Sei anni fa lui aveva 11 anni e io stavo leggendo La Strada. Dopo pochi giorni commentavo: "non ho mica ancora capito se mi è piaciuto o no".
Pochi giorni fa lui ha compiuto 18 anni e io ho assistito a una conferenza di Massimo Recalcati al festival della filosofia di Modena, dal titolo Il modello paterno.
Recalcati ha iniziato parlando dell'evaporazione del concetto di padre, così come lo si intendeva una volta. E fin qua ok. Ha poi aggiunto che la figura del padre è comunque ancora oggi necessaria perché è solo attraverso l'incontro con l'esperienza del limite che si può fare esperienza del desiderio. E qui i padri già cominciano a drizzare le orecchie per provare a capire il loro nuovo ruolo.
Poi è arrivato a parlare di Telemaco, che è il figlio che sa fare esistere il padre (al contrario di Edipo), come Cristo che salva Dio (citando Lacan che, io, ho sentito nominare per la prima volta in quel momento). Per me Cristo che salva Dio è un concetto molto illuminante, uno di quei pensieri sotto traccia che ti girano per la testa senza che tu te ne renda conto.
Poi, Recalcati ha paragonato questo capovolgimento teologico a quello che succede nella storia raccontata da La Strada, in cui la vita del bambino senza nome in un mondo senza Dio rende ancora possibile l'esistenza di Dio.
In quella storia è il figlio che salva il padre.
E questa frase, il figlio che salva il padre, dopo tutto quello che ti è successo da quando lui aveva 11 anni e tu leggevi La Strada, e vedevi proprio lui nel bambino senza nome, questa frase ha evitato tutti i filtri vulcaniani che ti eri fabbricato nel corso della vita, è andata diretta alla pancia, ti ha colpito come mai ti saresti aspettato, e ti ha commosso oltre ogni misura (e dignità di uomo adulto in piedi in mezzo a piazza Grande, ma vabbé).
Dunque buon compleanno, salame che non sei altro. Benvenuto nella maggiore età. E grazie.
lunedì 15 settembre 2014
domenica 7 settembre 2014
Ma chi l'ha detto che meno per meno fa più?
Eh, la famosa regola del prodotto (e della divisione) dei segni dice che meno per meno fa più, ma perché è così? Perché il prodotto di due numeri negativi deve essere positivo? Perché non negativo al quadrato, per dire? (No, ok, vabbé).
Emma Castelnuovo suggeriva una presentazione, ai fanciulli alle prese per la prima volta con questa domanda, fatta utilizzando un cartoncino colorato con due colori diversi sui due lati. Facciamo blu e rosso.
Interpretiamo la moltiplicazione 2×3 come il calcolo dell'area del suddetto cartoncino rettangolare: se la base è lunga 2 e l'altezza 3, allora l'area sarà 6, e fin qua è facile. Il cartoncino ha la faccia blu verso l'alto, e diciamo che blu = positivo. Mettiamolo su un riferimento cartesiano.
Adesso immaginiamo di sostituire 2 con −2. Cosa significa, dal punto di vista geometrico?
Significa che dobbiamo girare il cartoncino, tenendo fissa l'altezza, in modo che la base ora si estenda lungo la parte negativa dell'asse delle ascisse. Il cartoncino si è capovolto, e ora presenta l'altra faccia. Rosso = negativo. Quindi −2×3 = −6, meno per più fa meno.
Ovviamente se giriamo il cartoncino lungo l'altra direzione, tenendo quindi fissa la base, otteniamo il risultato di 2×(−3), che fa ancora −6, e la proprietà commutativa è assicurata.
Infine, cosa succede se ruotiamo il cartoncino due volte, una tenendo fisso l'asse orizzontale e l'altra tenendo fisso quello verticale? Facile, il cartoncino ruota due volte, andrà a finire nel terzo quadrante, e presenterà però nuovamente la faccia blu. Ecco la magia: −2×(−3)=6, meno per meno fa più.
Ok, questo per i fanciulli. Così si capisce, e probabilmente non si dimentica. Ma un Vero Matematico cosa dice? Mica si mette a giocare coi cartoncini, no? Dov'è il rigore? E poi cosa c'entra la geometria?
Ebbene, i Veri Matematici utilizzano un principio fondamentale, quello che dice la matematica è come il maiale: non si butta via niente (in realtà loro lo chiamano principio di permanenza, o principio di Henkel (questo l'ho scoperto ieri)).
In pratica funziona così: da bambini impariamo a contare, da grandi definiamo l'insieme dei numeri naturali (in pratica rifacciamo la stessa cosa in modo complicato), poi scopriamo delle belle proprietà, ci affezioniamo e vogliamo che esse continuino a essere valide anche quando allarghiamo le nostre definizioni. Definisco i numeri negativi? Bene, però attenzione, per essi devono valere le stesse proprietà che valevano prima, eh. Anzi, se definisco cose nuove devo stare bene attento a non introdurre eccezioni alle regole che già conoscevo prima. In matematica non esiste l'eccezione che conferma la regola, proprio no.
E quindi ora consideriamo la proprietà distributiva del prodotto rispetto alla somma, quella che dice che per calcolare 2×(3 + 4) si può calcolare 2×7 oppure 2×3 + 2×4. In formule:
a×(b + c) = a×b + a×c.
Questa proprietà vale nell'insieme dei numeri naturali, e quando introduciamo i numeri interi desideriamo che essa sia ancora valida. Anzi, estendiamo le regole per questi numeri in modo che sia valida: lo facciamo proprio volontariamente, con questo scopo. E ora applichiamo la proprietà distributiva a questa espressione:
a×(b − b) [immaginamo per comodità a e b positivi, senza segni nascosti]
Conosciamo naturalmente già il risultato: sarà 0, dato che b − b fa 0. Cosa succede però se applichiamo la proprietà distributiva? Vediamo:
0 = a×(b − b) = a×b + a×(−b).
Ma allora a×b e a×(−b) devono essere opposti, dato che il risultato è nullo. Quindi, siccome sappiamo già che a×b è positivo (questi sono i vecchi numeri naturali), allora a×(−b) deve essere negativo. Più per meno deve fare meno.
Infine, consideriamo quest'altra operazione:
−a×(b − b).
Anche questa deve fare 0, e anche in questo caso, applicando la proprietà distributiva, abbiamo
0 = −a×(b − b) = −a×b + (−a)×(−b). Dato che i due termini finali sono opposti, e dato che sappiamo già che −a×b è negativo, è necessario che (−a)×(−b) sia positivo. E così tutto funziona bene, non si può fare altrimenti.
(Poi non dite che i numeri sono creazione della mente umana, eh)
Emma Castelnuovo suggeriva una presentazione, ai fanciulli alle prese per la prima volta con questa domanda, fatta utilizzando un cartoncino colorato con due colori diversi sui due lati. Facciamo blu e rosso.
Interpretiamo la moltiplicazione 2×3 come il calcolo dell'area del suddetto cartoncino rettangolare: se la base è lunga 2 e l'altezza 3, allora l'area sarà 6, e fin qua è facile. Il cartoncino ha la faccia blu verso l'alto, e diciamo che blu = positivo. Mettiamolo su un riferimento cartesiano.
Adesso immaginiamo di sostituire 2 con −2. Cosa significa, dal punto di vista geometrico?
Significa che dobbiamo girare il cartoncino, tenendo fissa l'altezza, in modo che la base ora si estenda lungo la parte negativa dell'asse delle ascisse. Il cartoncino si è capovolto, e ora presenta l'altra faccia. Rosso = negativo. Quindi −2×3 = −6, meno per più fa meno.
Ovviamente se giriamo il cartoncino lungo l'altra direzione, tenendo quindi fissa la base, otteniamo il risultato di 2×(−3), che fa ancora −6, e la proprietà commutativa è assicurata.
Infine, cosa succede se ruotiamo il cartoncino due volte, una tenendo fisso l'asse orizzontale e l'altra tenendo fisso quello verticale? Facile, il cartoncino ruota due volte, andrà a finire nel terzo quadrante, e presenterà però nuovamente la faccia blu. Ecco la magia: −2×(−3)=6, meno per meno fa più.
Ok, questo per i fanciulli. Così si capisce, e probabilmente non si dimentica. Ma un Vero Matematico cosa dice? Mica si mette a giocare coi cartoncini, no? Dov'è il rigore? E poi cosa c'entra la geometria?
Ebbene, i Veri Matematici utilizzano un principio fondamentale, quello che dice la matematica è come il maiale: non si butta via niente (in realtà loro lo chiamano principio di permanenza, o principio di Henkel (questo l'ho scoperto ieri)).
In pratica funziona così: da bambini impariamo a contare, da grandi definiamo l'insieme dei numeri naturali (in pratica rifacciamo la stessa cosa in modo complicato), poi scopriamo delle belle proprietà, ci affezioniamo e vogliamo che esse continuino a essere valide anche quando allarghiamo le nostre definizioni. Definisco i numeri negativi? Bene, però attenzione, per essi devono valere le stesse proprietà che valevano prima, eh. Anzi, se definisco cose nuove devo stare bene attento a non introdurre eccezioni alle regole che già conoscevo prima. In matematica non esiste l'eccezione che conferma la regola, proprio no.
E quindi ora consideriamo la proprietà distributiva del prodotto rispetto alla somma, quella che dice che per calcolare 2×(3 + 4) si può calcolare 2×7 oppure 2×3 + 2×4. In formule:
a×(b + c) = a×b + a×c.
Questa proprietà vale nell'insieme dei numeri naturali, e quando introduciamo i numeri interi desideriamo che essa sia ancora valida. Anzi, estendiamo le regole per questi numeri in modo che sia valida: lo facciamo proprio volontariamente, con questo scopo. E ora applichiamo la proprietà distributiva a questa espressione:
a×(b − b) [immaginamo per comodità a e b positivi, senza segni nascosti]
Conosciamo naturalmente già il risultato: sarà 0, dato che b − b fa 0. Cosa succede però se applichiamo la proprietà distributiva? Vediamo:
0 = a×(b − b) = a×b + a×(−b).
Ma allora a×b e a×(−b) devono essere opposti, dato che il risultato è nullo. Quindi, siccome sappiamo già che a×b è positivo (questi sono i vecchi numeri naturali), allora a×(−b) deve essere negativo. Più per meno deve fare meno.
Infine, consideriamo quest'altra operazione:
−a×(b − b).
Anche questa deve fare 0, e anche in questo caso, applicando la proprietà distributiva, abbiamo
0 = −a×(b − b) = −a×b + (−a)×(−b). Dato che i due termini finali sono opposti, e dato che sappiamo già che −a×b è negativo, è necessario che (−a)×(−b) sia positivo. E così tutto funziona bene, non si può fare altrimenti.
(Poi non dite che i numeri sono creazione della mente umana, eh)
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