“…”.
“Cosa c'è?”.
“Ma tutti quanti chi? Se mai l'abbiamo imparato, l'abbiamo dimenticato il giorno dopo”.
“Uff”.
“Che poi non serve a niente”.
“Ma cosa c'entra? Da quando in qua in matematica ci mettiamo a fare cose che servono? Noi facciamo cose che ci piacciono, se poi servono sarà un problema dei fisici, degli ingegneri, di quella gente là insomma”.
“Va bene, va bene, non proseguiamo con questo discorso, mi hai già spiegato varie volte il punto di vista dei Veri Matematici. Cos'è questo binomio di Newton? Perché io l'ho dimenticato davvero, eh”.
“Ah, immagino. Il binomio di Newton sarebbe questa espressione qua: (a + b)n”.
“Tutto qua? E
“Bé, ne parliamo perché il suo calcolo ci consente di sviluppare una tecnica che poi sarà utile…”.
“Ah-ha! Allora serve a qualcosa!”.
“La matematica è come il maiale, non si butta via niente: qualcuno studia una cosa perché gli interessa, e nel farlo può scoprire un sacco di altre cose interessanti. Oggi però mi interessava farti vedere perché una cosa che in prima superiore ci è stata presentata senza motivazioni chiare funziona”.
“Ammetto che sapere perché una cosa funziona è bello, sì”.
“Oh, bene. Allora, facciamo finta di non sapere niente e proviamo a calcolare lo sviluppo di quel binomio elevato a una generica potenza n”.
“Benissimo, fare finta di non sapere niente mi riesce molto facile”.
“Se uno dovesse calcolarsi tutta l'espressione, dovrebbe tradurla in questo modo: (a + b)(a + b)(a + b)…(a + b), che è un prodotto in cui la parentesi (a + b) compare n volte”.
“E fin qua mi sembra chiaro. Ma se il numero di parentesi è generico, come facciamo a fare i calcoli?”.
“Proprio questo è il punto. Allora, quel prodotto è composto di termini ottenuti scegliendo, per ogni parentesi, una delle due lettere a oppure b”.
“Mh. In che senso scegliendo?”.
“Quando fai il calcolo davvero, devi scrivere tutti i possibili prodotti che potresti ottenere prendendo a oppure b in ogni parentesi. Meglio se ti faccio vedere un esempio: quando devi calcolare (a + b)3, facendo finta di non ricordarti la regola…”.
“Come dicevo, questo mi riesce facilissimo”.
“Ecco, appunto. Allora è come se tu dovessi svolgere questo calcolo: (a + b)(a + b)(a + b). E come lo fai?”.
“E come lo faccio? Boh, moltiplico le prime due parentesi?”.
“Scegli l'ordine che vuoi, sono tutte uguali”.
“Ah, già. Bene, se moltiplico le prime due parentesi devo moltiplicare a per a, poi a per b, poi b per a, poi b per b”.
“Esattamente: ottieni tutti i possibili monomi composti da una lettera scelta nella prima parentesi, e una nella seconda. Cioè a2, ab, ba, b2”.
“Ma ab e ba sono uguali, no?”.
“Sì, e infatti il risultato è a2 + 2ab + b2”.
“Però devo ancora moltiplicare tutto per la terza parentesi (a + b)”.
“Sì, e per farlo devi moltiplicare tutto quello che hai ottenuto poco fa prima per a e poi per b, in modo da avere:”.
- a3 — ottenuto scegliendo a in tutte e tre le parentesi
- a2b — ottenuto scegliendo a in due parentesi e b in una
- ab2 — ottenuto scegliendo a in una parentesi e b in due
- b3 — ottenuto scegliendo b in tutte e tre le parentesi
“Ok, comincio a capire. Però di termini a3 ne ho uno solo, mentre di termini a2b ne ho di più. Devo fare i conti?”.
“Non adesso: vorrei farli nel caso generale, quando hai n parentesi”.
“E come fai a fare il calcolo se non sai quanto vale n? Già con n = 3 mi sembra complicato…”.
“Tutto si basa su questa idea: devi scegliere una lettera tra a oppure b in ognuna delle parentesi. Quali combinazioni puoi avere? Quante sono quelle che si ripetono?”.
“Continua a sembrarmi difficile”.
“Vediamo il problema da un altro punto di vista: abbiamo detto che devi fare, per n volte, una scelta tra due”.
“Questo è chiaro, devo scegliere a oppure b”.
“Traduciamo questa idea in un problema diverso: devi muoverti in un labirinto, in cui ogni stanza ha due porte, una con un cartello che indica a e l'altra con un cartello che indica b”.
“Mh. E come è fatto questo labirinto?”.
“Così:”.
“Una scacchiera girata?”.
“E potenzialmente infinita. Naturalmente noi non andremo avanti all'infinito, ma ci fermeremo dopo n stanze. Si parte dall'alto e si può andare solo verso il basso. Diciamo che se scendi verso sinistra hai scelto la porta a, mentre se scendi verso destra hai scelto la porta b”.
“Ah, ok. E quindi cosa devo fare?”.
“Conti. Quante strade puoi scegliere per andare dalla casella in alto a quella con l'asterisco? Strade minime, eh, cioè senza andare avanti e indietro: puoi solo muoverti verso il basso”.
“Una sola”.
“Ok, quindi scriviamo un 1 in quella casella, per indicare che una sola strada porta lì. Metto un uno anche in quella simmetrica dall'altra parte, ok?”.
“Ok. Mi sembra tutto molto ovvio, ma vai avanti, sono sicuro che complicherai le cose molto velocemente”.
“Eh, adesso si tratta di andare avanti. Quante strade ti portano ora nella casella indicata con l'asterisco?”.
“Mi pare una, no? Devo sempre scendere scegliendo la sinistra, ho un solo modo per farlo”.
“Perfetto. E quanti modi invece per arrivare nella casella centrale, quella con la faccina?”.
“Ecco, boh? Cioè, sono due, ma mi chiedo come fare per calcolarlo quando scenderemo nelle righe di sotto”.
“Sì, il problema è scoprire il come, non il quanto. Ma non è difficile: nella casella in questione ci puoi solo arrivare dalle due caselle superiori, no?”.
“Certo, posso solo scendere andando dalla casella di sinistra verso destra, o da quella di destra verso sinistra”.
“E allora il numero di percorsi che puoi scegliere per arrivare in quella casella dipende solo dal numero di percorsi che potevi scegliere per arrivare nelle due caselle superiori”.
“Avevo un solo modo per arrivare nella casella che sta sopra a destra, un solo modo per arrivare in quella che sta sopra a sinistra, quindi adesso ho due modi!”.
“Semplicemente la somma dei modi per arrivare nelle due caselle superiori”.
“Ma allora è facile riempire le righe! Sotto avrò un solo modo per arrivare nella casella all'estrema sinistra…”.
“…che corrisponde alla scelta di a per tre volte”.
“Esatto. E anche nella casella simmetrica a destra posso mettere un 1, perché corrisponde alla scelta di tre volte b. Del resto queste caselle hanno solo una casella sopra di loro, quindi non devo sommare niente”.
“Molto bene. E per le altre due invece?”.
“Ci sono 3 modi per entrambe, dato che le caselle che stanno sopra di loro contengono un 1 e un 2”.
“Benissimo. Hai problemi a riempire le prossime righe?”.
“Direi proprio di no, eccone un po'”.
“Ottimo. Ora non dimentichiamo quello che stiamo facendo: ci stiamo muovendo in un labirinto e stiamo calcolando in quanti modi possiamo arrivare in ciascuna stanza, e però contemporaneamente stiamo anche risolvendo un problema algebrico, che è quello di contare quanti monomi del tipo arbs abbiamo nello sviluppo del binomio (a + b)n”.
“È vero, me lo stavo già dimenticando”.
“Ecco, appunto. Quindi la risposta è questa: il numero dei monomi che otterrai sarà dato dai coefficienti di un'opportuna riga di questa tabella”.
“Quale riga?”.
“Quella giusta!”.
“Ehm”.
“Quella che corrisponde alla potenza che stai calcolando, tenendo presente che la prima riga, quella con una sola casella, corrisponde a non scegliere niente, cioè alla potenza zero”.
“Ah, giusto, la prima scelta comincio a farla quando decido come scendere dalla prima alla seconda riga”.
“Esattamente. Quindi diciamo che numeriamo le righe di questa tabella a partire da 0, non da 1. E, per finire, mettiamo una cifra 1 anche nella casella più in alto, quella di partenza. Corrisponde alla potenza 0, che se evitiamo casi strani ci dà come risultato 1, appunto”.
“Oh, finalmente la tabella completa”.
“L'ultima riga che hai scritto, ad esempio, ci dice che ci sarà un solo monomio del tipo a5, mentre ce ne saranno 5 del tipo a4b,
“Quel 5 corrisponde ad aver scelto per 4 volte a e per una sola volta b, giusto. Ho capito!”.
“Molto bene. Andando avanti, avrai ancora 10 monomi del tipo a3b2, ancora 10 del tipo a2b3, 5 del tipo ab4, e infine uno solo del tipo b5”.
“Questa tabella avrà un nome, suppongo?”.
“Certo, per noi italiani è il triangolo di Tartaglia, per il resto del mondo è il triangolo di Pascal, tranne che per i cinesi, che lo conoscono come triangolo di Yanghui”.
“Che era un cinese che ha scoperto questo triangolo prima degli altri, immagino”.
“Già”.
“Come per gli spaghetti, insomma”.
“Come per gli spaghetti”.
Grazie a eslr, che sul socialino dell'amore mi ha aiutato un sacco a costruire le immagini. Se le avessi fatte a mano colorando pixel per pixel forse ci avrei messo meno tempo, ma volete mettere?
3 commenti:
A questo punto ti devo fare il mio test dell'insegnante di matematica: perché funziona la frazione generatrice dei numeri periodici?
Nella mia carriera scolastica non ne ho trovato uno che abbia risposto a questa domanda (quasi tutti, come fosse una risposta, mi hanno declamato la regola, i pochi altri mi han detto che non la ricordavano), alla fine ho fatto da me.
Sarebbe un buon post, secondo me.
ps: comunque il triangolo di Tartaglia ovviamente non si applica solo al binomio, mi ci sono imbattuto calcolando delle probabilità in un gioco (probabilmente c'è una formula che mi avrebbe fatto i calcoli in un attimo e che contiene il binomio)
Si può fare con le serie, oppure col trucchetto di moltiplicare a destra e sinistra per un opportuno numero e ricavare la frazione da un'equazione. Può andare...?
pitagora visivo
http://9gag.com/gag/aj6xAgQ
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