sabato 2 marzo 2013

Intrecci

È dal, uhm, 1990, più o meno, che non vado a una gita viaggio di istruzione di più giorni con la scuola. Da quando quello studente, per consolare la compagna dell'altra classe, ha passato la notte nella sua camera a, appunto, consolarla. Poi è stato così signore da raccontarlo a tutti, il giorno dopo.

Domani si va in montagna, due giorni, a sciare, con poco meno di cinquanta studenti di tutte le classi. Gli altri stanno a scuola a fare autogestione assemblea di istituto. Staremo in un albergo vicino alle piste da sci, sugli Appennini, lontano dalla civiltà  Di notte ci saranno solo il freddo, la neve e i lupi: confido nel fatto che tutti saranno abbastanza stanchi da voler dormire almeno un pochino.

Nel prepararmi alla partenza mi viene in mente di quando, in prima media, andai in settimana bianca con la scuola. Settimana bianca non è un modo di dire: siamo stati via una settimana intera, con tutta la scuola, e tutti i professori. Ora, i miei ricordi si sono magari un pochino sbiaditi, la prima media l'ho fatta un po' di tempo fa, in effetti, però ricordo bene che la scuola venne chiusa, e che con noi c'erano tantissimi professori. C'era la prof di tedesco, che forse ha provato a farci un pochino di ripasso una sera, non la prima sera però, perché era domenica, c'era il Gran Premio di Formula 1, la prima gara della stagione, e c'erano delle auto di una marca nuova che facevano dei tempi incredibili, erano delle Ligier.

C'era il prof di musica, il maestro Pippo Casarini, che ogni tanto cito nei social network per anziani che frequento, perché è stato quello che ha scritto la musica della canzone Quarantaquattro Gatti, e una sera ce l'ha suonata e cantata, e poi ce ne ha fatta ascoltare un'altra, che aveva proposto allo Zecchino d'Oro, ma che non venne accettata. Si intitolava Il Pappagallo Balbuziente (o forse Il Pappagallo Giramondo, guarda cos'ho trovato), e raccontava appunto di un pappagallo che non parlava mica tanto bene, e nessuno capiva cosa dicesse, e poi alla fine si scopre che voleva dire “A sùn d'Mòdna”, cioè “sono di Modena”, in dialetto modenese. Quelli dello Zecchino d'Oro non l'hanno accettata perché c'era una frase in dialetto, e a loro non piaceva, vabbé.

Poi c'era la Viola. Per spiegare chi fosse la Viola, devo specificare che io, alle medie, andavo in una scuola che non aveva classi miste. C'erano le femmine, sì, ma stavano in altre classi, in posti lontani: altri corridoi o, addirittura, altri piani. La Viola era una famosa nella mia classe, non perché noi primini conoscessimo il concetto preciso di sesso opposto, ma perché ne parlavano i bocciati. I bocciati, in prima media, sono un gradino al di sotto di Dio, quindi son gente da ascoltare con le orecchie ben aperte. E ne parlavano perché, insomma, loro frequentavano con attenzione gli altri corridoi e gli altri piani, e compivano dettagliate analisi statistiche, e avevano notato che la Viola era una fanciulla notevolmente, come dire, sviluppata, ecco. E una volta che uno ti fa notare questo particolare, poi fai fatica a distogliere lo sguardo. O i pensieri.

E così, domani partiamo in cinquanta, ma allora eravamo ben di più, mi sa. E ancora mi chiedo come abbiano fatto i professori e il preside (o la preside? non ricordo proprio se fosse maschio o femmina, strano, perché la Viola me la ricordo bene, non era mica un maschio, no, decisamente no) a portarci tutti in montagna, a sciare, senza tanto controllo, sia di giorno che di notte, per una settimana intera. Noi stiamo via solo una notte, speriamo che non ci siano troppe fanciulle da consolare.

Facciamo così, il tasto “pubblica” lo clicco quando torno. Così, per scaramanzia.

(Ciao, Viola, chissà che fine hai fatto)



Sono tornato. Siamo tornati tutti, anche se uno in eliambulanza. Ma sta abbastanza bene. Tutto sommato, è andata bene.

E proprio mentre pensavo “è andata bene, via, posso pubblicare”, mi è arrivata la notizia della morte della moglie di un collega. Uno di quegli eventi improvvisi e inaspettati che ti sconvolgono la vita, e ti fanno pensare. E l'unica idea che posso accettare è che tutta la roba che abbiamo intorno sia davvero un enorme spreco di spazio, se non servisse a niente. E senza tante prove ontologiche, dimostrazioni logiche, analisi teologiche, vorrei poter consolare il collega, l'amico, dicendogli: “la rivedrai”.

Avevo quasi deciso di cancellare tutto, poi ho pensato che ciò che ho scritto non è del tutto fuori luogo, nonostante tutto. Si tratta solo di un breve segmento della linea di universo della mia vita, che si intreccia con tante altre linee, crea relazioni, interagisce col mondo e lo costruisce. Siamo tutti sub-creatori, siamo tutti poco meno degli angeli, ci rivedremo tutti.

2 commenti:

Rosita el Redalt ha detto...

Non ho capito la questione della Viola ... Ho sempre pensato ti fossi appassionato alla musica e ti piacesse la forma sinuosa della viola ... I punti si vista....
Quando ci rivedremo tutti ci faccio due chiacchiere: col Padrone di casa,...e con la Viola!

bibi.adrenalina ha detto...

poverina, cosa ti ha fatto di male...