lunedì 7 giugno 2010

Dalla mela agli spaghetti

Un pomeriggio di tanti anni fa il signor Newton se ne stava tranquillo sotto a un melo a farsi una pennichella. A un certo punto una mela gli cadde sulla testa, svegliandolo di soprassalto.

“Ma tu guarda”, si disse Isacco un po' contrariato, “la mela si è diretta verso la mia testa, ma anche la terra si è diretta verso la mela. E io ci sono proprio in mezzo”. Questa, in termini non del tutto rigorosi, è stata la prima formulazione della legge di gravitazione universale, che afferma che tra due corpi si manifesta sempre una forza proporzionale alle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza.

“Mo'c lavòr”, pensò Newton, che era di origine modenese da parte di madre, “questa faccenda dell'inverso del quadrato mi pare singolare. Chissà perché proprio il quadrato. E se fosse un due virgola qualcosina? O un uno e novantanove e rotti?”. Ma dato che i fisici son fisici, e non possono dimostrare niente, Newton si limitò a congetturare che le cose stessero così e provò a tirare qualche conseguenza.

“Vemmò, Galileo non è stato mica tanto preciso”, capì ben presto Isacco, “lui pensava che i corpi in caduta libera descrivessero delle parabole, invece no, sono ellissi”. Isacco però era uno onesto, e non voleva mica denigrare Galileo. Aveva capito che la descrizione del moto parabolico di Galileo era una approssimazione, dovuta all'aver immaginato la terra piatta e la forza di gravità perpendicolare al terreno. In effetti distinguere una parabola da un'ellisse non è mica tanto facile, bisognerebbe poter vedere fino all'infinito: l'ellisse prima o poi si chiude, la parabola non si chiude mai (neanche l'iperbole, ma lasciamo stare).

“Ma allora”, continuò ragionando Isacco, “se io, per dire, mi metto a correre molto veloce, ma molto molto veloce, potrei a un certo punto raggiungere una velocità che mi permette di orbitare intorno alla terra. E in quel caso disegnerei una bella ellisse. O, come caso particolare, una circonferenza. Se vado fortissimo, a un certo punto la mia ellisse non si chiuderà più, e avrò una parabola. Se vado a canna, una iperbole”. Newton era uno preciso.

“E in questo mio orbitare intorno alla terra, io sarei come in una continua caduta libera, e non sentirei più il mio peso. Togo!”. Si faceva anche molti viaggi mentali, bisogna dire.

“Però, un momento… Questa faccenda dell'inverso del quadrato non mi convince. Cioè, mettiamo che io corra veloce e mi metta in orbita intorno alla terra. Mettiamo anche che i miei piedi siano diretti verso il centro della terra, e la linea che congiunge la mia testa coi miei piedi passi sempre per quel centro. Io non sono mica un oggetto puntiforme, come dicono sempre i filosofi naturali”. Che erano poi i fisici, ma si facevano belli chiamandosi così.

Newton si mise allora a fare dei calcoli. Una persona che orbita intorno alla terra si trova sì in continua caduta libera, e non sente la forza di gravità, però i suoi piedi e la sua testa sono a distanze diverse dal centro della terra. Quindi, volendo essere pignoli, la forza esercitata sui piedi è diversa da quella esercitata sulla testa. Volendo essere molto pignoli, quella persona dovrebbe sentire questa differenza tra le due forze come un leggero allungamento.

Facciamo un po' di conti.

Supponiamo che la persona orbiti a una distanza dal centro della terra pari a quella a cui si trova la stazione spaziale internazionale: circa 6700 chilometri (distanza pari al raggio della terra più 350 chilometri). Supponiamo che questa persona sia alta 165 centimetri e pesi 65 chilogrammi (ogni battuta sui diversamente alti sarà cestinata senza pietà).

La differenza tra la forza applicata ai suoi piedi e quella applicata alla sua testa sarà dell'ordine di pochi decimillesimi di Newton. Naturalmente Newton non chiamava Newton l'unità di misura della forza, ma capiva anche lui che questa differenza era trascurabile.

“Bene”, concluse Isacco, “possiamo classificare queste pignolerie con il termine tecnico che noi filosofi naturali modenesi utilizziamo di solito in questi casi: menate. Andiamo avanti”. E passò a calcolare lo stesso tipo di forza utilizzando due corpi diversi: la terra e il sole. E scoprì così la forza di marea.

Lasciamo passare un po' di tempo, e arriviamo al 1976, dove incontriamo un altro scienziato: anche lui di nome Isaac, ma di cognome faceva Asimov. Asimov è stato un professore universitario di biochimica, ed è quindi corretto considerarlo un uomo di scienza. Tutti però lo conoscono come scrittore di fantascienza.

King Armstrong, editor della rivista Bell Telephone, durante un pranzo di lavoro gli domandò di scrivere un racconto di fantascienza che parlasse del futuro delle telecomunicazioni. Asimov rispose che avrebbe trovato una trama adatta prima della fine del pasto, e così fu. La storia si intitola Old Fashioned (Sistema antiquato, in italiano) e racconta di due minatori spaziali che si trovano ad orbitare intorno ad un buco nero non segnato sulle carte. Il vero protagonista della storia è l'effetto marea che, questa volta, non è trascurabile come nel caso del sistema astronauta-terra.

Già, questa volta l'effetto marea è notevole, dato che un buco nero è un oggetto molto diverso dalla terra: la sua densità è molto più alta. Ora, dato che un buco nero nessuno l'ha mai visto, proviamo a fare i calcoli con un oggetto un po' meno esotico: una stella di neutroni. Queste stelle hanno un diametro dell'ordine della decina di chilometri, ma una massa simile a quella del Sole. Questo significa che una ipotetica astronave (che supponiamo schermata da ogni tipo di radiazione letale) può orbitarle molto vicino, più di quanto potrebbe fare con il Sole, per esempio. E in questo caso l'inverso del quadrato si fa sentire: mentre nel caso della stazione spaziale internazionale orbitante intorno alla terra le distanze erano dell'ordine delle migliaia di chilometri, qua parliamo di decine o centinaia di chilometri. Elevando al quadrato, le differenze si amplificano ulteriormente (se la distanza si dimezza, la forza di marea diventa otto volte più grande). Se proviamo a fare i calcoli, scopriamo che ora la forza di marea esercitata sull'astronauta potrebbe facilmente arrivare alle centinaia di migliaia di Newton. Gli astronauti del bel racconto di Asimov sono ancora a distanza di sicurezza, nel senso che sono ancora vivi, ma l'astronave è danneggiata; non vado oltre per non rovinare la lettura; se avete voglia di leggere il racconto, si trova nell'Antologia del Bicentenario.

Arriviamo infine a un altro scienzato, l'ultimo della nostra storia: Stephen Hawking. Nel suo libro del 1988, A Brief History of Time, descrivendo la triste sorte di un astronauta che si avvicina troppo all'orizzonte degli eventi di un buco nero conia un nuovo termine, che è molto chiaro ed evocativo: spaghettification.

I fisici saranno anche un po' approssimativi in matematica, ma nessuno li supera quando si tratta di trovare nomi appropriati.

10 commenti:

peppe ha detto...

ben detto!

Guzman ha detto...

Bellissimo post!

Sul libro di Arnold, di cui parlavi l'altro giorno, se non sbaglio c'è una dimostrazione molto pulita del perché nella legge di gravitazione universale l'esponente della distanza debba essere necessariamente 2 e non, per esempio, 2 e qualcosina.
La questione, se ben ricordo, è che si può dimostrare che 2 è l'unico esponente che fa sì che esistano orbite chiuse come quelle che si osservano.
Con qualunque altro esponente tutte le orbite sarebbero aperte ed i satelliti fuggirebbero dalla terra o vi cadrebbero sopra.

ciao,
guzman.

Unknown ha detto...

Mi scuso se scrivo qui, ma non ho trovato un tuo contatto mail...
Volevo chiederti se posso citarti ed inserire il primo dei dialoghi che hai scritto sull'aritmetica dell'orologio nella mia tesi. Se preferisci parlarne meglio posso lasciarti il mio indirizzo mail, dimmi tu. Per ora grazie

zar ha detto...

Cita, cita.

Unknown ha detto...

Grazie mille!
Ma posso avere ed inserire anche il tuo nome e i tuoi titoli o preferisci che indichi solamente il link del blog?

zar ha detto...

Allora, facciamo così: scrivimi un tuo indirizzo email a M8R-folirg chiocciola mailinator.com: è un indirizzo usa e getta che posso leggere solo io, quindi la tua email è al sicuro.

Marco Fulvio Barozzi ha detto...

Ottimo articolo. Non sapevo che Newton fosse modenese: a me risultava di Vignola.

zar ha detto...

Modena, Vignola, siamo lì...

pabell ha detto...

Occhio: la stazione spaziale internazionale sta a 350 km dalla superficie terrestre, non dal centro della terra (che e' circa 6000 km piu' in giu'...)

zar ha detto...

Uh, sì, ne ho tenuto conto facendo i calcoli, ma ho scritto male. Correggo, grazie.