L'analisi matematica è una brutta bestia: permette di fare cose meravigliose, ma per capirci qualcosa occorre superare un gigantesco ostacolo iniziale, il calcolo dei limiti. Il percorso classico che seguono gli studenti di molte scuole superiori è: limiti-derivate-integrali. Ma storicamente le cose sono andate in un altro modo.
Newton e Leibniz sono stati i primi scopritori/creatori (scegliete voi) del calcolo infinitesimale. Hanno sviluppato i loro studi in maniera indipendente, anche se ai tempi ci fu una disputa tra i due: Leibniz pubblicò per primo, ma Newton aveva scritto e non pubblicato ancora prima, insomma, son cose note, hanno litigato. Capricci da star. Qualche giorno fa ho scoperto che un terzo matematico, il giapponese Seki Kōwa, era arrivato a sviluppare gli stessi concetti: naturalmente né Newton né Leibniz lo conoscevano. Tre geni, contemporanei. Chissà cosa è successo nel mondo in quel periodo.
Bene, Leibniz utilizzava degli oggetti matematici che chiamava infinitesimi, e non sapeva bene cosa fossero. C'è un esempio molto semplice che fa capire il problema a tutti: eccolo qua.
Prendiamo una funzione facile, quella che eleva un numero al quadrato, e indichiamola così: f(x) = x2. La domanda è questa: se noi facciamo variare x da un certo valore a un altro valore, anche f(x) varierà, ma di quanto? Cioè, quanto vale il rapporto tra la variazione di f e la variazione di x?
La prima risposta che possiamo dare è: ma che domanda è? Dipende da quanto varia x, no? Non c'è proporzionalità.
È vero, se x varia da 1 a 3, il corrispondente valore di f varia da 1 a 9, e il rapporto tra le due variazioni vale (9-1)/(3-1) = 8/2 = 4. Se invece x varia da 1 a 2, la f varia da 1 a 4, e il rapporto ora vale (4-1)/(2-1) = 3.
Leibniz allora diceva: ok, io sono interessato a vedere cosa succede quando la variazione è piccola. E gli rispondevano: ma come, proprio tu che sei un matematico parli di numeri piccoli? Cosa significa piccolo? Ma dai!
E Leibniz insisteva: guardate, io voglio sapere come stanno le cose quando la variazione è sempre più piccola. Quando è infinitamente piccola. Quando è un infinitesimo.
Eeeh? gli dicevano.
E allora Leibniz faceva un esempio. Guardate, diceva, partiamo pure da x = 1, ma spostiamoci di pochissimo, di una quantità piccolissima che indicherò con dx, e così facendo sappiate che sto scrivendo il mio nome nella storia.
Dai, andiamo avanti, gli dicevano quelli che erano rimasti ad ascoltarlo.
Ecco, allora facciamo i conti, proseguiva Leibniz. f(1+dx) è uguale a (1+dx)2, che a sua volta è uguale a 1+2dx+(dx)2. Quindi la variazione dei valori di f è la seguente: f(1+dx)-f(1) = 1+2dx+(dx)2-1 = 2dx+(dx)2.
Fin qua abbiam capito, Leibniz, questa è algebretta che conoscono tutti.
Bene, proseguiva lo scienziato, allora sapete anche calcolare il rapporto tra le variazioni dei risultati e le variazioni delle x.
Certo, per chi ci hai presi?, rispondevano. La variazione è uguale a (2dx+(dx)2)/(dx). Sappiamo anche semplificare, sai? Risulta 2+dx.
Bravi, concludeva Leibniz, allora dato che dx è un infinitesimo lo trascuriamo come se fosse zero, e il risultato è che la variazione in quel punto è uguale a 2.
E a quel punto i Veri Matematici inorridivano: ma come, dicevano, prima dividi per dx e poi dici che dx è zero, ma sei matto? Ma lo sanno anche i bambini delle elementari che non si può dividere per zero. Buu, vai a casa Leibniz.
Ma il nostro eroe insisteva: stolti, diceva, guardate questo lavoro che ho scritto ieri, guardate quanti problemi meravigliosi ho risolto con il mio calcolo infinitesimale, guardate che funziona tutto, guardate che meraviglia.
Ehm, boh, in effetti, borbottava qualcuno.
C'era qualcuno che borbottava meno, e diceva le cose come stavano. Per esempio, in Inghilterra il vescovo Berkeley pontificava: ma voi analisti siete tutti matti, non sapete nemmeno le basi della matematica. E cosa sono queste quantità evanescenti, di cui vi ha riempito la testa Newton? Per non parlare degli infinitesimi di quell'altro tedesco là. Ma ne avete idea? Non sono né quantità finite, né quantità infinitamente piccole, e neanche zero. Non potremmo chiamarli fantasmi di quantità defunte?
Di solito la risposta era un discreto ehm, poi la gente se ne andava con la coda tra le gambe perché, sì, le cose funzionavano ma aveva ragione anche Berkeley, o una quantità è zero o non lo è, e se lo è non si può metterla al denominatore. Punto.
Poi è arrivato Weierstrass, che ha compiuto due passi da gigante: il primo è stato quello di sistematizzare tutta la faccenda degli infinitesimi, in modo tale che i Veri Matematici fossero tutti contenti: il secondo è stato quello di rendere la vita molto difficile per tutti gli studenti di analisi. Perché da adesso in poi 1 diviso 0 uguale a infinito è una frase che si può solo pensare ma non si può pronunciare, pena il lancio del libretto universitario dalla finestra. Insomma, Weierstrass ha ammazzato gli infinitesimi, tutta l'analisi si può studiare senza mai pronunciare le parole piccolo e grande, anche se tutti — tranne i matematici — continuano a farlo.
Nel 1961 è arrivato un tale, Abraham Robinson, che ha detto: sapete che c'è? Weierstrass ha fatto un bel lavoro a sistemare la teoria dell'analisi infinitesimale, ma così facendo ha complicato le cose in maniera incredibile. Esiste un altro sistema di vedere l'analisi, in cui gli infinitesimi esistono, e in cui si può dire senza problemi che 1 diviso un infinitesimo fa un infinito. Lo chiamerò analisi non standard.
Agli studenti non sembrava vero.
C'è un problema, però.
Agli studenti sembrava già un po' più vero.
Il fatto è che possiamo buttare via tutta la faccenda degli epsilon e i delta di Weierstrass, ma dobbiamo studiare molto la logica matematica.
E ciao, allora. Gli ultimi studenti rimasti ad ascoltarlo si misero d'accordo per l'acquisto delle birre, e non lo ascoltarono più.
Poi, nel 1976, si è presentato sulla scena un altro matematico, Howard Jerome Keisler, che ha detto: cari studenti, non vi preoccupate, mettete via le vostre birre per un attimo. Esiste un altro sistema, che sono qui a presentarvi. Non è necessario sapere tutto di logica per studiare l'analisi matematica, esiste anche il metodo assiomatico. Ci basta cambiare un piccolo assioma dei numeri reali, e otteniamo questi meravigliosi nuovi numeri, i numeri iperreali, con tanto di infiniti e infinitesimi.
Ma davvero? Senza problemi?
Senza problemi.
Facci un esempio, dai!
La conoscete la definizione di funzione continua?
Ehm.
Dai, ragazzi, un minimo bisogna studiare, eh? Allora, è questa: la funzione f è continua nel punto c se, comunque si fissi un errore positivo piccolo a piacere, esiste sempre una differenza positiva sufficientemente piccola tale che se x differisce da c, in valore assoluto, per meno di quella differenza, allora f(x) differisce da f(c), in valore assoluto, per meno di quell'errore.
Argh, è vero. E tu ci stai dicendo che col tuo metodo non dobbiamo capire questa roba?
Giudicate voi, ecco come si definisce una funzione continua nel linguaggio dell'analisi non standard: una funzione f è continua nel punto c se quando x è infinitamente vicino a c, allora f(x) è infinitamente vicino a f(c),
Ma è bellissimo! E si capisce anche! E allora possiamo studiare gli infinitesimi? Magari possiamo anche confrontarli?
Certo, possiamo anche vederli.
E come facciamo?
Con un meraviglioso strumento matematico che ho chiamato microscopio infinitesimo.
Fantastico! E anche gli infiniti?
Naturalmente. Gli infiniti li osserviamo con un altro strumento, il telescopio infinito.
Ma è bellissimo!
Lo so. E ho anche inventato nomi meravigliosi per questo nuovo mondo di numeri, come le monadi e le galassie.
Ahh, bravissimo, Keisler. Vieni, abbiamo della birra in frigo.
Sono pochissimi gli insegnanti che utilizzano i metodi dell'analisi non standard nelle scuole superiori: del resto, l'unico libro di testo disponibile finora è stato quello di Keisler, in inglese (con anche un approfondimento teorico, non per gli studenti). Come dicevo qualche giorno fa, ho conosciuto il professor Apotema, il quale è uno di questi insegnanti.
Nel suo secondo libro descrive il metodo da lui utilizzato per introdurre l'analisi infinitesimale ai suoi studenti. Testo consigliato anche a chi avrebbe voluto capirci qualcosa di più, sull'analisi matematica, ma non ha mai osato entrare nel mondo degli epsilon e dei delta.
Giorgio Goldoni, Il professor Apotema insegna… i numeri iperreali, ilmiolibro.it, 13 €.
Se si sbriga a scrivere anche i volumi successivi, intitolati il primo Il calcolo delle differenze e il calcolo differenziale, il secondo Il calcolo delle somme e il calcolo integrale, dal prossimo anno comincio anche io a parlare di numeri iperreali (mi ha promesso che lo farà…).
5 commenti:
bello poi torno a seguire qualche lezione^^
Sebbene gli esami di analisi mi abbiano procurato non pochi problemi all'università, devo dire che gli infinitesimi con i delta e gli epsilon mi sembrano abbastanza chiari. La loro difficoltà, semmai, sta nel ricordarseli giusti in sede d'esame, che un espilon di differenza nella definizione causa la bocciatura immediata all'esame. :-)
Comunque ben vengano queste nuove strade.
ilcomizietto
Ma tu pensa che io cominciavo a recriminare di aver seguito (e superato gli esami) di analisi troppo presto. È invece il K che è arrivato troppo tardi. Per fortuna con A, Z et al. forse sono in tempo a rimediare
Non è che questo sistema sia il meglio, mentre Weierstrass era uno sprovveduto, eh. Si spera, utilizzando il linguaggio degli infinitesimi, di avere studenti che dicano "ah, finalmente ho capito".
però ha un bel nome^^
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