Si valuta attentamente la persona e il motivo della sua non-buona volontà.
Se cazzeggia e basta gli si parla chiaramente e si prende quel che si merita, nulla più, nulla meno. Se ha dei buoni motivi si aiuta, prima come persona, poi sul piano didattico. Fare il contrario sarebbe voler curare il sintomo e non la malattia.
A mio modesto parere (e parlo da ex-"liceale" non certo da pedagogo) se un professore vuole avere successo, sia sul piano didattico che educativo, deve impegnarsi ad essere prima un amico e una persona fidata, nonché autorevole (non autoritaria) su tutti i piani che costituiscono la persona.
La distanza tra professore e studente deve diminuire, altrimenti tutto si riduce a un puro travaso di nozioni che non serve ad altro se non ad incrementare l'odio e la fatica per lo studio.
Quando frequentavo lo scientifico le materie in cui andavo bene (mate, fisica, latino, inglese) erano quelle in cui gli insegnanti erano assertivi ed autorevoli; quelle in cui la sufficienza era difficile (italiano, storia, filosofia), i prof. non erano granchè (alcuni soporiferi, altri ignoranti); tuttavia, la differenza tra me ed i compagni che non dovevano sperare nel 6 politico in certe materie, la facevo io e non i professori, che spiegavano e si comportavano con tutti allo stesso modo.
Ai tempi non la pensavo così, ma col tempo le cose si vedono in modo diverso.
aaaaaargh! ma ci sono lo stesso anche se la scuola è chiusa per neve?
RispondiEliminaTi dirò, non l'ho ancora imparato. Ma lo stato d'animo rimane... eh eh eh.
RispondiEliminaammettetelo che voi prof siete un po' sadici XD...
RispondiEliminaNo, il fatto è che nessuno ci capisce, poverini noi.
RispondiEliminaVi siete messi d'accordo?
RispondiElimina(http://kchico.wordpress.com/2010/02/01/al-calar-del-sole/)
No, direi che sia un sentimento comune :-)
RispondiElimina6 politico a tutti e pace in terra agli studenti di buona volontà!
RispondiEliminaE a quelli di non-buona volontà...?
RispondiEliminaSi valuta attentamente la persona e il motivo della sua non-buona volontà.
RispondiEliminaSe cazzeggia e basta gli si parla chiaramente e si prende quel che si
merita, nulla più, nulla meno.
Se ha dei buoni motivi si aiuta, prima come persona, poi sul piano didattico. Fare il contrario sarebbe voler curare il sintomo e non la malattia.
A mio modesto parere (e parlo da ex-"liceale" non certo da pedagogo) se un professore vuole avere successo, sia sul piano didattico che educativo, deve impegnarsi ad essere prima un amico e una persona fidata, nonché autorevole (non autoritaria) su tutti i piani che costituiscono la persona.
La distanza tra professore e studente deve diminuire, altrimenti tutto si riduce a un puro travaso di nozioni che non serve ad altro se non ad incrementare l'odio e la fatica per lo studio.
Concordo in parte con Ronkas.
RispondiEliminaQuando frequentavo lo scientifico le materie in cui andavo bene (mate, fisica, latino, inglese) erano quelle in cui gli insegnanti erano assertivi ed autorevoli; quelle in cui la sufficienza era difficile (italiano, storia, filosofia), i prof. non erano granchè (alcuni soporiferi, altri ignoranti); tuttavia, la differenza tra me ed i compagni che non dovevano sperare nel 6 politico in certe materie, la facevo io e non i professori, che spiegavano e si comportavano con tutti allo stesso modo.
Ai tempi non la pensavo così, ma col tempo le cose si vedono in modo diverso.