Dio nell'operosità umana”.
“Cosa significa?”.
“Significa che si sono arricchiti non grazie al duro lavoro, come dovrebbe fare ogni buon cristiano, ma grazie al denaro”.
“Finalmente un peccato su cui siamo d'accordo”.
“Davvero? Cosa intendiamo per usura?”.
“Ma certo che è vero! L'usura è una colpa tremenda”.
“Dammi una definizione”.
“Beh, è quando richiedi per un prestito un interesse eccessivo”.
“Sai che un Vero Matematico ha bisogno di definizioni precise: quanto è eccessivo?”.
“Oh, santo cielo. Il codice penale italiano prevede il delitto di usura, via”.
“Sì, e dice che il tasso da considerare come eccessivo è stabilito dalla legge. Attualmente il limite oltre il quale gli interessi sono ritenuti usurari è calcolato aumentando il Tasso Effettivo Globale Medio di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali. La differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali”.
“Santo cielo”.
“E come in tutti i confini, c'è sempre il problema di chi ci abita vicino e li considera artificiali: basta un centesimo di meno perché il tasso sia lecito, basta un centesimo di più e il prestito diventa usura, e si va in galera”.
“Eh, sì, tracciare confini netti pone sempre dei problemi. Chissà dov'era quel confine ai tempi di Dante”.
“Oh, qui la risposta è molto facile: il confine era a zero”.
“Zero?”.
“Sì: qualunque interesse era considerato usura. Il denaro è sterile, non può produrre frutti: far fare frutti al denaro è un peccato contro la natura stessa, cioè contro Dio”.
“Accidenti. Sai però che, quasi quasi…”.
“Eh eh”.
“Questa idea risolverebbe un po' di problemi”.
“Eh. Diciamo che ai tempi di Dante avevano risolto drasticamente il paradosso del sorite”.
“Il paradosso di cosa?”.
“Sorite. Parola greca che significa mucchio”.
“Mucchio? Di cosa?”.
“Di quello che vuoi. Una formulazione classica del paradosso prevede di avere a che fare con un mucchio di sabbia, ma noi possiamo immaginarci un mucchio di soldi, come nel deposito di Zio Paperone”.
“Ok, e cosa ci facciamo con questo mucchio? Oltre ai tuffi, come faceva Zio Paperone”.
“Beh, possiamo certamente classificare Zio Paperone come un riccone, vero? Il suo patrimonio è tanto, un mucchio di soldi”.
“Sicuramente”.
“E se noi togliamo una monetina dal mucchio, quello rimane un mucchio”.
“Sì, anche se Zio Paperone non sarebbe contento”.
“E anche se togliamo una seconda moneta dal mucchio, il mucchio rimane tale”.
“Un po' più piccolo”.
“Certo, ma ancora un bel mucchio. E se continuiamo così?”.
“Eh, pian piano cala e poi sparisce”.
“Esatto. E in quale istante il mucchio non è più mucchio? Quando perde la caratteristica di essere mucchio? La sua mucchiosità?”.
“Eh, boh, non si può mica dire”.
“E così eccoci al paradosso: a un certo punto il mucchio non è più mucchio, ma non possiamo stabilire quando. Qualsiasi confine noi mettiamo diventa arbitrario: possiamo stabilirlo per legge, possiamo tirare una riga a un certo punto, ma non ci sono motivi per preferire un momento rispetto a un altro. La logica binaria qua non funziona, ci accorgiamo che non ci basta dire ora sì e ora no, ma ci servono valori intermedi”.
“Una logica a tre valori?”.
“Osiamo di più: una logica a infiniti valori. Una logica in cui tra 0 e 1 ci sono tutti i valori possibili, tutti i numeri reali”.
“Ah, ed esiste una roba del genere?”.
“Certo, si chiama logica fuzzy, o logica sfumata”
“Un delirio matematico senza senso?”.
“Al contrario, un'idea con molto senso e molte applicazioni pratiche”.
“Per esempio?”.
“Per esempio un impianto di riscaldamento, o raffreddamento. Hai presente quei termostati che attaccano e staccano l'impianto quando si supera una certa temperatura?”.
“Certo. In quel caso c'è un confine, se lo superi accendi, se non lo superi spegni, o viceversa, dipende se vuoi scaldare o raffreddare”.
“Esatto. In casa c'è caldissimo, accendo il condizionatore, la temperatura scende, poi arrivo a una certa soglia e clic, l'impianto si spegne. Pian piano la casa si riscalda e se supero la temperatura, riparte l'impianto. Non molto simpatico per chi sta sotto il soffio dell'aria fredda”.
“Eh vabbé, pazienza, si sposterà”.
“Ma se prendiamo un sistema moderno, con inverter e regolazioni più sofisticate, non abbiamo solo due situazioni: o aria fredda a palla oppure niente aria fredda. Quando la temperatura ambiente sta per raggiungere la temperatura richiesta, allora il flusso d'aria diminuisce ma senza che si spenga completamente. Non c'è più una logica a solo due valori, acceso e spento”.
“Ah, ci sono valori intermedi, giusto! Motore acceso al cinquanta per cento, per esempio”.
“O qualunque altra percentuale, volendo”.
“Ottimo”.
“Questo è il paradosso del sorite: se usiamo una logica a due valori, un mucchio che cala a un certo punto non sarà più un mucchio, ma non siamo in grado di dire in quale istante preciso esso perda la propria caratteristica di mucchio”.
“Con una logica sfumata potremmo parlare di mezzo mucchio, di mucchietto, e così via”.
“Esatto. L'alternativa è fare come Dante con gli usurai”.
“Cioè tutto è mucchio, a meno che la sabbia non se ne sia andata completamente”.
“Esatto”.
“Ma sai che…”.
“Lo so”.
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