giovedì 28 maggio 2009

L'ultima settimana di scuola

“Prof, ascolti, io ho due, tre e mezzo e quattro allo scritto. All'orale ho preso due e tre. Domani posso farmi interrogare per rimediare?”.


“Ehm. Proprio domani, che è l'ultima ora dell'anno? Perché non vieni oggi che abbiamo due ore?”.

“Eh, no, prof, devo ripassare. Facciamo domani?”.

“Prof, domani vorrei venire anche io a farmi interrogare”.

“Anche io!”.

“Ehi, anche io!”.

“C'eravamo prima noi due!”.

“Io mi sono prenotato la settimana scorsa!”.

“Noi cinque volevamo venire fuori ora, possiamo?”.

5 commenti:

  1. Per questo la scuola intesa in questa maniera, così come l'esame di stato per sua natura è una pagliacciata: uno non può giocarsi "la vita" su un esame, o su un azzardato recupero all'ultim'ora; così come è riduttivo valutare l'impegno di una persona in centesimi.

    Almeno c'è la decenza di non chiamarla più "maturità".

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  2. ricciele7:58 AM

    "the market of the fish" come io amichevolmente lo chiamo

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  3. Ronkas, a parte la storia dell'esame di maturità, la scuola non è affatto intesa in quella maniera: sono quegli studenti che pretendono di salvare con una sola interrogazione l'intero anno scolastico.
    Non credi?

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  4. La scuola è intesa in quella maniera, almeno lo è de facto.
    In una scuola con 750 studenti e un centinaio di professori, di cui la maggioranza dei primi e consistente parte dei secondi la pensa in quella maniera (e lo consente) ogni ideale pensiero di controbattere una cosa del genere è soppresso.

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  5. ah, fantastici!
    ...che tenerezza!:-)

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