sabato 28 ottobre 2006

La complessità delle canzoni

Donald Ervin Knuth è un matematico che ha saputo coniugare, con maestria, matematica pura e informatica. Per lui è stato creato il titolo accademico di Professor of the Art of Computer Programming. È uno strano personaggio, un vero geek, conosciutissimo nel mondo accademico.

Ha scritto lavori scientifici molto importanti, ma non solo. Ne ho scoperto uno meraviglioso, intitolato The Complexity of Songs, che spiega la tendenza che hanno le canzoni popolari ad evolversi da ballate lunghe e ricche di contenuti a testi altamente ripetitivi con un significato nullo o quasi.

L'apice di questa tendenza è stato raggiunto, secondo Knuth, durante il ventesimo secolo, quando la disponibilità di droghe moderne ha portato alla necessità di un uso sempre minore della memoria. Si è così arrivati a canzoni con complessità dell'ordine di O(1) ovvero, per i non matematici, canzoni arbitrariamente lunghe la cui complessità rimane costante. Ecco l'esempio finale, nella forma di una relazione ricorsiva:

S(0)=" ";
S(k) = V(k)S(k-1), per k maggiore o uguale a 1;

dove

V(k) = "That's the way," U "I like it," U, per k>0;
U = "uh huh, uh huh".

[Per chi legge Rudi Mathematici, questo è un palese invito al Grande Capo a scrivere un PM sull'argomento]

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