«Complicazioni che ci porteranno a scorgere una piccola parte di ciò che genera le ombre che di solito osserviamo? Cosa dici?».
«Forse ho esagerato un po'».
«Direi. Ma a cosa ti riferivi?».
«Mi è venuta in mente una sensazione che ho provato, a volte, quando facevo l'università».
«Cioè?».
«C'era questo libro di geometria, tutto scritto a mano».
«In che senso, a mano?».
«Proprio nel senso che era scritto a mano, in corsivo, in bella calligrafia».
«Ma dai!».
«Davvero. Un'opera d'arte… Era un bel libro, ben organizzato, nei primi capitoli c'erano tutte le basi per poi poter affrontare il resto, non avevi bisogno d'altro. Solo che era incomprensibile».
«Andiamo bene».
«Non nel senso che fosse scritto male, eh. Era proprio la geometria ad essere incomprensibile».
«Figure astruse che dovevi studiarti per ore, prima di capire come fossero fatte?».
«Neanche una figura».
«Eh? Ma come? Un libro di geometria, hai detto?».
«Sì».
«Senza figure».
«Eh».
«Mi sembra di essere in un altro mondo. La geometria non dovrebbe essere fatta con le figure? E allora?».
«Capisci cosa intendo quando dico che era incomprensibile? Non mi aspettavo che fosse così, geometria. E, da quanto sento, questo è l'impatto che la materia ha con tutti gli studenti».
«Quindi quella dei Veri Geometri è una categoria di gente ancora più fuori di testa dei Veri Matematici Generici».
«Questo è quello che pensano in molti, sì».
«Andiamo bene. E allora, cos'è successo con quel libro?».
«È successo che ho dovuto studiarlo, naturalmente. E, per capirlo, dovevo sempre ricollegare le cose astrattissime di cui parlava a ciò che già conoscevo, grazie ai miei studi precedenti».
«Immagino che non fosse una cosa semplice».
«Neanche un po'. Ogni tanto arrivava l'illuminazione, riuscivi a collegare tutto, e ti sembrava di aver raggiunto un livello di consapevolezza che prima non avevi».
«Ma, per esempio?».
«Per esempio, all'inizio della geometria si fa della gran algebra lineare».
«Mi pare ovvio, si chiama geometria, studi dell'algebra. Non fa una piega. Del resto, c'è la parola lineare che mi fa capire che è geometria».
«Eh, non ti sbagli di molto… Comunque, algebra lineare significa matrici. E le matrici hanno delle strane operazioni. E mentre me le studiavo, e cercavo di capire perché dovessero essere fatte proprio in quel modo, a un certo punto mi sono detto: "ma se prendo una matrice formata da una riga e una colonna, ho un numero! Allora tutti i numeri sono matrici! Il mondo è fatto di matrici, e i numeri sono solo casi particolari! Tutto quello che ho studiato era un caso particolare del caso generale. Ora vedo! Ora so! È bellissimo!"».
«Poi sono arrivati, sì?».
«Chi?».
«I medici».
«No, parlavo tra me e me, non mi sono messo a urlare per strada».
«Hai fatto bene».
«Per farti un esempio meno stupido, ricordi quando abbiamo parlato di trasformazioni del piano e di coordinate omogenee?».
«Certo, quella era geometria, c'erano le figure, mi ricordo. Avevo anche capito, le coordinate omogenee erano quelle che mi permettevano di parlare di punti impropri, cioè punti all'infinito».
«Bene. Ora ti faccio vedere la versione dei Veri Geometri».
«Non si capisce niente».
«Esatto. Quella è una pagina del famigerato capitolo IX, dal titolo Relazioni fra le strutture vettoriali, affini e proiettive. Diciannove pagine infernali».
«E tu le hai capite».
«A suo tempo, sì. E quando riuscivo a collegare quella roba con le mie conoscenze, mi sembrava di capire davvero. Mi dicevo: ma allora le cose stanno così. Mi sentivo un eletto che poteva dare un'occhiata alle cose, e non alle loro ombre. Mi sembrava di vedere con gli occhi di Dio».
«Ehm».
«Eh».
«Poi sei guarito?».
«Poi sono diventato insegnante: in un certo senso sono guarito. Perché è bellissimo partire dalle basi e arrivare a un tale livello di astrazione per cui tutto è inserito in un unico concetto, ma poi bisogna anche ridiscendere a valle e fare comprendere le cose, spiegarle, fare qualche maledetto disegno, santo cielo».
«Eh eh».
«Voglio dire, ammiro le menti degli autori di quel libro (uno dei quali era anche il mio insegnante di geometria), ma le loro capacità didattiche non è che fossero quella gran cosa».
«No, eh?».
«No, decisamente. Per esempio lui, dico il prof di geometria, non usava mai il cancellino, scriveva dove trovava posto».
«Benissimo. Del resto, uno che insegna geometria non deve mai usare la lavagna per fare i disegni».
«Infatti. Una volta, prima delle vacanze di Natale, qualcuno disegnò un albero di Natale alla lavagna. Lui cominciò a scrivere le formule sulla lavagna, e in quella lezione ne doveva scrivere molte».
«E non ha cancellato?».
«Assolutamente no, ha cominciato a scrivere dentro all'albero».
«Incredibile».
«E non è finita qua. Quella volta le formule erano così tante che, alla fine, ha dovuto prendere in mano il cancellino».
«Colpo di scena».
«Da tutta l'aula si è alzato un mormorio».
«Eh eh».
«Poi ha appoggiato il cancellino alla lavagna, in un punto centrale, e l'ha mosso per un venti-venticinque centimetri».
«Quanto bastava per l'ultima formula».
«Già. Ma non ha fatto come fanno le persone normali, che appoggiano il cancellino e poi lo muovono un po', in modo da tirare via il gesso. No, lui ha semplicemente appoggiato e spostato, poi l'ha messo via».
«E che risultato ha ottenuto?».
«Ha creato un bel rettangolo bianco e polveroso sulla lavagna. Poi ci ha scritto sopra l'ultima formula, perfettamente mimetizzata tra il gesso. Formula bianca su sfondo bianco, suprematismo matematico».
«Tutto ciò ha dell'incredibile, se uno non pensa che si sta parlando di Veri Matematici».
«Già».
«Ma riguardo al crivello di Eratostene? Cosa c'entra questo discorso con quanto abbiamo detto finora?».
«Per migliorare il crivello, dobbiamo prima astrarre, complicare le cose, e poi cambiarle. Non sarà facile».
12 commenti:
:-D
oddio esame in arrivo
di geometria...?
già mi sa che dovrò anche portarmi il libro in vacanza...
Anche io ho avuto un prof di Geometria che come didattica era zero. Parlava di combinazioni lineari e non capivo questo concetto che mi pareva assurdo, perché lo applicavo ai numeri. Ma quando poi vedi la luce e riesci anche a dimostrare alcune cose in un modo diverso dal libro è una bella soddisfazione. Ma che shock, prima!!!
Sempre a Modena?
No, a Ferrara, (anni '80). Però dopo qualche anno il prof. ebbe il posto a Bologna, sua città.
Ci aveva preannunciato che un giorno avrebbe iniziato a parlare a vanvera per vedere se ce ne saremmo accorti....
E un giorno lo fece. Mi ricordo che si parlava di sistemi di equazioni lineari e spazi vettoriali. Per lo più non ci capiva niente nessuno, ed eravamo una quarantina di teneri virgulti appena usciti, nella migliore delle ipotesi, da un liceo scientifico.
Dopo mezz'ora disse: "Ma non vi siete accorti che da mezz'ora vi sto dicendo delle gran stupidaggini?". Chiedemmo subito a partire da che punto per potere barrare gli appunti corrispondenti.
Il corso fu un'esperienza a metà tra Fantozzi e Kafka....
Fantastico :-)
ah, tu sai già come era il mio prof. di Geometria. Mi ci sono ritrovato un sacco in questo post!
Si vede che è una caratteristica comune :-)
mi sembra di aver vissuto gli stessi momenti negli anni novanta a bologna col prof. di geometria ed algebra allora c'erano "cavalieri d oro - gualandri" mi smbra che la pagina sia estratta dal libro su cui abbiamo "provato" a studiare.
La pagina è di Cavalieri D'oro - Pezzana.
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