A volte si ha l'impressione che esistano collegamenti nascosti tra ognuno di noi, che aspettano solo di essere portati alla luce. Questa è una di quelle volte.
Modena è terra di motori, di maiali, di buona cucina, di ciliegie, di parmigiano reggiano, di aceto balsamico. Parliamo dell'aceto.
La consorteria dell'aceto balsamico tradizionale di Modena nasce nel 1967 a Spilamberto, in provincia di Modena, grazie al fratello di mia nonna (io lo chiamavo zio). L'aceto matura all'interno di botti di legno, che la traduzione vuole fabbricate con legni degli antichi domini estensi (castagno, rovere, gelso, frassino, ciliegio e ginepro).
Io insegno in una scuola superiore che ha un indirizzo chimico: da qualche anno siamo in contatto con il consorzio dell'aceto balsamico allo scopo di far fare agli studenti analisi su campioni di aceto; dovremmo avviare, prima o poi, una nostra acetaia.
Siamo in periodo di esami, e gli studenti (almeno quelli un po' responsabili) stanno scrivendo le loro tesine d'esame. Uno di loro ha scelto come argomento proprio l'aceto balsamico. Uno dei suoi prof di chimica gli ha dato un libro che parla in modo approfondito della gestione di una acetaia; così approfondito che, pur non essendo un libro di matematica, il testo riesce a citare anche il calcolo integrale, a proposito del calcolo del volume di una botte. Lo studente ha chiesto lumi al prof di chimica, il quale l'ha mandato da me.
Il libro dice che per calcolare il volume di una botte si può usare il calcolo integrale, utilizzando la formula che permette di trovare il volume di un solido di rotazione: il calcolo non è difficile, ma il libro non è stato scritto da un matematico, e alcune definizioni vanno un po' interpretate.
Il libro elenca due casi: le doghe potrebbero essere curvate secondo un profilo parabolico, e in questo caso l'integrale si risolve abbastanza facilmente. Con un po' di calcoli abbiamo ricostruito tutti i passaggi mancanti nel libro, e verificato la formula indicata. Poi siamo passati al secondo caso: le doghe potrebbero essere curvate secondo un profilo circolare. In questo caso si ottengono dei calcoli complicatissimi: ci si riesce, ma la formula risultante è lunghissima, e comunque non è quella riportata dal libro (per chi vuole provare: il problema è dovuto al fatto che il centro della circonferenza che contiene le doghe non sta sull'asse della botte).
Allora mi sono messo a cercare un po' in giro, e ho pensato che probabilmente il libro dello studente faceva un errore: chiamava circonferenza ciò che, in effetti, era un'ellisse. Se si rifanno i calcoli con un profilo ellittico (ellisse con centro sull'asse della botte, questa volta) allora risulta una formulina semplice che dovrebbe essere quella riportata dal libro (appena rivedo lo studente, verifico).
Il bello di tutto ciò, però, è la storia che sta dietro al calcolo del volume di una botte. E questa storia ci porta a Keplero. Di lui Goethe ha scritto: quando si confronta la storia della vita di Keplero con ciò che egli è diventato e con ciò che ha ottenuto, si rimane allo stesso tempo felicemente stupiti e convinti del fatto che il vero genio è in grado di superare ogni ostacolo. Il destino è stato crudele con il nostro astronomo: dovette sopportare povertà, privazioni, malattie, e la morte delle persone care. Si sposò il 27 aprile 1597 con Barbara Müller, dalla quale ebbe cinque figli, i primi due morti nella prima infanzia. Nel 1611 gli altri tre figli contrassero il vaiolo, e uno di loro morì. Poco dopo morì anche la moglie.
Trasferitosi a Linz, in Austria, conobbe quella che sarebbe presto diventata la sua seconda moglie, Susanna Reuttinger. Nell'autunno del 1613 ci fu un raccolto molto favorevole di uva, grazie al quale il vino venne venduto a prezzo modico. Keplero ne ordinò alcune botti in vista dell'imminente festa di nozze, botti che vennero subito recapitate a casa sua. Quattro giorni dopo il venditore gli fece visita, e misurò il volume di ognuna di esse. Keplero rimase sconcertato: il venditore utilizzava un regolo di rame che infilava nell'apertura superiore di ogni botte, lo faceva scendere obliquamente fino a toccare il fondo, e misurava così la capacità, senza tener conto minimamente della forma dei contenitori.
Subito dopo il matrimonio, Keplero decise di inaugurare un nuovo campo di studio: le leggi geometriche che regolano il calcolo dei volumi, allo scopo di chiarirne le basi (se queste basi esistono). E fu così che vennero gettate le fondamenta del calcolo differenziale e integrale.
Lo studio dei volumi delle botti si concretizzò poi nel libro Nova stereometria doliorum vinariorum, pubblicato nel 1615; nel teorema V della seconda parte, si legge il seguente teorema: fra tutti i cilindri aventi la stessa diagonale, quello avente capacità maggiore è quello per il quale il rapporto tra il diametro di base e l'altezza è uguale alla radice di due.
Le botti austriache non erano proprio cilindriche, ma grosso modo avevano le dimensioni giuste (al contrario di quelle tedesche, più sottili e più alte). Perciò, concluse Keplero, il venditore di vino austriaco non l'aveva imbrogliato, perché la forma delle sue botti era quasi giusta. Quel quasi non dava troppo fastidio, perché vicino a un massimo i decrementi, da ambo i lati, sono praticamente impercettibili.
Alla faccia di Newton e Leibniz.
10 commenti:
Oh, vino! Qualcuno prima o poi canterà le tue lodi per quanto hai fatto per la matematica!
prosit :-)
è bellissimo questo post :-)
Merito di Keplero :-)
Interessante e davvero divertente questo post, complimenti!
MA mi puo spiegare come mai il vino viene messe in contenitori come le botti e non in prismi??
Grazie e ciao
Uh, non saprei. Forse per farle rotolare?
Non mi sembra .non c'è una relazione con la massima superficie di contatto??
O qualcosa con il volulme??
Grazie zar e ciao
Non so davvero...
...è lo stesso problema di perchè le pentole sono a forma cilindrica e non cubica a prisma...
Grazie e ciao
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