“Il quarto canto dell'Inferno è il tristissimo canto del limbo”.
“Tristissimo?”.
“Sì, è il canto dell'ingiustizia e della speranza che non si avvera mai. Ci sono i bambini morti prima del battesimo, i giusti che non hanno conosciuto Dio: non sono dannati, ma nemmeno possono andare in Paradiso”.
“Poveretti”.
“E Dante è consapevole di questa ingiustizia:”.
Gran duol mi prese al cor quando lo ’ntesi,
però che gente di molto valore
conobbi che ’n quel limbo eran sospesi.
“Vedo”.
“E in questo canto si parla poco di scienza ma molto di scienziati, se vogliamo continuare usare un linguaggio moderno”.
“Ti riferisci alla gente di molto valore?”.
“Sì: questo canto contiene un lungo elenco di nomi. Sono tutti i sapienti che non hanno conosciuto Dio ma che non meritano l'Inferno. Se non ho sbagliato i conti, ho trovato trentanove nomi. Anzi, trentotto espliciti e uno sottinteso”.
“Ah. Chi?”.
“Senti qua:”.
Poi ch’innalzai un poco più le ciglia,
vidi ’l maestro di color che sanno
seder tra filosofica famiglia.
Tutti lo miran, tutti onor li fanno:
quivi vid’io Socrate e Platone,
che ’nnanzi a li altri più presso li stanno[:]
“Il maestro di color che sanno”.
“Lui: Aristotele”.
“Molto bene. E oltre a Aristotele, Socrate e Platone, sono citati altri filosofi?”.
“Sì, certo, ma non solo filosofi. I sapienti, qui, non vengono divisi per discipline: non ci sono discipline nobili e discipline meno nobili, Veri Matematici e ingegneri”.
“Eccoci”.
“Le discipline hanno tutte uguale dignità: c'è Euclide, e c'è Saladino; ci sono Ettore e Cesare, e ci sono delle donne”.
“Uh, niente male”.
“Anche se sono quasi tutte figure mitologiche, nessuna vera scienziata. Comunque, se vogliamo proprio cercare un qualche riferimento matematico o scientifico, abbiamo solo la descrizione del luogo abitato da queste anime nobili:”.
Venimmo al piè d’un nobile castello,
sette volte cerchiato d’alte mura,
difeso intorno d’un bel fiumicello.
Questo passammo come terra dura;
per sette porte intrai con questi savi:
giugnemmo in prato di fresca verdura.
“Un castello”.
“Con sette cerchie di mura e sette porte”.
“Perché proprio sette?”.
“Questo non è chiaro. C'è chi ha cercato riferimenti, come per esempio le sette arti liberali, le sette virtù, le sette ripartizioni della filosofia, ma non c'è una interpretazione definitiva. Forse Dante ha usato questo numero perché è bello”.
“Ma come bello?”.
“Sì, forse le mura e le porte sono sette per lo stesso motivo per cui le arti liberali sono sette, o per cui lo sono le virtù, i giorni della settimana, i colori dell'arcobaleno, i doni dello Spirito Santo, i sacramenti, le meraviglie del mondo, e si potrebbe andare avanti tanto su questa strada: sette è un bel numero”.
“Ma cosa ha di speciale, poi?”.
“Eh, è un numero primo, ma non è l'unico, e prima di lui ne ne sono altri: eppure ci piace di più quello”.
“Chissà perché”.
“Non è troppo grande, non è troppo piccolo, non è banale come il 5, chissà. Pensa se la settimana fosse lunga 11 giorni”.
“Terribile. Avrei preferito una settimana di 5 giorni”.
“Oh, sì, sarebbe bello fare festa ogni 5 giorni e non ogni 7. Potrebbe però esserci anche un'altra ragione che rende speciale il numero 7”.
“Quale?”.
“Beh, alcuni antichi sistemi di numerazione erano in base 60…”.
“Ecco un altro numero strano”.
“No, non così tanto: 60 è un numero comodo, perché ha tanti divisori. Per questo viene usato, per esempio, anche per misurare il tempo, o gli angoli: si può dividere in tanti modi in modo esatto”.
“Questo è vero, i suoi divisori sono proprio tanti: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 10, 12, 15, 20, 30, 60”.
“Già. E il primo numero che non lo è…”.
“È proprio 7! Quindi è effettivamente speciale, da un certo punto di vista”.
“Esatto. Ma se la mettiamo su questo piano, quale numero non lo è?”.
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