“Eravamo rimasti a Dante e Virgilio davanti alle porte chiuse della città di Dite”.
“Finalmente le porte vengono aperte?”.
“A fatica. Prima i due poeti hanno paura di non riuscire a passare, sanno che è stato promesso loro un aiuto, ma l'aiuto non arriva, e quindi c'è molta tensione. Ma durante l'attesa si chiacchiera, e Dante domanda se sia mai successo che un'anima del primo cerchio, che non ha colpe gravi se non l'assenza della speranza di salvezza, sia mai scesa fino al fondo dell'inferno”.
“Cioè, sta praticamente chiedendo a Virgilio se sa la strada”.
“Eh, sì, in modo molto elegante”.
“E Virgilio?”.
“Virgilio risponde che succede raramente che qualcuno scenda fino in fondo; racconta che è successo anche a lui, mandato dalla maga Eritone che richiamava le anime nei loro corpi. Racconta di quando la maga lo fece entrare nella città di Dite per portare uno spirito fuori dalla Giudecca. Ed ecco come Virgilio descrive questa zona dell'inferno:”.
Quell’è ’l più basso loco e ’l più oscuro,
e ’l più lontan dal ciel che tutto gira:
ben so ’l cammin; però ti fa sicuro.
“Mi pare tranquillo, sa la strada”.
“Sì. La cosa interessante, se vogliamo trovare qualcosa di scientifico in questo canto, è la descrizione della Giudecca: il punto più basso e oscuro dell'inferno, il più lontano dal Primo Mobile. Cominciamo ad avere una descrizione dell'universo: il posto più inquietante dell'inferno è al centro del Primo Mobile”.
“Non è il più lontano?”.
“Eh, e se il Primo Mobile è una sfera celeste, l'inferno è il centro della sfera, il punto più lontano da tutti i punti della sfera”.
“Stona un po', verrebbe da dire che al centro del Primo Mobile ci dovrebbe essere Dio”.
“Esattamente. Da qui partono le discussioni sulla geometria dell'universo di Dante: tanto tempo fa abbiamo parlato della 3-sfera, ma ne riparleremo quando arriveremo a leggere una descrizione più precisa di tutto il sistema delle sfere”.
“Ok”.
“Poi arrivano le Erinni, gridano, spaventano Dante, e poi si sente un gran frastuono, le sponde dello Stige tremano, si sente un vento che sarebbe in grado di schiantare rami e sradicare alberi, se ci fossero alberi in questa parte dell'inferno. Ma Virgilio incoraggia Dante, e gli dice di guardare alto, dove la nebbia, la polvere, il pantano, insomma tutto ciò che è stato messo in moto dal vento, è più fitto”.
“E cosa c'è da guardare?”.
“Di fronte a quella vista, che ancora non ci viene rivelata, le anime fuggono, come se fossero rane davanti a una biscia”.
“Eh?”.
“Sì, questo è il paragone:”.
Come le rane innanzi a la nimica
biscia per l’acqua si dileguan tutte,
fin ch’a la terra ciascuna s’abbica,
vid’io più di mille anime distrutte
fuggir così dinanzi ad un ch’al passo
passava Stige con le piante asciutte.
“Che stano paragone”.
“Un paragone legato all'osservazione della natura. Un etologo potrebbe raccontare un sacco di cose”.
“Ah, molto bene”.
“E finalmente, in mezzo alla polvere, si scorge la figura di uno che avanza, attraversando lo Stige coi piedi asciutti”.
“L'aiuto che stavano aspettando?”.
“Lui, un messo celeste che imperioso si avvicina alla porta della città di Dite e la apre con uno stecchino. Poi redarguisce i diavoli ma non rivolge parola a Dante e Virgilio, che finalmente possono entrare”.
“E cosa c'è dentro?”.
“Tombe, in mezzo a fiamme tanto calde che nessun artigiano del ferro desidererebbe una temperatura maggiore. Le tombe contengono le anime degli eresiarchi, che gridano di dolore”.
“Ma sappiamo chi sia questo messo celeste?”.
“No, Dante non lo dice, e anzi qui interrompe il canto, rimandando al prossimo l'incontro che tutti i lettori si aspettano”.