martedì 3 agosto 2010

Continuità

Un giorno un monaco si recò a meditare in cima a una montagna. Partì all'alba dal monastero, e cominciò la salita. Durante la salità si fermò alcune volte per riposare, per mangiare e per godersi il panorama, e finalmente, verso sera, arrivò sulla vetta, dove rimase per qualche giorno.

Il monaco meditava sugli argomenti più diversi: alcuni molto privati, altri invece di interesse pubblico. Un giorno dedicò molto tempo a ragionare sul fatto che, in ogni momento, lungo l'equatore esistono due punti, uno agli antipodi dell'altro, in cui la temperatura dell'aria è la stessa.

E questo fatto non dipende da una particolare proprietà della temperatura dell'aria. Esistono infatti anche altri due punti, sempre antipodali, in cui la pressione dell'aria è la stessa, e altri due punti in cui la concentrazione di anidride carbonica è uguale. E si potrebbe andare avanti con tanti altri esempi.

Non è nemmeno necessario trovarsi sull'equatore: va bene un qualunque cerchio massimo sulla terra. A cosa è dovuta, si chiese il monaco, questa strana proprietà?

E si mise a disegnare sul terreno.


“Vediamo”, pensò il monaco, “se scelgo due punti a caso A e B, uno agli antipodi dell'altro, non è detto che la temperatura in quei due luoghi sia la stessa. Se indico con T(x) la temperatura in un punto qualsiasi, ho che la differenza di temperatura nei due punti che ho scelto è uguale a T(A)-T(B), che indico con d”.

Poi il monaco si mise a passeggiare un po' intorno alla figura che aveva disegnato. E gli venne un'idea:

“Ehi, ma se io ruoto il segmento AB di 180 gradi, e ricalcolo la differenza di temperatura, ora naturalmente mi risulterà l'inverso di prima, cioè -d”.

“Ma quindi”, continuò tra sé e sé, “se la differenza di temperatura prima vale d, e poi vale -d, in un qualche punto deve valere zero!”. E fece un altro disegno.




“Naturalmente questo vale solo se la curva è una vera curva, cioè se non fa strani salti. Se ben ricordo, i matematici chiamano queste curve continue. Chiamerò questo teorema proprietà dei valori intermedi: se una funzione è continua, allora essa assume tutti i valori compresi tra il suo minimo e il suo massimo”.

Dopo tutti questi ragionamenti, il monaco pensò che fosse ora di mangiare. Si trovava lì vicino un tavolino rotondo, di legno, con quattro gambe, costruito in passato da qualche altro monaco che era stato in quei luoghi a meditare. Il monaco lo sistemò sul terreno, vicino ai due disegni che aveva fatto prima, e si accorse che non era stabile.

“Ci risiamo,” pensò, “ogni volta che si sistema un tavolino in un luogo non perfettamente piano, c'è il problema della stabilità. L'aveva detto Euclide che con tre gambe un tavolino non balla, ma questo ne ha quattro”.

E così, invece di mangiare, il monaco si mise a studiare il problema. Si chinò ad esaminare le gambe del tavolo:

“Vediamo un po'. Ecco qua, ci sono tre gambe appoggiate per bene sul terreno, e la quarta invece è per aria. E dire che i miei confratelli sono molto precisi, le gambe hanno tutte la stessa lunghezza. Già, è proprio colpa del terreno, che ha qualche gobba”.

“Ragioniamo”, si disse. “Indico con A la gamba che non tocca terra, e con B, C e D le altre tre. Ora, se lascio C e D fisse dove sono, e spingo un po' verso il basso A e B, riesco a fare toccare A sul terreno. In questo modo però B è affondata un po'”.

“Ma se ruoto il tavolo di 90 gradi, in modo che A vada al posto di B, B al posto di C, e naturalmente C al posto di D e D al posto di A, ora sarà la gamba che ho indicato con A ad essere affondata nel terreno”.

“Ah-ha!”, esclamò, “ma dato che all'inizio della rotazione A si trovava in aria, e alla fine si trova sotto terra, esisterà un punto in cui A tocca esattamente terra, e quindi il problema è risolto, il tavolino è stabile, e posso finalmente mangiare”.

Il monaco trascorse molti giorni sulla cima della montagna a meditare. Mentre si trovava lassù, un gruppo di matematici cercò, in maniera naturalmente indipendente, di formalizzare la dimostrazione della stabilità del tavolino con quattro gambe. Non fu una cosa semplice.

Nei giorni successivi, il monaco meditò sulla proprietà dei valori intermedi. “Che sia una proprietà caratteristica delle funzioni continue?”, si chiese. “È vero che se, dati due punti qualsiasi a e b, una funzione assume tutti i valori compresi tra f(a) e f(b), allora è continua?”.

Ma ormai era tempo di tornare a valle, e il monaco dovette abbandonare questi pensieri, o quantomeno rimandarli ad un altro momento. Egli partì all'alba e, seguendo la stessa strada compiuta durante la salita, arrivò verso sera al monastero. 

“Ehi, ora che ci penso, c'è stato un punto del percorso in cui durante i due viaggi io sono passato alla stessa ora”.

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