“Questo?”.
“Sì, questo. Non mi convince quell'arco: rovina la simmetria”.
“Avresti preferito una circonferenza?”.
“Sarebbe stato molto più bello e simmetrico, sì”.
“In effetti, la voce su Wikipedia relativa a questo modello, che si chiama Piano di Fano, mostra la figura che piace a te”.
“E perché tu l'hai disegnata così?”.
“Per non dare l'idea che la retta che contiene i punti D, E e F sia diversa dalle altre. Se disegnassi una circonferenza, questa retta sembrerebbe chiusa, mentre le altre no”.
“E non è così?”.
“No: le sette rette sono tutte fatte allo stesso modo, cioè sono tutte insiemi che contengono tre punti: se disegnassimo chiusa quella centrale, cosa che potremmo anche fare, dovremmo chiudere anche le altre sei, e il disegno risulterebbe inutilmente complicato”.
“Ah. Quindi la chiusura avrebbe un senso? Potrei percorrere le rette in cerchio, per così dire? Potrei camminare da A verso D, poi verso C, poi di nuovo verso A?”.
“Sì, nulla lo vieterebbe”.
“Che strana geometria”.
“Possiamo farla diventare una geometria un po' meno strana, forse, dando un ruolo speciale a una delle rette. Potremmo fare come si fa nei disegni in prospettiva: la retta all'orizzonte è una retta diversa dalle altre”.
“Nel senso che non esiste?”.
“Eh, quando si parla di esistenza in questo ambito i filosofi diventano matti. La retta all'orizzonte è una retta, è addirittura una delle prime rette che vengono disegnate quando si disegna a mano. Eppure è una retta fittizia, perché nella realtà (quale realtà, poi? non quella del disegno) non c'è”.
“Argh”.
“Per esempio, immaginiamo che la retta ad arco sia la retta all'orizzonte, quella che i Veri Matematici chiamano retta impropria”.
“Ok”.
“Togliamola dal disegno, allora. E togliamo quindi anche i tre punti da cui è composta: in effetti, la retta è l'insieme di quei tre punti”.
“Va bene, mi viene un disegno del genere:”.
“Benissimo. Ora hai anche delle rette parallele”.
“Cosa? Ma come? Dove?”.
“Per esempio le rette {A, C} e {B, G}”.
“Ah. Effettivamente non si incontrano”.
“Mentre prima si incontravano in D, un punto all'orizzonte”.
“Che strano”.
“Poi anche {A, G} e {B, C} sono parallele”.
“Vero: prima si incontravano in F. Infine {C, G} e {A, B} sono ancora parallele, e prima si incontravano in E”.
“Ottimo. Ora la figura è bella simmetrica come piace a te, anche se abbiamo perso qualcosa”.
“Che cosa?”.
“La dualità non funziona più: ora ci sono 6 rette, ma solo 4 punti”.
“Ah, già”.
“Questo è quello che si chiama piano affine, dove esiste ancora il parallelismo. Se completiamo ogni retta di un piano affine con un nuovo punto, un punto improprio, che è il punto di intersezione all'infinito di due rette parallele, otteniamo il piano proiettivo, quello da cui siamo partiti”.
“E i punti impropri che aggiungiamo costituiscono poi la retta impropria, giusto?”.
“Giustissimo.”.
“Bene, credo di aver capito, anche se questa faccenda della retta all'infinito mi pare ancora molto nebulosa”.
“Dopo ti faccio un altro esempio. Prima, però, una definizione: chiamiamo piano proiettivo di ordine n una geometria che soddisfa gli assiomi per un piano proiettivo finito e che ha almeno una retta con esattamente n + 1 punti distinti incidenti con essa, con n maggiore di 1”.
“Fammi capire: cos'è cambiato rispetto a prima?”.
“Prima abbiamo dato una definizione generica, adesso aggiungiamo il concetto di ordine. Insomma, cominciamo a contare le cose”.
“Mh. Quindi l'esempio che abbiamo visto, che contiene rette con tre punti, va bene, perché se n + 1 è uguale a 3 allora n è uguale a 2, e 2 è maggiore di 1”.
“Esatto. Quello che abbiamo visto è l'esempio di piano proiettivo più piccolo che possiamo fare”.
“Niente ordine 1?”.
“No, abbiamo scartato i casi degeneri l'altra volta, ricordi?”.
“Giusto. Esiste anche un esempio di piano proiettivo di ordine 3?”.
“Sì, ma te lo faccio vedere a partire dal piano affine di ordine 3. Prima di mostro alcune rette, poi ti faccio vedere come aggiungere la retta impropria”.
“Proviamo”.
“Cominciamo da qua”.
“Aiuto”.
“Allora, cominciamo dai punti: ce ne sono nove”.
“Benissimo”.
“Poi, per capire come sono fatte le rette, inizio col dirti che ogni retta contiene tre punti”.
“Ok”.
“Le rette facili sono quelle disegnate in nero: tre orizzontali, tre verticali e due in diagonale ”.
“Ok, una diagonale ascendente e una discendente”.
“Esatto. Ora, per capire come sono fatte le altre, ho usato dei colori. La retta rossa, per esempio, contiene i tre punti A, H e F”.
“Vedo: sono sempre tre punti. Però non mi piace quell'arco”.
“Capisco, credo che questo non sia il modo più naturale di disegnare questo piano. Dovremmo immaginarci tre diagonali ascendenti, e non una, così come tre diagonali discendenti”.
“E come facciamo?”.
“Possiamo farlo in due modi. Il primo è pensare che ci troviamo su una carta geografica”.
“In che senso?”.
“Dobbiamo pensare che se usciamo da destra, nella carta geografica, rientriamo da sinistra, e viceversa”.
“Ah”.
“Così, per esempio, se parti da H, scendi verso sinistra e incontri D, poi continui ancora a sinistra e incontri C”.
“Uh, vedo. Vale per tutti i punti: è come se le diagonali più corte andassero a capo dall'altra parte”.
“Esatto. L'altro modo è quello di mettere i nove punti sulla superficie laterale di un cilindro, in modo da non avere una colonna di destra, una colonna di centro e una colonna di sinistra, ma tre colonne in posizioni indistinguibili. In questo modo ci sono tre diagonali discendenti e tre diagonali ascendenti, senza dover andare a capo”.
“Uh, bello questo metodo”.
“Ho provato a fare un disegnino con le tre diagonali discendenti: le figure tridimensionali non sono sempre belle, ma forse si capisce qualcosa: le rette sono tutte uguali. Non ho fatto le altre rette per non complicare troppo la figura”.
“Ah, ecco, vedo. Molto bene!”.
“Ora direi di riprendere il modello sul piano, per semplicità di disegno. Hai visto che ci sono tante rette parallele: in tutto dodici”.
“Sì, che hanno direzioni diverse”.
“Bene: a ognuna di esse aggiungiamo un punto all'infinito”.
“E come?”.
“Le prolunghiamo, e le facciamo incontrare. Ci sono tre rette che vanno in direzione nord-sud, tre rette in direzione est-ovest, tre che vanno da sud-ovest a nord-est, e tre che vanno da nord-ovest a sud-est.”.
“Quindi le prolunghiamo e le incurviamo un pochino?”.
“Sì, così:”.
“Santo cielo”.
“Ho dovuto rinunciare a un po' di simmetrie: come vedi, ho spostato tutti gli archi colorati da una parte, per non intralciare i prolungamenti”.
“Ah, gulp, vedo. Ma c'è molta roba in più rispetto a prima”.
“Sì, ci sono dodici prolungamenti: tre per le rette orizzontali, tre per le rette verticali, tre per quelle ascendenti verso destra, tre per quelle discendenti verso destra”.
“E ognuno dei quattro gruppi si interseca in un punto rosso”.
“Esatto, e quindi abbiamo quattro nuovi punti”.
“Che, aggiunti ai precedenti nove punti, danno un totale di tredici punti”.
“Ok”.
“Poi ci sono le rette: ne avevamo dodici, e abbiamo aggiunto quella all'infinito, quella verde”.
“Totale: tredici”.
“Ed ecco ripristinata la dualità: tredici rette, tredici punti. Ogni retta contiene quattro punti, per ogni punto passano quattro rette”.
“Devo ammettere che questa dualità è elegante. Ma questo numero di rette e punti, è un caso che sia 13?”.
“Naturalmente no”.
“Naturalmente”.
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