“Vasche da bagno?”.
“E altalene, e molle”.
“E cosa c'entrano con la matematica?”.
“A parte il fatto che, volendo, tutto c'entra con la matematica, in questo caso parliamo di un fenomeno preciso: le oscillazioni”.
“Quindi parliamo di fisica”.
“Eh, dipende dal punto di vista: la matematica fa da modello per i fenomeni fisici, oppure è l'alfabeto nel quale Dio ha fcritto l'univerfo?”.
“…”.
“Ma non addentriamoci in queste questioni filosofiche”.
“Ecco, meglio”.
“Parliamo di equazioni matematiche che vengono usate in fisica per studiare le oscillazioni, e lo facciamo ponendo l'accento sulla parte matematica, senza però tralasciare riferimenti alla vita quotidiana”.
“Come la vasca da bagno”.
“Esatto”.
“Cosa c'entra, poi, la vasca da bagno?”.
“Vedrai, vedrai. Ma partiamo dall'inizio: in fisica esistono fenomeni oscillatori di tanti tipi, da quelli generati dai circuiti elettrici che vengono usati, tanto per fare un esempio, in tutti i nostri dispositivi wi-fi alle oscillazioni prodotte da una massa collegata a una molla, o quelle di un pendolo, o di un'altalena”.
“Ok”.
“E il bello è che le equazioni che descrivono questi fenomeni sono sempre le stesse: cambiano certamente le grandezze in gioco e le unità di misura, ma la forma dell'equazione è quella. Che siano elettroni che si muovono lungo un conduttore, o masse sottoposte alla forza di gravità, o a forze elastiche, si ha sempre a che fare con lo stesso tipo di equazione”.
“Che sarebbe?”.
“Eh, purtroppo è un'equazione complicata: i Veri Matematici la chiamano equazione differenziale”.
“Roba di cui non ho assolutamente idea”.
“E che non cerco di spiegarti adesso: servono troppe conoscenze matematiche per farti vedere come si può risolvere. Posso però cercare di darti un'idea intuitiva”.
“Proviamo”.
“In questo tipo di equazioni l'incognita non è un numero, ma una funzione”.
“Uhm”.
“La funzione che ti dà la posizione, istante per istante, del pendolo, o dell'altalena, o della massa attaccata alla molla, o della quantità di carica elettrica che attraversa un filo conduttore”.
“Ah”.
“Inoltre, questo tipo di equazioni contiene informazioni sul modo in cui varia la funzione incognita, e questo è il difficile”.
“Infatti non ho capito niente”.
“Pensa a una molla fissata in terra, e a te che ci sali sopra”.
“Bene, come un tappeto elastico”.
“Esattamente. L'incognita è la posizione dell'estremo della molla che si muove”.
“Quello attaccato a me, insomma?”.
“Esatto”.
“E perché è una funzione?”.
“Perché la posizione non è fissa, ma dipende dal tempo”.
“Ah, ok”.
“Ora pensa a quello che succede: se tu sali sulla molla, questa si comprime”.
“Giusto”.
“Ma comprimendosi esercita una forza verso l'alto, cioè verso di te”.
“Anche questo è vero”.
“E allora l'effetto della tua salita sulla molla sarà un po' mitigato da questa forza contraria”.
“Giusto”.
“E quindi la tua azione di compressione sarà meno efficace, e la molla farà sempre più fatica a accorciarsi”.
“Sì, è così, infatti non la posso comprimere all'infinito, a un certo punto mi bilancerà”.
“Benissimo. Il fatto interessante è che questa azione di bilanciamento non si manifesta all'improvviso: man mano che comprimi la molla senti una forza contraria sempre più grande che ti impedisce di comprimerla con la stessa intensità. Insomma, la velocità con cui la molla si comprime varia nel tempo, fino a che non si arriva alla massima compressione. Anzi, può succedere che tu venga poi spinto via, cioè verso l'alto”.
“Come succede effettivamente nei tappeti elastici”.
“Certo. L'equazione che descrive questo comportamento tiene conto di tutto: cioè tiene conto della tua posizione e del fatto che più comprimi, maggiore è la forza esercitata dalla molla su di te. Forza che a sua volta produce una variazione nella tua velocità”.
“Uh, complicato”.
“Eh, sì. Si dice che un'equazione differenziale dà una descrizione locale di un fenomeno”.
“Locale?”.
“Locale in senso matematico, cioè in questo caso circoscritta a un istante di tempo. In sostanza ti dice: guarda che adesso le leggi che governano il tuo moto sono queste, ma tra un po' saranno diverse perché la molla non sarà più nella stessa posizione e quindi eserciterà una forza diversa su di te”.
“Una roba del tipo adesso la molla spinge poco, tra un po' spingerà di più, e così via?”.
“Più o meno… Quello che ti dice l'equazione è ciò che succede istante per istante, quello che devi fare tu per risolverla è ricostruire il comportamento globale. È come se tu fossi all'interno di un'automobile con i vetri oscurati, assieme a un navigatore che ti dice, istante per istante, che strada devi prendere. Tu, oltre a fidarti delle indicazioni, devi ricostruire il percorso”.
“Ah, bello, così ho quasi capito”.
“Bene, mi fa piacere. Allora, risolvendo l'equazione si possono verificare tre casi, che adesso provo a descriverti”.
“Vai”.
“Il primo caso è quello senza oscillazioni”.
“Ma come?”.
“Eh, ricordi che ti ho parlato di altalene?”.
“Certo, quelle oscillano”.
“Non sempre: immaginati un'altalena molto arrugginita”.
“…”.
“Dico sul serio: immagina che ci sia una grande forza di attrito. Puoi immaginarti un'altalena arrugginita, oppure una molla che fa strisciare un corpo molto rugoso e pesante sul pavimento”.
“Uhm”.
“A fatica sollevi il seggiolino dell'altalena, ti ci siedi sopra, e ti lasci andare. Con un grande cigolio di cardini pian piano scendi verso il basso, ma sempre più lentamente”.
“Prima o poi arrivo in fondo”.
“Dal punto di vista fisico, in una situazione reale, prima o poi ci arrivi. Nel nostro modello matematico la tua velocità diminuisce sempre di più man mano che scendi, in modo tale che ti ci vorrebbe un tempo infinito per arrivare in basso”.
“Ah”.
“Ora provo a farti vedere un disegno: sull'asse orizzontale metto il tempo, sull'asse verticale invece metto l'angolo che l'altalena forma con una immaginaria retta verticale che rappresenta la condizione di riposo”.
“Uh, tutto qua?”.
“Eh, sì, un'altalena arrugginita non è tanto divertente”.
“Cosa rappresentano i numeri sugli assi?”.
“Niente di speciale, immagina delle unità di misura arbitrarie, scelte per comodità. Quello che conta è che la posizione dell'altalena si avvicina molto lentamente allo zero”.
“E più si avvicina, più è lenta, giusto?”.
“Esatto, è proprio così, questo è quello che dice l'equazione differenziale. Più sei vicino alla posizione verticale, più sei lento negli spostamenti”.
“Ho capito. Ma questo è uno solo dei tre casi, vero?”.
“Sì, è quello che viene detto moto aperiodico smorzato, o sovrasmorzato”.
“In pratica, c'è troppo attrito, niente oscillazioni”.
“Esatto”.
“E gli altri due casi?”.
“Li vediamo la prossima volta”.
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