Fino a che mi trovavo nella mia casetta nella terra dei motori, potevo pensare che fosse un fenomeno locale, nato per chissà quale strana combinazione di eventi e destinato ad avere vita breve. Ora che, invece, mi trovo in terra di confine alla ricerca di un po' di fresco, mi rendo conto che la cosa ha portata globale.
Mio figlio, appena può, corre nel campo da calcio di fronte a casa a giocare con altri bambini provenienti anche da oltre confine (cioè dalla Toscana). E il gioco più alla moda è una roba che quando ero piccolo non esisteva: da noi si chiama
cartellino, ma non sempre, perché altri, nella stessa città, lo chiamano anche
veronica, oppure
svedese, mentre gli stranieri lo chiamano
tedesca.
Da quanto ho capito ci sono varie versioni del regolamento, direi una per ogni gruppetto di bambini che fa il gioco, ma la struttura generale è sempre quella: uno sta in porta, gli altri devono fare goal. Ma non è tanto importante il numero di reti segnate, quanto piuttosto il
come viene fatto ogni singolo goal. Un complesso sistema di regole, infatti, assegna ad ogni "figura" un punteggio variabile, che dipende da quanti palleggi al volo sono stati fatti prima di mandare la palla in rete e da quanto è difficile la figura stessa (una rovesciata vale di più di un tiro normale, per esempio).
Esistono comunque alcune costanti universali: le regole sono sempre complicate quasi quanto
quelle di
ASL, tutti i bambini conoscono almeno una versione del regolamento, tutti gli adulti non sanno di cosa si stia parlando.