“Sì, varie volte”.
“Bene. Ne riparliamo ancora, ponendo l'accento su un particolare”.
“Quale?”.
“Finora avevamo ragionato sui postulati: abbiamo detto che se scambiamo la parola punto con la parola retta, otteniamo un altro postulato. Per esempio, il postulato che afferma che per due punti passa una sola retta diventa il postulato che afferma che due rette si intersecano in un solo punto”.
“Certo, ricordo”.
“Bene, ora ti mostro un'altra conseguenza di questa dualità: nei modelli di geometrie finite che abbiamo considerato, possiamo scambiare i punti con le rette e viceversa e otteniamo ancora modelli di geometrie finite”.
“Ma come facciamo a scambiare i punti con le rette? Sono diversi, non li possiamo mica disegnare allo stesso modo”.
“Eh, no, non li devi disegnare allo stesso modo. Ti faccio un esempio, prendendo un piano proiettivo con pochi punti, per comodità. Ricordi il primo esempio che abbiamo visto? Il piano con con sette punti e sette rette?”.
“Sì, quello a triangolo”.
“Quello. Lo ridisegno, cambiando un po' i nomi dei punti: metto dei numeri”.
“Vedo. Ma come facciamo a dire che quei punti diventano rette, e quelle rette diventano punti? Non capisco”.
“Non è difficile, una volta capito il meccanismo. Prendiamo per esempio i tre punti etichettati con 1, 2 e 3”.
“Quelli rossi che stanno sulla retta di sinistra”.
“Esatto. Allora trasformo quella retta in un punto, che chiamo 123. Lo disegno in blu, per ricordare la sua precedente natura di retta”.
“Ah”.
“In questo piano proiettivo tutte le rette contengono tre punti, giusto?”.
“Vero”.
“E allora per ogni terna di punti abbiamo una retta a cui assegniamo un nome formato dai nomi dei tre punti”.
“Mh. Ma come li disegno questi punti? Sono collegati da rette?”.
“Certo: prendi per esempio il punto 1, che dovrà diventare una retta. A quali rette appartiene?”.
“Uhm, il punto 1 sta su tre rette: quella che passa per 1, naturalmente, e poi per 2 e per 3; quella che passa per 1, 4 e 5, e quella che passa per 1, 6 e 7”.
“Bene, per dualità allora la retta 1 contiene tre punti: 123, 145 e 167”.
“Ahh, quindi nel mio disegno collego quei punti con una retta. Questa dovrebbe essere la retta che si chiama 1”.
“Esatto”.
“Ora credo di aver capito: i punti vengono etichettati con tre numeri, e le rette con un numero solo”.
“Proprio così. Se prima potevamo dire che per il punto 1 passano tre rette, e cioè la 123, la 145 e la 167, ora possiamo dire che la retta 1 contiene tre punti, e cioè 123, 145 e 167”.
“Bellissimo, ecco il disegno completo”.
“Ottimo, ora hai capito”.
“E cosa ce ne facciamo di questa dualità?”.
“Ci serve per capire meglio un gioco di carte”.
“Oh, finalmente un gioco”.
“Esiste un gioco da tavolo, che si chiama Dobble, formato da un mazzo di carte contenenti vari simboli, con questa caratteristica: comunque prendi due carte, queste hanno sempre un solo simbolo in comune”.
“Uh? È possibile? Saranno due o tre carte e, boh, pochi simboli, no?”.
“No, no, sono tante, e anche i simboli sono tanti”.
“Ma com'è possibile? Sempre un solo simbolo in comune? Non succede mai che ce ne siano due o che non ce ne sia nemmeno uno?”.
“Mai”.
“Mi sembra incredibile”.
“Eppure ci hai lavorato fino a poco fa”.
“Eh?”.
“Certo: guarda qua”.
- Due rette si intersecano in un unico punto
- Per due punti passa una sola retta
- Due carte hanno un unico simbolo in comune
“Oh”.
“Eh”.
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