sabato 29 dicembre 2007

La macchina per nodi probabilistica



Qualche mese fa avevo sistemato la mia molla da elettricista con tutte le cure possibili, eppure quando l'ho ripresa due giorni fa per stendere un cavo di rete l'ho ritrovata piena di nodi. È evidente che le strutture lunghe, sottili e sufficientemente flessibili hanno una tendenza spontanea ad annodarsi.

Ora l'evidenza è stata studiata scientificamente: due fisici della UC San Diego hanno pubblicato un articolo dal titolo “Spontaneous knotting of an agitated string”, nel quale studiano la formazione spontanea di nodi in una corda in movimento. Essendo fisici, hanno preferito un approccio sperimentale a uno studio teorico, e hanno costruito una macchina per nodi.

Hanno preso una scatola di plastica trasparente, di forma cubica, di lato 0.30 metri, e l'hanno fatta ruotare con la velocità di un giro completo al secondo per 10 secondi. Hanno utilizzato una corda del diametro di 3.2 millimetri, di densità pari a 0.04 grammi per centimetro e una rigidità alla flessione di 3.1×104 dine·cm2.

In altre parole, prosegue l'articolo, la corda ha il diametro di un cavetto da mouse e la rigidità di uno spaghetto mezzo cotto.

Dopo aver fatto 3415 prove (un numero di prove necessario per ottenere risultati statisticamente validi, dicono) i due ricercatori hanno visto che si formavano nodi circa una volta ogni due. Si sono poi fatti aiutare da un programma per computer per studiare le diverse forme dei nodi formatisi, calcolandone il polinomio di Jones (mica roba da ridere, nel 1990 Jones ha guadagnato una medaglia Fields per la scoperta del polinomio che porta il suo nome).

Le conclusioni sono state le seguenti. Per prima cosa, è necessaria una lunghezza minima per la formazione dei nodi: 18.124 pollici è il valore trovato dai due ricercatori (il motivo per cui si ostinano a rifiutare il sistema metrico decimale è ignoto, e dire che ci sono stati anche spiacevoli incidenti a causa di questo fatto). Poi, ci deve essere abbastanza spazio per permettere alla corda di muoversi. Infine, sono stati generati tutti i possibili nodi con sette incroci, e ne sono stati osservati anche alcuni con undici incroci. Detto in termini rigorosi: “long things get tangled”.

Alla fine, pare che ci siano anche applicazioni pratiche per questo studio (si vede che non è stato fatto da matematici): potrebbe essere usato per prevenire i casi di annodamento del cordone ombelicale, oppure per capire come mai ogni tanto il DNA all'interno di una cellula si annoda, creando problemi quando la cellula cerca di dividersi. Le cellule, però, hanno già sviluppato un meccanismo per risolvere la cosa: grazie ad alcuni enzimi riescono a “ridistendere” il filamento annodato.

Forse, conclude l'articolo, potremmo anche noi, un giorno, avere a disposizione degli enzimi che ci permettano di snodare la gomma per innaffiare il giardino, o la matassa delle luci da mettere sull'albero di Natale. It might happen someday. Or knot.

(via 360)

6 commenti:

Maurizio ha detto...

C'è da restare knot out

zar ha detto...

To be, or knot to be?

Ronkas ha detto...

Rimango molto dubbioso.
Nulla da togliere ai fisici super-cervelloni che usano robe matematiche mai viste prima, ma c'è una grande imprecisione che mi rende scettico: come viene inserita la corda dentro alla scatola pazza?

Capite che se la infilate a spirale ci saranno probabilità X, mentre se la metto infilata così a casaccio potremmo averne altre.

Insomma, quello che voglio dire è che secondo me l'esperimento compie un grande errore sistematico: anche nel caso abbiano utilizzato lo stesso metodo per inserire il campione tutte le volte, questo non rappresenterà mai una costante valida per tutti i vari casi riscontrabili in natura.

Ora voglio qualche cervellone che smentisca questa mio dubbio e mi faccia capire che in realtà tutto questo dispendio di forze (e dindini) è in realtà qualcosa di valido.

Maurizio ha detto...

@ronkas: hai perfettamente ragione. Devi sapere che i fisici organizzano gli esperimenti in modo tale che i risultati siano sempre quelli attesi, e in un modo o nell'altro ci riescono. Come dire, non esistono soltanto i sofismi matematici. Pensa che una volta misi a punto un esperimento per verificare l'ambiguità di Igo e ... non ti dico come andò a finire;)

Ronkas ha detto...

lol, che delusione!
Cioè volete dirmi che in realtà quando nelle verifiche tiro a caso il risultato più probabile e coerente sto procedendo con un professionalissimo metodo da fisico americano?

rotfl :)

Maurizio ha detto...

@Ronkas: a Berkeley, in California, fanno proprio così.