“Eccoci alla quinta bolgia, dove scontano la loro pena i barattieri”.
“Chi sono?”.
“Sono persone che avevano cariche pubbliche e che hanno usato il loro potere per arricchirsi. Oggi diremmo che sarebbero puniti per il reato di concussione”.
“Ah, bella gente”.
“Esatto. E non piacevano nemmeno a Dante, che li ha descritti immersi nella pece bollente, sorvegliati dai diavoli chiamati Malebranche”.
“Ottimo”.
“Questi diavoli sono dei bei soggetti: interagiscono con Dante e Virgilio, raccontano bugie, hanno dei nomi che sono tutto un programma”.
“Bugie? Nomi?”.
“Nomi proprio di diavolo, senti qua: Scarmiglione, Alichino, Calcabrina, Cagnazzo, Barbariccia, Libicocco, Draghignazzo, Ciriatto, Graffiacane, Farfarello e Rubicante. E poi c'è il loro capo, Malacoda”.
“Ahh! E le bugie?”.
“Malacoda incarica dieci dei suoi compari di scortare i poeti al prossimo ponte di roccia che conduce all'altra bolgia, perché quello più vicino è crollato. Ed è vero che è crollato, quando Gesù è disceso agli inferi, prima della resurrezione, provocando un grande terremoto. Il fatto è che anche gli altri ponti sono crollati, ma Malacoda finge che siano ancora in piedi”.
“Benissimo”.
“Quindi alla fine del canto, dopo un po' di minacce da parte dei diavoli, si arriva a un accordo e le guide accompagnano i poeti, che non sanno che i ponti sono crollati (e non lo sa nemmeno il lettore, se non ha letto il seguito). I diavoli sono guidati da Barbariccia, e ognuno di loro si rivolge a lui stringendo la lingua tra i denti, come se questo fosse un segnale convenuto. E Barbariccia risponde al segnale”.
Per l’argine sinistro volta dienno;
ma prima avea ciascun la lingua stretta
coi denti, verso lor duca, per cenno;
ed elli avea del cul fatto trombetta.
“Non vedevi l'ora di dirlo, vero?”.
“Già”.
“E quale aspetto scientifico-matematico troviamo in questo canto, a parte quello relativo ai processi digestivi?”.
“Nessun aspetto, ahimé”.
“Ahi, niente di niente?”.
“Se proprio vogliamo aggrapparci a qualcosa, ci sarebbe una terzina che fa riferimento al ponte crollato, nominando un arco a tutto sesto”.
Poi disse a noi: «Più oltre andar per questo
iscoglio non si può, però che giace
tutto spezzato al fondo l’arco sesto.
“Tutto qua?”.
“Sì: si potrebbe dire che sesto è l'antico nome del compasso, ma niente di più. E allora direi di prendere spunto dai Malebranche e parlare di bugie”.
“Matematiche?”.
“Matematiche”.
“Ma la matematica non è la quintessenza della verità?”.
“Se la usi bene, sì, quando riesci a dimostrare delle cose, ma se la usi male…”.
“E come fai a usarla male?”.
“Ecco un esempio: immagina di avere due costanti a e b che valgono entrambe 1”.
“E non puoi chiamarle entrambe a?”.
“Certo, ma stiamo facendo un po' di scena, siamo i Malebranche della Matematica”.
“Benissimo”.
“Sarai dunque d'accordo su questa uguaglianza: a2 = ab”.
“D'accordo, in fondo c'è scritto 1 = 1”.
“Ora sottraiamo da ambo i membri l'espressione b2”.
“Così otteniamo a2 − b2 = ab − b2”.
“Proprio così. Ora modifico un po' la scrittura delle due espressioni: (a + b)(a − b) = b(a − b). Sei d'accordo sul fatto che questo è solo un altro modo di scrivere la stessa uguaglianza di prima?”.
“Sono d'accordo, ma ci siamo complicati la vita”.
“E ora la semplifichiamo, dividendo a destra e a sinistra per il fattore comune (a − b)”.
“Bene, se semplifichiamo arriviamo a a + b = b. E ora?”.
“E ora rimetti al posto di a e di b i loro valori: ricordi che entrambe le costanti valgono 1?”.
“Ricordo, quindi mi viene 1 + 1 = 1. Uhm”.
“Ecco fatto, abbiamo dimostrato che 1 + 1 fa 1, cioè che 2 è uguale a 1. E quindi poi anche 1 + 2 sarà uguale a 1 + 1 cioè 1, e così via. Non esistono infiniti numeri, ne esiste uno solo, il numero 1. Pitagora sarebbe contento, gli studenti ancora di più, che non dovranno studiare più nulla: tutto il mondo matematico è composto soltanto da 1, fine della matematica”.
“Ma come? Spiega un po' come funziona questo inganno?”.
“ed elli avea del cul fatto trombetta”.