domenica 7 settembre 2014

Ma chi l'ha detto che meno per meno fa più?

Eh, la famosa regola del prodotto (e della divisione) dei segni dice che meno per meno fa più, ma perché è così? Perché il prodotto di due numeri negativi deve essere positivo? Perché non negativo al quadrato, per dire? (No, ok, vabbé).

Emma Castelnuovo suggeriva una presentazione, ai fanciulli alle prese per la prima volta con questa domanda, fatta utilizzando un cartoncino colorato con due colori diversi sui due lati. Facciamo blu e rosso.

Interpretiamo la moltiplicazione 2×3 come il calcolo dell'area del suddetto cartoncino rettangolare: se la base è lunga 2 e l'altezza 3, allora l'area sarà 6, e fin qua è facile. Il cartoncino ha la faccia blu verso l'alto, e diciamo che blu = positivo. Mettiamolo su un riferimento cartesiano.



Adesso immaginiamo di sostituire 2 con −2. Cosa significa, dal punto di vista geometrico?

Significa che dobbiamo girare il cartoncino, tenendo fissa l'altezza, in modo che la base ora si estenda lungo la parte negativa dell'asse delle ascisse. Il cartoncino si è capovolto, e ora presenta l'altra faccia. Rosso = negativo. Quindi −2×3 = −6, meno per più fa meno.




Ovviamente se giriamo il cartoncino lungo l'altra direzione, tenendo quindi fissa la base, otteniamo il risultato di 2×(−3), che fa ancora −6, e la proprietà commutativa è assicurata.

Infine, cosa succede se ruotiamo il cartoncino due volte, una tenendo fisso l'asse orizzontale e l'altra tenendo fisso quello verticale? Facile, il cartoncino ruota due volte, andrà a finire nel terzo quadrante, e presenterà però nuovamente la faccia blu. Ecco la magia: −2×(−3)=6, meno per meno fa più.



Ok, questo per i fanciulli. Così si capisce, e probabilmente non si dimentica. Ma un Vero Matematico cosa dice? Mica si mette a giocare coi cartoncini, no? Dov'è il rigore? E poi cosa c'entra la geometria?

Ebbene, i Veri Matematici utilizzano un principio fondamentale, quello che dice la matematica è come il maiale: non si butta via niente (in realtà loro lo chiamano principio di permanenza, o principio di Henkel (questo l'ho scoperto ieri)).

In pratica funziona così: da bambini impariamo a contare, da grandi definiamo l'insieme dei numeri naturali (in pratica rifacciamo la stessa cosa in modo complicato), poi scopriamo delle belle proprietà, ci affezioniamo e vogliamo che esse continuino a essere valide anche quando allarghiamo le nostre definizioni. Definisco i numeri negativi? Bene, però attenzione, per essi devono valere le stesse proprietà che valevano prima, eh. Anzi, se definisco cose nuove devo stare bene attento a non introdurre eccezioni alle regole che già conoscevo prima. In matematica non esiste l'eccezione che conferma la regola, proprio no.

E quindi ora consideriamo la proprietà distributiva del prodotto rispetto alla somma, quella che dice che per calcolare 2×(3 + 4) si può calcolare 2×7 oppure 2×3 + 2×4. In formule:

a×(b + c) = a×b + a×c.

Questa proprietà vale nell'insieme dei numeri naturali, e quando introduciamo i numeri interi desideriamo che essa sia ancora valida. Anzi, estendiamo le regole per questi numeri in modo che sia valida: lo facciamo proprio volontariamente, con questo scopo. E ora applichiamo la proprietà distributiva a questa espressione:

a×(− b) [immaginamo per comodità a e b positivi, senza segni nascosti]

Conosciamo naturalmente già il risultato: sarà 0, dato che − b fa 0. Cosa succede però se applichiamo la proprietà distributiva? Vediamo:

0 = a×(− b) = a×b + a×(−b).

Ma allora a×b e a×(−b) devono essere opposti, dato che il risultato è nullo. Quindi, siccome sappiamo già che a×b è positivo (questi sono i vecchi numeri naturali), allora a×(−b) deve essere negativo. Più per meno deve fare meno.

Infine, consideriamo quest'altra operazione:

a×(− b).

Anche questa deve fare 0, e anche in questo caso, applicando la proprietà distributiva, abbiamo

0 = −a×(bb) = −a×b + (−a)×(−b). Dato che i due termini finali sono opposti, e dato che sappiamo già che −a×b è negativo, è necessario che (−a)×(−b) sia positivo. E così tutto funziona bene, non si può fare altrimenti.

(Poi non dite che i numeri sono creazione della mente umana, eh)

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Insomma, se non ricordo male, ci fa comodo che Z meno lo 0 con la moltiplicazione sia un anello.

È stata una delle prime domande che feci al mio prof di mate del liceo.

zar ha detto...

Esatto, ci fa comodo. Niente eccezioni, niente casi particolari

Marco Panino ha detto...

Io non ho mai spiegato matematica, non l'ho neanche quasi mai capita, ma una volta ho detto a una ragazzetta delle medie che il più se lo può scordare, mentre il meno è come un "non" che fa invertire il segno della frase:
- sei bella
- non sei bella / sei non bella
- non sei non bella

ok, una litote ha un sapore diverso, e la cosa è degenerata velocemente ma intanto l'ho convinta :-)

Insomma, il "meno" non è la sorella sfigata del "più", ma proprio un'altra cosa.

zar ha detto...

l'importante è averla convinta :-)

Paolo Fasce ha detto...

Eccellente. Vedi il meno come un "non", quindi come un NOT di un'operazione unaria. Mi pare sia proprio così... Io la spiego così.

zar ha detto...

Sì, poi andando avanti lo si può vedere come "rotazione di 180 gradi", e ci si può allacciare alla "rotazione di 90 gradi" che si ottiene moltiplicando per l'unità immaginaria...

Anonimo ha detto...

Massì il succo è che Z2 è un campo, il resto è lasciato al lettore