“Braccialetti?”.
“Braccialetti”.
“Cosa c'entrano i braccialetti con la matematica?”.
“I nostri braccialetti sono formati da perline colorate”.
“Ah, va bene. Quindi?”.
“Più precisamente: da un numero primo di perline colorate”.
“Uhm”.
“Chiamiamolo p, e per fare un esempio supponiamo che p sia uguale a 3”.
“Braccialetti con tre perline: una miseria”.
“Lo so, ma vorrei fare qualche disegnino, se aumentiamo il numero non finiamo più”.
“Ok, allora facciamo questi braccialetti con tre perline colorate. Ah, come le coloriamo?”.
“Con un certo numero di colori diversi, diciamo n colori diversi”.
“E anche in questo caso fissiamo un n di esempio?”.
“Sì, facciamo tre colori”.
“Uhm, non è che ci confondiamo tra n e p?”.
“Direi di no, perché faremo qualche schema: se indichiamo i colori con i numeri 1, 2 e 3, ci basta scrivere tre numeri per avere un braccialetto. Si dovrebbe distinguere bene tra il numero di cifre scritte e il fatto che le cifre vanno da 1 a 3”.
“Vediamo”.
“Allora, prima di rappresentare i braccialetti, risolviamo un problema più semplice: calcoliamo il numero di stringhe che si possono creare con tre perline colorate. Insomma, rispetto ai braccialetti qui abbiamo delle posizioni predefinite: una perlina può essere messa al primo posto, al secondo o al terzo. Nel caso dei braccialetti, invece, non esistono un primo, un secondo e un terzo posto, perché ogni posizione in cui compare la perlina è indistinguibile dalle altre”.
“A meno che non indichiamo anche dove si mette la fibbia di chiusura”.
“Esatto. Quella la nascondiamo, fabbrichiamo un braccialetto senza fibbia. Prima, però, le stringhe”.
“Forse riesco a calcolare le possibilità: ci sono tre posizioni, e in ogni posizione posso mettere uno dei tre colori. Quindi dovrei avere 3 possibilità per la prima posizione, 3 per la seconda e 3 anche per la terza. Totale: 27”.
“O, meglio, 33”.
“Va bene”.
“Eccole qua:”.
123
312
231
132
213
321
133
313
331
122
212
221
112
211
121
223
322
232
113
311
131
332
233
323
111
222
333
“Vedo”.
“Ora, le tre stringhe monocolori le mettiamo da parte”.
“Sono le ultime tre: perché le mettiamo da parte?”.
“Perché per loro servono conteggi diversi: dopo le recuperiamo. Per ora ragioniamo sulle prime 24”.
“Ok”.
“Trasformiamo ogni stringa in un braccialetto: ogni stringa può essere ruotata in tutti i modi possibili, e quindi ogni braccialetto può essere generato da più stringhe diverse”.
“Fammi capire meglio”.
“Le tre stringhe 123, 312 e 231 generano lo stesso braccialetto, perché non importa quale sia il punto di partenza”.
“Ah, hai ragione, l'importante è che 1 sia seguito da 2, 2 da 3 e 3 di nuovo da 1”.
“Esatto. Ora si tratta di contare i braccialetti”.
“Beh, è facile, li hai già raggruppati quando li hai elencati”.
“Sì, in questo esempio. Vorrei trovare una formula generale”.
“Ah”.
“Allora: noi possiamo prendere l'ultima perlina di una stringa, sfilarla dalla sua posizione e reinserirla all'inizio. Così facendo otteniamo una stringa diversa ma lo stesso braccialetto, giusto?”.
“Giusto”.
“Quante di queste alterazioni si possono fare prima che la stringa torni a essere uguale a com'era all'inizio?”.
“Direi 3, no? A parte le stringhe monocolore”.
“Non fissare le idee su questo esempio, che è solo un esempio. Come funziona in generale? Il numero di alterazioni possibili sarà sempre uguale al numero di palline?”.
“Pensavo di sì, dici di no?”.
“Guarda questo braccialetto composto da 6 perline:”.
121212
“Ah. Dopo il primo movimento diventa 212121 e dopo il secondo torna come prima”.
“Esattamente”.
“E allora come facciamo a calcolare questo numero di spostamenti?”.
“Bisogna pensare a qualche formuletta”.
“Era quello che temevo”.
“Non sarà difficile. Chiamiamo k il minimo numero di spostamenti di perline da fare perché il braccialetto torni uguale a com'era all'inizio”.
“Va bene. Ah, è per questo che hai messo da parte le stringhe monocromatiche?”.
“Molto bene! Per quelle k vale 1, naturalmente, perché sono sempre uguali a sé stesse.”.
“Ho capito, anche se avrei detto che per esse k dovrebbe essere 0 ”.
“Beh, 0 allora va bene per tutte, no? Tutte quante con 0 mosse diventano uguali a sé stesse”.
“Già, hai ragione. Quindi k deve essere positivo”.
“Bene. E, escludendo le stringhe monocromatiche, k deve essere maggiore di 1”.
“Giusto”.
“Ora, supponi di aver trovato un valore di k che funziona per una certa stringa: se essa diventa uguale a sé stessa dopo k mosse, lo farà anche dopo 2k mosse, dopo 3k mosse, e così via”.
“Mi pare ovvio”.
“Allora, facciamo questo calcolo: dividiamo il numero p di perline per k”.
“Non so quanto possa risultare”.
“Beh, vogliamo una formula, non un risultato esatto. Cosa significa che p diviso k dà quoziente h e resto r?”.
“Non ne ho assolutamente idea”.
“Ma sì, lo sai dalle elementari. La maestra non ti faceva fare la prova?”.
“Ah, sì, dovevo moltiplicare il quoziente per il divisore e aggiungere il resto”.
“Esatto: vale la formula p = hk + r”.
“Vabbé. Questo mi aiuta?”.
“Certo. Cosa mi dici di r?”.
“So che è il resto”.
“E il resto, in una divisione, può essere grande quanto si vuole?”.
“Eh, no, il resto è sempre più piccolo del divisore”.
“Perfetto: quindi r è un numero compreso tra 0 e k”.
“Però non può essere uguale a k, solo a 0, no?”.
“Certo. Ora, se prendiamo una stringa di lunghezza p e facciamo p spostamenti di perline, la stringa torna a essere uguale a sé stessa indipendentemente dal valore di p, sei d'accordo”.
“Ah, certo, sposto tutte le perline fino a che non tornano nella posizione iniziale”.
“Benissimo. E anche se faccio hk spostamenti la stringa torna a essere uguale a sé stessa”.
“Perché?”.
“L'abbiamo detto prima: k è proprio quel numero di spostamenti da fare perché la stringa non cambi, e se ne puoi fare k ne puoi anche fare 2k, 3k, eccetera. Anche hk”.
“Ah, ok.”.
“Ora riprendiamo l'uguaglianza che definisce la divisione: p = hk + r. Questa ci dice che se prendiamo una stringa e facciamo hk spostamenti, questa diventa uguale a com'era all'inizio. Se poi ne facciamo altri r, in tutto ne abbiamo fatti hk + r, cioè p. Questo significa che di nuovo la stringa ritorna com'era all'inizio”.
“Giusto”.
“Mica tanto giusto, perché questo significherebbe che ci bastano r spostamenti per riportare la stringa alla posizione iniziale”.
“E perché non è possibile?”.
“Perché il resto di una divisione è minore del divisore: r è minore di k”.
“Vabbé, r sarà minore di k, qual è il problema?”.
“Il problema è che k dovrebbe essere il numero minimo di spostamenti da fare, e invece così facendo avremmo trovato un numero ancora più piccolo”.
“Ah. Allora c'è qualcosa di sbagliato nel ragionamento?”.
“No, c'è un'unica conclusione coerente con tutto quanto abbiamo detto: r deve essere 0”.
“Ah! Allora p è multiplo di k, e tutto torna”.
“Giusto. E cosa potremmo dire se p fosse un numero primo?”.
“O k è uguale a 1…”.
“Questo vorrebbe dire che le stringhe sono monocromatiche”.
“Giusto, e noi l'abbiamo escluso. Allora k e p devono essere uguali”.
“Ottimo. Riassumendo: avevamo p perline di n colori diversi, con le quali abbiamo costruito np stringhe diverse”.
“Poi abbiamo tolto tutte le stringhe monocolori, che sono tante quante i colori, cioè n”.
“E quindi sono rimaste np − n stringhe. E ci siamo chiesti quante di queste generano braccialetti uguali”.
“Uhm, abbiamo detto che potevamo raggrupparle k alla volta. Ah, k è p, quindi possiamo raggrupparle a gruppi di p”.
“Ed ecco il risultato, quindi: il numero di stringhe, escluse quelle monocromatiche, è divisibile per p”.
“Questo è un teorema? np − n è divisibile per p?”.
“Sì, si chiama piccolo teorema di Fermat, e ne avevamo già parlato, in altri termini”.