lunedì 15 dicembre 2014

Complesse rotazioni

“Ma quindi come si risolveva il problema del tesoro nascosto? Cosa c'entrano i numeri complessi?”.

“Eh, coi numeri complessi si può risolvere il gioco in modo molto elegante”.

“Ma perché proprio i numeri complessi? Mi sembra un problema di geometria”.

“Certo, e proprio per questo i numeri complessi sono utili”.

“Ma se non c'entrano niente con la geometria!”.

“Qui ti sbagli, c'entrano eccome. Per capire il perché bisogna fare un passo indietro, ai numeri negativi”.

“Tipo −1, −2, −3?”.

“Sì. A dir la verità, ci basta −1. ”.

“Boh, continuo a non capire cosa c'entri la geometria”.

“Prendi un numero qualsiasi, positivo. Per esempio 3”.

“Va bene. Che ci faccio?”.

“Rappresentalo su una retta”.

“E fin qua è facile”.

“Ora moltiplicalo per −1”.

“Diventa −3”.

“Bene, ora ti faccio un disegno”.



“Bè? Cosa vuoi dire? Che c'entra la geometria perché moltiplicando per −1 hai spostato un punto da una parte a quell'altra? Mi sembra banale”.

“Diciamo, più precisamente, che ho ruotato il segmento che va da 0 a 3 e l'ho sovrapposto a quello che va da 0 a −3”.

“Possiamo dire che moltiplicare per −1 è come fare una rotazione di 180 gradi?”.

“In senso antiorario, sì”.

“Volendo anche in senso orario, se giri dall'altra parte ottieni sempre −3”.

“Certo. Siccome dobbiamo decidere un verso, diciamo che scegliamo quello antiorario”.

“Perché dobbiamo decidere?”.

“Perché tra un po' dovremo essere più precisi”.

“Va bene. Ancora non vedo numeri complessi, però”.

“Adesso arrivano, porta pazienza. Fino ad ora abbiamo trasformato una moltiplicazione per un numero particolare in una rotazione”.

“Sì, −1 fa ruotare di 180 gradi”.

“Bene. Ora ci chiediamo: quale numero produrrà una rotazione di 90 gradi?”.

“Cioè metà dell'angolo generato da −1. Mi sembra facile, −1/2”.

“Troppo facile, infatti. Ricordati che l'operazione che ha prodotto la rotazione è una moltiplicazione, e tieni presente che ci piacerebbe mantenere tutte le proprietà delle operazioni. Quindi, se moltiplicare per −1/2 potesse tradursi in una rotazione di 90 gradi, vorrebbe dire che moltiplicare per due volte per −1/2 ci dovrebbe portare a una rotazione di 180 gradi. Ma non è così”.

“Non è così perché moltiplicare due volte per −1/2 significa moltiplicare per 1/4, vero?”.

“Certo”.

“Ma allora dovremmo trovare un numero che moltiplicato per sé stesso due volte sia uguale a −1. Ma non esiste!”.

“Eh”.

“E poi, ora che ci penso, una rotazione di 90 gradi non avrebbe nemmeno senso! Non c'è niente a metà via, se ruoti solo di 90 gradi non ruoti il segmento in modo da sovrapporlo alla retta dei numeri”.

“Molto bene, questo è un altro problema, che in realtà ci fa fare un passo avanti verso la soluzione”.

“Quindi stiamo cercando un numero che non esiste che produce una rotazione di un segmento che rappresenta un numero in una zona in cui non ci sono numeri”.

“Perfetto”.

“Vabbé, mi piacerebbe sapere come i Veri Matematici possano aver risolto questo problema non risolubile”.

“Fanno come il capitano Kirk (l'unico, quello vero) con il test Kobayashi Maru: cambiano le regole”.

“Rimango senza parole”.

“Il numero che moltiplicato per sé stesso due volte dà come risultato −1 non c'è? Bene, lo inventiamo (o lo scopriamo, c'è sempre stato ma non ce ne siamo ancora accorti)”.

“Secondo te c'è sempre stato, naturalmente”.

“Naturalmente”.

“E come se la cavano i Veri Matematici col fatto che ruotando di 90 gradi si arriva in una zona senza numeri?”.

“Semplice: riempiono anche quella zona di numeri”.

“Ovvio, come ho fatto a non pensarci prima?”.

“Definiamo quindi un nuovo numero che chiamiamo i e che ha questa proprietà: ruota i segmenti di 90 gradi in senso antiorario. O, se vogliamo stare fuori dalla geometria, tale che il suo quadrato sia uguale a −1”.

“Un numero che non esiste”.

“Se vuoi. Adesso comunque esiste”.

“E perché proprio i?”.

“Iniziale di immaginario”.

“Mi prendi in giro?”.

“No, no, è proprio così che lo chiamano i Veri Matematici. Questo i è l'unità immaginaria”.

“Come unità? Vuoi dire che ce ne sono altri?”.

“Ovviamente. Cosa ci impedisce di fare + i?”.

“Che farebbe 2i?”.

“Già. O anche + 1”.

“E quanto fa?”.

+ 1”.

“Continuo a pensare che tu mi stia prendendo in giro”.

“No, le cose stanno davvero così. Se ammettiamo l'esistenza di i, e se vogliamo continuare a servirci delle proprietà di cui godono di solito i numeri, dobbiamo anche ammettere l'esistenza di un'infinità di nuovi numeri, formati sommando i vecchi numeri reali con i nuovi numeri immaginari. Qualcosa del tipo + ib, con a e b reali”.

“Bleah. E come li chiamiamo, questi numeri?”.

“Numeri complessi”.

“Ma dai”.

“Non è uno scherzo, si chiamano proprio così. E possiamo anche rappresentarli su un piano in maniera molto facile: il numero + ib corrisponde al punto di coordinate (a,b). Ti faccio notare che in questo modo risolviamo anche il problema di non avere numeri al di fuori della retta: adesso ci possiamo riempire un intero piano. Ma non stiamo a fare la solita trattazione che si fa a scuola e che tu conosci già”.

“Certo, no, non facciamola, so già tutto”.

“Bene”.

“STAVO SCHERZANDO”.

“Ah, eh, ecco. Ma va bene lo stesso, non ci interessa davvero ora ripercorrere tutta la storia. Vorrei concentrarmi su un aspetto, quello delle rotazioni. Usando i numeri complessi possiamo riempire tutto il piano, e possiamo anche definire l'unità immaginaria i in modo alternativo, cioè non come si fa di solito a scuola. Possiamo dire che ogni numero complesso, oltre a essere associato a un punto del piano di coordinate (a,b), è anche associato a un vettore che parte dall'origine e arriva in (a,b)”.

“Fin qua posso essere d'accordo, invece di disegnare un punto posso disegnare tranquillamente una freccia”.



“Bene, quindi hai capito che punti del piano, numeri complessi e vettori sono tre aspetti dello stesso ente”.

“Diciamo di sì”.

“Perfetto, allora i sarebbe quell'unico numero che moltiplicato per un vettore lo fa ruotare di 90 gradi in senso antiorario”.

“Ma come fa un numero a fare ruotare un vettore?”.

“Lo fa così come il numero −1 fa ruotare di 180 gradi un numero reale, cioè un vettore orizzontale”.

“Ma il numero −1 fa ruotare i vettori perché è così che funzionano le operazioni!”.

“Benissimo, e qui noi facciamo il contrario. Definiamo le operazioni tra i numeri complessi in modo tale che funzionino come le rotazioni, e siamo a posto”.

“Ma… ma… ma si può? Ma non è come barare? Davvero i Veri Matematici fanno così?”.

“I Veri Matematici fanno un po' quello che vogliono. Se scoprono che le cose funzionano, sono felici e pubblicano i loro risultati, dopo averli ripuliti e circondati da un'aura di mistero. Se invece le cose non funzionano, buttano via tutto e non dicono niente a nessuno. Storicamente i numeri complessi non sono nati così come ti sto raccontando: hanno avuto un'altra origine. È una storia nota: provando a risolvere le equazioni di terzo grado si è visto che se si usavano questi numeri di cui nessuno conosceva il significato (e di cui molti dubitavano pure l'esistenza), le cose funzionavano meglio. Poi è successo che studiando le operazioni tra i vettori nello spazio altri Veri Matematici hanno scoperto altri numeri, che sono poi stati chiamati quaternioni, che rappresentavano molto bene i rapporti tra vettori nello spazio. Prendere un vettore e moltiplicarlo per un quaternione significa allungarlo o accorciarlo e ruotarlo nello spazio. La cosa meravigliosa è che poi, se si studiano le stesse operazioni tra vettori nel piano, i quaternioni in un certo senso si semplificano e diventano i numeri complessi. E allora, volendo, i numeri complessi si potrebbero ridefinire non seguendo la strada classica, ma come quozienti tra vettori nel piano. In generale, quindi, moltiplicare un vettore per un numero complesso significa allungarlo (o accorciarlo, o anche lasciarlo così com'è, naturalmente) e ruotarlo”.

“Che roba. Ho capito una parola ogni dieci, ma mi sembra di intuire che ci siano due modi diversi per vedere le stesse cose, e questo ti fa andare in brodo di giuggiole, vero?”.

“Sì, lo confesso. Aver studiato i numeri complessi a scuola, dove i era la famosa radice di meno uno, e aver rivisto tutta la loro costruzione a partire dal rapporto tra due vettori, mi ha entusiasmato”.

“Mah. E questi numeri complessi servono poi per risolvere il problema del tesoro?”.

“Anche, sì. Ma prima di farlo, se ti interessa questo modo alternativo di definire i numeri complessi, e se vuoi anche sapere qualcosa anche sui quaternioni, ti consiglio di dare un'occhiata a uno dei libri di Giorgio Goldoni. Fa parte della collana Il professor Apotema insegna…, e si intitola proprio I numeri complessi del piano e dello spazio”.




“Ah, un altro libro della collana, bello!”.

“Sì. La prossima volta parliamo poi del problema del tesoro”.

8 commenti:

Labadal ha detto...

Posso dire che il sito web di "il mio libro" e' particolarmente fastidioso da usare e non intuitivo?
Sto cercando di comprare il libro ma vengo continuamente rimbalzato alla pagina di login abbia gia' provveduto a fornire le mie credenziali.

Anonimo ha detto...

Mi stai dicendo che Goldoni non ha ancora trovato una casa edistrice che lo pubblica ed è disponibile solo la versione cartacea in autopubblicazione su ilmiolibro?

.mau. ha detto...

non sono (troppo) d'accordo. È vero che i numeri immaginari sono nati in tutt'altro contesto, ma la loro interpretazione geometrica è già esplicita nel piano di Argand e nelle formule di Gauss, e Hamilton ha creato apposta i quaternioni per poter fare le trasformazioni in tre dimensioni.

zar ha detto...

@labadal: puoi dirlo, speriamo che qualcuno rimedi

@ilcomizietto: eh, già, purtroppo è così

@.mau.: parlavo delle origini, sì, non sono nati con quello scopo, l'interpretazione geometrica è venuta dopo. E da quella sono nati i quaternioni. Forse l'ho scritto male.

eriadan ha detto...

Centra di striscio con i numeri complessi ma ricordo che, all'università, io e un mio amico , poche lezioni dopo aver appreso i complessi, avevamo introdotto i numeri problematici e l'unità perplessa "p" . La proprietà di "p" era che assumeva contemporaneamente un valore +1 e -1. Quindi 3p era contemporaneamente un +3 e un -3.
La cosa scema era che una qualsiasi funzione applicata al campo dei perplessi perdeva la sua proprietà base per cui per ogni X esiste un solo Y in quanto per ogni X appartenente ai perplessi, esistevano due Y associati nei reali

zar ha detto...

:-)

Labadal ha detto...

Scusate se torno sull'argomento ma qualcuno ha effettivamente provato a comprare il libro dal sito?

Ho scritto al webmaster e mi ha detto che hanno risolto il problema. Tuttavia io continuo a entrare nel loop infinito di login, aggiungi al carrello, checkout, login, aggiungi al carrello...

zar ha detto...

Mah, io l'ho fatto a suo tempo quando è uscito il libro, e ci sono riuscito senza problemi. Non so che dire.