Ecco, in un commento che ho scritto mentre ero via ho aggiunto un paio di righe alla discussione, e ho detto che, una volta tornato a casa, avrei provato a spiegarmi meglio. Eccomi qua.
Parliamo di forme indeterminate.
Le forme indeterminate sono tante, ma potremmo anche dire che di forme indeterminate ce n'è solo una, e in più aggiungiamo anche che non sono quello che sembrano.
Per esempio, prendiamone una:
0/0
Si tratta di una operazione che non si può fare: non si può dividere per zero, zero diviso zero non esiste, fine della discussione. È da quando abbiamo imparato la divisione alle elementari che sappiamo che non si può dividere per zero, non è che adesso le cose cambiano. Non si può dividere per zero, punto.
Qualcuno dice che l'operazione 0/0 è indeterminata, ma a me questa è una affermazione che piace poco, perché non spiega (e nemmeno fa intuire) il problema delle forme indeterminate, che sono un'altra cosa.
Le forme indeterminate sono un gioco di equilibrio, come in una bilancia a bracci uguali. Abbiamo due oggetti sui due piatti della bilancia, oggetti generalmente diversi, ognuno dei quali tenta di squilibrare la bilancia dalla sua parte. E abbiamo tre possibilità: i due oggetti sono in equilibrio, oppure il primo è più pesante, oppure è il secondo a esserlo.
Prima cosa da fissare: i due oggetti non sono numeri. Se lo fossero, faremmo direttamente il calcolo. Nel caso della forma 0/0, ad esempio, i due oggetti sono il numeratore e il denominatore. Se fossero numeri, fine del discorso: cosa dobbiamo dire di 3/2? Niente, è una frazione, fine. E di 0/3? Ancora niente di speciale, è un'altra frazione, equivalente a 0. E 3/0? Non si può fare. E 0/0? Secondo le regole della divisione, nemmeno questo si può fare.
I due oggetti, allora, non sono numeri. Cosa sono, quindi? Sono funzioni, sono oggetti dinamici che cambiano, si muovono, e cercano di tirare la bilancia dalla loro parte. Nel caso di 0/0, sono funzioni che in un punto diventano uguali a 0 (ma vicino a quel punto non lo sono, o, almeno, non lo è quella che sta al denominatore). Non chiedete cosa vuol dire vicino: la risposta può essere data in almeno due modi diversi, e entrambi richiedono di sviluppare una teoria adeguata. Lasciamo il concetto all'intuizione: se mi avvicino sempre di più a un certo punto, quelle due funzioni si avvicinano sempre di più a zero.
Che cosa succede, in una frazione, quando il numeratore si avvicina sempre di più a zero (e il denominatore sta fermo, invece — poniamolo per comodità uguale a 42)? Succede che tutta la frazione si avvicina sempre di più a zero:
42/42, 3/42, 1/42, 0.1/42, 0.00000000001/42, …
Direi che sia chiaro quello che succede. Potremmo usare questo linguaggio: se il numeratore diventa infinitesimo (e il denominatore rimane finito non infinitesimo), la frazione diventa infinitesima.
E se invece è il denominatore a diventare infinitesimo?
42/42, 42/3, 42/1, 42/0.1, 42/0.00000000001, …
Qua vediamo che la frazione diventa sempre più grande: se il denominatore diventa infinitesimo (e il numeratore rimane finito non infinitesimo), la frazione diventa infinita.
Nel primo caso abbiamo un infinitesimo al numeratore che fa pendere la bilancia a suo favore, nel secondo caso ne abbiamo uno al denominatore che fa la stessa cosa, e in entrambi i casi possiamo dire quello che succederà senza sapere nulla dei particolari infinitesimi in gioco: succede sempre la stessa cosa. Sappiamo chi vince in anticipo.
Siamo invece di fronte a una forma indeterminata quando sia il numeratore che il denominatore sono infinitesimi: in questo caso non possiamo sapere chi vince senza sapere come sono fatti i particolari infinitesimi in gioco. Potrebbe essere più pesante (cioè più veloce a diventare zero, più dotato di infinitesimalità) il numeratore, e in questo caso saremmo di fronte a una frazione che diventa infinitesima. Oppure potrebbe essere più pesante il denominatore, e allora la frazione diventerebbe infinitamente grande (positivamente o negativamente), oppure i due pesi potrebbero essere paragonabili, e in questo terzo caso la frazione si avvicinerebbe a un numero finito diverso da 0.
Esempio del terzo tipo: al numeratore abbiamo la funzione y = sin(x), la funzione seno. Al denominatore abbiamo y = x, la retta passante per l'origine e inclinata di 45 gradi.
Eccole:
Noi dobbiamo concentrarci su quello che succede quando ci si avvicina a zero, cioè all'origine degli assi cartesiani. Quello che osserviamo è che le due funzioni vanno a zero nello stesso modo: se ingrandiamo sempre di più la figura, esse diventano indistinguibili:
Chiaro, no?
Quello che succede è che il rapporto sin(x)/x, quando x diventa infinitesimo, è una frazione che ha al numeratore un infinitesimo, e al denominatore un altro infinitesimo (per gli amici, è una forma indeterminata 0/0): dato che i due infinitesimi pesano allo stesso modo sulla bilancia, il loro rapporto rimane un numero finito (e non infinitesimo). In questo caso, il rapporto si avvicina proprio a 1. Provate con un foglio elettronico se non vi fidate (come? vi viene 0.017? avete impostato x in radianti?).
Ecco, le forme indeterminate funzionano così: c'è una gara tra due funzioni che cercano di portare la bilancia dalla loro parte. Se vince una delle due, la gara avrà come risultato 0. Se vince l'altra, la gara avrà come risultato un infinito. Se sono alla pari, la gara avrà come risultato un numero che non è né 0 né infinito: un numero finito diverso da 0. In questo esempio, 1 (o 0.017, a seconda di come avete impostato la calcolatrice).
Le altre forme indeterminate, che ora vediamo velocemente, hanno alla base la stessa idea. Eccone un'altra:
∞/∞
Possiamo ragionare come prima, ma questa volta la gara è effettuata tra infiniti: quando vince il numeratore, la frazione diventa infinita, quando vince il denominatore, diventa infinitesima. Quando sono alla pari, la frazione diventa un numero finito diverso da zero. Vince l'infinito più grosso.
Ma potremmo anche non preoccuparci di questa nuova forma indeterminata, e osservare semplicemente che la frazione a/b è uguale a (1/b)/(1/a). Se a e b sono infiniti, (1/b) e (1/a) sono infinitesimi, e ricadiamo nel caso della forma 0/0.
Andiamo avanti:
+∞-∞
Questa volta la bilancia non è data dall'operazione di divisione, ma dalla sottrazione tra due quantità che vogliono diventare sempre più grandi. Se vince la prima, il risultato è un infinito positivo. Se vince la seconda, un infinito negativo. Se sono in equilibrio, un numero finito (positivo, negativo o anche zero).
(Anche questa forma si può trasformare in quella iniziale, ma l'espressione fa un po' schifo. Se la volete, eccola: a-b = ln(e-b/e-a); nell'argomento del logaritmo c'è 0/0. L'avevo detto)
Ancora:
0·∞
Qui abbiamo un prodotto tra una funzione infinitesima (e che vorrebbe, quindi, portare a 0 il risultato) e una funzione infinita (che vorrebbe fare diventare tutto infinito). Può vincere la prima, oppure la seconda, oppure potrebbero essere in equilibrio. In quest'ultimo caso si ottiene un numero finito diverso da 0. Possiamo fare ricadere questa espressione nel primo caso notando che ab = a/(1/b).
E con le quattro operazioni abbiamo finito. Passiamo alle potenze.
1∞
Qui è un po' più difficile capire quello che succede. Possiamo ragionare in questo modo: se abbiamo una potenza del tipo a42, il fatto che a voglia avvicinarsi sempre di più a 1 comporta il fatto che il risultato della potenza si avvicini anche esso a 1. Insomma, a cerca di tirare verso il basso il risultato (non troppo in basso, cioè non fino a 0, gli basta 1).
D'altra parte, se abbiamo un'esponenziale del tipo 42b, se b diventa sempre più grande allora tutto diventerà sempre più grande: b cerca di tirare verso l'alto (verso l'infinito) il risultato.
Cosa può succedere? Come al solito, di tutto. Notate che se prendo 0.42 al posto di 42 le cose cambiano un po': in quel caso b infinito cerca di fare diventare 0.42b infinitesimo, quindi b cerca di tirare verso il basso. Mentre a vorrebbe sempre andare verso 1. Dunque abbiamo tutti i possibili risultati, da 0 a infinito (non quelli negativi, perché l'esponenziale non è definita per basi negative). Una forma notevole di questo tipo è quella che dà come risultato e. Possiamo ricondurci al solito 0/0 ricordandoci che ab = e(ln a)/(1/b) (lo so).
E ora passiamo a
∞0
Si tratta di una base che vorrebbe portare a infinito il risultato, e che combatte contro un esponente che vorrebbe portare a 1 il risultato. Possiamo aspettarci di tutto anche qui (basta mettere un segno negativo all'esponente per ottenere numeri compresi tra 0 e 1). E anche in questo caso possiamo ricondurci alla prima forma indeterminata notando che ab = eb/(1/ln a).
E, infine, eccoci alla famosa
00
Qui siamo di fronte a una base che vorrebbe portare a 0 il tutto, e a un esponente che vorrebbe portare tutto a 1: anche qui può succedere di tutto e (con un cambio di segno all'esponente, tanto +0 e -0 sono la stessa cosa (storia lunga: posso avvicinarmi a 0 sia da valori negativi che da valori positivi; in altre parole, gli infinitesimi possono essere positivi o negativi)) si possono ottenere anche numeri maggiori di 1, fino a infinito.
E anche qui possiamo ricondurci alla prima forma, sempre utilizzando la trasformazione del caso precedente.
Dato che questa forma indeterminata è quella che ha dato l'origine a tutta la discussione, aggiungo un'altra considerazione. Invece di parlare di questioni di equilibrio, potremmo vedere le cose sotto un punto di vista diverso.
Abbiamo a che fare con la funzione in due variabili f(x,y) = xy, e vogliamo capire cosa succede quando sia x che y si avvicinano a 0. Il grafico di questa funzione (una superficie) è questo (preso da wikipedia):
Ecco, qui si vede bene che il risultato può cambiare, dipende solo da come ci si avvicina a 0 alla 0: sono possibili tutti i valori da 0 a infinito. Se base e esponente si avvicinano allo stesso modo (come in xx), allora effettivamente il risultato si avvicina a 1.
[La parola infinitesimalità non esiste, nemmeno in matematica]
[No, non ne manca una, 0∞ non è una forma indeterminata. Se l'esponente è un infinito positivo, risulta 0, se invece è un infinito negativo, risulta infinito, non ci sono altre possibilità]
9 commenti:
Zar,
consulto:
alla scuola media, dove ovviamente si parla di calcolo numerico, è corretto dire che l'espressione 0^0 non rappresenta alcun numero, non ha significato, non è definita in N ?
Dimostrato che a^0 (con a qualsiasi numero diverso da zero) è uguale a 1 e che 0^a (con a qualsiasi diverso da zero) è uguale a 0, escludendo la condizione "diverso da zero", supponiamo che la a di a^0 sia uguale a zero avremmo come risultato 1, ma se la a di 0^a la ipotizziamo uguale a zero, avremmo come risultato 0: non si può sanare questa contraddizione, perciò rinunciamo a definire 0^0!
Così io dico ai raga :-)
Che mi dici? grazie.
g
Secondo me è corretto dire così, non mi piace quando si dice che 0^0 è indeterminata.
Dato che a^0 è definito uguale a 1 (con a diverso da zero) proprio per fare tornare i conti quando si fa la divisione, e dato che non si può dividere per 0, allora io direi che 0^0 non si può definire, non si può scrivere, non esiste, bòn.
merci beaucoup! :-)
g
Altrimenti fai approfondire la cosa agli studenti mandando i link di tutte le pagine web che in questi giorni hanno parlato di 0^0 :-)
E no, scusa. Qui (e là. Letto, letto...) si parla di "forme indeterminate", di calcolo infinitesimale... no?
Che, faccio odiare la mate ai monelli??? :-))
g
Non "odiare", ma "approfondire" :-)
Eh.. certo, ma caso mai solo in una terza. Quando qualche alunno (non possono che essere rari) lo consente!
Vedi, quest'anno mi è giusto 'andato via' un alunno, prezioso, che mi consentiva questi voli! :-) La prox futura terza invece, ahimè ahimè! (Potrebbe rinsavirne qualcuno, che in prima prometteva e in seconda clamorosamente precipitato... :-(
g
Due piccoli refusi (hai scritto numeratore al posto di denominatore):
qui, nei due pezzettini tra parentesi
[...]
Che cosa succede, in una frazione, quando il numeratore si avvicina sempre di più a zero (e il numeratore sta fermo, invece — poniamolo per comodità uguale a 42)? Succede che tutta la frazione si avvicina sempre di più a zero:
42/42, 3/42, 1/42, 0.1/42, 0.00000000001/42, …
Direi che sia chiaro quello che succede. Potremmo usare questo linguaggio: se il numeratore diventa infinitesimo (e il numeratore rimane finito non infinitesimo), la frazione diventa infinitesima.
[...]
Uh, grazie, corretto.
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