“Ed eccoci al canto VI, quello dei golosi”.
“Ma anche quello politico. Mi ricordo che, quando studiavo la Divina Commedia a scuola, i sesti canti di Inferno, Purgatorio e Paradiso mi annoiavano”.
“Perché hai sempre avuto un problema con lo studio della storia, suppongo”.
“Già”.
“Beh, c'è comunque la pena dei golosi: il fango, la pioggia, la grandine, la terra puzzolente”.
“Vero. E anche Cerbero non scherza. La sua descrizione fa paura:”.
Cerbero, fiera crudele e diversa,
con tre gole caninamente latra
sovra la gente che quivi è sommersa.
Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra,
e ’l ventre largo, e unghiate le mani;
graffia li spirti, ed iscoia ed isquatra.
“Poi c'è Ciacco, c'è la parte politica che non ti piace, e poi, alla fine, un riferimento interessante”.
“Una osservazione scientifica?”.
“Quasi. Non una osservazione su un particolare fenomeno fisico, ma alcune deduzioni fatte secondo il pensiero del più sapiente dei sapienti, cioè Aristotele”.
“Oh”.
“Sì: alla fine del suo discorso, Ciacco china la testa e cade al suolo, assieme alle altre anime dannate. Virgilio spiega a Dante che il poveretto non si rialzerà più, fino al suono della tromba del giudizio, quando arriverà, appunto, il giudizio definitivo. A quel punto Dante fa una domanda: vuole sapere se dopo il giudizio universale i dannati soffriranno ancora di più”.
[per ch’io dissi:] «Maestro, esti tormenti
crescerann’ei dopo la gran sentenza,
o fier minori, o saran sì cocenti?».
“Dante sembra un po' preoccupato”.
“Forse sì, o forse è solo curioso. Virgilio, comunque, gli dà una risposta da manuale, perché gli ricorda cosa dice la scienza:”.
Ed elli a me: «Ritorna a tua scienza,
che vuol, quanto la cosa è più perfetta,
più senta il bene, e così la doglienza.
Tutto che questa gente maladetta
in vera perfezion già mai non vada,
di là più che di qua essere aspetta».
“Uhm, cos'è che dice questa scienza?”.
“Questa scienza è quella di Aristotele, secondo la quale quanto più una creatura è perfetta, tanto più sentirà il piacere e il dolore”.
“Ah”.
“E anche se i dannati non saranno mai perfetti, dopo il giudizio universale il loro grado di perfezione crescerà, e così il loro dolore. Questo il commento di san Tommaso d'Aquino al De Anima di Aristotele:”.
quanto anima est perfectior, tanto exercet plures perfectas operationes et diversas
“Ehm”.
“Quanto più l'anima è perfetta, tanto più numerose, perfette e diverse sono le sue attività, o le operazioni che esercita”.
“Mh, stiamo usando il termine scienza in modo molto vago, però”.
“Perché ai tempi di Dante non c'era una distinzione più precisa, non esisteva il metodo scientifico”.
“Vabbé, ma cosa c'entra la teoria sull'anima con qualunque tipo di scienza?”.
“Oh, c'entra tanto, perché secondo Aristotele i corpi si muovono sempre per una ragione. Gli oggetti inanimati tendono a raggiungere il loro luogo naturale: per esempio, i corpi pesanti vogliono ricongiungersi alla sfera della terra. Quando si osserva che un corpo si allontana dal luogo naturale a cui appartiene, invece, allora si può sempre risalire a una causa: un motore esterno che trasmette il moto al corpo. Se l'universo fosse composto soltanto da oggetti inanimati, questi tornerebbero alla loro sfera naturale di appartenenza e poi tutto sarebbe in equilibrio, immobile”.
“Ma l'universo non è composto soltanto da oggetti inanimati”.
“Esatto: ci sono anche oggetti dotati di anima”.
“Uh, già, la parola inanimato significa letteralmente senza anima, non immobile”.
“Infatti. Gli oggetti dotati di anima, invece, sono mossi proprio da essa: l'anima è il motore degli esseri viventi”.
“Ma quindi anche gli animali hanno l'anima?”.
“Anche i vegetali”.
“Ah”.
“Ma solo negli uomini l'anima ha funzione razionale. Inoltre l'anima è il motivo per cui esistono gli esseri animati”.
“Beh, grazie”.
“Non è un'ovvietà: l'anima è la causa dell'esistenza. Noi esistiamo perché c'è l'anima. E l'anima è anche il nostro fine”.
“Sia causa che fine?”.
“Eh, sì. I nostri organi esistono in quanto strumenti dell'anima: abbiamo le mani perché abbiamo l'anima. E non solo: l'anima è l'origine del movimento, perché tende verso qualcosa. E tutto ciò che si muove è stato messo in movimento da qualcos'altro, e dunque deve esistere una causa prima di tutti i moti”.
“Cosa?”.
“Beh, Dio. Anche se il Dio immaginato da Aristotele non è quello immaginato da san Tommaso, o da Dante”.
“O forse sì, Dio nessuno l'ha mai visto. Chissà”.
“Chissà”.